Il principio di non discriminazione fondato sul sesso e la parità di trattamento tra uomini e donne. Evoluzione e prospettive nel Diritto dell’Unione Europea
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principi comuni a tutti i lavoratori e sia elaborato in modo da eliminare
discriminazioni fondate sul sesso . Gli articoli successivi della direttiva
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prevedono inoltre la soppressione delle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative che possano originare discriminazioni in
seno al principio della parità retributiva, nonché la possibilità di modificare
o ritenere nulle le disposizioni contenute nei contratti collettivi e negli
accordi salariali. L’atto non manca di specificare il termine entro il quale
provvedere all’adempimento (art.8).
Ad un anno di distanza, la direttiva 76/207/CEE concorre a delineare un
nuovo profilo della materia in oggetto. Le differenze con la prima direttiva
sono interessanti all’occhio dello studioso del diritto comunitario. La
seconda direttiva persegue l’obiettivo di costituire un’autonoma disciplina
sulla materia piuttosto che ravvicinare le legislazioni degli Stati membri. La
seconda differenza sostanziale, con la prima direttiva, riguarda l’oggetto
stesso dell’atto: l’argumentum della direttiva – per quanto strettamente
collegato – non è più la parità di retribuzione bensì l’attuazione del
principio di parità di trattamento, ponendo grande attenzione alle
condizioni di accesso al lavoro, della formazione e della promozione tra
uomini e donne. Nel preambolo delle direttive si denota inoltre il
cambiamento della base giuridica: nella prima direttiva il Consiglio della
comunità europea poneva attenzione agli artt. 110 e 119 del Trattato
istitutivo, nella seconda invece il fondamento giuridico della direttiva
risiede nell’art.235 dello stesso Trattato (ora art.308) . Una particolarità
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che invece combacia in entrambi i testi è la presenza, articolo 5, di
disposizioni volte a tutelare dal licenziamento del lavoratore o lavoratrice
qualora viziato da discriminazione fondata sul sesso o in reazione ad
44 Assunto dagli stessi considerando all’interno della direttiva e l’art.1.
45 Secondo tale articolo, quando un’azione della Comunità risulti necessaria per raggiungere, nel
funzionamento del mercato comune, uno degli scopi dell’Unione, senza che il trattato abbia previsto i
poteri d’azione richiesti dal Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e dopo
aver consultato il Parlamento europeo, prende le disposizioni del caso. 33
un’azione giudiziaria con l’obiettivo di far osservare il principio di parità
tra i sessi.
La direttiva 92/85/CEE, conformemente agli obiettivi generali della
Comunità europea e all’articolo 118 del Trattato di Roma, vista la proposta
della Commissione e la cooperazione con il Parlamento europeo, introduce
misure volte a migliorare le condizioni in materia di sicurezza e salute sul
lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.
L’art.7 dispone che gli Stati membri adottino misure affinché le lavoratrici
in oggetto alla direttiva non siano obbligate a svolgere lavori notturni ma
che piuttosto siano assegnati loro dei turni diurni o – qualora tale
assegnazione sia tecnicamente/oggettivamente impossibile – di una
dispensa dal lavoro se non una proroga del congedo di maternità. La
direttiva dispone che tale congedo di maternità (art.8) sia di almeno
quattordici settimane ininterrotte, da ripartire tra prima e dopo il parto, e
che il congedo includa almeno due settimane obbligatorie conformemente
alle legislazioni nazionali. Le disposizioni concernenti il congedo di
maternità includono la fruizione per le lavoratrici in questione di una
dispensa dal lavoro, senza perdita della retribuzione, per visite ed esami
prenatali se queste coincidono con l’orario di lavoro. Tra le misure volte al
miglioramento delle condizioni in materia di sicurezza e salute delle
lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, il Consiglio
sancisce che ogni Stato membro debba adottare delle misure per impedire
il licenziamento delle stesse nel periodo compreso tra l’inizio della
gravidanza e il termine del congedo di maternità, ritenendolo illegittimo se
non accompagnato da validi motivi giustificativi forniti per iscritto dal
datore di lavoro e tutelando le lavoratrici nella circostanza di un
licenziamento ritenuto illegittimo ai sensi dell’articolo 9. L’innovazione
della direttiva 92/85/CEE risiede nelle “disposizioni finali” che deliberano
i tempi di attuazione per le misure introdotte dalla direttiva ma,
soprattutto, coordinano anche le azioni delle istituzioni europee. Ogni 34
cinque anni gli Stati membri destinano alla Commissione un rapporto sulla
pratica attuazione delle misure e il punto di vista delle parti sociali; la
Commissione europea ha l’onere di informare – grazie ad una relazione – il
Parlamento europeo, il Consiglio e il Comitato economico e sociale e il
comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute sul
luogo di lavoro.
La direttiva 2000/78/CE completa il profilo delineato dal legislatore sulla
parità di trattamento fornendo una nozione di discriminazione ai fini della
parità di trattamento e mirando a stabilire un quadro generale per la lotta
alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli
handicap, l'età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l'occupazione e
le condizioni di lavoro. L’art.4 della direttiva ammette un “margine di
apprezzamento” in capo agli Stati membri nello stabilire che una
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qualsivoglia differenza di trattamento, legata alle caratteristiche sopra
citate, non costituisca fattore di discriminazione qualora tale caratteristica
costituisca un elemento rilevante per la natura dell’impiego – ammettendo
una finalità legittima e un requisito proporzionato. La direttiva
2000/78/CE – decretando che “il principio di parità di trattamento non
osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure specifiche” dirette
a evitare discriminazioni fondate sui caratteri menzionati dall’atto – apre
la strada agli artt. 21 e 23 contenuti nella Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea (Carta di Nizza) sul divieto di discriminazione e, in
special modo, la parità tra uomini e donne che, al secondo comma, ammette
l’esistenza di misure che apportino vantaggi al sesso che risulti
sottorappresentato in un determinato contesto lavorativo. È compito degli
Stati membri determinare le sanzioni da irrogare nel caso di violazioni alle
normative nazionali di attuazione della direttiva in questione e saranno gli
46 Termine spesso usato da Dolso G. P. soprattutto in correlazione dell’art.14 della CEDU, indicando un
margine di flessibilità e di azione in capo agli Stati nell’esaminare gli status e le caratteristiche
discriminate. 35
stessi Stati ad inviare le informazioni necessarie alla Commissione in modo
da redigere una relazione destinata al Parlamento europeo e il Consiglio.
Ad alcuni anni di distanza dalla direttiva per ultima menzionata,
conformemente ai principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani
e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, principi che sono
comuni a tutti gli Stati membri e su cui si fonda l’Unione Europea assieme
al rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il
Consiglio dell’Unione Europea decide di adottare la direttiva 2004/113/CE
con lo scopo di istituire un quadro per la lotta alla discriminazione fondata
sul sesso nell’accesso ai beni e servizi e per la loro fornitura al fine di
rendere effettivo il principio di parità di trattamento tra uomini e donne.
Nella definizione di parità di trattamento tra uomini e donne la direttiva
proibisce qualunque discriminazione diretta e indiretta fondata sul sesso –
compresi eventuali trattamenti di minor favore in ragione della gravidanza
o della maternità – ed includendo le molestie sessuali nelle forme di
discriminazione fondate sul sesso. La considerazione del sesso quale
fattore di calcolo dei premi e delle prestazioni a fini assicurativi e di altri
servizi finanziari non potrà determinare differenze nei premi in tutti i
contratti stipulati dopo il 21 dicembre 2007. Un’importante novità
introdotta dalla direttiva 2004/113/CE è la designazione, spettante agli
Stati membri, di organismi per la promozione, il controllo ed il sostegno
alla parità di trattamento tra uomini e donne senza discriminanti, con la
competenza tra l’altro di condurre inchieste indipendenti in ambito di
discriminazione e di formulare raccomandazioni sull’attuazione delle
misure previste dalla direttiva.
Il campo di applicazione della direttiva è ben delineato dall’art.3: in
particolar modo il contenuto della direttiva non è da applicarsi a “questioni
riguardanti l’impiego e l’occupazione”. Un limite notevole e delineato che, 36
però, pone le basi per un nuovo atto di procedura legislativa ordinaria : la
47
direttiva 2006/54/CE adottata il 5 luglio 2006 del Parlamento Europeo e
del Consiglio dell’Unione europea riguardante l’attuazione del principio
delle pari opportunità e della parità di trattamento proprio in materia di
occupazione e impiego. Considerando le direttive precedenti (sul
ravvicinamento delle legislazioni nazionali in merito alla parità di
retribuzione e sull’attuazione del principio di parità di trattamento tra
uomini e donne) la direttiva istituisce delle procedure adeguate a rendere
più efficace l’attuazione di tali principi. Oltre a declinare divieti di
discriminazione in ambito di parità retributiva e sistemi di classificazione,
di accesso all’impiego e opportunità di carriera, la direttiva fornisce una
serie di “esempi di discriminazione” diretti e indiretti contrari al principio
48
di parità.
Tra le disposizioni trasversali della direttiva, un importante spazio è
dedicato ai mezzi di tutela dei diritti: gli Stati membri provvedono con
procedure giurisdizionali finalizzate per ogni persona che si ritenga lesa
dalle discriminazioni contenute nella direttiva europea e prevedendo –
49
all’interno degli ordinamenti nazionali – a misure di riparazione e
indennizzo per i danni subiti in ragione di una discriminazione fondata sul
sesso . Compito degli Stati membri è non solo quello di stabilire normative
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sanzionatorie da adottare in caso di violazione del principio di non
discriminazione fondato sul sesso, ma anche incoraggiare i datori di lavoro
e i responsabili dell’accesso alla formazione nel selezionare misure che
possano prevenire atti di discriminazione fondati sul sesso e molestie sul
luogo di lavoro. La direttiva 2006/54/CE non si limita ad ammettere azioni
positive, che non ostano il principio di non discriminazione e la parità di
47 Prima del Trattato di Lisbona, la procedura legislativa ordinaria dell’Unione europea era denominata
procedura di codecisione (introdotta con il Trattato di Maastricht), prevedeva il ruolo di colegislatore
al Parlamento europeo assieme al Consiglio. La procedura ordinaria prevede tre fasi (o letture) e
un’intermedia fase di conciliazione.
48 Titolo II, capo 2, art.9.
49 Riferimento testuale all’art.17 della direttiva.
50 Riferimento testuale all’art.18 della direttiva. 37
trattamento, ma vuole rappresentare un indirizzo per le successive
normative nazionali – che dovranno tener conto dell’integrazione della
dimensione di genere nelle successive normative, regolamenti e atti
amministrativi – con l’obiettivo di raggiungere una parità sostanziale tra
uomini e donne. L’art. 34 della direttiva dispone infine l’abrogazione, dal
15 agosto 2009, delle direttive 75/117/CEE, 76/207/CEE, 86/378/CEE e
97/80/CE, alla luce delle tabelle di corrispondenza contenute nella
direttiva del 2006 .
51
Complessivamente si denota quindi che le direttive comunitarie, pur
dilungandosi sulle nozioni di discriminazioni dirette e indirette, sulla
qualificazione di organismi per la promozione, l’analisi, il controllo e il
sostegno della parità di trattamento per tutti gli individui, senza
discriminazioni di genere, non determinano i limiti di legittimità delle c.d.
azioni positive (o discriminazioni positive) rinviando alla giurisprudenza
della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
2.3.1 L’impatto della direttiva 2006/54/CE: European Institute for
Gender Equality (EIGE) e Gender Pay Gap (GPG)
Com’è stato analizzato da questo lavoro, sono molte le direttive europee
che si sono pronunciate per attuare una lotta alle discriminazioni fondate
sul sesso nell’accesso ai beni e servizi e nell’ambito dell’occupazione e della
carriera, tuttavia i risultati registrati per il raggiungimento della parità di
trattamento tra uomini e donne sono poco significativi secondo le analisi
riportate dall’Indice sull’uguaglianza di genere (presentato il 25 giugno
2015 a Bruxelles) dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE).
Negli ultimi dieci anni l’Indice – coniato su sei domini principali (lavoro,
denaro, formazione, tempo, potere e salute) e due ambiti tematici
51 Reperibile nell’allegato II della direttiva, con il riferimento dettagliato degli articoli abrogati. 38
secondari (violenza contro le donne e disuguaglianze intersezionali ) –
52
complessivo per l’Unione europea è aumentato di 1,6 (partendo da 51,3 nel
2005 e arrivando a 52,9 del 2012). Il valore dell’Indice ha esaminato
l’impatto delle politiche e delle direttive europee nell’ambito
dell’uguaglianza e del divieto di discriminazioni. Qualche modesto passo in
avanti si è fatto nell’ambito del potere e dell’accesso, per le donne, a
posizione di vertice all’interno di aziende e istituzione ma permane, nel
mercato del lavoro, un elevato livello di “segregazione di genere” che vede
le donne europee ancorate in mansioni e impieghi tipicamente attribuiti
alla figura femminile (istruzione, sanità e servizi sociali).
