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Il sistema pensionistico in Danimarca
Nel 2017, per un pensionato senza reddito supplementare, la pensione pubblica ammonta a 169.432 DKK (22.7417€) per un single e 129.496 DKK (17.3813€) per una persona in una coppia. In un'ottica di lungo periodo possiamo sostenere che, in generale, ci sarà la tendenza da una parte all'aumento delle pensioni e dall'altra alla modifica della sua composizione. La Figura 14 mostra la composizione della pensione per la fascia di popolazione over 65 fino al 2040: come si può osservare, oltre ad un aumento generico dell'assegno pensionistico, aumenta anche la parte di pensione proveniente dal sistema ATP e dalla pensione privata (provocando nel aumento totale). Tutte queste informazioni ci fanno capire quanto complesso ed efficiente sia il sistema pensionistico in Danimarca, pur avendo qualche pecca come ogni paese (nessun sistema pensionistico infatti è perfetto o esente). Fonte: "Den automaticke losning i arbejdsmarkedspensionerne"Rapport fra Penge.ogPensionspanelets udvalg om pension, Basispension, Oktober 2012
Assetti istituzionali e pensionistici migliori al mondo. Per poter effettuare un confronto più equo ed equilibrato i dati sono stati ottenuti per entrambi i paesi dalla stessa fonte e relativi al medesimo anno. La fonte dei dati è "The World Factbook", piattaforma offerta dalla CIA (Central Intelligence Agency) degli Stati Uniti d'America. Questo servizio fornisce informazioni su 267 entità mondiali in modo dettagliato e aggiornato anno per anno.
6.1. Il punto di vista demografico.
Italia | Danimarca | |
---|---|---|
Popolazione | Circa 11 volte quella danese | |
Struttura della popolazione | Simile in entrambi i paesi, con predominanza della fascia d'età 24-54, seguita da... |
Che riprenderemo nel prossimo paragrafo). Nonostante questo però il tasso di crescita italiano è in linea con quello danese. Infine, il tasso migratorio netto è più alto in Italia di un punto e mezzo percentuale. Possiamo dunque affermare che, nonostante una rilevante differenza di dimensione dei due paesi, questi sono molto simili per la loro struttura di popolazione e caratteristiche demografiche.
6.2 Il mercato del lavoro.
Tabella 14: Principali indicatori mercato del lavoro. (anno 2017)
Molto diversi tra loro sono invece i principali indicatori del mercato del lavoro. Dalla Tabella 14 si può chiaramente osservare come il tasso di disoccupazione in Danimarca è circa metà rispetto a quello in Italia e, più in particolare, quello giovanile in Italia è tre volte quello danese. Questo è sostanzialmente dovuto a una politica del lavoro danese caratterizzata dalla cosiddetta "flexicurity". Quest'ultima è
composta da due parole, flexibility e security, e con queste si vuol coniugare il concetto di flessibilità (ovvero la facilità con cui le imprese possono assumere e licenziare) e quello della sicurezza (intesa come sostegno ai lavoratori che perdono il lavoro). Questo sistema si fonda su tre livelli (nazionale, regionale e locale) e tre pilastri: flessibilità del mercato del lavoro, generosi ammortizzatori sociali e politiche attive che permettono il reinserimento del lavoratore.
I. Il primo pilastro prevede la possibilità per le aziende di poter assumere e licenziare a propria volontà ed in base ad alcune necessità aziendali, fermo restando il rispetto di determinati condizioni, come per esempio un minimo di tempo di preavviso. La flessibilità comporta anche la possibilità di negoziare tra le organizzazioni del lavoro l'orario ed il salario.
II. Il secondo pilastro invece garantisce supporto a quei lavoratori che hanno perso il lavoro e
Sono in uno stato di disoccupazione. La Danimarca distingue però disoccupati assicurati e non. Più precisamente l'indennità di disoccupazione può essere percepita soltanto dai lavoratori che abbiano sottoscritto un'assicurazione presso uno dei Fondi privati di Assicurazione (A-Kasse). Inoltre, per ottenere il sussidio, il lavoratore senza lavoro deve registrarsi presso il Job Centre del Comune di residenza (il nostro centro per l'impiego) e dichiarare il proprio status di disoccupato.
