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CAPITOLO III
“LE FOTOGRAFIE DI CARROLL TRA GIUDIZIO ESTETICO E
GIUDIZIO ETICO. “
Di aspetto lezioso e malinconico,di animo buono e gentile e con la stessa
espressione sempre un po’ assente e seria, Lewis Carroll percorse la vita su due
strade divergenti. Il reverendo Dodgson,vestito di nero da capo e piedi,uomo
austero e moralista,conservatore e bacchettone al punto di abbandonare un
teatro,furibondo,se un attore entrava vestito da donna o non tollerare alcun
scherzo seppur vagamente blasfemo e Carroll, il geniale
trasgressore,anticonformista,amante dell’arte, capace di scrivere una Bibbia per
bambini con racconti a lieto fine o uno Shakespeare edulcorato da far leggere
alle giovinette,di capovolgere tutte le convenzioni del tempo e dedito a tastare le
bambinette vittoriane.
Era insomma il rappresentante perfetto della dualità vittoriana e la florida attività
fotografica rientrava nella parte più peccaminosa della sua persona.
La collezione delle sue foto di bambine,gli osceni nonsense che riproducevano
uomini e bambine in chiave sessuale,la passione sviscerale per queste ultime, i
nudi fotografici e altri elementi biografici,contribuirono alla tesi circa la sua
presunta pedofilia,sebbene siano in molti ad affermare che si limitò ad essere un
amore platonico dei quali non oltrepassò mai i confini.
Di che natura fosse lo strano fascino che le bambine esercitavano su di lui,è
difficile spiegarlo. Fiumi di inchiostro da parte di biografi e psicoanalisti,
americani e inglesi per lo più,sono stati spesi per far luce su questo ambiguo
personaggio e ancora oggi gli studi non hanno portato ad alcuna certezza.
Il mito di Carroll pedofilo iniziò secondo le ricerche condotte da Karoline
Leach,con alcune affermazioni che si trovavano nel saggio” The life of Lewis
Carroll “di Langford Reed(1932). Egli,senza insinuare nulla di
definitivo,sosteneva che le amicizie dello scrittore con le bambine terminavano
quando le piccole raggiungevano la pubertà.
Questa nota fu raccolta da altri biografi che ne trassero le ragionevoli
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conseguenze alimentate anche dal fatto che il reverendo pare non avesse alcuna
effettiva e reale vita sessuale o propriamente una vita “adulta”,trovandosi a suo
agio solo in un mondo mentale infantile.
Il dibattito si concentrò quindi sul fatto se l’ossessione di Carroll per le bambine
fosse innocente o morbosa.
Martin Cohen,nel suo “Lewis Carroll,a Biography”(1995),scrisse:
“Non possiamo sapere fino a che punto la preferenza di Charles per i bambini
nei disegni e nelle fotografie nasconda un desiderio sessuale.
Lui stesso sostenne che tale preferenza aveva motivi strettamente estetici. Ma
dato il suo attaccamento emotivo ai bambini e il suo apprezzamento estetico per
le loro forme,l’affermazione che il suo interesse fosse strettamente estetico è
ingenua. Probabilmente sentiva più di quanto volesse ammettere,anche a sé
stesso.
Certamente,cercò sempre di avere un altro adulto presente quando soggetti
prepubescenti posavano per lui”.
Difatti ,come notò Cohen, Carroll chiedeva sempre che le madri delle modelle
ritratte fossero presenti. Ciò poteva ritenersi come una sorta di coscienziosa
auto-imposizione all’ agire, ma apparentemente serviva per ispirare fiducia alle
famiglie,con cui fu sempre in ottimi rapporti, tranne un diverbio con la signora
Liddell ,che probabilmente non ritenne più opportuno affidare Alice all’ambiguo
Dodgson , e con la famiglia Mayhew che si rifiutò di far fotografare nude le
proprie bambine di sei,undici e tredici anni.
In generale però molti altri genitori acconsentirono che le loro figlie fossero
oggetto di “studio e desiderio” da parte dell’eclettico reverendo.
Certamente queste circostanze fanno riflettere se le rapportassimo ai giorni
nostri. Il perché non suscitasse fastidio quando vestiva e svestiva le bimbe e le
sistemava in pose ammiccanti,o quando si rivolgeva ai rispettivi genitori per
chiedere il permesso di sottoporre le bimbe a lunghe sedute nel suo studio,è
difficile da spiegare. Lascia un po’ sconcertati un brano tratto da una lettera al
cappellano e docente di ebraico A.L Mayhew “La mia grande speranza,lo
confesso,riguarda Ethel,che (artisticamente)vale dieci Janet. Consideri il suo
caso dal punto dal punto di vista del fatto che di per sé la bambina è totalmente
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indifferente al vestito. Se si verifica il peggio,e non mi concederete alcuna
nudità,credo che dovreste consentire a tutte e tre di essere fotografate in
calzoncini da bagno,per compensarmi della delusione “
Il motivo per cui ,quando ricevette la seguente lettera,tal professore non agì in
alcun modo, è difficile da dire e da spiegare. Se sapessimo rispondere avremmo
compreso quasi tutto della società inglese nella seconda metà dell’ottocento.