Dopo le novità introdotte dal Trattato di Amsterdam, precedentemente
considerate, nei primi anni del nuovo millennio – come abbiamo visto –
l’Unione europea adotta due direttive (la 2000/43/CE e la direttiva
2000/78/CE) con l’intenzione, da parte della Commissione, di rettificare la
direttiva 76/207/CE in conformità alle nuove basi giuridiche poste dai
trattati e fornire delle definizioni omogenee e condivise sul principio di non
discriminazione basato sul sesso, adeguandole alla più recente
giurisprudenza della Corte di Giustizia. Un passaggio importante
nell’evoluzione del diritto dell’Unione europea ma ancora in linea di
continuità con le impostazioni storicamente fissate. Il Parlamento europeo
e l’universalità dei gruppi di pressione a livello comunitario non
demordevano, però, dall’ottenere un nuovo strumento legislativo che
esprimesse in modo univoco la posizione della Comunità in relazione al
concetto trasversale di uguaglianza e di parità tra gli uomini e le donne.
Negli anni successivi la direttiva 2006/54/CE ha rielaborato la tematica del
52 In giurisprudenza e in sociologia, l’intersezionalità (dal termine inglese intersectionality) è un
termine proposto dall’attivista e giurista statunitense Kimberlé Williams Crenshaw per denotare la
sovrapposizione di diverse identità sociali e le possibili particolari discriminazioni o oppressioni. Le
varie categorie biologiche, sociali e culturali (come il genere, l’etnia, la disabilità, il ceto sociale,
l’orientamento sessuale, la religione, l’età e la nazionalità) interagiscono a molteplici livelli, spesso
simultaneamente. 39
principio di pari opportunità e pari trattamento in materia di occupazione
e impiego.
Le riflessioni di figure, più autorevoli di me, riescono a cogliere la
controversa interpretazione che si attua parlando del diritto dell’Unione
sul principio di non discriminazione fondato sul sesso. Luigi Mariucci
sostiene che la legislazione antidiscriminatoria adottata dalla Comunità
europea si possa paragonare ad una “legge-manifesto” che poco incide sugli
assetti reali e le condizioni di vita dei cittadini europei; non si allontana
molto da questa tesi l’analisi di Guarriello, secondo cui il sistema di
garanzie e tutele giuridiche perde sempre più peso ed autorità se
rapportato agli imperativi dell’economia, soprattutto in un contesto
internazionale di crisi e precarietà; è tuttavia Marzia Barbera a sottolineare
come la dimensione dei divieti di discriminazione rappresenta de facto
l’attuale sistema di correzione degli squilibri di “potere contrattuale”, un
dato rilevante che non può essere distaccato dalla realtà. La natura del
concetto di discriminazione risiede necessariamente in una dimensione
relazionale, e non assoluta. In quest’ottica il diritto antidiscriminatorio
dell’Unione Europea ha tutte le potenzialità per rappresentare uno
straordinario contrappeso alla progressiva flessibilizzazione delle
condizioni di lavoro e all’introduzione di tipologie contrattuali sempre più
precarie. 40
Capitolo III
La parità di genere nel 2017: sfide e lacune
L’integrazione del gender mainstreaming in tutti i settori di azione
dell’Unione europea ha supportato la copiosa produzione di atti normativi
nel contrastare il fenomeno della discriminazione legata al sesso, con
l’obiettivo di realizzare finalmente uno scenario paritario nella tutela dei
diritti fondamentali quanto nella rappresentatività femminile a tutti i
livelli, auspicando una proporzione più equa delle presenze. L’impegno
della Commissione europea nel promuovere una sensibilità alle questioni
di genere in tutte le politiche dell’Unione e degli Stati membri completa,
in parte, il quadro analitico.
3.1 La tutela della maternità e i congedi parentali: dalla direttiva
92/85/CEE alla direttiva 2010/18/UE
La necessità di conciliare la vita professionale e la vita familiare, nonché
sociale, è un obiettivo che può essere ascritto a quello più specifico di
raggiungere una parità effettiva tra uomini e donne nel mondo del lavoro.
A partire dagli anni Novanta l’agenda europea si occupa della tutela della
maternità sia in termini di salute della donna lavoratrice sia nella disciplina
inerente alla custodia dei bambini: sul miglioramento della sicurezza e
della salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento
abbiamo già visto come si esprime la direttiva 92/85/CEE, per quanto
invece riguarda il secondo ambiente di tutela, evoluto poi nella disciplina
dei congedi parentali, interviene la raccomandazione 92/241/CEE che,
considerando la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei
lavoratori (adottata dai Capi di Stato e di governo nel 1989), si pone
53
53 Dove al punto 16, comma terzo, recita “È altresì opportuno sviluppare misure che consentano agli
uomini e alle donne di conciliare meglio i loro obblighi professionali e familiari”. 41
l’obiettivo ambizioso di stimolare gradualmente iniziative che permettano
ad entrambi i genitori di “conciliare le loro responsabilità professionali con
le loro responsabilità familiari ed educative derivanti dalla custodia dei
bambini” (art.1).
La raccomandazione in questione risulta precorritrice dell’Accordo quadro
sul congedo parentale siglato nel 1995 dall’UNICE, il CEEP e la CES, il quale
dispone delle prescrizioni minime sull’assenza dal lavoro per cause di forza
maggiore derivanti da “ragioni familiari urgenti dovute a malattie o
infortuni che rendono indispensabile la presenza immediata del
lavoratore” come sancito dal primo punto della terza clausola. L’Accordo
dimostra come il dialogo fra gli attori sociali sia un fattore propulsivo della
legislazione sociale europea, qualora vi sia una difficoltà da parte delle
istituzioni ad agire , valorizzando il ruolo dei partners sociali europei
54
nell’autonomia collettiva. Il documento viene recepito all’interno della
direttiva 96/34/CE senza alcuna modifica relativa al contenuto: l’atto si
limita a disporre i tempi necessari per conformarsi alla direttiva, allegando
integralmente l’Accordo.
Nel giugno del 2009 le parti sociali europee, su sollecitazione della
Commissione europea, aprono una nuova sessione di dialogo con l’intento
di revisionare la disciplina iniziale. La BUSINESSEUROPE , il CES, la CEEP
55
e l’UEAPME firmano la revisione dell’originario Accordo dopo aver
adeguato alcune clausole alle più recenti trasformazioni sociali, agevolando
la fruizione di congedi parentali anche per i padri. Le modifiche, apportate
dalla revisione dell’accordo originario ed inserite nella direttiva
2010/18/UE, estendono la durata del permesso ad un periodo minimo di
56
quattro mesi di cui uno non trasferibile, a seconda delle normative
54 La forma di dialogo sopra citata trova legittimazione nei principi introdotti dal Protocollo Sociale di
Maastricht ed integrati dal Trattato di Amsterdam
55 Configura lo stesso attore sociale (UNICE) firmatario dell’accordo originale ma con una nuova
nomina.
56 Clausola 2, n.2, dell’Accordo quadro sul congedo parentale (riveduto). 42
nazionali; prevedono una maggiore flessibilità degli orari di lavoro al
rientro dal congedo ma, soprattutto, si impegna a sensibilizzare una più
equa ripartizione delle responsabilità tra uomini e donne, a fronte della
trasformazione sociale dell’istituzione familiare. La direttiva del 2010,
abrogando e sostituendo la direttiva 96/34/CE, fa riferimento alle fonti di
diritto primario e secondario che ne legittimano l’azione, inoltre, cita tutte
le direttive emanate fino ad allora riguardanti la parità tra uomo e donna.
Nei considerando della direttiva si colloca anche il riferimento agli obiettivi
della strategia di Lisbona per la crescita e il tasso di occupazione, così come
la consapevolezza di aver ottenuto risultati insufficienti invitando gli
57
uomini ad accettare un’equa ripartizione delle responsabilità in ambito
familiare, e che pertanto si dovranno pensare a strumenti più efficaci ed
influenti.
Gli Stati membri e le parti sociali possono, in particolare, stabilire i criteri
secondo cui un datore di lavoro, in accordo con le normative, può differire
la concessione del congedo parentale per ragioni connesse al
58
funzionamento dell’organizzazione o dell’azienda, inoltre, sono gli stessi
Stati membri e parti sociali che stabiliscono i termini del preavviso che il
lavoratore deve dare al datore di lavoro, per usufruire del congedo
parentale: l’accessibilità e le modalità di fruizione devono essere adeguate
alle “esigenze dei genitori di figli con disabilità o malattie a lungo decorso”
(clausola 3, n.3). Il trattamento economico relativo al congedo parentale
non è citato all’interno della direttiva e rimandato, de facto, ai diversi
legislatori nazionali per la presenza o meno d’indennizzi, e per stabilire in
che misura spetti al lavoratore. Tale decisione rispetta la volontà di non
creare ulteriori difficoltà nei bilanci degli Stati dell’Unione.
La novità più significativa dell’Accordo quadro sul congedo parentale
(riveduto) è forse contenuta nella sua quinta clausola, dedicata ai diritti dei
57 Considerando n.12, tra le Osservazioni generali dell’Accordo quadro (riveduto).
58 Clausola 3, n.1, tra le Modalità di applicazione. 43
lavoratori e il principio di non discriminazione: la direttiva dispone che si
debbano prendere doverose misure per proteggere i lavoratori, di ambo i
sessi, da un trattamento di minor favore o, addirittura, dal licenziamento
aventi come causa la domanda o l’esercizio stesso del congedo parentale.
Agli Stati membri e le interessate parti sociale spetta il compito di prendere
le misure necessarie per garantire la ripresa dell’attività professionale ai
lavoratori che tornano dal congedo parentale con la possibilità di
domandare modifiche all’orario e l’organizzazione della vita professionale
per un periodo determinato. La direttiva dispone che il lavoratore, al
termine del periodo concesso in virtù del congedo, ha “il diritto di ritornare
allo stesso posto di lavoro o, qualora ciò non sia possibile, ad un lavoro
equivalente” secondo i termini del suo contratto di lavoro.
In Europa sono generalmente presenti tre categorie di congedo per motivi
familiari: il congedo di maternità, il congedo riservato ai padri e il congedo
parentale, che permette di essere utilizzato da entrambi i genitori, tuttavia
manca un approccio comune alla questione. Nonostante le direttive
intervenute sulla tutela della maternità e la conciliazione, per entrambi i
genitori, tra le responsabilità familiari e la vita professionale, manca ancora
un quadro determinato condiviso da tutti gli Stati: ogni Paese stabilisce
autonomamente – seppur in conformità con le direttive sopra citate – i
tempi e le modalità di riconoscimento del congedo per i lavoratori e le
lavoratrici.
La disciplina dei congedi parentali rappresenta una pietra miliare nelle
politiche di work life balance per promuovere l’uguaglianza di genere
59
all’interno dell’Unione europea e accrescere l’indipendenza economica
delle donne. Una ripartizione più equa dei carichi di cura e le responsabilità
legate agli ambienti familiari, tra uomini e donne, assume un ruolo
fondamentale nell’incremento dell’occupazione femminile e nella
59 Il termine “work life balance” indica la capacità di bilanciare in modo equilibrato il lavoro (carriera e
ambizione professionale) e la vita privata (famiglia e tempo libero). 44
riduzione del gender pay gap. Il solo invito agli uomini nell’assumere
maggiori responsabilità nell’istituzione familiare è risultato insufficiente –
come ammesso tra i considerando della direttiva 2010/18/UE – ma
l’incentivo introdotto dal governo svedese (di ottenere il congedo solo nel
caso di una condivisione paritaria del permesso) ha contribuito ad ottenere
effetti positivi sul mercato del lavoro. La direzione intrapresa dall’Italia –
di estendere la possibilità di avvalersi del congedo fino all’età di dodici anni
per il bambino – non risulta una decisione lungimirante in termini di pari
opportunità e indipendenza economica femminile. Un congedo parentale
lungo, qualora non condiviso da entrambi i partner, assume una ricaduta
negativa per le lavoratrici: le donne percepiscono retribuzioni di norma
inferiori rispetto agli uomini, quindi richiedono ed usufruiscono di tali
congedi rimanendo più a lungo lontane dal mercato del lavoro, con possibili
ripercussioni negative per le loro skills, alimentando fattori di
discriminazione e di segregazione verticale e orizzontale. L’analisi che
individua un forte nesso tra l’occupazione delle donne e la responsabilità
nelle cure viene condivisa anche dalla Relazione sui progressi concernenti la
parità tra donne e uomini nell’Unione europea nel 2013 e votata dal
Parlamento europeo nel 2015, invitando nel contempo la Commissione e
gli Stati membri ad attuare misure legislative e non legislative che
consentano agli uomini, in particolare ai padri, di godere del diritto di
conciliare la vita familiare e la vita professionale.