Il terzo ed ultimo pilastro prevede una serie di politiche attive sul mercato del lavoro che favoriscono il reinserimento del disoccupato. Tra queste, molto importanti sono le attività dei centri per l'impiego a livello locale e comunale, che aiutano l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Più nello specifico, i Job Centre assistono il lavoratore nella compilazione del suo CV entro tre settimane dalla perdita del lavoro e attuano programmi
di rafforzamento dell'occupabilità (come corsi di formazione e tirocini) ai quali il cittadino è obbligato a partecipare dopo nove mesi dalla perdita del lavoro, con lo scopo di stimolare la ricerca di un nuovo impiego (pena perdita dell'assegno di disoccupazione). Questo tipo di politica favorisce chiaramente il ruolo attivo di ogni cittadino, sfavorendo l'uscita dal mercato del lavoro della forza lavoro. Come detto nel paragrafo precedente, molto differente è l'atteggiamento dei due paesi nei confronti dell'impiego femminile. Se infatti in Danimarca questo viene incentivato, in Italia invece, l'ipotesi di gravidanza, può portare il datore di lavoro a non assumere (soprattutto le giovani donne in età fertile che hanno intenzione di fare figli). Inoltre, sempre nel nostro paese, una donna con contratti precari e a termine, nel caso in cui rimanga incinta e cominci ad usufruire della maternità, rischia (alla scadenza) di non
nero in Danimarca è diminuito del 40% rispetto al 2010. In Italia, invece, il lavoro sommerso è ancora molto diffuso, con una percentuale di circa il 12% della forza lavoro. Questo fenomeno rappresenta un problema sia per l'economia che per i lavoratori stessi, in quanto comporta l'assenza di tutele e diritti lavorativi. In conclusione, sebbene ci siano differenze significative tra i due paesi, entrambi affrontano sfide e problematiche legate al mercato del lavoro.nero in Danimarca è in continua diminuzione. Questo è dovuto principalmente a cambiamenti legislativi che hanno introdotto maggiori controlli e sanzioni. In Italia la tendenza è totalmente opposta. Innanzitutto, secondo l'ISTAT, per gli anni 2012-2015 le unità di lavoro irregolari sono circa 3 milioni e 724 mila (con un tasso di incidenza sulle unità di lavoro totali del 15,9%) e sono essenzialmente lavoratori dipendenti, di cui maggiormente personale domestico da parte delle famiglie (colf e badanti) con un tasso di irregolarità che sfiora il 60%; a seguire si collocano le attività agricole e quelle del terziario (in particolar modo il settore degli alloggi e della ristorazione). Va fatta però una distinzione tra i livelli di irregolarità di una badante e quella di un lavoratore sfruttato nei campi, nei cantieri o nel facchinaggio. Il primo, seppur in un contesto di irregolarità, fotografa le difficoltà delle
famiglie nell'assistere un anziano, un disabile o un minore. Le famiglie evadono per necessità. Negli altri casi si tratta di sfruttamento che nasce solo per moltiplicare i profitti. Territorialmente, le regioni più colpite sono la Calabria e Campania, seguite da Sicilia, Puglia, Sardegna e Molise. Sempre nel 2015 l'economia non osservata vale circa 208 miliardi di euro (pari al 12,6% del PIL). Dai dati appena riportati possiamo dedurre che un'alta percentuale di lavoro non dichiarato toglie un'ampia fetta di risorse dalle casse pubbliche, diminuendo le entrate e peggiorando la situazione economica (debito e deficit soprattutto) che andremo ora ad analizzare.
La situazione economica del paese.
Tabella 15: Principali dati sulla situazione economico-finanziaria
Analizziamo ora la situazione economica dei due paesi. Il PIL rispecchia ovviamente la diversa dimensione dei due paesi. Per quanto riguarda l'eccedenza di bilancio, entrambi i paesi