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PARTE SECONDA
2. Il caso analitico: la Cina
2.1 Cina, una dei Nuovi Grandi
2.1.1 Introduzione
Per più di 2000 anni l'economia cinese è stata di tipo feudale: pochi proprietari
terrieri (latifondisti) che comandavano moltissimi poveri “servi della gleba”
(manovalanza agricola), i quali latifondisti rispondevano all'Imperatore della Cina.
La Cina ha avuto un periodo economicamente florido sotto la dinastia Song (dal
960 d.C. Al 1279 d.C.), che però declinò con l'entrata della dinastia Ming (dal
1368 al 1644, dopo il crollo per sua mano della dinastia Yuan, di origine mongola)
per poi al precedente splendore con la dinastia Qing (1644 governandola fino al
1912).
A partire dal 1839, in Cina vennero combattute “Le Guerre dell'oppio”, due
conflitti, svoltisi dal 1839 al 1842 e dal 1856 al 1860 rispettivamente, che
contrapposero l'Impero cinese sotto la dinastia Qing al Regno Unito come
reazione alla penetrazione commerciale britannica e la conseguente apertura del
mercato cinese all'oppio dall'India inglese, la Cina inasprì i propri divieti sulla
droga, e ciò scatenò il conflitto.
Dopo la guerra dell'oppio penetrò nel Paese un'economia occidentale, a seguito
della sconfitta cinese contro la potenza europea inglese, e questo evento portò allo
sviluppo dei porti e alla costruzione di ferrovie ed infrastrutture, volte allo
scambio veloce delle merci.
“Per circa tre secoli (dal 1500 fino agli inizi del XIX secolo), la Cina è stata la
prima potenza economica del mondo in termini di prodotto interno lordo, seguita
dall’India e, in terza posizione, dall’Europa. Il primato economico cinese
poggiava su basi solide, fra cui un elevato livello di conoscenze scientifiche,
superiore in parecchi campi a quello europeo (tant’è che la direzione principale
del trasferimento di tecnologie in età premoderna andava dall’Asia, Cina
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soprattutto, verso l’Europa, con la fondamentale intermediazione della civiltà
islamica)” (Bertoli, 2008).
Negli anni della presa di potere da parte del Partito comunista in Cina (1953-57),
la collaborazione con l'Unione Sovietica fornì al nuovo regime sia un modello di
sviluppo (fondato sulla pianificazione economica centralizzata) sia un
considerevole sostegno economico. Verso la fine degli anni Cinquanta, i rapporti
fra Cina ed URSS andarono erodendosi a causa di scontri politico – ideologici,
finendo con la definitiva rottura dei rapporti di collaborazione nel 1960.
Dopo questa rottura, Lemoine afferma che “le ambizioni maoiste di
trasformazione della società presero il sopravvento sugli imperativi economici”
(Lemoine, 2005), “prima attraverso il 'grande balzo in avanti' (1958-61, teso
colmare il divario con l’Inghilterra formatosi in quindici anni di dominio), e poi
con la 'rivoluzione culturale' (1966-70, una vasta guerra civile per la riconquista
del potere da parte di Mao [...] emarginato dal partito in conseguenza del
clamoroso fallimento delle riforme socioeconomiche)” (Bertoli, 2006).
Dopo la morte di Mao Tze Dong, venne dato il via alla “demaoizzazione cinese”,
che trovò legittimazione condannando il sovrainvestimento, la stagnazione del
livello di vita, la sottrazione di risorse alle campagne, l’eccessiva rilevanza
attribuita alle industrie pesanti, l’irrazionalità nella gestione delle aziende,
l’ossessione dell’autosufficienza, causa di rilevanti sprechi di risorse.
La svolta del paese ha inizio proprio con la morte di Mao Tze Dong, nel 1978, al
quale successe Deng Xiao Ping. Egli diede il via ad una graduale opera di
modernizzazione della Cina, basata sulla valorizzazione dell’iniziativa privata e
sull’apertura verso l’estero (nel 1979, in occasione di una storica visita negli Stati
Uniti, Deng Xiao Ping lanciò la politica della “porta aperta”). Tale
modernizzazione pone fine a un trentennio di economia collettivista e
autosufficiente, caratterizzata dalla chiusura assoluta nei confronti di ogni
influenza straniera.
L’emersione della Cina sulla scena economica mondiale è uno dei maggiori
sconvolgimenti avvenuti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il suo ingresso nel
panorama economico internazionale viene fatto coincidere al 2001, anno in cui il
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Paese entra a far parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO –
World Trade Organization).
Alla luce della considerazione fatta da Bertoli, si può considerare questa
emersione come un recupero (in questo senso si parla anche di “risveglio”) di una
posizione di preminenza passata mantenuta per secoli.
L’emersione cinese è la conseguenza di decisioni di politica economica che il
governo nazionale, e dunque il Partito comunista cinese, ha prima adottato e poi
attuato con competenza e tenacia, e non un “miracolo” come molti amano
definirlo, velando l'avvenimento con una nota di casualità e fortuna.
Orlandi e Prodi così definiscono l'affermazione economica cinese: “questo
processo ha fatto tesoro sia della tradizione cinese, volta all’obbedienza e alla
disciplina, sia della situazione politica che vedeva il predominio assoluto di un
solo partito. In estrema sintesi si può affermare che la tradizione di Confucio si sia
coniugata con il partito unico di Lenin. Entrambi sono presenti, e reciprocamente
rafforzatisi, nella Cina odierna” (Orlandi e Prodi, 2006).