3.1.1 La sentenza H. contro Land Berlin (2016): sul mantenimento
dei diritti acquisiti o in via di acquisizione
Nella causa tra la signora H. e il Land di Berlino, la domanda di pronuncia
pregiudiziale verte sull’interpretazione della quinta clausola contenuta
nell’Accordo quadro riveduto, allegato alla direttiva 2010/18/UE del
Consiglio, concernente i diritti dei lavoratori e la non discriminazione degli
stessi al rientro dal congedo parentale, e degli articoli 15 e 16 della direttiva 45
2006/54/CE riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità
e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione
e impiego. La controversia tra la signora H. e il Land Berlin verte sulla
decisione di quest’ultimo di reintegrare la dipendente nella sua
60
precedente posizione di grado inferiore – decisione comunicata durante il
suo congedo parentale – dal momento che la stessa non aveva
positivamente concluso il periodo di prova di due anni, prevista per la
posizione direttiva cui le era stata assegnata prima della sua richiesta di
congedo per maternità. A sostegno del ricorso presentato dalla signora H.,
la stessa faceva valere che tale decisione impugnata di ricollocarla in una
posizione (non equivalente a quella assunta prima di fruire del congedo)
violerebbe entrambe le direttive citate nella domanda e ampliamente
esposte nel contesto normativo della sentenza.
Il Tribunale amministrativo di Berlino si interroga in particolare sulla
compatibilità tra la clausola quinta dell’Accordo riveduto e l’articolo 97
61
LBG contenuto nella normativa nazionale sulla possibilità per i lavoratori
di poter tornare (al termine del congedo richiesto) nella stessa posizione
professionale o, qualora non disponibile, in una posizione equivalente e sul
diritto di mantenere i diritti acquisiti o in via di acquisizione in ragione del
fatto che il ricollocamento conseguirebbe una diminuzione retributiva.
Dopo alcune considerazioni preliminari, la Corte di Giustizia dell’Unione
Europea afferma l’importanza per entrambi i genitori di poter tornare ad
uno stesso posto di lavoro o equivalente, dopo aver fruito del congedo
parentale per dedicarsi alle proprie responsabilità familiari –
interrompendo le attività professionali – merito delle garanzie previste
dall’Accordo riveduto. Si attesta che, nella stessa prospettiva, il secondo
60 La signora H. risulta pubblico dipendente di ruolo nel medesimo Land dal 1999. Il 18 ottobre 2011
veniva assegnata ad una posizione, all’epoca vacante, con un inquadramento economico superiore e
funzioni direttive.
61 Accordo quadro sul congedo parentale (riveduto), firmato nel 2009 ed allegato alla direttiva
2010/18/UE. 46
punto della quinta clausola è “diretta ad evitare la perdita dei diritti
acquisiti o in via di acquisizione, che derivano dal rapporto di lavoro, di cui
il lavoratore già dispone quando inizia il congedo parentale” con l’intento
di mantenere lo stesso status al rientro dal congedo. La Corte dichiara
inoltre che privare il lavoratore della garanzia di beneficiare degli stessi
diritti di cui godeva prima di assentarsi dall’attività professionale, per
fruire del congedo parentale, produrrebbe l’effetto di “dissuadere il
lavoratore dalla decisione di avvalersi del diritto al congedo parentale,
pregiudicando, conseguentemente, l’efficacia di tale diritto” nonché il
diritto espresso dalle direttive 2006/54/CE e 2010/18/UE, ponendosi in
contrasto con i fini perseguiti dall’Accordo.
La normativa interna ha privato la signora H. di comprovare la sua
62
idoneità nell’esercitare le funzioni direttive previste dalla posizione che le
era stata assegnata nel 2011 cui lei stessa aspirava, al fine di essere
definitivamente promossa per quella carica al termine del periodo di prova
biennale. La clausola quinta dell’Accordo in allegato alla direttiva
2010/18/UE osta alla normativa nazionale in oggetto del procedimento
principale: spetta al giudice del rinvio verificare, disapplicando se
necessario la normativa interna, che per il Land Berlin non ci siano state
condizioni oggettivamente plausibili per consentire alla signora H. di poter
tornare alla posizione per cui era stata selezionata anteriormente al
congedo o ad una posizione analogo. Secondo quanto espresso dalla Corte,
spetta al medesimo giudice garantire che alla signora venga assegnato ex
novo un periodo di prova, per dimostrare le sue abilità nelle mansioni
direttive competenti, o l’assegnazione di una posizione equivalente a quella
assunta prima del congedo parentale.
62 Il riferimento alla normativa interna va all’art.97 LBG. 47
3.2 L’impegno della Commissione europea verso la parità tra donne
e uomini: il piano d’azione per uno scenario egualitario
All’interno dell’Impegno strategico a favore della parità di genere 2016-
2019, elaborato dalla Commissione europea, le azioni delle istituzioni
dell’Unione sono state orientate verso cinque settori d’intervento
prioritari: la pari indipendenza economica, la parità delle retribuzioni, la
presenza paritaria nel processo decisionale, la lotta alle violenze di genere
in termini di dignità e integrità, infine, la parità tra uomini e donne nelle
azioni esterne. Nonostante siano stati registrati traguardi importanti negli
ultimi anni (come il livello di occupazione femminile e la crescente
presenza delle donne negli organi politici, o come membri dei consigli
direttivi delle imprese e società quotate in borsa), la parità di genere resta
“un’opera incompiuta” come la definisce la stessa Vĕra Jourová,
Commissaria europea per la giustizia, i consumatori e la parità di genere.
La tendenza al miglioramento è ancora ostacolata dal persistere di
discriminazioni e disparità nelle retribuzioni e nell’accesso alle carriere. Il
nuovo quadro di riferimento stilato dalla Commissione pone l’accento sulla
necessità di realizzare il godimento, pieno e paritario, di tutti i diritti umani
e le libertà fondamentali da parte delle donne e delle ragazze per il
conseguimento della loro emancipazione e della parità di genere.
L’attuale crisi economica ha registrato livelli insostenibili di
disoccupazione (sia maschile sia femminile) nonché delle condizioni di vita
all’interno dell’Unione, tuttavia il tasso delle donne economicamente
attive è cresciuto: questo dato analizzato dalla Commissione europea
63
denota l’affidamento che sempre più famiglie fanno sul lavoro femminile.
Com’è stato evidenziato nei capitoli precedenti all’interno di questo lavoro,
le donne si trovano in una posizione di minor favore sia per quanto
riguarda il reddito e le possibilità di ascesa nella carriera sia nell’accesso
63 Per popolazione economicamente attiva si intende la parte di popolazione che è abile, salvo
impedimenti temporanei, e svolge un’attività lavorativa. 48
stesso all’occupazione, rendendole maggiormente esposte al rischio di
povertà .
64
Nonostante si registri un numero maggiore di ragazze che ottengono un
diploma di scuola superiore e di donne che conseguono un titolo di laurea,
la sovra rappresentazione femminile è ancora rilevata in ruoli
tradizionalmente e tipicamente femminili. Le disparità in termini
occupazionali non diminuiscono, piuttosto evolvono. Le probabilità che le
giovani donne diventino – indipendentemente dalla loro volontà e dalle
loro scelte – economicamente inattive sono ancora il doppio rispetto a
quelle degli uomini.
Le nuove politiche di pari opportunità e di contrasto alle discriminazioni di
genere sono orientate verso un nuovo sistema di allocazione delle risorse
e di posizioni apicali negli organi decisionali, riformulando la
rappresentatività delle donne nelle posizioni di vertice (sia politico sia
imprenditoriale). Luisa Rosti, docente magistrale di Economia del
Personale e di Genere nell’Università di Pavia, esprime la necessità
socioeconomica di realizzare uno scenario proporzionale e paritario sia
che le donne lo vogliano – in termini di equità nella retribuzione e
nell’abbattimento delle barriere nelle promozioni e nell’accesso al lavoro 65
– sia che non lo vogliano – creando incentivi e ristrutturando alcuni
parametri in modo da poter influenzare positivamente le loro scelte e non
farle rinunciare alla carriera. Uno scenario proporzionale e paritario, come
quello auspicato dalla Rosti, risulta strettamente correlato ai meccanismi
allocativi del talento e delle pari opportunità presenti nei Paesi europei. A
parità d’intelligenza e talento, le donne spendono un maggior impegno
64 Risoluzione del Parlamento europeo del 23 maggio 2007 sulla promozione di un lavoro dignitoso per
tutti; Relazione della Commissione europea del 18 dicembre 2009, Parità tra donne e uomini 2010,
Commissione europea, 2009.
65 Le discriminazioni occupazionali per le donne economicamente attive si concentrano nel fenomeno
del Gender Pay Gap (trattato precedentemente) e nel Glass Ceiling, anche detto “soffitto di cristallo”,
dove le barriere artificiali precludono la prospettiva e le possibilità concrete di avanzamento nella
carriera delle donne. 49
nella formazione e nella carriera scolastica, ma nei tornei per la carriera
66
sono gli uomini ad ottenere risultati migliori (maggiori promozioni e
maggiori salari). L’asimmetria o discriminazione nelle relazioni tra i generi
può essere però contrastata attraverso politiche di pari opportunità ed
azioni positive, atte a ristabilire quote paritarie.
Per realizzare gli obiettivi previsti e configurati dalla Commissione europea
saranno necessari strumenti legislativi e finanziari, tra cui: l’integrazione
di una prospettiva di genere in tutte le attività dell’Unione europea, la
messa in atto di norme sulla parità di trattamento, programmi di
finanziamenti pluriennali delle istituzioni , una continua raccolta di dati e
67
pareri all’interno della comunità europea , la cooperazione tra tutti gli
68
attori e gli Stati membri nella condivisione di “buone pratiche”. La
costituzione di uno share point è un presupposto essenziale per lanciare
un’autentica partnership dinamica tra tutti gli attori europei, nazionali,
regionali e locali.
3.2.1 La Carta delle donne (2010)
Nella commemorazione del quindicesimo anniversario dalla Conferenza
mondiale dell’ONU tenutasi a Pechino nel settembre 1995, al seguito della
quale è stato adottato il piano d’azione di Pechino, e in occasione della
Giornata internazionale della Donna, la Commissione europea ha ribadito
il suo impegno e la sua dedizione per ottenere una vera parità tra gli uomini
e le donne europee. La dichiarazione stilata dalla Commissione nel 2010,
nominata Carta delle Donne, conferma l’impegno delle istituzioni nel
66 Il saggio utilizza la metafora di tornei iniqui, tra maschi e femmine, nella carriera scolastica e nella
carriera professionale. La Teoria dei tornei – secondo Lazear e Rosen (1981) – sostiene che il benessere
è maggiore se i più dotati all’interno di una società vengo abbinati alle posizioni apicali.
67 Riferimento al QFP 2014-2020 – quadro finanziamento pluriennale – con i stanziamenti d’impegno
per la non discriminazione e la parità.
68 Attraverso Eurostat, l’Istituto europeo per la parità di genere (EIGE), l’Eurofound, del Consiglio
d’Europa (CoE) e dell’Agenzia per i diritti fondamentali (FRA). 50
potenziare una prospettiva di genere in tutte le politiche europee e nel
“destinare le risorse necessarie al raggiungimento di tale obiettivo” come
si apprende nella sezione introduttiva.
Gli obiettivi presenti nella Carta si fondano sui principi di parità individuati
dalla Commissione, tra cui: il principio di una pari indipendenza
economica, per garantire la piena realizzazione delle potenzialità e capacità
delle donne nel loro impiego (contrastando il fenomeno delle segregazione
orizzontale); la parità delle retribuzioni per il medesimo lavoro o dallo
stesso valore, disponendo le donne di un numero minore di risorse (sia
durante la vita lavorativa sia in età pensionabile), essendo così più esposte
al rischio di povertà; la parità nel processo decisionale, per ottenere una
rappresentazione più equa tra uomini e donne nelle posizioni di potere
nella vita politica ed economica, nel settore pubblico quanto in quello
privato, così da creare politiche efficaci ed attente alle tematiche di genere;
e l’interpretazione della dignità umana come limite alla discriminazione e
alla violenza fondata sul genere, consapevoli che la violenza, le molestie e
ogni altra forma di prassi nociva basata sul sesso costituisce una violazione
dei diritti fondamentali dell’uomo – in particolare la dignità umana, il
diritto alla vita e il diritto all’integrità della persona.
L’obiettivo di una parità fra i generi non si arresta alle frontiere dell’Unione.
