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ENRICO IV:

senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par

d'essere - l'abito, il loro abito, perdonateli, ancora

non lo vedono come la loro stessa persona. […]

Sono guarito, signori: perché so perfettamente di

fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! Il guaio è

per voi che la vivete agiatamente, senza saperla

43

e senza vederla la vostra pazzia .

Pirandello ci mostra come un personaggio, apparentemente fermo in un

tempo fittizio che non corrisponde a quello reale percepito da tutti, porti

dentro di sé un mondo più autentico e profondo di quello vero. Enrico IV

si difende dalla realtà, ma la sua follia non corrisponde ad una fuga dalla

vita, bensì alla dimostrazione dell’assurdo e piccolezza dell’uomo

della

comune. Abbiamo inoltre una dimostrazione di quanto la linea di divisione

tra la realtà e la follia non sia così netta come pensiamo. La pazzia

è il risultato dell’ipocrisia del mondo, che conduce l’uomo a uscire

spesso

di senno dopo aver indotto in lui delle crisi esistenziali. Importante è

anche la focalizzazione sull’idea che l’uomo abbia una grande capacità

di creare delle illusioni per sopravvivere alla realtà. Le nostre convinzioni

possono condizionare o addirittura cambiare la realtà circostante. Siamo

artefici del nostro destino, ma potremmo anche diventare vittime delle

nostre finzioni. Luigi Pirandello, grazie al suo teatro, riesce ad abbassare

la barriera che si insidia tra attore e spettatore per coinvolgere

quest’ultimo in una dimensione che mostri tutto ciò che dovrebbe essere

nascosto. I drammi da lui messi in scena non hanno quasi mai una vera

e propria conclusione esplicita; gli spettatori ne escono turbati e pieni di

43 Ivi, pp. 185-187. 55

dubbi; regala così loro un nuovo sguardo, capace di percepire le

maschere e le illusioni sia dentro che fuori la scena.

Pirandello è fermamente convinto che il teatro debba rappresentare la

vita nuda; sul palcoscenico fa comprendere agli spettatori quanto i temi

‘’vita, follia e morte’’ si intreccino e si sovrappongono. Ne abbiamo la

certezza se consideriamo che la follia è, nella sua concezione, una

quest’ultima coincide con l’eterna perdita di

manifestazione della morte;

sé, dell’anima, anch’essa folle:

della lucidità e della coscienza. E la vita è

cerca di omologarci, di inserirci in forme vuote, mentre, attraverso la follia

L’essere

è la vita stessa a morire, a spegnersi, a perdere il suo colore.

umano viene al mondo dal caos e per puro caso; egli è impercettibile di

fronte alla grandezza della natura e si ammala dopo aver compreso i limiti

del reale. Molte persone si trovano dinanzi ad un destino avverso e si

sentono costrette a dover trovare una via di fuga, per non affrontarlo,

sentire l’ebrezza della normalità,

creandosi mondi immaginari in cui poter

in cui sentire la vita scorrere nelle proprie vene. Così accadde ad Enrico

IV, ma abbiamo anche un altro bellissimo esempio nel capolavoro

L’uomo dal fiore in bocca, esempio di dramma borghese del 1923.

L’opera è ambientata in un caffè di una stazione ferroviaria, in cui due

uomini si incontrano e iniziano a chiacchierare, anche se solo uno dei

due, l’uomo dal fiore in bocca, tiene in mano il discorso, quasi come se

mentre l’altro, l’avventore, ascolta,

facesse una sorta di monologo;

intervenendo con piccole costatazioni, banali, ma restando attonito

durante l’ascolto sulle parole dell’altro.

e la profonda riflessione

L’avventore inizia con il lamentarsi per la perdita del suo treno, a causa

di un semplice minuto di ritardo, dovuto alle compere di pacchetti per le

donne di casa. Il dialogo inizia proprio con una riflessione su dei semplici

pacchettini, quelli che vengono comprati di fretta e furia, mentre l’uomo

dal fiore in bocca sostiene di trascorrere il suo tempo ad ammirare le

vetrine di bottega, facendo attenzione alla loro composizione da parte dei

giovani del negozio. Oltre che ammirare, utilizza l’immaginazione nel

56

momento in cui i prodotti esposti vengono acquistati e portati via. Egli

racconta di quanto tempo trascorra ad immaginare le vite altrui, cercando

di ricostruirne il senso del vivere quotidiano, procedimento che gli è utile

L’avventore resta stupito, crede di star parlando forse

per andare avanti.

con un folle, non comprende il motivo di un tale atto: osservare la vita

degli altri immaginandone i legami, le giornate, i pensieri, le

conversazioni. L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA: Ah, non

lasciarla mai posare un momento

l'immaginazione: aderire, aderire con essa,

continuamente, alla vita degli altri... ma non

della gente che conosco. No, no. A quella non

potrei! Ne provo un fastidio, se sapesse, una

nausea. Alla vita degli estranei, intorno ai quali la

mia immaginazione può lavorare liberamente, ma

non a capriccio, anzi tenendo conto delle minime

apparenze scoperte in questo e in quello. E

sapesse quanto e come lavora! fino a quanto

riesco ad addentrarmi! Vedo la casa di questo e

di quello; ci vivo; mi ci sento proprio, fino ad

avvertire... sa quel particolare alito che cova in

ogni casa? nella sua, nella mia. Ma nella

nostra, noi, non l'avvertiamo più, perché è l'alito

44

stesso della nostra vita, mi spiego?

