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0 T.AUTIERI, M.DE PAOLIS, R.E. MARCHESE, V.MASCELLO, G. SCHETTINO,
S.TERRADOS MOLLEDO, op. cit., pag.25.
0 U.ZUBALLI, R.SAVOIA , “La motivazione dell’atto amministrativo”, Giuffrè, Milano,1999.
ripercorrere tutta la strada di questo istituto importante che non risulta
abbastanza chiaro proprio perché le altre figure di invalidità hanno dei
contorni chiari e netti, mentre l'eccesso di potere è una figura la cui
individuazione è stata effettuata dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
L’eccesso di potere è un vizio di legittimità dell’atto amministrativo che
si manifesta nel cattivo uso del potere da parte della Pubblica
amministrazione o nella deviazione del potere da quei principi generali
stabiliti dal legislatore, come la correttezza, la buona fede o la diligenza.
Dal momento che la funzione di amministrare consiste essenzialmente
nell'esercitare un potere, quello dell'eccesso di potere risulta essere, più
che un vizio riferito all'atto in sé, un vizio riferito all'attività
dell'amministrazione. L’eccesso di potere può definirsi come il cattivo
uso del potere da parte della Pubblica amministrazione, come
la scorrettezza in una scelta discrezionale o come il vizio dell'atto che
viene adottato per un fine diverso da quello prefissato dalla norma
0
attributiva del potere . Esso ricorre quando la Pubblica amministrazione
compie una deviazione dai principi generali, come la correttezza, la
buona fede, la diligenza. Affinché si verifichi la figura dell’eccesso di
potere, è necessario che ricorrano alcuni presupposti: deve trattarsi di un
atto discrezionale e non vincolato; in pratica, l'eccesso di potere è
ravvisabile solo se la Pubblica amministrazione agisce munita delle sue
potestà discrezionali e non quando la sua attività è vincolata; questo
perché quando l'atto è vincolato, la P.A. non esercita alcun potere, ma
deve limitarsi ad applicare meccanicamente la legge; di conseguenza,
0
l'unico vizio rilevabile potrebbe essere quello della violazione di legge .
Inoltre è necessario che l'atto sia conforme alla legge; ciò a prima vista
0 F.CARINGELLA, L. DELPINO, F. DEL GIUDICE, “Diritto amministrativo”, Edizioni giuridiche
Simone, 2000.