La Commissione europea ha affermato che la parità di genere e il progresso
delle donne costituiscono parte integrante delle politiche estere di
sensibilizzazione per promuovere l’indipendenza socio-economica, per
ridurre le discriminazioni e gli stereotipi culturali, e per la violenza basata
sul genere. Sui diritti delle donne e i diritti universali dell’uomo verranno
potenziate le cooperazioni con organizzazioni internazionali e Stati terzi,
avvalendosi di tutti gli strumenti (legislativi e non) disponibili per
raggiungere tale obiettivo. 51
Considerazioni conclusive
L’uguaglianza tra uomini e donne si configura, da sempre, come uno degli
obiettivi centrali per l’Unione europea. Il desiderio di costruire una società
basata sulla piena partecipazione dei generi alla vita politica, sociale ma
soprattutto economica, è presente già nei primi passi del progetto di
edificazione di una Comunità unita. L’articolo 119 del Trattato di Roma
69
sanciva il principio della parità delle retribuzioni tra i generi, per uno
stesso lavoro, già dal 1957 aprendo la strada ad un’intensa e complessa
riflessione e disciplina relativa alle discriminazioni fondate sul sesso, la
nazionalità e le origini etniche. La giurisprudenza, in primis, la legislazione
e le modifiche introdotte ai trattati hanno contribuito enormemente a
rafforzare il principio della parità tra uomini e donne e la sua applicazione
all’interno degli Stati membri dell’UE. Il principio di non discriminazione
fondato sul sesso e la parità di genere rappresentano una prospettiva di
grande interesse in relazione a numerose questioni di ambito giuridico,
politico e sociale di attualità. Il presente lavoro è frutto di interrogativi e
riflessioni che ho voluto esaminare e trattare in modo consapevole e
ragionato grazie agli studi intrapresi soprattutto nella dimensione del
Diritto dell’Unione europea, con l’ambizione di poter far luce sul cammino
intrapreso dalle istituzioni per realizzare uno scenario quanto più paritario
ed egualitario. Le considerazioni tratte a conclusione di questo lavoro di
indagine e approfondimento evidenziano la profonda convinzione che il
diritto europeo e la giurisprudenza – sia della Corte di Giustizia sia della
Corte europea dei diritti dell’uomo – svolgano una funzione essenziale
nella società in quanto possiedono notevoli potenzialità non solo
d’indirizzo per l’impegno politico ma anche riformatrici, ponendosi come
mediatori tra la necessità di stabilizzare gli assetti giuridici nazionali con il
quadro di riferimento europeo e i cambiamenti sociali in continua
69 Attualmente art.157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). 52
evoluzione. Il fine di contrastare le discriminazioni di cui sono vittime le
donne, soprattutto nel mondo del lavoro, è stato inserito all’interno di un
delineato approccio strategico per combattere le disuguaglianze: alla
parità di genere è stato dedicato un ampio corpus legislativo costituito da
direttive relative alla protezione della maternità , la sicurezza sociale ,
70 71
l’accesso alle occupazioni , il congedo parentale per entrambi i genitori
72 73
e l’onere della prova per i casi di discriminazione . Le direttive, dalla metà
74
degli anni Settanta – sulla spinta motrice dei movimenti femministi in tutta
Europa – alle più recenti del secondo millennio, costituiscono un pilastro
delle politiche sociali dell’Unione nonostante alcuni limiti. Il
ravvicinamento delle legislazioni nazionali è stato un passaggio
75
fondamentale al fine di sensibilizzare e coinvolgere gli Stati membri ad un
necessario adeguamento normativo, riconoscendo e tutelando i diritti dei
lavoratori e delle lavoratrici, esprimendosi sulla nozione di molestia, sulla
definizione di discriminazioni dirette e indirette, così come i diritti legati
alla dignità umana e l’inviolabilità del corpo femminile. Il principio di non
discriminazione basato sul sesso trova il suo fondamento nel principio
stesso di uguaglianza, dedicato a garantire e tutelare il pieno rispetto dei
diritti umani e delle molteplici caratteristiche che identificano ogni
persona. Il riconoscimento del gender mainstreaming da parte dell’Unione
europea ha costituito un sostanziale passo in avanti nelle politiche di pari
opportunità grazie ad un approccio pluralistico: la valutazione delle
diverse implicazioni per uomini e donne di ogni azione pianificata –
compresa la legislazione – in tutti i settori e in tutti i livelli, in concomitanza
con la progettazione e l’attuazione delle politiche in tutti gli ambiti
economici e sociali. La presenza di un’attenta prospettiva di genere nel
diritto e nelle politiche europee hanno permesso l’affermazione del
70 Direttiva 92/85/CEE del Consiglio (19 ottobre 1992).
71 Direttiva 79/7/CEE del Consiglio (19 dicembre 1978).
72 Direttiva 76/207/CEE del Consiglio (9 febbraio 1976).
73 Direttiva 96/34/CE del Consiglio (3 giugno 1996).
74 Direttiva 97/80/CE del Consiglio (15 dicembre 1997).
75 A partire dalla direttiva 75/117/CEE del Consiglio (10 febbraio 1975). 53
principio della parità tra i sessi come principio trasversale a sostegno delle
politiche d’indirizzo dell’Unione, fino a legittimare e suggerire l’adozione di
affirmative actions. Le misure positive si impegnano a rimuovere gli
ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità,
prevedendo vantaggi specifici a favore del sesso meno rappresentato senza
che tali misure osteggino il principio di discriminazione, secondo quanto
disposto dall’articolo 23 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione
europea (Carta di Nizza). La giurisprudenza si è espressa, come abbiamo
visto, per delineare il profilo delle misure adottate in quanto caratterizzate,
loro stesse, da un carattere diseguale. A differenza del puro divieto di
discriminazione – con una chiara valenza bidirezionale – le azioni positive
(o discriminazioni positive) sono destinate ad operare solo in favore del
genere sottorappresentato. Promuovere l’inserimento delle donne nelle
attività, nei settori professionali e nelle posizioni di potere – dove risultano
scarsamente rappresentate – sembra entrare in contrasto con il concetto
stesso di parità di trattamento e, più ampio, di pari opportunità.
L’uguaglianza sostanziale, a cui si aspira, si riferisce alla parità delle
condizioni iniziali o ad un’eguaglianza di risultati? Le considerazioni in
merito si inseriscono in un percorso di analisi e riflessioni ancora in
cammino che questo elaborato non ha l’ambizione di soddisfare, tuttavia la
realizzazione di uno scenario paritario in tutti i settori e i livelli della
società – pur passando attraverso dei vantaggi specifici per le donne –
potrebbe rinnovare dei modelli culturali viziati dalla tradizionale gerarchia
tra i sessi e gli stereotipi, contribuendo a garantire i benefici sostanziali
posti dal principio di uguaglianza. La Conferenza mondiale sulle Donne di
Pechino (1995) aveva fortemente contribuito all’integrazione delle
questioni di genere e alla promozione dell’uguaglianza tra uomini e donne
nella politica sociale, di cooperazione e sviluppo.
Ad oggi, le discriminazioni fondate sul sesso di cui sono vittime le donne
caratterizzano ancora molti settori della sfera pubblica e privata ma, tra 54
questi, il più rilevante – soprattutto se contestualizzato all’interno della
crisi economica e finanziaria che sta vivendo l’Europa e le altre potenze
economiche internazionali – risulta essere la disparità delle retribuzioni
tra lavoratori e lavoratrici, in particolar modo per le implicazioni
sull’indipendenza economica e la stabilità lavorativa. Il fenomeno del
gender pay gap, il divario retributivo tra il salario percepito da un uomo e
quello percepito da una donna per il medesimo lavoro o dello stesso valore,
individua le sue cause nella sottovalutazione del lavoro femminile e – come
è stato esaminato – nella segregazione occupazionale, verticale e
orizzontale. A tal proposito la constatazione più amara è che il (seppur
minimo) livellamento nel divario salariale cui assistiamo è attribuibile in
buona parte ad una diminuzione delle retribuzioni maschili, piuttosto che
un innalzamento dei salari femminili. Il 7 novembre del 2016 il collettivo
francese de “Les Glorieuses” ha dichiarato – nella cornice di una
manifestazione politica e sindacale – che, a partire da quella stessa data e
fino all’ultimo giorno dell’anno, il lavoro delle donne francesi sarebbe stato
“bénévolement” (a titolo benevolo) proprio a causa del divario retributivo
di genere. Ho seguito con interesse le manifestazioni svolte in Place de la
République, scrivendone anche su un mio personale blog , soprattutto in
76
concomitanza con le mobilitazioni di protesta contro il governo polacco per
l’inasprimento delle normative – già particolarmente conservatrici – sulla
possibilità di abortire per le donne. Quest’anno il movimento francese per
l’eguaglianza salariale ha indicato “l’ora X” al 3 novembre 2017, ore 11 e
44, lanciando un hashtag sui principali canali di comunicazione sociale del
collettivo.
Sebbene il principio di non discriminazione delle retribuzioni in ragione
del sesso sia stato il primo tassello posto per la realizzazione di
un’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne in un’Europa unita, nel 2017
non si è ancora giunti alla realizzazione di una parità di trattamento tra i
76 Rif. www.vocedonna.wordpress.com 55
sessi. L’impegno politico della Commissione e del Parlamento europeo
risultano efficienti nella programmazione di azioni strategiche volte a
debellare la violenza di genere e le discriminazioni presenti nel mercato del
lavoro europeo, tutelando le donne anche al momento della loro uscita (in
termini pensionistici), ma la femminilizzazione della povertà non cessa di
essere un preoccupante scenario quanto più realistico; nonostante, quindi,
le strade percorribili verso un superamento delle disuguaglianze di genere
nel contesto lavorativo, delle molestie e della violenza di genere, la
discriminazione pura verso il genere femminile si dimostra e conferma
ancora forte e prevaricante.
La parità di genere, prima nel contesto europeo e successivamente tra le
azioni esterne dell’Unione, non deve rappresentare solo un obiettivo al
quale aspirare e tendere bensì un diritto fondamentale, strettamente
congiunto al principio d’uguaglianza e dignità umana, da garantire e
difendere. 56
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58
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Appendice giuridica 60
SENTENZA DELL'8-4-1976 — CAUSA 43-75
1973. La direttiva del Consiglio n.
e di lavoratori di sesso maschile per lo
stesso lavoro, qualora questo venga 75/117 non può diminuire l'effica
cia dell'art. 119 né modificarne l'ef
svolto nella stessa azienda o ufficio,
privato o pubblico. fetto nel tempo.
2. a) L'applicazione del principio della 3. Considerazioni imprescindibili di cer
parità di retribuzione fra lavoratori tezza del diritto riguardanti il com
di sesso maschile e lavoratori di plesso degli interessi in gioco, tanto
sesso femminile doveva essere pie pubblici quanto privati, ostano in
namente garantita dagli Stati mem modo assoluto a che vengano rimesse
bri originari alla scadenza della in discussione le retribuzioni relative
prima tappa del periodo transitorio, al passato. L'efficacia diretta dell'art.
cioè dal 1° gennaio 1962. La risolu 119 non può essere fatta valere a soste
zione degli Stati membri in data 30 gno di rivendicazioni relative a periodi
dicembre 1961, salvi restando gli di retribuzione anteriori alla data della
effetti ch'essa ha potuto avere per presente sentenza, eccezion fatta per i
quanto riguarda il favorire e l'acce lavoratori che abbiano già promosso
lerare la piena attuazione dell'art. un'azione giudiziaria o proposto un
119, non poteva modificare il ter reclamo equipollente.
mine stabilito dal trattato. Il trat 4. Nemmeno nei campi in cui l'art. 119
tato può essere modificato — salve non ha efficacia diretta, detta disposi
restando le disposizioni specifiche
— solo mediante una revisione da zione può essere interpretata nel senso
effettuarsi ai sensi dell'art. 236. che essa riservi al legislatore nazionale
la competenza esclusiva per l'attua
b) In mancanza di disposizioni transi zione del principio della parità di retri
torie, il principio della parità di re
tribuzione è pienamente efficace buzione, dato che tale attuazione può
risultare, in quanto occorra, dalla con
per i nuovi Stati membri a partire comitanza di norme comunitarie e
dall'entrata in vigore del trattato nazionali.
d'adesione — cioè dal 1° gennaio
Nel procedimento 43-75,
avente ad oggetto la domanda di pronunzia pregiudiziale proposta alla Corte,
a norma dell'art. 177 del trattato CEE dalla Cour du travail di Bruxelles, nella
causa dinanzi ad essa pendente tra
Gabrielle Defrenne, ex hostess, domiciliata a Bruxelles-Jette
e
Sabena (linee aeree belghe) con sede a Bruxelles,
domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 119 del trattato CEE,
456 DEFRENNE / SABENA
LA CORTE,
composta dai signori: R. Lecourt, presidente; H. Kutscher e A. O'Keeffe, presi
denti di sezione; A. M. Donner, J. Mertens de Wilmars, P. Pescatore e
M. Sørensen, giudici;
avvocato generale: A. Trabucchi;
cancelliere: A. Van Houtte,
ha pronunziato la seguente SENTENZA
In fatto
mento del D.R. 3 novembre 1969 che sta
Gli antefatti, il procedimento e le osserva bilisce le norme speciali per il colloca
zioni presentate dai partecipanti a norma
dell'art. 20 del protocollo sullo statuto mento a riposo del personale navigante
dell'aviazione civile.
della Corte di giustizia della CEE pos
sono riassumersi come segue: Questa controversia dava origine dinanzi
a questa Corte alla causa pregiudiziale
80-70 (sentenza 25 maggio 1971, Racc,
I — Gli antefatti ed il procedi
mento scritto pag. 445). Il Consiglio di Stato respingeva
la domanda di merito con sentenza 10
dicembre 1971.
