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CAPITOLO 3 : IL TENTATIVO DI RILANCIARE LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Nello scenario italiano viene messa a rischio l’adeguatezza del trattamento pensionistico, ed allora appare

necessario un secondo pilastro previdenziale al quale il lavoratore possa aggrapparsi al fine di conseguire un

trattamento idoneo per condurre un’esistenza libera e dignitosa, che si potrebbe individuare nella previdenza

complementare (es. i fondi pensione). la previdenza

3.2 La funzionalizzazione della previdenza complementare alla previdenza obbligatoria:

complementare concorre insieme a quella obbligatoria alla realizzazione del comune obiettivo di assicurare i

mezzi adeguati alle esigenze di vita richiamato dall’art. 38, comma 2, Cost. Secondo questa posizione, la

previdenza pubblica ha il fine di soddisfare i bisogni inerenti al minimo vitale , riferibili a tutti i cittadini

lavoratori, mentre la previdenza complementare va a soddisfare tutti quei bisogni socialmente rilevanti, che

non si ritiene debbano essere soddisfatti direttamente dallo Stato. Secondo altri, quest’ultima andrebbe

ricondotta nel comma 5 dell’art. 38 Cost., secondo cui l’assistenza privata è libera . La giurisprudenza

nazionale costituzionalizza la previdenza complementare e la funzionalizza alla previdenza obbligatoria (art. 1

del d.lgs. n.252/2005) e, nella stessa direzione, si è orientata la giurisprudenza comunitaria.

per quanto riguarda la forma giuridica che i fondi pensione possono

3.3 Le tipologie dei fondi pensione:

assumere, il legislatore prevede lo schema dell’associazione non riconosciuta, l’iscritto è dunque rimesso agli

accordi degli associati, a loro volta condizionati dalle fonti istitutive. I fondi pensione possono essere costituiti

anche come persone giuridiche di diritto privato. Ciò premesso, le forme pensionistiche complementari

possono essere classificate: a) in base alla fonte istitutiva: l’atto o il soggetto che li istituisce; b) in base

all’ambito dei destinatari: i soggetti che possono aderire; c) in base alle prestazioni che garantiscono; d) in base

alla data di istituzione, se istituite prima del 15 Novembre 1992 c.d. fondi preesistenti (FPP), fondi

corrispondenti a settori produttivi con alte disponibilità finanziarie e con elevate retribuzioni, finalizzati a

garantire una sostanziale invarianza di reddito tra rapporto di lavoro e pensione, oppure dopo. I primi hanno un

obbligo di adeguamento alle norme in tema di governance e funzionamento e devono acquisire autonoma

soggettività giuridica.

Le fonti istitutive della previdenza complementare sono: 1) contratti e accordi collettivi, anche aziendali e

interaziendali; 2) accordi fra lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, liberi professionisti, soci lavoratori di

cooperative; 3) regolamenti aziendali o di enti, nei casi in cui i relativi rapporti di lavoro non siano disciplinati da

contratto o accordi collettivi; 4) leggi regionali; 5) enti privatizzati; 6) fondi aperti; 7) fondo complementare

INPS (c.d. FONDINPS).

I fondi pensione si distinguono ulteriormente in: a) fondi pensione negoziali: chiusi, di tipo collettivo istituiti

sulla base di contratti o accordi collettivi anche di tipo aziendale, la cui adesione è riservata a gruppi di

lavoratori in possesso di particolari requisiti principalmente riconducibili al tipo di rapporto di lavoro

(dipendente) o all’appartenenza a determinate categorie produttive. Il fondo pensione negoziale è un soggetto

giuridico autonomo dotato di propri organi sociali, la cui attività consiste essenzialmente nella raccolta delle

adesioni e dei contributi e nella definizione della politica d’investimento; b) fondi pensione commerciali:

consiste nell’azione commerciale da parte di un soggetto operante sul mercato mobiliare.

Tra i fondi commerciali si distinguono: 1) i PIP (piani individuali di previdenza) che sono forme pensionistiche

individuali realizzate attraverso la sottoscrizione di contratti di assicurazione sulla vita con finalità

previdenziale. Le risorse finanziarie costituiscono patrimonio autonomo e separato; 2) i fondi pensione aperti

che vengono istituiti da soggetti quali banche, società di intermediazione mobiliare, compagnie di

assicurazione. Costituiscono un patrimonio separato ed autonomo finalizzato esclusivamente all’erogazione

delle prestazioni previdenziali. L’adesione può avvenire in forma collettiva o individuale ed è aperta a tutti.

I fondi possono distinguersi in base alle prestazioni che garantiscono, nei termini seguenti: 1) fondi a

prestazione definita: dove viene identificata ex ante la rendita attesa; 2) fondi a contribuzione definita: la

prestazione pensionistica non è predeterminata ma dipende dal rendimento del risparmio contributivo.

il nuovo assetto delle fonti istitutive è quello di un modello

3.4 Il policentrismo delle fonti istitutive:

policentrico, caratterizzato dalla compresenza di fonti che presentano la caratteristica di coinvolgere una

pluralità di soggetti chiamati a sostenere e favorire lo sviluppo di forme pensionistiche complementari. Con il

decreto n. 124 del 1993, che segna la vera nascita della previdenza complementare, il sistema delle fonti risulta

governato dalla fonte contrattuale collettiva, a sottolineare un legame strutturale della previdenza

complementare con la dimensione sindacale. L’ampio spazio di operatività riconosciuto al contratto collettivo

non si arresto solo al momento istitutivo ma coinvolge tutta la vita del fondo pensione (individua il campo di

operatività soggettiva del fondo, la forma giuridica del fondo). Diversamente, con il decreto del 2005 l’ingresso

di nuovi soggetti sembrerebbe aver incrinato il ruolo in precedenza svolto dalla contrattazione collettiva.

