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APITOLO UARTO
Lo scambio di informazioni e l’assistenza alla riscossione
negli strumenti pattizi del diritto internazionale
SOMMARIO: 4.1. La cooperazione amministrativa nel diritto internazionale. – 4.2. Le convenzioni
internazionali contro le doppie imposizioni. – 4.2.1. I trattati italiani. – 4.3. La disciplina del Modello
OCSE: analisi degli articoli 26 e 27. – 4.3.1. L’articolo 26 del Modello OCSE: scambio di
informazioni. – 4.3.2. L’articolo 27 del Modello OCSE: assistenza alla riscossione. – 4.4. I Tax
Information Exchange Agreements. - 4.5. La Convenzione sulla Mutua Assistenza Amministrativa in
Materia Tributaria (MAAT). – 4.5.1. Gli articoli dal 4 al 10 della Convenzione MAAT sullo scambio
di informazioni. – 4.5.2. Gli articoli dall’11 al 16 della Convenzione MAAT sull’assistenza alla
riscossione. – 4.5.3. Il Protocollo modificativo della Convenzione MAAT del 2010. – 4.6. I limiti
delle norme convenzionali. – 4.7. Alcuni problemi aperti: il principio della prevalenza dello strumento
di cooperazione più efficace nel caso concreto.
4.1. La cooperazione amministrativa nel diritto internazionale.
Si è discusso, finora, di tutte quelle forme di cooperazione amministrativa, relative sia allo
scambio di informazioni, che all’assistenza alla riscossione, disciplinate direttamente
dall’Unione Europea, tramite l’utilizzo dei principali strumenti normativi di cui essa dispone
(direttive e regolamenti). Tutti i Paesi facenti parte dell’Unione sono tenuti a rispettare e
recepire quanto in esse stabilito.
Tuttavia, gli Stati membri (e non) spesso regolano i reciproci rapporti di collaborazione
amministrativa anche tramite altri strumenti, quali trattati internazionali e convenzioni
bilaterali e multilaterali contro le doppie imposizioni. A ben dire, nel panorama internazionale
lo strumento pattizio (soprattutto di natura bilaterale) non solo è presente, ma è preminente,
probabilmente proprio in forza di quella delicatezza nella connessione tra materia tributaria e
sovranità statuale di cui si è discusso nei precedenti capitoli.
L’importanza e la dimensione attuale del fenomeno della cooperazione fiscale internazionale
può essere meglio apprezzata se la si esamina attraverso un’indagine retrospettiva nel
percorso della sua evoluzione.
I primi esempi di collaborazione internazionale in materia tributaria concernono l’assistenza
alla riscossione (Belgio-Francia 1943, Belgio-Olanda 1845, Belgio-Lussemburgo 1845), in
un’epoca di gran lunga antecedente, dunque, alle convenzioni contro la doppia imposizione.
Il momento che, però, ha segnato il vero inizio della cooperazione in materia fiscale nello
scambio di informazioni si individua generalmente nel periodo immediatamente successivo
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alla prima guerra mondiale, con l’opera della Società delle Nazioni volta a far ripartire
l’economia internazionale, valorizzando il ruolo strategico dell’eliminazione, o quantomeno
della riduzione, della doppia tassazione internazionale. In tale fase, l’evasione era un
fenomeno ancora molto limitato e la preoccupazione principale era quella di assicurare che i
redditi transnazionali venissero tassati almeno una volta.
Più tardi, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso si è addivenuti alla formulazione
convenzionale di una clausola sullo scambio di informazioni, volta a garantire il
raggiungimento di un duplice scopo: da una parte scongiurare la doppia imposizione e
dall’altra combattere i fenomeni di evasione ed elusione fiscale internazionale, che tendono a
realizzarsi tanto più facilmente, quanto meno gli Stati dispongono delle informazioni sulle
attività economiche svolte fuori dal proprio territorio da soggetti potenzialmente sottoposti
alla relativa potestà impositiva. Centrale è stata, dunque, la presa di coscienza che i due
problemi – eliminazione della doppia imposizione e lotta all’evasione – non potevano essere
visti disgiuntamente.
Le disposizioni sullo scambio di informazioni hanno seguito una particolare dinamica
evolutiva, che ha portato a:
uno sganciamento progressivo dal problema della doppia imposizione e corrispondente
finalità di prevenzione delle frodi internazionali;
favorire l’ampliamento del campo di applicazione oggettivo delle norme a tutte le
tipologie di tributi (imposte sul reddito, IVA, imposte su successioni e donazioni, ecc.);
favorire l’ampliamento del campo di applicazione soggettivo dai residenti a tutti i
potenziali contribuenti degli Stati interessati allo scambio;
un miglioramento delle tecniche di trasmissione delle informazioni, abbandonando
sempre più la tecnica dello scambio su richiesta in favore del più efficace scambio
automatico;
un ampliamento dell’oggetto di scambio, passato dalla semplice notizia, ai documenti
relativi ed, addirittura, alla diretta acquisizione della prova su richiesta dello Stato.
Per contro, tale disciplina ha dovuto scontrarsi con non pochi problemi, quali, ad esempio, la
difficoltà nel tutelare il contribuente da illegittimi metodi di reperimento delle informazioni
(dovuta al fatto che l’acquisizione della prova avviene nell’ambito di un certo ordinamento,
mentre l’emanazione dell’atto impositivo si ha in un altro), nonché la compressione della
sfera di libertà del soggetto, non giustificata dalla ripartizione della spesa pubblica (come
invece è nell’ordinamento interno, ex art. 53 Cost.).
