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Diritto del lavoro - parità e non discriminazione Pag. 1
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PROTEZIONE CONTRO IL LICENZIAMENTO DELLA LAVORATRICE MADRE

Particolarmente incisiva oltre che per la sua ampiezza temporale (inizio del periodo di gestazione ad 1 anno di età del bambino), per l'oggettiva rilevanza dello stato di gravidanza (quindi opera anche se il datore di lavoro non ne era a conoscenza). Il divieto presenta però 4 eccezioni in relazione alle quali può essere legittimato il licenziamento:

  1. Colpa grave tale da integrare una giusta causa di licenziamento
  2. Cessazione dell'attività d'azienda
  3. Scadenza del termine
  4. Esito negativo della prova obbligo del datore di lavoro, che non riesca a provare di essere stato ignaro della gravidanza della lavoratrice all'atto di recesso, di motivare il giudizio negativo circa l'esito della prova.

Il licenziamento intimato nel periodo in cui vige il divieto deve considerarsi nullo e non temporaneamente inefficace ciò comporta che il motivo addotto deve

Risultare ancora sussistente una volta cessato il periodo di operatività del divieto.

DIVIETO DI ADIBIZIONI A LAVORI PESANTI Durante il periodo di gravidanza e fino a 7 mesi di età del figlio. (art 6, d. lgs. 165/2001).

In più è da ricordare il periodo relativo alla cd. "astensione obbligatoria". (vedi cap. "sospensione rapporto di lavoro").

AMBITO DI APPLICAZIONE D. LGS. 165/2001 Generalizzato sia al settore privato che al settore pubblico.

FONDAMENTO Le normative fino ad ora esaminate trovano sicuro fondamento nell'art 37 cost.

LA SPECIFICITÁ DEL LAVORO FEMMINILE LA LOGICA PARITARIA L'altra anima dell'art 37 cost. enfatizza la prospettiva della parità di diritti fra i lavoratori dei 2 sessi.

INFLUENZA COMUNITARIA Le fonti comunitarie, e la giurisprudenza della Corte di Giustizia, hanno esercitato un'influenza profondissima.

sull'evoluzione del nostro ordinamento, la legge 903/1977 (ora anch'essa in parte abrogata e trasfusa nel d.lgs. 165/2001), comunemente nota come "legge di parità", può considerarsi appunto una proiezione delle prescrizioni paritarie delle direttive comunitarie. L. 903/1997 AFFERMAZIONE DELLA PARITÀ rappresenta il nucleo della disciplina (meglio: PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE); accanto ad esso la legge comprende anche previsioni nelle quali è riconoscibile un intento promozionale del lavoro femminile. Anziché di parità di trattamento è più opportuno parlare di non discriminazione: l'idea di parità di trattamento, infatti, rimanda ad un principio la cui operatività nei rapporti interprivati, in termini generali, è esclusa dall'opinione prevalente. Non è invece dubbia l'applicabilità di specifiche prescrizioni paritarie, come quelle.sancite dall'art 37 cost, in favore di donne e minori.

A) PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE

Nella legge 903/1977 il principio di non discriminazione è stato affermato con latitudine amplissima, tale da abbracciare la disciplina del rapporto di lavoro in tutti i suoi aspetti. Il divieto di discriminazione fondato sul sesso, infatti, si applica anche alle "iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale"; e l'estensione deve essere considerata indicativa tenuto conto che proprio le carenze formative e i conseguenti più bassi livelli di qualificazione contribuiscono a penalizzare la condizione delle donne sul mercato.

1. Neppure un elevato livello di formazione può escludere discriminazioni: per questo la norma si apre con l'affermazione forte del divieto di discriminazione di sesso in relazione all'accesso al lavoro. Le discriminazioni in materia sono bandite quali che siano le

modalità di assunzione e→al tutto il mercato del lavoro ( pubblico e privato ).

Il legislatore ha peraltro introdotto delle eccezioni che se non previste renderebberoirrazionale l’applicazione della tutela. In particolare non costituisce discriminazione legarel’assunzione in attività della moda, dell’arte e dello spettacolo all’appartenenza all’uno oall’altro sesso, “ quando ciò sia essenziale alla natura del lavoro”.

PARITÁ DI TRATTAMENTO RETRIBUTIVO

L’art 2 della legge 903/1977 ribadisce e rafforza→la garanzia costituzionale della parità di trattamento retributivo, precisando che essa deveoperare quando le mansioni richieste sono eguali e di pari valore. Il riferimento alle→“mansioni richieste” conferma l’orientamento secondo cui la parità retributiva va valutata sullabase delle “mansioni assegnate” e non sulla base di considerazioni

legate al rendimento individuale. Tenuto conto quindi del nesso tra inquadramento e retribuzioni, la legge di parità ha stabilito che i "sistemi di classificazione professionale debbono adottare criteri comuni per uomini e donne" (senza distinzioni di sesso o di lavorazioni maschili e femminili).