La Defrenne veniva assunta come hostess
di bordo dalla società Sabena il 10 dicem Il 13 marzo 1968 la Defrenne aveva adito
bre 1951. Il 1° ottobre 1963 veniva ricon il Tribunal du travail di Bruxelles chie
fermata con un contratto che la qualifi dendo il risarcimento del danno da lei
cava commesso di bordo e hostess di aero
mobile-capocabina. assertivamente subito quanto a remunera
zione, liquidazione e pensione, per ef
Il rapporto di lavoro terminava il 15 feb fetto della disparità di trattamento tra il
braio 1968, in forza dell'art. 5, n. 6 del personale navigante maschile e quello
contratto di lavoro del personale di bordo femminile che svolge la stessa attività.
della Sabena, il quale stabilisce che il per
sonale femminile viene automaticamente Con sentenza 17 dicembre 1970 il Tribu
licenziato al compimento del 40° anno. nal du travail di Bruxelles respingeva
tutte le domande della Defrenne la quale,
l'11 gennaio 1971, impugnava la sen
Alla Defrenne, a titolo di liquidazione,
veniva versata una indennità di fine car tenza dinanzi alla Cour du travail di Bru
xelles.
riera. La sezione IV B della Cour du travail di
Il 9 febbraio 1970 essa adiva il Consiglio
di Stato del Belgio chiedendo l'annulla- Bruxelles, con sentenza 23 aprile 1975,
457
SENTENZA DELL'8-4-1976 — CAUSA 43-75
del D.R. n. 40 del 24 ottobre 1967, sul
confermava il giudizio di primo grado sul
secondo e sul terzo capo della domanda. lavoro del personale femminile, a norma
del quale «ogni lavoratrice può adire il
giudice competente per far rispettare il
Sul primo capo (arretrati e remunera
zione) decideva di sospendere il procedi principio della parità retributiva tra i lavo
ratori dei due sessi».
mento e di sottoporre alla Corte di giusti
zia le seguenti questioni pregiudiziali a
norma dell'art. 177 del trattato CEE: a) L'art. 119 impone indistintamente a
1. Se l'art. 119 del trattato di Roma intro tutti gli Stati membri di osservare, nel
duca, di per sé, direttamente nell'ordi campo retributivo, il principio di non di
scriminazione tra i sessi. Gli Stati dove
namento interno di ciascuno Stato vano adeguare a tale principio i loro ordi
membro della Comunità europea il
principio della parità di retribuzione namenti fin dalla prima tappa del pe
riodo transitorio, adottando una disci
fra i due sessi per lo stesso lavoro, e at
tribuisce quindi ai lavoratori — a pre plina che doveva venire in seguito mante
scindere da qualsiasi normativa nazio nuta in vigore.
nale — il diritto di agire legalmente L'articolo non implica, ma nemmeno
dinanzi ai giudici nazionali per otte esclude, l'intervento delle autorità comu
nere che tale principio sia osservato e,
in caso affermativo, a partire da quale nitarie o di quelle nazionali per la messa
data. in atto del principio della parità di remu
2. Se l'art. 119 sia divenuto applicabile nerazione per lo stesso lavoro.
nel diritto interno degli Stati membri b) L'art. 119 è redatto in modo chiaro e
in forza di atti adottati da organi della semplice: esso impone un obbligo di
CEE (in caso affermativo, quali ed a fare, di senso non equivoco.
partire da quale data) ovvero si debba
ammettere in materia la competenza c) Gli Stati membri sono tenuti a rispet
esclusiva del legislatore nazionale. tare il principio della parità di retribu
zione; il fatto che essi possano adottare le
La sentenza è stata registrata presso que disposizioni d'indole giuridica, econo
sta cancelleria il 2 maggio 1975. mica o amministrativa atte ad adempiere
A norma dell'art. 20 del protocollo sullo il loro obbligo non implica affatto che i
singoli, ed in particolare le lavoratrici,
statuto della Corte di giustizia, il 14 lu debbano attendere l'adozione di provvedi
glio 1975 hanno presentato osservazioni
scritte la Commissione delle Comunità menti nazionali per poter fruire di
quanto loro spetta in forza dell'art. 119.
europee e la Defrenne, appellante, il 21 Secondo i criteri elaborati dalla Corte di
luglio ha presentato osservazioni scritte il giustizia, l'art. 119 esplica infatti un'effica
governo del Regno Unito di Gran Breta
gna e dell'Irlanda del Nord e il 25 luglio cia diretta nei rapporti tra lo Stato e le la
voratrici.
il governo irlandese. d) Quanto al tenore letterale dell'art.
II — Osservazioni scritte presen 119, è opportuno ricordare che la Corte
tate alla Corte di giustizia ha ritenuto che la designa
zione degli Stati membri a destinatari
A prima
Sulla questione
— della norma non esclude che i singoli
non ne possano trarre vantaggio.
Defrenne,
La appellante nella causa prin L'obbligo è inequivoco: il principio della
cipale, ritiene che le spetti un diritto sog parità di retribuzione è chiaro e non la
gettivo a percepire pari stipendio in forza
dell'efficacia immediata dell'art. 119 del scia adito a dubbi; gli Stati membri non
trattato, indipendentemente dall'art. 14 dispongono a questo proposito di alcun
458 DEFRENNE / SABENA britannico
governo
Il ritiene che il pro
potere discrezionale. Esso corrisponde blema vada risolto informandosi ai criteri
d'altronde all'applicazione di un princi elaborati dalla Corte di giustizia per stabi
pio generale di eguaglianza che rientra lire se una disposizione del trattato abbia
nel comune patrimonio ideologico degli
Stati membri. efficacia diretta o meno, cioè se conferi
sca ai singoli diritti soggettivi che il giu
Quanto all'efficacia concreta dell'art. 119, dice nazionale deve tutelare.
si deve ritenere che esso è efficace solo se
i cittadini degli Stati membri possono a) L'obbligo imposto agli Stati membri
fruire della parità di retribuzione. È evi dall'art. 119 non possiede i requisiti di
dente l'interesse delle lavoratrici ad invo chiarezza e precisione richiesti dalla
care tale articolo, che rappresenta una Corte.
delle applicazioni del principio della pa
rità di trattamento su cui si fonda il trat Esso non definisce in modo complessivo
tato CEE. il principio della parità di retribuzione
per lo stesso lavoro. Il fatto stesso che
L'art. 119 ha inevitabilmente efficacia di venga definito «principio» indica che esso
retta; il giudice nazionale deve applicarlo si riferisce ad una nozione molto ampia;
nell'amministrare la giustizia e gli organi per questo motivo l'art. 1 della direttiva
esecutivi devono rispettarlo, specie nell'at del Consiglio 75/117 del 10 febbraio
tività amministrativa diretta. 1975, concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri rela
Tenuto conto dei principi posti dalla
Corte di giustizia, l'art. 119 deve dunque tive all'applicazione del principio della
avere efficacia diretta; di conseguenza, il parità delle retribuzioni tra i lavoratori di
giudice nazionale deve garantire il ri sesso maschile e quelli di sesso femmi
spetto nell'ambito delle cause di cui deve nile (GU n. L 45, pag. 19), contiene una
conoscere ed i singoli ne traggono dei di definizione del principio, che illustra e
ritti soggettivi che possono far valere di precisa alquanto il testo dello stesso arti
nanzi ai giudici competenti. colo, ritenuto inadeguato.
e) Fin dall'inizio della prima tappa, gli La nozione di remunerazione e più parti
colarmente quella di «vantaggi pagati di
Stati membri sono tenuti ad applicare il rettamente o indirettamente, in contanti
principio della parità di retribuzione. Si o in natura, dal datore di lavoro al lavora
tratta di un obbligo inerente al risultato:
il tenore dell'art. 119 è troppo chiaro per tore in ragione dell'impiego di quest'ul
poterlo interpretare in senso diverso. L'ob timo» richiede un'interpretazione sotto
vari aspetti.
bligo è quindi entrato a far parte del di
ritto belga dal momento in cui il Parla Il terzo comma dell'art. 119 contempla
mento ha ratificato il trattato e da questo «la parità di retribuzione, senza discrimi
momento il giudice nazionale è tenuto a
garantirne il rispetto. nazione fondata sul sesso», espressione
che non compare nel primo comma, in
Nemmeno la risoluzione della confe cui si enuncia il principio generale, e si
riferisce soltanto alla remunerazione corri
renza degli Stati membri, in data 30 di
cembre 1961, con cui sono state stabilite sposta per lo stesso lavoro retribuito a cot
timo o a tempo; sono quindi necessarie
varie scadenze per la parificazione degli le precisazioni fornite all'art. 1 della diret
stipendi al personale dei due sessi, con tiva 75/117.
termine ultimo al 31 dicembre 1964, può
scalfire tale conclusione: una decisione Tale direttiva ha lasciato liberi gli Stati di
politica o diplomatica, adottata di co determinare, mediante norme di diritto
mune accordo tra gli Stati, ma non con nazionale, le modalità per la messa in
templata dal trattato, non può modificare atto del principio. Comunque, sotto que-
le disposizioni del trattato stesso. 459
SENTENZA DELL'8-4-1976 — CAUSA 43-75
tra gli ordinamenti giuridici interni e
sto aspetto è ipotizzabile solo un determi quello comunitario. Nonostante il mi
nato tipo di legislazione, ma non una so glior impegno di uno Stato a mettere in
luzione giurisdizionale. pratica un principio così generale come
D'altro canto, l'art. 119 non precisa se il quello di cui all'art. 119, è sempre possi
raffronto tra la remunerazione ai lavora bile reperire imperfezioni nell'ambito
della sua legislazione. Inoltre, le incer
tori e quella alle lavoratrici debba farsi
nell'ambito di un impiego determinato o tezze giuridiche possono venir dissipate
per il complesso di una determinata atti solo tramite sentenze della Corte di giusti
vità; analogamente esso non risolve il pro zia e — nel frattempo — il comporta
blema del se le prestazioni speciali che il mento dei singoli si è ispirato a norme di
diritto interno. D'altro canto, una disposi
personale femminile può ottenere dal da
tore di lavoro a motivo del rapporto di zione del trattato, dopo la dichiarazione
impiego, come nel caso di gravidanza, della sua efficacia diretta, espleta tale effi
debbano escludersi dall'applicazione del cacia in tutti gli Stati membri e dal mo
principio della parità di retribuzione, o mento della sua entrata in vigore. La re
se, in determinate circostanze, tali presta troattività di tale efficacia potrebbe avere
zioni rientrino nella nozione di «altri van ripercussioni sul diritto interno. La modi
fica della legge con effetto retroattivo è
taggi». però contraria a certi principi generali
b) È pacifico che l'art. 119 è una dispo fatti propri dall'ordinamento giuridico
comunitario.
sizione incondizionata, senza alcuna ri
serva, ai sensi del secondo criterio sancito
dalla Corte. f) Il riconoscimento dell'efficacia diretta
dell'art. 119, con effetto retroattivo, può
avere, nella situazione dei datori di la
c) La necessità di un intervento statale voro, ripercussioni tali da pregiudicare l'e
sul piano legislativo è rivelata dalla for
mula con cui viene imposto l'obbligo agli conomia degli Stati membri. Alcuni ac
Stati membri: l'art. 119 li vincola con cordi che risalgono al 1° gennaio 1973 e,
per i primi sei Stati membri, al 1° gen
una dichiarazione di carattere generale.
La direttiva 75/117 ha riconosciuto tale naio 1962, potrebbero venir rimessi in
necessità: l'art. 8 impone agli Stati l'ob forse, alcuni rapporti a lungo termine do
vrebbero venir riveduti. L'«Equal Pay Act
bligo di elaborare i provvedimenti neces 1970» prevede che nel Regno Unito la
sari per conformarsi alla direttiva stessa
nel termine di un anno a decorrere dalla parità dei salari venga realizzata entro il
1975: una decisione circa l'efficacia di
sua notifica, e di garantire così che il prin
cipio generale sancito dall'art. 119 avrà retta dell'art. 119 potrebbe sconvolgere la
situazione sociale ed economica in quel
applicazione pratica. Senza provvedi
menti interni di esecuzione un obbligo paese.
come quello enunciato dall'art. 119 è in
completo e a poco servirebbero sentenze g) In ogni caso, i diritti conferiti dal
l'art. 119 possono essere fatti valere solo
interpretative. nei rapporti tra singoli e Stati membri e
non nei rapporti tra singoli. Se essi fos
d) La soluzione della prima questione sero azionabili nei rapporti tra singoli, ne
deve dunque essere negativa. potrebbero scaturire obbligazioni incom
e) È opportuno, nell'ambito della pre benti ai singoli per effetto dell'inadem
sente controversia, tener conto del fatto pienza di uno Stato membro. Questa si
che l'ammissione dell'efficacia diretta del tuazione sarebbe non solo in contrasto
l'art. 119 può avere conseguenze nocive con il tipo di obbligo imposto dal trat
per il diritto in generale, giacché può in tato, che si rivolge agli Stati membri, ma
anche incompatibile con i principi di
generare incertezze o confusioni negli
ordinamenti nazionali e creare conflitti equità.