Infatti, è stata conferita più legittimità all’ambito territoriale, perché è stato formalizzato l’ingresso delle

Regioni nell’insieme delle fonti istitutive. Le Regioni vengono abilitate a disciplinare direttamente tali forme

pensionistiche complementari, con il solo vincolo del rispetto della normativa nazionale in materia . Tuttavia,

le norme che abilitano le Regioni ad istituire i fondi pensione ai dipendenti delle stesse Regioni non possono

essere al momento utilizzate per istituire fondi destinati ai dipendenti delle stesse, e pertanto, difficilmente

queste potranno elevarsi alla stregua di fonte istitutiva dei fondi pensione. Vanno citati anche i fondi pensione

delle Regioni a statuto speciale, che riguardano sia i lavoratori privati sia quelli pubblici residenti nelle stesse

Regioni, e si trovano così costretti ad applicare 2 differenti normative fiscali a seconda che l’aderente

appartenga al settore pubblico oppure a quello privato, con un evidente aggravio di costi amministrativi.

Quanto agli enti di diritto privato essi sono ora abilitati alla istituzione di forme pensionistiche complementari

da gestire sia direttamente con il rigido vincolo della separatezza gestionale, sia anche sulla base di contratti

collettivi o accordi tra lavoratori. In altri termini, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti potranno aderire

non solo a fondi chiusi promossi da loro sindacati, ma anche a forme pensionistiche complementari del

medesimo genere istituite direttamente dalla loro cassa o dal loro ente previdenziale di riferimento per la

previdenza obbligatoria di base. Il decreto n. 252 del 2005 ha inoltre valorizzato il ruolo dei fondi pensione

aperti, ne è stato agevolato l’accesso, consentendo ora anche l’adesione individuale.

Nel quadro delle fonti istitutive occorre infine soffermarsi sul ruolo svolto dal fondo di previdenza

complementare istituito presso l’INPS, c.d. FONDINPS. Si tratta di un fondo pensione in cui confluisce

tacitamente il TFR dei lavoratori che non hanno una forma di previdenza complementare collettiva di

riferimento e che entro 6 mesi dall’assunzione non hanno scelto un fondo pensione cui far confluire il proprio

TFR, né hanno deciso di lasciarlo presso il datore di lavoro (i cosiddetti lavoratori silenti). Il TFR che confluisce a

FONDINPS vi resta sino a che il lavoratore non decide di trasferirlo altrove. Viene costituito dall’INPS in forma di

patrimonio autonomo e separato da quello dell’Istituto.

Nonostante l’ingresso di nuove fonti predisposto dal decreto del 2005, le fonti contrattual-collettive

continuano a prevalere sugli atti unilaterali dei datori di lavoro istitutivi di fondi pensione.

il policentrismo delle fonti istitutive sta in correlazione con

3.5 I destinatari della previdenza complementare:

il fenomeno dell’allargamento dei soggetti destinatari di forme di previdenza complementare. Ai sensi dell’art.

2, del d.lgs. n. 252/2005, possono aderire alle forme pensionistiche complementari: a) i lavoratori dipendenti,

sia pubblici che privati; b) i lavoratori autonomi e i liberi professionisti; c) i soci lavoratori di cooperative; d)

casalinghe (soggetti destinatari del d.lgs. 16 Settembre 1996 . 565, anche se non iscritti al fondo ivi previsto).

In buona sostanza, i destinatari della previdenza complementare vengono a coincidere tendenzialmente con i

soggetti protetti nel rapporto di previdenza obbligatoria. Osservando l’art. 2 sopra citato, la previdenza

complementare appare allora come fenomeno a vocazione universale, tuttavia nella realtà essa resta un

fenomeno improntato a logiche aspramente selettive poiché le dinamiche di esclusione in base alla effettiva

capacità contributiva dei potenziali aderenti continuano ad avere una netta prevalenza su quelle inclusive nella

stessa sfera del lavoro subordinato o autonomo.

il d.lgs. n.124 del 1993 inserisce tra i destinatari della previdenza

3.6 I fondi pensione dei dipendenti pubblici:

complementare anche i lavoratori pubblici. Condizione necessaria per l’adesione ad un fondo pensione

negoziale è l’integrale destinazione degli accantonamenti annuali del TFR, maturati a partire dall’iscrizione al

fondo stesso, per tutti quei lavoratori che risultano neoassunti alla data di entrata in vigore del decreto (28

Aprile 1993). Nel pubblico impiego non esisteva però un TFR, esisteva invece un sistema di trattamenti di fine

servizio (TFS), e secondo, le prestazioni finali del TFS vengono calcolate con riferimento alla retribuzione

dell’ultimo mese o anno di servizio e ciò impedisce di effettuare prelievi di risorse da versare ai fondi pensione;

in regime di TFR, la prestazione finale si ottiene sommando gli accantonamenti annui calcolati dividendo la

retribuzione dovuta per l’anno stesso, per 13,5. In questo contesto si inserisce la legge n.335/1995 che ha

stabilito per la prima volta l’applicazione del TFR ai dipendenti pubblici assunti a partire dal 1 Gennaio 1996 e

dunque la cessazione dei trattamenti di fine servizio per i lavoratori assunti precedentemente a questa data. Il

TFR deve essere corrisposto dalle amministrazioni ovvero dagli enti che già provvedono al pagamento dei TFS.

A causa di difficoltà tecniche e fin

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A.A. 2018-2019
19 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trovich di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del Sistema pensionistico della previdenza complementare e obbligatoria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Battisti Anna Maria.