L’uomo dal fiore in bocca spiega di non provare alcun piacere o interesse

nel fare ciò, bensì di farlo semplicemente per avere una occupazione;

proprio per questo si trova a parlare in un caffè con un uomo a lui

estraneo, per necessità di un impegno e non per interesse della sua vita

o del motivo per cui abbia perso il treno:

L’uomo dal fiore in bocca,

44 Luigi Pirandello, Otto-novecento, Milano 2008, p. 10.

57

Io le dico che ho bisogno d'attaccarmi con

l'immaginazione alla vita altrui, ma così, senza

piacere, senza punto interessarmene, anzi...

anzi... per sentirne il fastidio, per giudicarla

sciocca e vana, la vita, cosicché veramente non

45

debba importare a nessuno di finirla .

Dopo un’intensa riflessione sul senso della vita, appare l’ombra di una

donna vestita di nero, sua moglie. L’agitazione pervade l’uomo, il quale

con tono alterato, inizia a raccontare del risentimento che sente per la

sua donna, la quale non si cura più di se stessa, trascorre tutto il suo

tempo a seguirlo e vorrebbe a tutti i costi tenerlo chiuso in casa per

sottoporsi a delle cure mediche, anche se lui vorrebbe solo scappare da

quelle mura domestiche; a parer suo rappresentano una prigione ormai,

dato che gli restano pochi giorni da vivere.

Mi fa una stizza, che lei non può credere. Le

salto addosso, certe volte, le grido in faccia:

Stupida! scrollandola. Si piglia tutto. Resta lì a

guardarmi con certi occhi... con certi occhi che, le

giuro, mi fan venire qua alle dita una selvaggia

voglia di strozzarla. Niente. Aspetta che mi

46

allontani per rimettersi a seguirmi a distanza .

A questo punto si comprende il terrore della morte che incombe

nell’uomo. Egli ha la morte addosso, è affetto da un epitelioma, un tumore

della bocca e gli restano solo pochi mesi di vita. Dunque, come può un

uomo, consapevole d’aver incisa una data di scadenza, restare a casa e

sottoporsi a delle cure, logorandosi nell’angoscia del suo dolore?

Guardi, qua, sotto questo baffo... qua, vede che

bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo?

Ah, un nome dolcissimo... più dolce d'una

45 Ivi, p. 13.

46 Ivi, p. 15. 58

caramella: Epitelioma, si chiama. Pronunzii,

sentirà che dolcezza: epitelioma... La morte,

capisce? è passata. M'ha ficcato questo fiore in

bocca, e m'ha detto: «Tientelo, caro: ripasserò

47

fra otto o dieci mesi!» ‘’pazza’’,

E con parole aspre e dure racconta di sua moglie, una donna

incapace di capire ciò che prova. Perché, se l’uomo si fermasse,

sentendo il vuoto che ha dentro, inciso nel cuore, potrebbe anche

ammazzare una persona che non conosce, per sola rabbia o atto folle.

L’avventore inizia a temere l’uomo, pensando che possa fargli del male;

egli però lo rassicura, ridendo e sostenendo che si tratta di uno scherzo,

perché piuttosto, preso da un momento di sconforto, si suiciderebbe.

A casa io non ci sto. Ho bisogno di starmene

dietro le vetrine delle botteghe, io, ad ammirare

la bravura dei giovani di negozio. Perché, lei

capisce, se mi si fa un momento di vuoto

dentro... lei lo capisce, posso anche ammazzare

come niente tutta la vita in uno che non

conosco... cavare la rivoltella e ammazzare uno

che come lei, per disgrazia, abbia perduto il

treno... No no, non tema, caro signore: io

scherzo! Me ne vado. Ammazzerei me, se

48

mai...

Con queste parole pone fine alla conversazione. Dopo la visione uno

spettatore non può che restare con il fiato sospeso.

Un monologo così intenso ed energico che in soli trenta minuti riesce a

insidiare nello spettatore l’angoscia per la brevità della vita, nonché una

riflessione profonda su quante cose ci lasciamo sfuggire perché non

al mondo l’attenzione che merita. L’uomo dal fiore in bocca

poniamo è

47 Ivi, p. 16.

48 Ivi, p. 17. 59

consapevole del suo destino, ha scoperto il suo male segreto ed inizia

nell’immaginazione per

ad addentrarsi alla vita degli altri, si getta

ricercare una libertà che lo tenga ancora in vita. Attraverso questo

monologo, il protagonista confessa la sua disperazione e allo stesso

tempo la voglia di voler continuare a vivere. È un uomo rabbioso, a tratti

sembra incarnare la perfetta definizione di folle, come nel momento in cui

narra la sua volontà di uccidere la moglie. Scandagliando intensamente

l’animo di quest’uomo, possiamo giungere ad una sola conclusione: è

terrorizzato all’idea di star vivendo in un’attesa che lo condurrà alla fine

della sua esistenza. Vorrebbe fuggire; addirittura paragona la sua vita ad

un terremoto, sostenendo che nessun uomo andrebbe a dormire in

tranquillità, se fosse consapevole che un terremoto avverrà durante la

notte; piuttosto scapperebbe. Egli è consapevole di avere i giorni contati,

ma non può farci nulla, non può salvarsi, è questo un tormento a cui non

può porre fine.

[…] Ma la morte non è come uno di quegli insetti

schifosi.

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
80 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher saraprisco di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Niccolò Cusano di Roma o del prof Bartalotta Gianfranco.