460 DEFRENNE / SABENA
irlandese
governo obblighi derivanti dal rapporto di lavoro,
Il osserva che l'art. 119 piuttosto che nella sfera del diritto pub
non instaura direttamente negli ordina
menti interni il principio secondo cui blico. Vi è dunque una differenza fonda
maschi e femmine devono essere retri mentale tra l'art. 119 e le altre disposi
zioni che la Corte ha dichiarato applica
buiti nello stesso modo a parità di lavoro, bili.
cosicché i dipendenti, prescindendo da
ogni tipo di disciplina nazionale, sareb Contrariamente a queste ultime, l'art. 119
bero legittimati a convenire in giudizio i ha un obiettivo sociale limitato ad una
datori di lavoro dinanzi ai giudici nazio classe di persone ben determinata, cioè le
nali per far loro rispettare tale principio. lavoratrici. Questo obiettivo, pur se di
tutto riguardo, va considerato alla luce e
a) Lo stesso tenore dell'art. 119 non con nella prospettiva dei compiti e dell'atti
sente di interpretarlo nel senso che esso vità fondamentale della Comunità elen
eserciti un effetto diretto nell'ordina cati negli artt. 2 e 3 del trattato.
mento interno, dal quale scaturiscono
obblighi e doveri reciproci tra dipendenti Poiché quindi l'art. 119 si differenzia
e datori di lavoro. Se il legislatore avesse completamente dagli articoli che la giuri
voluto disporre altrimenti, non avrebbe sprudenza ha dichiarato direttamente ap
scelto gli Stati come destinatari dell'art. plicabili, la giurisprudenza della Corte
119; sarebbe stato sufficiente stabilire non offre alcun aiuto nella soluzione
che, dalla prima tappa, vi era l'obbligo di della prima questione.
parità di remunerazione tra i sessi per la
voro uguale e, se mai fossero stati imposti c) La direttiva del Consiglio n. 75/117,
obblighi agli Stati membri per effetto di specie gli artt. 6 e 8, confermano che
questo articolo, quest'obbligo si sarebbe l'art. 119 richiede, per la sua attuazione,
limitato all'obbligo implicito di adottare i provvedimenti speciali e diversi nei vari
necessari provvedimenti di attuazione. Stati membri, nonché un periodo di ade
guamento, specie per i nuovi Stati mem
b) Dall'analisi della giurisprudenza bri. La possibilità di applicare diretta
della Corte di giustizia in materia, si ri mente l'art. 119 ai rapporti tra dipendenti
leva che la Corte in sostanza ha ritenuto e datori di lavoro è stata respinta dagli
direttamente efficaci le disposizioni del autori del trattato CEE e del trattato di
trattato che hanno lo scopo di garantire, adesione; l'art. 119 è stato redatto sce
mediante la soppressione delle restrizioni gliendo a ragion veduta una formula che
o il divieto di nuove restrizioni, la realiz non gli conferisse efficacia diretta.
zazione delle «libertà fondamentali» con
template dal trattato, specie la libera cir d) L'opinione è corroborata dalle conse
colazione delle merci, delle persone e dei guenze che scaturirebbero da una diversa
servizi. Loro scopo è quello di arrecare interpretazione. Se dal 1° gennaio 1973,
beneficio alla Comunità come com data di adesione dell'Irlanda alla Comu
plesso, piuttosto che ad una speciale cate nità, in quel paese si dovesse ammettere
goria di persone; la loro messa in atto è l'efficacia diretta dell'art. 119, l'onere fi
strettamente connessa con il compito e nanziario conseguente per alcuni datori
con le attività fondamentali della Comu di lavoro sarebbe insostenibile. La parità
nità stabilite dagli artt. 2 e 3 ampliate dal di retribuzione nel settore del pubblico
l'art. 7 del trattato. Esse non implicano, impiego in Irlanda, dal 1° gennaio 1973,
comunque, mai un'intervento diretto nei implicherebbe per lo Stato un onere supe
rapporti contrattuali tra singoli. riore al totale delle sovvenzioni concesse
all'Irlanda dal Fondo regionale comunita
Se al contrario fosse dichiarata l'efficacia rio per gli anni 1975-1977.
diretta dell'art. 119 nei rapporti tra i sin e) È opportuno ricordare che l'«anti-di
goli, ciò avrebbe ripercussioni nel diritto
privato, specie per quel che riguarda gli scrimination (pay) Act 1974» che instaura
461
SENTENZA DELL'8-4-1976 — CAUSA 43-75
versi entro la scadenza della prima tappa
nell'ordinamento irlandese il principio
della parità di stipendio a parità di lavoro, del periodo transitorio, scadenza poi pro
entrava in vigore il 31 dicembre 1975. rogata, con la risoluzione del 30 dicem
bre 1961, al 31 dicembre 1964 — era
Comunità
delle
Commissione europee
La quello di realizzare la parità salariale; il
ritiene si debba distinguere tra l'efficacia secondo — che insorge al momento del
l'assolvimento del primo — è quello di
immediata dell'art. 119 e la sua applica
zione diretta. conservare detta parità salariale, cioè di
impedire ogni regresso verso la differen
ziazione.
a) Prescindendo da ogni apprezzamento
sull'applicazione diretta dell art. 119, non Tuttavia l'impossibilità di applicare diret
è possibile attribuirgli efficacia imme
diata dal momento della ratifica del trat tamente la norma riguarda solo i rapporti
tra singoli; si può ritenere che, dopo la
tato CEE da parte degli Stati membri: lo
stesso articolo stabiliva un termine entro scadenza del termine concesso agli Stati
per adeguarsi alle disposizioni dell'art.
il quale gli Stati dovevano mantenere
l'impegno così assunto, vale a dire la 119, questo è direttamente applicabile
prima tappa del periodo transitorio; gli nei rapporti tra Stati e singoli.
Stati membri avrebbero quindi avuto Nella causa principale si tratta di un rap
tempo fino al 1° gennaio 1962 per prov
vedere ad istituire la parità delle retribu porto tra singoli, quindi è possibile atte
nersi alla dottrina tradizionale. I criteri
zioni. La risoluzione della conferenza de generali sanciti dalla Corte di giustizia
gli Stati membri del 30 dicembre 1961,
sull'allineamento delle retribuzioni a lavo nella sua più recente giurisprudenza in
materia di applicabilità diretta non modi
ratori e lavoratrici ha prorogato al 31 di ficano affatto tale rilievo e non consen
cembre 1964 il termine per l'equipara tono di attribuire all'art. 119 un'efficacia
zione assoluta delle retribuzioni maschili
e femminili. diretta nei rapporti tra singoli.
D'altro canto, l'art. 119 presenta una diffe
b) Il trattato CEE contiene due catego renza fondamentale rispetto agli artt. 48 e
rie di norme; la prima attribuisce ai sin 52, che la Corte ha dichiarato diretta
goli dei diritti che i giudici nazionali de mente applicabili: in materia di libera cir
vono tutelare, la seconda impone soltanto colazione o di diritto di stabilimento en
degli obblighi agli Stati membri. Le di tra in gioco la responsabilità diretta dello
sposizioni del primo tipo devono essere Stato, che deve riservare lo stesso tratta
di per sé complete, senza riserve e non mento ai propri cittadini e a quelli degli
equivoche: ogni complemento di legisla
zione nazionale d'attuazione dev'essere altri Stati membri; nel campo della parità
superfluo. Visto alla luce di tali criteri, salariale tra i due sessi, invece, nei rap
l'art. 119 rientra nella seconda categoria e porti tra singoli non entra in gioco la re
quindi non è una norma direttamente sponsabilità diretta dello Stato, giacché
applicabile. Il tenore della norma lascia non sussiste un analogo richiamo a dispo
intendere che si prevede un'iniziativa de sizioni legislative effettivamente applicate
al personale maschile. L'obbligo imposto
gli Stati membri per mettere in atto il agli Stati membri dall'art. 119 non si con
principio della parità di retribuzione. Sia
la raccomandazione della Commissione creta in un divieto chiaro e incondizio
nato di fare qualcosa, ma nell'obbligo di
del 20 luglio 1960 che la risoluzione
della conferenza degli Stati membri del garantire l'applicazione di un principio;
in altri termini, non si tratta di soppri
30 dicembre 1961 si basano su questa in
terpretazione. mere una disposizione, ma di istituirne
una. Nei rapporti tra singoli, l'art. 119
L'art. 119 ha imposto agli Stati membri non va quindi considerato come una di
un duplice obbligo: il primo — da assol- sposizione direttamente applicabile nel-
462 DEFRENNE / SABENA
l'ordinamento interno di ciascuno Stato che non può conferire efficacia diretta al
l'art. 119.
membro che possa attribuire ai singoli
dei diritti tutelabili da parte della magi
stratura nazionale. Per contro, detto arti La direttiva mette in rilievo che spetta
anzitutto agli Stati membri garantire l'ap
colo è direttamente applicabile nelle rela
zioni tra Stati membri e singoli, dopo la plicazione del principio della parità di re
scadenza del termine concesso agli Stati tribuzione mediante norme di legge, rego
per garantirne l'applicazione. lamenti e disposizioni amministrative ade
guati e che le disparità esistenti tra i vari
Sulla
B questione
seconda
— Stati membri rendano necessario un ravvi
cinamento delle norme interne.
Defrenne
La deduce che la seconda que
stione manca di chiarezza. La soluzione della seconda questione
deve quindi essere che solo il legislatore
a) Se essa è stata posta solo in subor nazionale è competente in questa mate
ria.
dine rispetto alla prima, si deve quanto
meno dubitare della sua ricevibilità: essa irlandese
governo
Il ritiene che il Consi
infatti non solleva una vera questione
d'interpretazione. glio fosse competente ad adottare la diret
tiva 75/117. Ciò implica che, entro
l'anno successivo alla notifica della diret
b) Se invece essa è stata sollevata in
considerazione della direttiva 75/117, si tiva, gli Stati membri avrebbero dovuto
deve rilevare che quest'ultima rappre prendere, a seconda della situazione in
senta essenzialmente un monito velato terna e del loro ordinamento giuridico, i
provvedimenti necessari per garantire l'ap
nei confronti degli Stati membri; essa
non istituisce alcuna norma nuova di di plicazione del principio dell'eguaglianza
di retribuzione e per conformarsi alle al
ritto positivo comunitario. La disciplina tre disposizioni della direttiva. Non si
comunitaria relativa al principio della pa
rità di remunerazioni è concentrata nel può sostenere che l'art. 119 conferisca ai
l'art. 119. La direttiva illustrerebbe solo dipendenti diritti che essi possano op
alcune modalità di un diritto già costi porre ai datori di lavoro anche se gli Stati
tuito, definito con chiarezza e precisione membri non hanno ancora adottato prov
nel trattato. vedimenti per mettere in atto la direttiva.
È dunque opportuno risolvere la seconda
I principi messi in evidenza dalla Corte
di giustizia nella sentenza 21 giugno questione rilevando che i legislatori nazio
1974 (causa 2-74 Reyners c. Stato Belga, nali sono gli unici competenti a conferire
ai lavoratori dipendenti il diritto di conve
Racc. pag. 631) si applicano pure al set
tore disciplinato dall'art. 119. La direttiva nire in giudizio i datori di lavoro che non
costituisce solo una delle possibili moda rispettino il principio della parità di retri
lità di attuazione di detta disposizione, buzione tra i sessi per un lavoro uguale.
ma non è indispensabile per la sua appli
cazione. L'efficacia diretta dell'art. 119 è, Commissione
La giudica che la seconda
questione trae la propria ragion d'essere
per eccellenza, la modalità principale per
la sua applicazione. solo in caso di soluzione negativa della
prima. La soluzione negativa però vale
Se quindi si deve dare una soluzione alla solo per quel che riguarda i rapporti tra
seconda questione, questa dovrebbe es singoli. La seconda questione si pone
quindi unicamente sotto questo profilo.
sere doppiamente negativa.
Unito
del
governo Regno
Il ritiene che a) Si deve constatare anzitutto che il te
nore dell'art. 119 non subordina la messa
l'unica norma comunitaria da applicarsi
nella fattispecie sia la direttiva 75/117, in atto del principio della parità di retri-
463
SENTENZA DELL'8-4-1976 — CAUSA 43-75
vendita al minuto e il settore dell'abbiglia
buzione ad alcun atto ulteriore di diritto
derivato da adottarsi dalle istituzioni co mento fanno registrare un gran numero
munitarie. Esso impone obblighi ai soli di lavoratrici che compiono un lavoro
Stati membri. La soluzione della prima uguale a quello maschile. I maggiori
scompensi di remunerazione sussistono
parte della questione deve quindi essere nell'industria tessile, nel settore abbiglia
negativa. mento, nel ramo calzature, nei biscottifici
b) Poiché l'art. 119 non è direttamente e nell'industria meccanica. Molte im
applicabile nei rapporti tra singoli e gli prese, in vari settori, devono risolvere
obblighi che ne derivano incombono agli gravi problemi di liquidità, i costi globali
Stati membri, è incontestabile la compe della manodopera sono alti, specie nei
tenza del legislatore nazionale ad adottare cantieri navali, nell'industria degli stru
disposizioni ad hoc nell'ordinamento in menti di precisione, nel settore abbiglia
terno. Detta competenza è esclusiva, ma mento, nel settore cartario, in quello edi
non discrezionale: l'autonomia del legisla toriale e in quello della ceramica. Mag
tore nazionale è limitata — sia per quel giormente minacciata è l'industria dell'ab
che riguarda il risultato da perseguire, sia bigliamento; la discriminazione tra le
per quel che riguarda i termini — dal remunerazioni maschili e femminili non
l'art. 119 stesso e dalla direttiva 75/117. è limitata ad uno speciale tipo di lavoro.
