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(APA,
edizione 1980), il DSM assume un’organizzazione multiassiale. I disturbi di
personalità vengono inseriti su un asse separato, specifico, e la psicopatia viene ricondotta
al Disturbo Antisociale di Personalità (APA, 1980), i cui criteri diagnostici includono
pattern di devianza antisociale osservabili già in età evolutiva (prima dei 15 anni) che
persistono in età adulta.
Il disturbo antisociale di personalità si presenta quale equivalente diagnostico della
psicopatia. Esso fa però riferimento ad indicatori per lo più comportamentali, mentre il
costrutto di psicopatia pone enfasi su caratteristiche affettive ed interpersonali che la sola
classificazione di disturbo antisociale non sembra in grado di descrivere in modo esaustivo
(Hart & Hare, 1996; Hart & Hare, 1997; Hare, 1996; Robins, 1966; Widiger, 2006; Millon
1981).
La psicopatia può spiegare e rappresenta un forte predittore di comportamenti antisociali
(Cleckley, 1941; Hare, 1996) ma, sebbene le loro caratteristiche di personalità li pongano a
rischio di condotte violente, non tutti gli psicopatici entrano in contatto con la giustizia
(Cleckley, 1941; Hare, 1993, 1996), mentre il disturbo antisociale è molto rappresentato
nelle popolazioni di detenuti e identifica maggiormente individui con una lunga storia di
violenza, criminalità e abuso di sostanze (Hare et al., 1991; Hare, 1996; Widiger & Corbitt,
1995). Inoltre, dal momento che i criteri diagnostici del disturbo antisociale si riferiscono a
pattern comportamentali e non a tratti di personalità, esso risulta rappresentativo di un
campione estremamente eterogeneo di individui con personalità, attitudini e motivazioni
anche molto differenti che non condividono una comune eziologia (Hare et al., 1991; Hare,
1996). 7
1.3 Caratteristiche cliniche
La Psychopathy Checklist-Revised di Hare (PCL-R; Hare, 1991, 2003) rappresenta lo
strumento diagnostico più utilizzato e universalmente riconosciuto per l’analisi delle
tendenze psicopatiche o antisociali. Viene utilizzata a scopi legali, clinici o di ricerca per
valutare se un soggetto o un detenuto rappresenta un potenziale rischio per la società e si
basa su 20 item che sono descrittivi di tratti di personalità e comportamenti comunemente
associati alla psicopatia.
I 20 item della PCL si riferiscono essenzialmente a due fattori (Hare et al, 1990; Harpur et
al., 1989; Templeman & Wong, 1994): il primo ha a che fare con caratteristiche affettive ed
interpersonali e viene denominato “uso insensibile, egoista e senza scrupoli degli altri”,
riflette caratteristiche narcisistiche della personalità psicopatica come tendenza all’egoismo
e all’egocentrismo, fascino superficiale e mancanza di rimorso ed empatia (Hare, 2003); il
secondo è invece più direttamente legato ad uno “stile di vita cronicamente instabile e
antisociale” e concerne caratteristiche di devianza sociale della psicopatia come frequenti e
precoci agiti criminali, bassa tolleranza alla frustrazione, uso di sostanze, parassitismo ed
impulsività (Hare, 2003; Patrick et al., 2005; Patrick & Zempolich, 1998; Porter &
Woodworth, 2006).
Item connessi al primo fattore:
Caratteristiche interpersonali: Caratteristiche affettive:
- Assenza di rimorso o senso di colpa.
- Fascino superficiale. - Insensibilità e mancanza di empatia.
- Egocentrismo e grandiosità. - Presenza di emozioni superficiali.
- Menzogna patologica. - Incapacità di assumersi la
- Tendenza al raggiro e alla responsabilità delle proprie azioni.
manipolazione degli altri. 8
Caratteristiche legate allo stile di vita: Caratteristiche antisociali:
- Scarso controllo comportamentale.
- Bisogno di alti livelli di stimolazione, - Problemi comportamentali precoci.
tendenza ad annoiarsi. - Condotte criminali con esordio tra i
- Parassitismo. 13-18 anni.
- Impulsività . - Revoca della libertà condizionale.
- Irresponsabilità. - Versatilità criminale .
- Mancanza di obiettivi a lungo termine
realistici.
Item connessi al secondo fattore:
Altri item:
- Promiscuità sessuale
- Relazioni coniugali brevi 9
1.4 Diagnosi in età evolutiva
Una valutazione delle caratteristiche tipicamente associate al costrutto di psicopatia appare
complessa in un sistema di tratti di personalità non ancora maturo, dal momento che molte
di esse possono essere del tutto normali nelle prime fasi dello sviluppo e tendono poi a
venir meno man mano che il soggetto si avvicina all’età adulta (Seagrave & Grisso, 2002;
Halty & Prieto-Ursúa, 2015). Per esempio, senso di grandiosità, mancanza di empatia e di
rimorso, incapacità di assumersi la responsabilità delle proprie azioni, impulsività e ricerca
di situazioni ad alto rischio sono aspetti comunemente connessi alla psicopatia, ma
caratterizzano anche l’adolescenza. Gli adolescenti e i bambini sono sostanzialmente
egocentrici e possono talvolta apparire insensibili ai sentimenti altrui, ma queste
caratteristiche non costituiscono necessariamente tratti stabili e duraturi di personalità e
possono essere quindi inquadrate in un’ottica di sviluppo come aspetti tipici di uno
specifico momento evolutivo. (Seagrave & Grisso, 2002)
Tuttavia, diversi studi ipotizzano che alcuni tratti di psicopatia possano essere rilevabili
anche durante il periodo infantile e quello adolescenziale (Johnstone & Cooke, 2004) e
che essi abbiano un’alta continuità e stabilità fino all’età adulta (Frick et al., 1994; Lynam
et al., 2005). Soggetti adulti con alti livelli di psicopatia mostrerebbero ridotta paura e
inibizione e maggiore ricerca di stimolazione e sociabilità già all’età di tre anni (Glenn et
al., 2007), e studi condotti sugli adolescenti con la PCL:YV (Hare Psychopathy Checklist:
Youth Version; Forth, Kosson & Hare, 2003) sembrerebbero in grado di predire condotte
antisociali in età adulta (Leistico et al., 2008).