0 V. CERULLI IRELLI, “Corso di diritto amministrativo”, Giappichelli, 1998.
può sembrare una contraddizione, ma non lo è; se dall'atto risulta la
violazione di una norma, il vizio sarà quello della violazione di legge; al
contrario, è proprio quando l'atto è conforme (apparentemente) alla legge
che può ricorrere l'eccesso di potere, perché è in tal caso che deve
verificarsi se la Pubblica amministrazione abbia usato correttamente le
0
sue potestà discrezionali . L’eccesso di potere è una creazione della
giurisprudenza del Consiglio di Stato nella L.5992/1889. La legge
inquadra l'eccesso di potere tra i vizi del provvedimento amministrativo
e, precisamente, tra i vizi di legittimità. La dottrina tradizionale, infatti,
specie quella passata, cercando di giustificare la scelta del legislatore,
riteneva che l'eccesso di potere andasse inquadrato nei vizi del
provvedimento. Però la dottrina incontrava un ulteriore ostacolo difficile
da superare perché se si sosteneva che il vizio stava nel provvedimento,
occorreva individuare poi l’elemento viziato e questo veniva ravvisato
nella causa, nei motivi, o nella volontà. Quindi il vizio veniva riferito
sempre a qualcosa di esterno. Il motivo per cui il legislatore ha
inquadrato l'eccesso di potere tra i vizi del provvedimento, quando
invece esso risulta essere un vizio della funzione, è prevalentemente di
carattere storico, perché all'epoca in cui fu emanata la legge sul
Consiglio di Stato l'istituto doveva avere un'accezione molto più ristretta
di quella che ha oggi. È stata la giurisprudenza del Consiglio di Stato,
col supporto della dottrina, ad usare la nozione di eccesso di potere in
un'accezione più ampia di quella che doveva avere, trovando in
quest'istituto un mezzo per controllare la funzione amministrativa e
quindi per correggere l'operato dell'amministrazione in funzione del
rispetto della legalità. La giurisprudenza successivamente ha elaborato
questa figura patologica del provvedimento, da intendersi come vizio
“Corso di diritto amministrativo”,
0 V. CERULLI IRELLI, Giappichelli, 1998.
della funzione, che si ravvisa ogni qual volta l’atto amministrativo sia
stato adottato per perseguire una finalità diversa da quella individuata e
tutelata dall’ordinamento giuridico. All’epoca dell’istituzione della IV
sezione, si parlava di eccesso di potere per sviamento del fine pubblico,
quando gli atti della pubblica amministrazione non perseguissero un fine
pubblico. Con gli ulteriori sviluppi di questo istituto, cominciarono ad
inserirsi alcuni orientamenti della dottrina che individuarono l’oggetto
dell’atto amministrativo, in un fine pubblico specifico e non generale. L’
eccesso di potere cosi venne identificato con lo sviamento dalla <<causa
tipica>> secondo la quale ogni potere amministrativo è anticipatamente
0
conferito all’amministrazione da specifiche norme . Il concetto di
eccesso di potere trae la sua origine storica nell’istituto dell’ “éxcés de
pouvoir”, nato in Francia all’epoca della rivoluzione; con questa
espressione si indicava il vizio di una sentenza con la quale si
esercitavano funzioni amministrative cioè una sentenza che avesse
invaso il campo della Pubblica amministrazione, rompendo il muro che
divideva i tre poteri dello Stato. Applicato all'amministrazione, il vizio
dell'eccesso di potere doveva ravvisarsi solo nei casi in cui
l'amministrazione invadesse il campo di un altro potere dello Stato,
oppure nel caso in cui esercitasse un'attribuzione che era riservata ad
un'amministrazione diversa (ad esempio un prefetto che emette un
0
provvedimento di competenza del sindaco) . Nelle elaborazioni dottrinali
e giurisprudenziali che seguirono, invece, l'istituto venne completamente
trasfigurato; e così l'espressione "eccesso di potere" diventa sinonimo di
"uso scorretto del potere discrezionale". In tal modo, da vizio dell'atto,
interno ad esso, la figura diviene un vizio della funzione; così questo
0 T. AUTIERI, M.DE PAOLIS, R.E. MARCHESE, V.MASCELLO, G. SCHETTINO,
S.TERRADOS MOLLEDO, “La motivazione del provvedimento amministrativo, raccolta di dottrina,
giurispudenza e legislazione”, Padova, Ccedam, 2002.
0 V. CERULLI IRELLI, “Corso di diritto amministrativo”, Giappichelli, 1998.
istituto diventa uno dei capisaldi su cui si fonda la scienza del diritto
amministrativo, perché diventa lo strumento per sindacare l'uso del
potere discrezionale della Pubblica amministrazione. In tutta l'evoluzione
storica del diritto amministrativo, infatti, si registra sempre una costante,
che è poi la chiave di lettura di tutta la materia: la lotta tra la posizione di
supremazia dell'amministrazione, che ha sempre cercato di mantenere
stabile la sua posizione, e la lotta della dottrina e, talvolta della
giurisprudenza, che hanno cercato di mitigare questa posizione di potere,
magari facendo uso di strumenti non del tutto corretti e limpidi dal punto
di vista tecnico-giuridico. Di questa lotta, l’eccesso di potere, è lo
strumento per eccellenza. L’evoluzione della giurisprudenza
amministrativa italiana verso un sempre più incisivo esame della
discrezionalità amministrativa è vista come una continua: “ridefinizione
0
dei limiti entro cui il giudice può sindacare questa discrezionalità” .
Rimane comunque una sfera di discrezionalità insindacabile, identificata
con il merito amministrativo. Fanno parte di questa discrezionalità
insindacabile tutti quei giudizi tecnici, basate su regole non giuridiche,
con due eccezioni: la prima è che il giudice nell’ambito della sua potestà
di piena conoscenza del fatto, alcune vote può far ripetere il giudizio
tecnico; e la seconda è l’illogicità del giudizio tecnico, cioè quando esso
risulta palesemente erroneo. Bisogna quindi definire il limite della
sindacabilità della discrezionalità, sia a tutela del cittadino, che della
pubblica amministrazione perché deve conoscere la sua potestà. Questo
limite è fissato attualmente dalla giurisprudenza che tramite l’eccesso di
potere o della conoscibilità del fatto, può spostare i paletti di confine tra
discrezionalità e merito amministrativo. La giurisprudenza del Consiglio
di Stato, si rese conto che nella struttura del provvedimento
0 U.ZUBALLI, R.AVOIA pag.126.
, op. cit.,
amministrativo, la motivazione, rappresentava l’unico elemento
attraverso il quale si poteva verificare il grado di sussistenza dell’eccesso
0
di potere . Quindi tanto più una motivazione è ben articolata, che
giustifichi l’iter logico dell’azione amministrativa, tanto meno sarà
ravvisabile l’eccesso di potere. Individuare un eccesso di potere nella
pratica però è molto difficile perché esso non consiste nella violazione di
una norma ben precisa, ma nella violazione di tutto quel complesso di
norme da cui è possibile ricavare i limiti del potere dell'amministrazione.
Per individuare il vizio dell'eccesso di potere la dottrina e la
giurisprudenza hanno elaborato una serie di cosiddette "figure
sintomatiche". Si tratta di indizi o sintomi, la cui presenza rivela in
genere un cattivo uso del potere da parte dell'amministrazione. In pratica,
il ragionamento seguito dalla giurisprudenza e dalla dottrina è il
seguente: l'eccesso di potere non è un vizio che può risultare in modo
evidente dall'esame dell'atto; se, però, si riesce a dimostrare che il
ragionamento seguito dall'amministrazione è illogico, incoerente o
irragionevole, allora vuol dire che c'è eccesso di potere. Si tratta, infatti,
di figure non previste dal legislatore, che possono individuarsi nella
casistica giurisprudenziale o nelle riflessioni dottrinali e “agevolano il
compito dell’interprete perché forniscono una sorta di catalogo delle
0
situazioni in cui l’atto può risultare viziato per eccesso di potere” . Lo
sviamento di potere ricorre in due casi:
a. quando l'att