Tali mancanze, unitamente ad un malfunzionamento dell’intero sistema di cooperazione, per
lo più dovuto alla previsione, solo in epoca recente, dello scambio automatico delle
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informazioni – peraltro ancora facoltativo – rendono gli strumenti di diritto internazionale a
tutt’oggi piuttosto carenti.
Paradossalmente, infatti, nonostante il diritto comunitario sia più “giovane” del diritto
internazionale convenzionale, si è sviluppata, grazie all’opera unitaria di integrazione
negativa della Corte di Giustizia, una maggiore sensibilità giuridica verso le norme del primo
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in rapporto a quelle del secondo, quanto meno in materia tributaria .
E’ bene, dunque, prenderli in esame singolarmente, per meglio comprendere quali siano i
punti di forza e debolezza di ciascuna normativa.
4.2. Le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.
Le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni regolano i rapporti tributari tra i
soggetti che operano nei due (o più) Stati firmatari della convenzione.
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La doppia imposizione internazionale ha come presupposto il concorso di pretese
impositive promananti da ordinamenti diversi, ciascuno autonomo e sovrano, il cui conflitto
non può essere superato se non mediante accordi tra i relativi titolari della potestà di
imposizione.
Il problema della doppia tassazione internazionale coinvolge prevalentemente (ma non
esclusivamente) la sfera delle imposte sul reddito, soprattutto perché la struttura degli altri
tributi meno si presta all’insorgere di problemi di concorrenza delle pretese impositive.
Pertanto, nel sistema fiscale la residenza opera come criterio distintivo per individuare lo
Stato dove i redditi di una società, o di una persona, vengono sottoposti a tassazione: secondo
il già richiamato principio della worldwide taxation, se un soggetto viene qualificato come
residente in Italia, i suoi redditi vengono assoggettati a tassazione in Italia, ovunque prodotti;
156 Così TARIGO, P., Eliminazione della doppia imposizione, in Rassegna Tributaria 5/2010, p. 1477 e ss.., che
prosegue scrivendo: “All’opposto, nei riguardi dei trattati internazionali, vi è a tutt’oggi incertezza a riguardo
del significato da attribuire a talune disposizioni in essi contenute. Si allude a quelle previsioni, che assumono
centralità in questi accordi bilaterali, contenenti la disciplina dei metodi per eliminare il doppio d’imposta,
norme di diritto sostanziale, in quanto pongono uno specifico obbligo allo Stato contraente di residenza in
funzione di ottenere tale risultato. [...]
Se a ciò si aggiunge l’inesistenza di un organo di giurisdizione internazionale dinnanzi al quale possano stare in
giudizio soggetti diversi dagli Stati, cioè privati-contribuenti, titolari di situazioni giuridiche soggettive
direttamente derivanti dalle norme nazionali di adattamento ai trattati, si comprende perfettamente il fallimento
che spesso si registra nella soluzione dei problemi di doppio d’imposta internazionale. Le controversie
rimangono talvolta non risolte anche quando si è esperito il percorso delle procedure amichevoli, poiché il loro
buon esito dipende, in definitiva, da una volontà in tal senso degli Stati.”.
157 FALSITTA, G.. 2008. Manuale di diritto tributario. Parte Generale. Padova: CEDAM. Cit. p. 116, a tal
proposito, afferma “Si ha doppia imposizione internazionale quando una situazione di fatto economicamente
rilevante determina la nascita in capo ad un medesimo soggetto di due obbligazioni tributarie, in relazione ad
imposte dello stesso tipo previste dalla legislazione in due Paesi diversi.”.
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mentre i soggetti non residenti vengono assoggettati al prelievo solo sui redditi derivanti da
fonti situate nel territorio dello Stato.
Tale utilizzo congiunto del principio dell’utile mondiale per i residenti e del principio della
fonte per i non residenti, può generare fenomeni di doppia imposizione, e la convenzione ha
proprio lo scopo di evitare che un reddito vada a tassazione sia nel Paese in cui è stato
prodotto, sia nel Paese di residenza del soggetto che lo ha prodotto. 158
E’ possibile raggruppare le cause della doppia imposizione entro tre categorie :
1) contrasto tra due ordinamenti, uno dei quali adotta un criterio di collegamento soggettivo
(che valorizza, cioè, il legame tra soggetto e territorio, come domicilio, residenza,
cittadinanza, sede, ecc.) e l’altro un criterio di collegamento oggettivo (che valorizza, per
contro, il legame tra fatto e territorio);
2) contrasto tra due ordinamenti, ciascuno dei quali adotta un criterio di collegamento
personale, ma in modo tale che entrambi giungano a considerare un determinato soggetto
come rientrante nell’ambito della propria giurisdizione fiscale. E’ il caso che si verifica, ad
esempio, quando un Paese dà rilevo alla cittadinanza e l’altro alla residenza, ed il soggetto
passivo è cittadino del primo Stato, ma residente nel secondo;
3) contrasto tra due ordinamenti, ciascuno dei quali adotta il criterio di collegamento
oggettivo, ma in modo tale che entrambi giungano a considerare un determinato reddito o
bene come prodotto, o esistente, nell’ambito del proprio territorio. E’ il ca