L'aumento complessivo dei costi della
manodopera conseguente alla messa in
III — Risposte alle domande atto del principio della parità retributiva
fatte dalla Corte ammonta a circa il 3,5 % dell'importo
Dopo la presentazione delle osservazioni delle retribuzioni nazionali, da ripartire
scritte, la Corte, su relazione del giudice su 5 anni, fino cioè a tutto il 1975.
relatore, sentito l'avvocato generale, ha La risoluzione della conferenza degli Stati
deciso di iniziare la fase orale senza proce membri del 30 dicembre 1961 non rap
dere ad istruttoria. presenta una decisione o un accordo ai
sensi dell'art. 3, n. 1 dell'atto di adesione:
Tuttavia la Commissione, il governo del esso rientra — nell'ipotesi in cui fosse
Regno Unito ed il governo irlandese già in vigore il 1° gennaio 1973 — nelle
sono stati invitati a rispondere per iscritto disposizioni dell'art. 3, n. 3, di detto atto.
a varie domande prima dell'inizio della
fase orale. Il problema del se e in quali limiti i sei
Stati della vecchia Comunità la conside
Circa le ripercussioni sull'equilibrio finan rassero sempre in vigore e questa data re
ziario delle imprese, in caso di attribu sta aperto, poiché l'accordo non è mai
go
zione di efficacia diretta all'art. 119, il stato messo in atto integralmente. È evi
britannico
verno osserva che l'effetto dente che il Regno Unito, nel 1973, non
cumulativo dell'aumento dei costi di ma poteva mettere in atto il testo letterale
nodopera che ne conseguirebbe aggrave della risoluzione: nel provvedimento si
rebbe notevolmente il problema del con raccomandava di prendere taluni provve
trollo dell'inflazione. Le conseguenze fi dimenti entro il 1964, ma gli stessi Stati
nanziarie sarebbero direttamente propor membri che hanno adottato la risolu
zionali all'entità del personale femminile zione non li hanno presi. Dopo il 1973 il
chiamato ad eseguire lavori che potreb Regno Unito ha partecipato ufficialmente
bero essere anche affidati a personale alle trattative condotte nell'ambito delle
maschile, alla differenza tra i due tipi di istituzioni comunitarie circa l'applica
remunerazione a parità di lavoro, ai pro zione dell'art. 119, sfociate nella direttiva
blemi di liquidità e all'incidenza dei costi del Consiglio 75/117, cui il Regno Unito
della manodopera in relazione al totale si conforma pienamente.
dei costi aziendali nell'impresa in que
stione. L'industria calzaturiera, il settore irlandese
governo
Secondo il l'attribu
zione di efficacia immediata all'art. 119,
alimentare, le lavanderie, gli spacci di
464 DEFRENNE / SABENA
bero derivarle dalla risoluzione del 30 di
con effetto retroattivo al 1° gennaio 1973 cembre 1961 e dall'atto di adesione. Co
implicherebbe un insostenibile onere fi
nanziario per lo Stato irlandese. Anche se munque essa ritiene che la risoluzione
l'efficacia diretta fosse ammessa solo per dovesse considerarsi ormai priva di effica
cia al momento dell'adesione ed ogni
quel che riguarda i rapporti tra singoli e
Stato, l'onere finanziario per l'Irlanda sa eventuale obbligo che avrebbe potuto sca
turirne è stato eliminato dalla direttiva
rebbe sempre estremamente pesante. Nel 75/117.
settore privato non è possibile calcolare a
priori l'entità dell'onere; comunque le
più colpite dovrebbero essere le società di Commissione,
La in risposta alle varie
capitali private e le piccole imprese, le at domande postele dalla Corte, ha sostan
tività professionali nei settori tessile, ab zialmente osservato quanto segue:
bigliamento, calzature, alimentare, pic
cole officine meccaniche, cartario, edito a) Il principio della parità di retribu
ria ed alcuni commercianti al minuto, zione tra i due sessi per chi svolge lo
cioè i settori in cui la maggior parte della stesso lavoro, per la sua natura ed il suo
manodopera potrebbe rivendicare l'ade contenuto, non può venir invocato di
guamento delle retribuzioni. L'aumento nanzi al giudice, quanto meno dai lavora
medio della massa salariale conseguente tori del settore privato. Nel settore pub
all'immediata applicazione del principio blico, le nozioni di retribuzione e di iden
tità del lavoro non sono difficili da deter
della parità di remunerazione tra perso
nale maschile e femminile nell'industria minare, giacché gli stipendi corrispon
si potrebbe valutare al 5 %; nei settori dono a speciali classificazioni degli impie
più vulnerabili potrebbe essere ancora ghi (gradi, classi, scatti) stabilite per lo
maggiore. L'art. 6 del trattato CEE im più dalla legge, indipendentemente dal
pone a tutte le istituzioni della Comu sesso di chi svolge dette mansioni. Nel
nità, compresa la Corte, di vegliare a che settore privato la situazione è diversa.
non sia compromessa la stabilità finanzia — La nozione di «salario o trattamento
ria interna degli Stati membri. normale di base o minimo» di cui all'art.
119 è sufficientemente chiara. I suoi ri
Quanto all'efficacia diretta, è opportuno
rilevare che né la nozione di «parità di re flessi pongono però molte difficoltà, con
nesse da un lato all'autonomia delle parti
tribuzione» né quella di «identico lavoro contraenti ad alla loro libertà di trattativa
sono sufficientemente precisate perché nel settore salariale, dall'altro alla diver
l'art. 119 possa considerarsi direttamente sità dei sistemi tradizionali di formazione
applicabile. Il fatto che la disposizione delle retribuzioni e alla grande diversità
possa applicarsi nel settore pubblico non nei regimi di classificazione professio
cambia nulla quanto alla sua interpreta nale. L'art. 119 lascia pure irrisolta la que
zione: una norma non può essere chiara stione del se i fattori che influiscono sul
e precisa in un settore e non esserlo in
un altro. D'altro canto, una simile diffe costo dei singoli posti o sul rendimento
della manodopera femminile possano o
renziazione creerebbe una patente discri
minazione a favore del settore pubblico: meno venir presi in considerazione.
ai pubblici dipendenti l'art. 119 conferi
rebbe diritti, mentre ai dipendenti del set La nozione di «tutti gli altri vantaggi pa
tore privato i diritti sarebbero attribuiti gati ... dal datore di lavoro al lavoratore
solo dalle norme interne d'esecuzione. in ragione dell'impiego di quest'ultimo»
è tanto più difficile da delimitare in
Gli Stati membri, come datori di lavoro, quanto la recente evoluzione della no
non sono soggetti a maggiori vincoli dei zione di «retribuzione» è caratterizzata
datori di lavoro privati. dalla sempre maggiore complessità delle
L'Irlanda considera estranei al presente prestazioni di cui fruiscono i dipendenti
per effetto della loro prestazione di la-
procedimento gli obblighi che potreb- 465
SENTENZA DELL'8-4-1976 — CAUSA 43-75
Una posizione realistica e abbastanza sod
voro e per il fatto che il diritto contem disfacente è quella degli artt. 3 e 4 della
poraneo tiene anche conto degli aspetti
sociali ed economici della remunerazione legge olandese del 20 marzo 1975, che ri
flettono l'art. 1 della direttiva 75/117 il
dei lavoratori subordinati nel senso di
una «socializzazione» della retribuzione. cui tenore è il seguente:
«Il principio della parità delle retribu
— La nozione di «identità di lavoro» nel zioni tra i lavoratori di sesso maschile e
settore privato è ancor più difficile da de quelli di sesso femminile ... implica, per
limitare e si presta difficilmente a raf uno stesso lavoro o per un lavoro al quale
fronti. Essa fa pure sorgere il problema è attribuito un valore uguale, l'elimina
del se l'applicazione del principio della zione di qualsiasi discriminazione basata
parità retributiva debba venir limitato alle sul sesso in tutti gli elementi e le condi
«funzioni miste» svolte simultaneamente, zioni delle retribuzioni.
nella stessa impresa ed alle stesse condi
zioni, da uomini e donne o se, in una vi In particolare, qualora si utilizzi un si
sione più ampia della portata dell'art. stema di classificazione professionale per
119, sia opportuno che i livelli delle retri determinare le retribuzioni, questo deve
buzioni siano fissati in rapporto alla fun basarsi su principi comuni per i lavora
zione o al posto di lavoro ed indipen tori di sesso maschile e quelli di sesso
denti non solo dal sesso di chi occupa il femminile ed essere elaborato in modo
posto, ma anche (per i lavori remunerati da eliminare le discriminazioni basate sul
a tempo) dal risultato del lavoro svolto. sesso».
b) Trascorso il termine concesso agli
Nella raccomandazione del 20 luglio
1960, la Commissione ha precisato che, Stati membri per dare pratica applica
zione all'art. 119, esso ha acquisito effica
se è stabilita una retribuzione minima
obbligatoria, per legge o per conven cia immediata nei rapporti tra Stati e sin
goli. Esso contiene tutti gli elementi di
zione, essa deve essere identica per ma
schi e femmine, e che se le retribuzioni diritto sostanziale necessari alla sua appli
sono fissate secondo un qualsiasi criterio cazione da parte del giudice, per quanto
di classificazione professionale, le catego riguarda il rapporto di pubblico impiego,
giacché in questo settore non sussistono
rie devono essere uguali per entrambi i
sessi ed i criteri di classificazione devono problemi interpretativi o di raffronto
delle nozioni di remunerazione e di iden
applicarsi nello stesso modo ai dipen
denti maschi ed alle dipendenti fem tità di lavoro.
mine. Tuttavia, anche con questa visione
ampia, illustrata dalla risoluzione del 30 Per le imprese pubbliche, semipubbliche
dicembre 1961, il principio dell'art. 119 o parastatali, il criterio da seguire per sta
bilire l'applicabilità diretta dell'art. 119
non consente ad una dipendente, che
svolge un determinato lavoro in un'im nei rapporti tra Stato e singoli, è quello
presa di un certo settore, avente sede in del grado di partecipazione della pub
una certa località di un certo paese, di re blica autorità alla gestione di dette im
prese e, più particolarmente, alla determi
clamare la parità di stipendio rispetto ai nazione della loro politica salariale. Si
colleghi maschi che svolgono eventual deve cioè stabilire se gli accordi sulle re
mente lo stesso lavoro od un lavoro equi tribuzioni nell'ambito dell'impresa o del
valente o di pari valore in un'altra im
presa di un altro settore di attività in una settore economico siano discussi ed appli
regione diversa o in un altro paese. Que cati liberamente; se tali accordi, pur se
sto optimum di parità salariale (ugual la liberamente discussi, possano venir appli
voro, uguale retribuzione) non sussiste cati solo previa autorizzazione, approva
zione o omologazione da parte della pub
nemmeno tra i posti occupati dagli uo blica autorità che esercita il sindacato o
mini.
466 /
DEFRENNE SABENA
formemente all'art. 119 del trattato
se i lavoratori delle imprese di cui trattasi CEE ... ogni lavoratrice ha facoltà di
siano disciplinati da uno statuto più o adire il giudice competente per far appli
meno analogo a quello che disciplina i care il principio della parità retributiva
rapporti di pubblico impiego. tra lavoratori e lavoratrici». Una legge del
5 dicembre 1968 consente al ministro del
c) La risoluzione della conferenza degli l'impiego e del lavoro di negare l'efficacia
Stati membri del 30 dicembre 1961 non vincolante di una convenzione collettiva
poteva validamente modificare un ter discriminatoria.
mine stabilito dal trattato senza seguire il
procedimento contemplato per la revi — In Francia, il preambolo della Costitu
sione del trattato stesso. zione del 1946, confermato da quello
della Costituzione del 1958, stabilisce, in
Le circostanze che hanno indotto gli termini generali, che «la legge garantisce
Stati membri ad adottare tale risoluzione, alla donna, in tutti i campi, la parità di
mette in luce il fatto che essa comportava diritti rispetto all'uomo». In applicazione
una soluzione di compromesso, che con della legge 13 luglio 1971, gli accordi col
sentiva sia il passaggio alla seconda tappa, lettivi che possono venir estesi devono
sia l'applicazione dell'art. 119 nella sua includere clausole che determinano le
interpretazione ampia, stabilendo un modalità d'applicazione del principio «a
nuovo calendario per la realizzazione pro lavoro uguale, retribuzione uguale». La
gressiva del principio della parità retribu legge 22 dicembre 1972 sulla parità retri
tiva. butiva tra i sessi a parità o a equivalenza
di lavoro costituisce un valido fonda
d) Per quel che riguarda l'attuazione del mento giuridico della facoltà di adire il
diritto alla parità di retribuzione da parte giudice competente, consente di irrogare
delle legislazioni o discipline nazionali, sanzioni in caso di infrazione e dichiara
la situazione nei vari Stati membri è la nulle tutte le disposizioni di un contratto
seguente: di lavoro, di una convenzione collettiva,
di un accordo salariale, di un regola
— In Germania, l'art. 3 della legge fonda mento o di una tariffa salariale contrari al
mentale afferma che «maschi e femmine principio di uguaglianza. Un decreto del
hanno pari diritti» e «nessuno può essere Consiglio di Stato, del 27 marzo 1973,
svantaggiato o favorito a motivo del suo determina il procedimento da seguire in
sesso». Il principio del divieto di discrimi caso di contestazioni.
nazioni riaffiora nella legge sull'organizza
zione delle imprese, entrata in vigore il — Nel Lussemburgo, in applicazione del
19 gennaio 1972 e nella legge 5 agosto l'art. 4 delle legge 12 giugno 1965, ogni
1955 sulla rappresentanza del personale. accordo collettivo in materia di lavoro
deve stabilire le modalità d'applicazione
— In Italia l'art. 37 della Costituzione del principio della parità retributiva. La
stabilisce che «la donna lavoratrice ha gli legge 26 giugno 1963, che determina il
stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse sistema di stipendi per i pubblici dipen
retribuzioni che spettano al lavoratore». denti, sancisce il principio di non discri
Da tale disposizione scaturisce un diritto minazione nei rapporti di pubblico im
soggettivo alla parità retributiva, tutela piego. La legge 12 marzo 1973, che ri
bile da parte del giudice. Disposizioni forma il sistema di retribuzione sociale
specifiche esistono per le pubbliche di minima ha ribadito tale principio, genera
pendenti, per le operaie delle imprese sta lizzato dal regolamento granducale del 10
tali e per alcune categorie professionali. luglio 1974 relativo alla parità retributiva
tra i sessi.