Frick (1998) suggerisce che in età evolutiva sia possibile osservare tratti di insensibilità e
freddezza del tutto indipendenti da una diagnosi di disturbo della condotta. Questi tratti
comprendono insensibilità rispetto agli stati emotivi altrui, mancanza di empatia, di senso
di colpa, di rimorso e si sono dimostrati essere un precursore di psicopatia in età adulta
(Frick, 1998). I bambini con tratti di insensibilità e freddezza presentano pattern di
comportamento antisociale particolarmente severo e, rispetto a bambini con sola diagnosi
di disturbo della condotta, tendono a minimizzare le conseguenze delle loro azioni, non
sembrano intimoriti da una possibile punizione e mostrano minori livelli di empatia
rispetto ad emozioni negative altrui (Wymbs et al., 2012). È inoltre possibile osservare
anche in bambini molto piccoli tratti di grandiosità e manipolazione che si esprimono in 10
un’elevata dominanza degli altri, inganno, bugie strategiche, eccessiva autostima e
sentimenti di superiorità (Assary et al., 2015; Fu et al., 2012; Pollak & Harris, 1999) che
sembrerebbero fortemente correlati ad aggressioni pianificate, delinquenza e bullismo
(Ang et al., 2010; Barry et al., 2007).
Risulta pertanto necessario essere in grado di distinguere, all’interno di un vasto ed
eterogeneo gruppo di bambini con disturbo della condotta, tra coloro che non solo
manifestano alti livelli di comportamento antisociale ma appaiono freddi, manipolatori e
mostrano difficoltà nell’esperire certi stati emotivi, in particolare quelli associati alla paura,
che fanno sì che essi non imparino dalle punizioni e dai rimproveri rendendogli complessa
la socializzazione (Halty & Prieto-Ursúa, 2015). Per l’individuazione e la valutazione di
questi tratti durante l’infanzia e l’adolescenza sono stati sviluppati, come adattamenti della
Hare Psychopathy Checklist-Revised (PCL-R; Hare, 1991), l’Antisocial Process Screening
Device (APSD; Frick & Hare, 2001) e la Hare Psychopathy Checklist: Youth Version
(PCL:YV; Forth, Kosson & Hare, 2003) rivolti rispettivamente a soggetti tra i 6-13 e 13-18
anni.
1.5 Fattori di rischio neurobiologici e ambientali
Vi sono due cornici teoriche prevalenti per la spiegazione dei possibili processi alla base
della psicopatia che riflettono la dicotomia tra gli elementi affettivi ed attentivi del
disturbo. (Hamilton et al., 2015)
Un primo modello (Blair et al., 2005; Lykken, 1995) considera la psicopatia una sindrome
generata da un deficit di processazione delle emozioni legata ad un’ipoattività del sistema
limbico che renderebbe difficile sperimentare ed apprendere da stimoli legati alla paura,
compromettendo in questo modo lo sviluppo dell’empatia e di emozioni morali come il
senso di colpa. Quest’alterazione emozionale sarebbe alla base della mancanza di timore e
rimorso che porta il soggetto ad azioni disinibite. (Patrick, 1994; Blair, 2003; Kiehl, 2006)
Un secondo approccio (Gorenstein & Newman, 1980; Newman et al., 1997; Patterson &
Newman, 1993) ritiene invece che la psicopatia sia espressione di un deficit nella
processazione delle informazioni che ostacola la valutazione delle risposte utili e la
regolazione del comportamento. Questo deficit originerebbe da un disturbo dell’attenzione
11
e non sarebbe specifico degli stimoli affettivi, dal momento che i soggetti manifestano
reazioni affettive normali quando la loro attenzione si focalizza sullo stimolo (Arnett et al.,
1997; Newman & Kosson, 1986; Zeier et al., 2009; Newman et al., 2010; Baskin-Sommers
et al., 2011).
Il Modello dell’Integrazione Compromessa (II; Hamilton et al., 2015) si propone di
spiegare la psicopatia colmando la distanza tra le due prospettive, fornendo un meccanismo
sottostante comune ai deficit attentivi ed affettivi. Ipotizza che alla base del disturbo vi sia
un deficit nell’integrazione percettiva che determina lo sviluppo di una topografia anomala
nelle reti neurali associative ed una processazione superficiale degli stimoli, tra cui quelli
socioemotivi.
Ad ogni modo, la topografia cerebrale dei soggetti psicopatici appare maggiormente
preservata da un punto di vista funzionale rispetto a forme di psicopatologia più gravi
come l’autismo e la schizofrenia (Hamilton et al., 2015), e diversamente da altri disturbi i
fattori contestuali risultano decisivi ed interagiscono con i deficit neurobiologici andando a
rinforzare o attenuare i tratti caratteristici del disturbo.
Tra i principali fattori di rischio ambientali troviamo:
- Esperienze traumatiche: l’aver assistito o l’esser stati vittima di violenza, abusi o
trascuratezza può influire significativamente sullo sviluppo di tratti di psicopatia
(Maikovich et al., 2008; O’Neill et al., 2