2.1.2 Economia interna cinese
L'economia cinese è basata oggi sull'agricoltura, essendo un paese ricco risorse
minerarie e forestali, sull'allevamento, sull'industria e sul commercio.
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L'unità monetaria cinese è lo yuan; il sistema bancario è controllato dal Governo,
attraverso la Banca Popolare Cinese, l'istituzione centrale di finanziamento ed
organo responsabile dell'emissione di moneta.
2.1.2.1 Agricoltura
L'agricoltura tradizionale continua ad essere importante per il Paese in quanto
offre grandi risorse economiche.
Benché la Cina abbia un territorio di 9,6 milioni di kmq, i terreni coltivabili
coprono solo una superficie di 1,27 milioni di kmq, pari a circa il 7 % del totale
mondiale, concentrati presso le pianure e i bacini della zona monsonica orientale.
Il settore della coltivazione costituisce la più importante componente della
produzione agricola: le principali colture cerealicole comprendono riso, grano,
mais e soia, mentre le colture economiche includono tè, cotone, arachidi, colza,
canna da zucchero e barbabietole.
A causa della non elevata disponibilità di terreno coltivabile, la popolazione
cinese decise di sfruttare al massimo i poche spazi che avevano, utilizzando
metodi di coltura che potevano dare risultati fino ad un raddoppio del raccolto
normale, ma che molto presto portarono i terreni all'impoverimento.
Per risanare la situazione agricola, vennero successivamente attuate politiche volte
all'equilibrio dei raccolti, e dalle quali si ottennero buoni risultati.
Attualmente sono state create più di 2000 aziende agricole statali situate in zone
dove le persone non sono molte, e le attrezzature moderne possono essere usate
con efficacia. L'agricoltura è molto legata al commercio visto che molte
piantagioni, come il riso, vengono esportate in gran quantità.
Circa la maggior parte dei terreni agricoli è destinata alla produzione alimentare;
il prodotto principale è il riso, per il quale la Cina è la prima esportatrice al
mondo; il riso viene coltivato nella zona del Paese soggetta ai venti monsonici.
Assieme al riso, uno dei principali prodotti cinesi da esportazione è il tè.
Il secondo cereale per importanza è il frumento, coltivato nel bassopiano cinese; il
mais occupa circa il 20% delle aree coltivate; la produzione di avena è importante
nella Manciuria centrale e occidentale, specialmente in Tibet.
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Altre colture di poca importanza per il commercio cinese sono la patata, gli
ortaggi e la frutta; tra i semi oleosi si coltivano la soia, gli arachidi, il sesamo e il
girasole.
In Cina l'allevamento, come l'agricoltura, rappresenta una risorsa molto
importante per l'economia ed il commercio: l'allevamento più diffuso è quello dei
suini, animali che non necessitano di grande vegetazione per una buona crescita, e
quindi ideali come allevamento in un Paese dove lo spazio dedito ad attività
agricole è ridotto. La pastorizia è largamente praticata nelle regioni occidentali,
dove si allevano principalmente ovini, caprini e cammelli; nelle zone più elevate
del Tibet si allevano gli yak, che forniscono latte, carne, vestiario, e combustibile.
Nonostante la pesca sia praticata tuttora con metodi rudimentali, la Cina è uno dei
migliori produttori di pesce del mondo. Nel Paese sono presenti numerosi
allevamenti di carpe, alimento molto usato e gradito dai cinesi.
Il rapido sviluppo dell’agricoltura cinese è seguito alle riforme rurali del 1978.
Nell’arco di vent’anni, la riforma rurale cinese si è adattata alle condizioni date
dall'economia di mercato imposte dal panorama internazionale.
La riforma ha portato sviluppo e promozione verso il rapido sviluppo
dell’agricoltura, in particolare della produzione cerealicola, e l’ottimizzazione
della struttura agricola, permettendo all’agricoltura di ottenere evidenti risultati.
Attualmente la produzione cinese di cereali, cotone, semi di colza, tè, carne, uova,
pescato ed ortaggi è fra i primi a livello mondiale.
Da alcuni anni le politiche volte allo sviluppo agricolo mirano all'incremento
proprio dell'agricoltura, considerato il punto prioritario del governo, elevando
costantemente gli stanziamenti nell’agricoltura ed aumentando i redditi dei
contadini, in modo da realizzare gradualmente lo sviluppo coordinato fra
campagna e città, ed abbassare il divario fra l'ambiente rurale ed urbano (Radio
Cina Internazionale – disponibile a italian.cri.cn).
2.1.2.2 Industria
L'industria cinese è molto quotata per la produzione di locomotive, trattori,
macchinari per l'industria estrattiva e per la raffinazione del petrolio. L'industria
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petrolchimica possiede stabilimenti nella maggior parte delle province e delle
regioni autonome cinesi, la produzione comprende fibre sintetiche, prodotti
farmaceutici e materiale plastico, inoltre si produce concime azotato.
Particolarmente fiorente nella Cina è l'industria tessile che impiega più di 4
milioni di lavoratori; si produce anche molta elettricità, nonché la Cina è la prima
produttrice al mondo di questo importante m