— Nel Belgio il regio decreto n. 40 del
24 ottobre 1967, sostituito dalla legge 16 — Nei Paesi Bassi non vi erano leggi o
marzo 1971, all'art. 14 dispone che «con- regolamenti di portata generale prima del-
467
SENTENZA DELL'8-4-I976 — CAUSA 43-75
1970) ha disposto la soppressione di ogni
l'approvazione della legge 20 marzo 1975 discriminazione nei contratti collettivi
sulla parità retributiva tra i due sessi. entro la fine del 1975. Essa stabilisce la
Fino all'entrata in vigore di detta legge, il
diritto alla parità retributiva poteva venir parità retributiva per le donne che svol
gono lavori uguali o all'incirca equiva
conferito solo da una convenzione collet lenti a quelli svolti dagli uomini oppure
tiva o da un contratto singolo di lavoro. che — pur essendo diversi — risultino
«di pari valore» secondo il parametro adot
— In Danimarca una legge del 1921 san tato nel sistema di valutazione delle man
cisce la parità retributiva tra i due sessi
nei rapporti di pubblico impiego. Una sioni (job evaluation). La legge vieta al
legge del 7 giugno 1958 ha soppresso tresì ogni discriminazione nei contratti
collettivi, e nelle decisioni con cui i da
una differenza di trattamento per quel
che riguarda l'assegno di capofamiglia. tori di lavoro mutualmente stabiliscono i
livelli remunerativi o i criteri per la deter
minazione degli stipendi. Dal 1° gennaio
Nel settore privato, il livello degli sti 1976 le lavoratrici possono rivendicare i
pendi contrattuali per lavoratori e lavora loro diritti in materia retributiva dinanzi
trici si è vieppiù unificato negli ultimi
dieci anni nell'ambito dei contratti collet al giudice, ma non possono richiedere ar
retrati di stipendio.
tivi stipulati nella maggior parte dei set
tori d'attività. Il principio della parità re
tributiva con efficacia immediata è stato e) Dal tenore dell'art. 119 risulta che gli
obblighi che da esso scaturiscono incom
ammesso e posto in atto sia nel settore
privato che in quello pubblico, dopo la bono agli Stati membri e spetta al legisla
stipulazione dell accordo nazionale dell' tore nazionale adeguare l'ordinamento
interno alle disposizioni di detto articolo.
aprile 1973.
— In Irlanda, specie nel settore del pub Ciò però non significa che la Commis
sione sia dispensata dall'applicare l'art.
blico impiego e dell'insegnamento, il per
sonale femminile è meno retribuito, sia 169 se uno Stato membro non rispetta gli
in considerazione del matrimonio che obblighi impostigli dall'art. 119.
del sesso. Il fatto che l'attuazione dell'art. 119 sia di
Nel settore privato le discriminazioni sala competenza degli Stati membri, non
riali sono molto praticate nei contratti rende per nulla superfluo il ravvicina
collettivi di tutti i settori. mento delle legislazioni, delle disposi
zioni regolamentari ed amministrative
onde garantire, nell'ambito della Comu
Il 25 giugno 1974 il parlamento ha adot
tato l'«Anti-discrimination (Pay) Act nità allargata, un'applicazione armonica
1974», che è entrato in vigore il 31 dicem del principio della parità retributiva. Il
bre 1975, il cui art. 2 stabilisce che, se Consiglio è quindi competente ad adot
tare, in forza dell'art. 100 del trattato, una
una lavoratrice svolge, presso lo stesso da
tore di lavoro, un lavoro simile a quello direttiva per il ravvicinamento delle legi
svolto da un uomo, nella stessa sede di slazioni degli Stati membri, qualora le di
lavoro, ha diritto ad una retribuzione pari vergenze tra dette legislazioni rallentino
l'instaurazione o il funzionamento del
a quella del-collega maschio. mercato comune. Su questo è stata adot
tata la direttiva 75/117.
— Nel Regno Unito la maggior parte
dei contratti collettivi del settore pub
blico hanno abolito le discriminazioni sa Il provvedimento non intende solo garan
lariali. tire la parità retributiva per uno stesso la
voro, ma anche il rispetto delle disposi
zioni della convenzione n. 100 dell'orga
Nel settore privato, la legge del 1970 nizzazione internazionale del lavoro; la
sulla parità retributiva (equal pay Act
468 DEFRENNE / SABENA
modificare il trattato. Essa non ha solo
nozione di «lavoro di pari valore», se inteso modificare le tappe di cui all'art. 8
condo la Commissione, ha portata più
ampia del tenore dell'art. 119. La diret del trattato, ma, se fosse considerata va
tiva riguarda d'altro canto il problema lida, implicherebbe la soppressione dei
delle classificazioni professionali, preci sistemi di controllo e di sanzione previsti
sando che il sistema va fondato su criteri dal trattato.
comuni per lavoratori e lavoratrici. In d) Quanto ai provvedimenti di attua
fine, la direttiva impone agli Stati mem zione adottati dagli Stati membri per met
bri degli obblighi di informazione e di tere in atto l'art. 119, non si possono defi
tutela dei lavoratori che non sono espres nire tali le norme della Costituzione, le
samente citati dall'art. 119. Era quindi leggi e i regolamenti già in vigore ante
giusto concedere agli Stati membri il ter riormente al trattato. Nel Belgio possono
mine di un anno per fare quanto era ne considerarsi, in linea generale, norme di
cessario onde adeguarsi alla direttiva. attuazione dell'art. 119 solo l'art. 14 del
D.R. n. 40 del 24 ottobre 1967 e la con
Defrenne
La commenta le risposte for venzione collettiva elaborata nell'ambito
nite alla Corte dalla Commissione e dai del consiglio nazionale del lavoro.
Governi del Regno Unito e dell'Irlanda. e) Quanto alle iniziative della Commis
sione, restano da spiegare la sua timi
a) La nozione di remunerazione riaf dezza e il suo ritardo nel l'avvalersi dei
fiora anche nell'art. 48 del trattato CEE; poteri che le conferiscono gli artt. 155 e
non si capisce perché questa nozione, pre
cisata e delimitata nell'art. 119, possa far 169.
sorgere problemi di definizione allorché f) Nel valutare l'onere relativo all'appli
si tratta delle lavoratrici, mentre è chiara cazione del principio della parità retribu
per quel che riguarda i lavoratori mi tiva in Irlanda e nel Regno Unito, si deve
granti. tener conto anche della necessità di salva
guardare l'equilibrio rispetto alla Dani
Nella fattispecie l'identità di lavoro non marca, che in materia di parità retributiva
crea problemi: è pacifico che non vi è dif è molto progredita e opera in questo
ferenza di mansioni tra hostess e ste senso da vari anni.
ward-di bordo. I dati relativi al costo di un riconosci
b) Il rigore giuridico dell'iter logico mento con effetto retroattivo dell'effica
della Commissione appare dubbio: la di cia immediata dell'art. 119 si prestano a
stinzione che essa opera tra settore pub riserve: essi nascondono d'altronde il pro
blico e privato si risolve, in diritto, in una blema reale. In Danimarca si è visto che
confusione tra il fatto e la sua prova. non è la migliore remunerazione delle
lavoratrici quella che mette in pericolo
Per di più tale distinzione crea una nuova l'economia di uno Stato.
discriminazione, in quanto le pubbliche
dipendenti fruiscono dell'efficacia imme g) La Corte di giustizia può reperire
diata dell'art. 119, mentre quelle del set nella propria giurisprudenza lo spunto
tore privato non hanno tale garanzia per fornire una soluzione semplice e
finche gli Stati non abbiano introdotto chiara, che ristabilisca la certezza del di
nell'ordinamento interno il principio ritto per l'amministrato europeo.
della parità remunerativa.
c) È opportuno trarre conseguenze giuri IV — Procedimento orale
diche dal fatto che la risoluzione della La Defrenne, appellante nella causa prin
conferenza degli Stati membri del 30 di cipale, con l'avv. Marie-Thérèse Cuvelliez,
cembre 1961 non ha potuto validamente 469
SENTENZA DELL'8-4-1976 — CAUSA 43-75
maticamente un diritto ai lavoratori che,
del foro di Bruxelles; la società Sabena,
appellata, con l'avv. Philippe de Keyser, indipendentemente dalla legislazione in
terna, potrebbero adire il giudice nazio
del foro di Bruxelles; il governo del Re
gno Unito, rappresentato dall'aw. Denys nale per far rispettare il principio della
Scott; il governo Irlandese, rappresentato parità di retribuzione. Lo Stato belga, per
ottemperare ai dettami dell'art. 119, do
dal sig. Liam J. Lysaght, Chief State Soli veva emanare una norma che sancisse il
citor; e la Commissione, rappresentata rispetto della parità retributiva; questa è
dal proprio consigliere giuridico, sig.na
Marie-Josée Jonczy, hanno svolto osserva stata una delle finalità perseguite dal D.R.
zioni orali all'udienza del 3 dicembre n. 40 del 24 ottobre 1967.
1975. Circa il proprio stato giuridico, essa os
Sabena
società
La ha sostenuto che l'art. serva di essere una società anonima di di
119 costituisce chiaramente un obbligo ritto privato, disciplinata dalla legge belga
assunto da ciascuno Stato membro, ma sulle società commerciali. Essa gestisce in
non conferisce diritti, né impone obbli concessione un servizio pubblico ed il
suo capitale sociale è in gran parte dete
ghi, direttamente ai singoli, datori di la nuto dallo Stato belga. Ciò non toglie che
voro e lavoratori, cittadini degli Stati essa sia una società privata ed i rapporti
membri. Questo assunto è dettato sia dal
tenore dell'art. 119 che dal fatto che l'art. con i suoi dipendenti siano disciplinati
non già da uno statuto ad indole regola
119, da un lato, consente agli Stati mem mentare, emanato unilateralmente, bensì
bri di adeguare il loro ordinamento entro da contratti di diritto privato.
un certo termine, poi prorogato al 31 di
cembre 1964, d'altro lato impone loro di avvocato generale
L' ha presentato le sue
mantenere «in seguito» il principio della conclusioni all'udienza del 10 marzo
parità retributiva. Quest obbligo non
avrebbe senso se l'art. 119 conferisse auto- 1976.
In diritto
1/3 Con sentenza 23 aprile 1975, pervenuta in cancelleria il 2 maggio seguente, la
Cour du travail di Bruxelles ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177
del trattato CEE, due questioni relative all'efficacia ed all'attuazione dell'art.
119 del trattato, riguardante il principio della parità di retribuzione tra lavora
tori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile per lo stesso lavoro. Le
questioni sono state sollevate in una causa tra una hostess aeronautica e il suo
datore di lavoro, la SA Sabena, causa vertente sull'indennità pretesa dall'attrice
nella causa principale per il fatto di aver assertivamente subito, dal 15 febbraio
1963 al 1° febbraio 1966 e in quanto lavoratrice di sesso femminile, una di
scriminazione in fatto di retribuzione rispetto a dei colleghi di sesso maschile
che svolgevano lo stesso lavoro in qualità di «commessi ái bordo». Secondo la
sentenza di rinvio, le parti concordano sul fatto che il lavoro dell'hostess aero
nautica è identico a quello del commesso di bordo ed è pure pacifico che, du
è
rante il periodo di cui trattasi, vi stata una discriminazione in fatto di retribu
zione a danno della hostess.
470
DESCRIZIONE TESI
Tesi per la facoltà di Scienze politiche, dell'università degli Studi di Roma Tre - Uniroma3 elaborata dall’autore nell’ambito del corso di Diritto dell'Unione Europea tenuto dal professore Moccia dal titolo Il principio di non discriminazione fondato sul sesso e la parità di trattamento tra uomini e donne. Evoluzione e prospettive nel Diritto dell’Unione Europea. Scarica il file in formato PDF!
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher frabenepal12 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Roma Tre - Uniroma3 o del prof Moccia Luigi.
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