Pur essendo un importante spaccato sociale e straordinario sguardo alla sua
sfaccettata personalità, la documentazione autobiografica di Carroll, come le
lettere o i diari,non fornisce alcuna esplicita e chiara spiegazione,del resto non è
stato neanche possibile sapere quali segreti contenessero le pagine del suo
monumentale diario relative ai giorni della rottura con la famiglia Liddell nel
giugno 1863 e in generale quegli argomenti che potevano chiarirci qualche
dubbio ,poichè andati tutti perduti ad opera del nipote, che stracciò e distrusse
ogni testimonianza di vita del maestro, qualcuna forse troppo scomoda…
Per tracciare un quadro psicoanalitico del personaggio basterebbe prendere in
esame alcuni suoi elementi biografici caratterizzanti: padre severo,balbuzie
accentuata,sindrome da eterno fanciullo,pulsioni sessuali assenti o represse.
Virginia Wolf diagnosticò che non era mai veramente cresciuto perciò capiva la
psicologia dei bambini all’interno essendo era rimasto uno di loro.
La sua infanzia fu infatti abbastanza felice,egli stesso la descrisse come il più
meraviglioso dei paradisi e paradossalmente sembra essere stata questa la causa
dei suoi mali, poichè visse sempre come sospeso tra l’esteriorità rigorosa del suo
status sociale e l’interiorità giocosa e fanciullesca. Un eterno
bambino,delicato,sensibile,di aspetto quasi femminile,un rappresentante perfetto
della dualità ottocentesca,la repressione e l’ipocrisia dell’epoca vittoriana.
Ma tutto ciò non è sufficiente.
Il rapporto di Carroll con le sue piccole amiche va al di là di ogni spiegazione
psicoanalitica.
Vorrei attribuire a pieno titolo l’etichetta di “pedofilo” al nostro scrittore,se con
tale accezione ci riferiamo ad un sofferto amore per i bambini senza nessuna
forma di sporcizia(perlomeno nelle fotografie) e a un cultore dell’animo
infantile(qualcuno lo ha definito il miglior esempio del fatto che i bambini sono
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compresi meglio dai pedofili che dai pedagoghi).
Egli serbava dentro un candido sentimento che sapeva di possedere e forse ne
celava i contenuti e le azioni,una persona attratta e turbata dai
bambini,consapevole di questa strana e anomala passione, ma certamente una
persona pulita. Nessuna volgarità traspare dall’iconografia di questo
melodrammatico fotografo se non una sublimazione delle sue
perversioni,desideri repressi e rimando a un misurato erotismo,con l’aspirazione
a consumare le storie d’amore tra le pagine di un racconto o lo scatto di una
fotografia e investire l’intera energia erotica delle sue pulsioni nella geniale
creazione artistica.
La verità è che Carroll li amava,di un amore vero e profondo,mai volgare e
sporco. Come un Dante incantato dalla visione estatica di Beatrice,egli rimase
fulminato dalla grazia e la bellezza dell’infanzia vittoriana.
A lui piacevano le belle bambine,di età compresa tra i nove e i dodici
anni,mentre provava repulsione per i maschietti e in una frase molto Carrolliana
lo ammise “amo i bambini,eccetto i maschi”. Ma da arguto quale era, sapeva
bene che la prefreudiana certezza dell’innocenza dei propri scopi non era
incrollabile.
Le foto funzionavano da specchio di proiezione di stimoli provenienti
dall’interiorità dell’io piuttosto che dall’esterno,in cui le voci del profondo si
materializzavano o ,per citare un topos novecentesco,si cristallizzavano in una
forma. Ciò dimostrava quanto fosse poco “trasparente” la fotografia di carroll..
Lo funzione dello specchio riflettente era una componente assai importante. Il
timido fotografo “prendeva” le sue pose pornografiche non direttamente, ma
riflesse in uno specchio,nascondendo se stesso dietro un paravento,un complice
nonsense, e agendo il più impudicamente possibile dietro una regolare
professionalità.
Le fotografie sembrano quindi sfatare il pregiudizio di guardare in maniera
meccanicistica il corpo fotografico di Carroll , solo tecnicamente come forma o
puro gioco di luci e ombre,e senza mai lasciarsi coinvolgere emotivamente. In
esse tracciò metaforicamente quella che doveva essere la distanza tra il soggetto
estetico e l’artista:l’occhio fotografico. Una barriera che permise a costui di non
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farsi coinvolgere affettivamente,e alle bambine di poter essere ammirate e amate
da quel fotografo che le possedeva “a distanza”e con buona condotta morale.
Quasi volutamente si poneva dietro l’obiettivo che non dinanzi.
Anche nei suoi scritti venne bandito qualsiasi abbandono alle emozioni,ai
sentimenti, in linea con i dogmi prestabiliti e in particolare perché forse
quell’intimità sconvolgeva anche lui stesso. Parlare d’amore voleva dire
addentrarsi nelle zone più oscure del suo essere,un abisso innominabile che lo
intimoriva ma di cui ne era cosciente,come se non avesse mai avuto il coraggio
di ammettere consapevolmente quella strana attrazione,che come un mostro
infernale lo tormentava dentro. E per reprimere quelle strane ossessioni
probabilmente si celava dietro ideali estetici e religiosi,auto-imposizioni e
calcoli logici. La matematica e i suoi complessi calcoli sembravano zittire quelle
oscurità,la fotografia esorcizzare quei demoni. È come se attraverso il fermo-
immagine,la cattura dell’immagine,lui le possedesse in un certo qual modo e la
fotografia assumesse quasi il ruolo di espiazione dei suoi sensi di colpa. Il tutto
depistato da un ambiente favolistico e fantastico .
Le short stories sulla fotografia,elaborate dallo stesso Carroll, rivelavano infatti
visioni “in negativo” delle storie che comportavano forme di eros “perverso” e
i cui racconti fantastici sembravano aprirsi allora anche ai possibili risvolti
oscuri,trasgre