4. Il divieto di discriminazione per ragioni di sesso deve ritenersi di carattere generale, esteso a tutti gli istituti di carattere generale. Solo grazie a questa norma di chiusura la nostra legge di parità è stata giudicata dalla Corte di Giustizia non contrastante col diritto comunitario.

B) SOSTEGNO ALL'OFFERTA DI LAVORO FEMMINILE Un sostegno all'offerta di lavoro femminile può intravedersi nell'art 8 della legge 903/1977 (ora abrogato e trasfuso nel d. lgs. 165/2001). La norma comporta un alleggerimento del costo del lavoro, attuato mediante la fiscalizzazione degli oneri retributivi connessi al godimento dei cd.

Riposi per allattamento, in precedenza a carico dei datori di lavoro.

  1. Un'importante elemento promozionale del lavoro femminile si può attribuire alla disposizione secondo la quale i periodi di astensione obbligatoria per maternità devono essere considerati, ai fini della progressione di carriera, come attività lavorativa. Si ha quindi una perfetta equivalenza, ai fini della progressione in carriera, tra periodi di effettivo servizio e periodi di astensione obbligatoria dal lavoro per maternità. Ai contratti collettivi, è vero, resta la facoltà di condizionare gli sviluppi di carriera a "particolari requisiti", che però, per non privare la norma di significato, dovranno ovviamente essere diversi dal servizio effettivo: potendosi, ad esempio, ammettere la legittimità di una clausola contrattuale che subordini una promozione ad un previo periodo di addestramento professionale.

C) DIFFERENZE DI TRATTAMENTO TRA

LAVORATORI E LAVORATRICI

La legge 903/1997, infine, contiene anche alcune previsioni che mantengono differenze di trattamento tra lavoratori e lavoratrici.

  1. DIVERSA ETÁ PENSIONABILE

    Risulta confermata, in primo luogo, la diversa e meno elevata età pensionabile delle donne rispetto a quella prevista per gli uomini (65 per gli uomini; 60 per le donne); nell'ottica paritaria della legge rileva peraltro il venir meno della possibilità di licenziare una lavoratrice in relazione al mero raggiungimento dell'età pensionabile. Possono continuare a svolgere attività lavorativa fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini. Nella sua versione originaria, la norma subordinava quest'ipotesi ad un'opzione dell'interessata da comunicare al datore di lavoro: questa norma è stata considerata costituzionalmente illegittima, per cui oggi, la prosecuzione del rapporto di lavoro e la protezione contro i

licenziamenti arbitrari operano in maniera automatica. 2. DEROGA AL PRINCIPIO DI PARITÀ ALL'ACCESSO ALL'IMPIEGO Si è riconosciuto alla contrattazione collettiva la facoltà di individuare mansioni di lavoro particolarmente pesanti in relazione alle quali derogare al principio di parità in materia di accesso all'impiego. Permane inoltre il divieto di "adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino." 3. LAVORO NOTTURNO La logica della precedente disciplina tendeva a tutelare "esclusivamente" le donne dalla prestazione di lavoro notturno. Oggi la normativa vigente contiene regole sessualmente neutre, stabilendo che non sono obbligati a prestare lavoro notturno: - La lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni, o in alternativa, il padre convivente con la stessa. - La lavoratrice o il lavoratore che abbiano compiuto 55 anni di età e abbiano almeno 15 anni di contributi versati al sistema pensionistico.

lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni.

La lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile.

Allo stesso modo va intesa la disciplina generale del lavoro notturno del d. lgs. 66/2003 le relative previsioni appaiono ispirate soprattutto dall'esigenza di porre limiti al lavoro notturno senza riguardo al sesso dei lavoratori.

L'estensione della tutela antidiscriminatoria. Le discriminazioni indirette: La legge n. 903/1977 ha avuto un'incidenza assai limitata: essa ha permesso di colpire soltanto le manifestazioni più evidenti della discriminazione, quelle fondate direttamente sulla considerazione del sesso dell'interessato come tali di immediata rilevazione, ma anche meno significative e, cmq, ormai quantitativamente più circoscritte. Non è stato possibile viceversa, impiegarla nei confronti delle prassi discriminatorie.

Più sofisticate. Rispetto a quanto si può osservare altrove, da noi la "segregazione" del lavoro femminile è meno accentuata per quanto riguarda l'accesso ai diversi settori occupazionali, mentre si avverte ancora sul piano retributivo, anche in conseguenza del persistente massiccio addensamento delle lavoratrici nei livelli più bassi delle gerarchie professionali (cd. "segregazione verticale"). Fenomeni del genere possono dipendere dall'impiego di tecniche di gestione del personale fondate su criteri, ancorché diversi dal sesso, di fatto discriminatori; non si prestano ad essere contrastati attraverso la sola proclamazione della parità di diritti fra lavoratori e lavoratrici. L. n. 125/1991 (poi modificata dal d. lgs. 196/2000 e dal d. lgs. 145/2005) è stata approvata proprio per rispondere all'esigenza di appro

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Publisher
A.A. 2008-2009
5 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca d. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Scienze giuridiche Prof.