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U.S.A.).
Il Medio Oriente è, in tal modo diventato il crocevia di una Guerra Santa che va dall’
Indonesia al Marocco, dal Sudan alla Bosnia.
1.5. Normativa interna di contrasto al terrorismo
Gli anni '70 e l'inizio degli '80 rappresentano un momento assai critico per la storia
del nostro Paese. Sono i c.d. anni di piombo, iniziati con le proteste degli studenti,
poi con le lotte dei lavoratori e culminati con numerosi attentati, primo tra tutti la
strage di piazza Fontana a Milano. In quegli anni, si formano gruppi che fanno
politica extraparlamentare e che adottano come metodo di dissuasione la violenza:
sono le organizzazioni armate di sinistra e di destra che fanno sfociare il comune
sentimento della popolazione italiana nel terrore.
18
Quelle di destra, colpevoli tra l’altro delle stragi di Piazza Fontana nel ‘69, della
stazione di Bologna nel 1980, dell’attentato al treno Napoli-Milano nel 1984, e
quelle di sinistra che voleva colpire i simboli del potere in nome della classe operaia.
Mentre le azioni del terrorismo nero ebbero una direzione esplicita, cioè fermare
l’avanzata rivoluzionaria con lo stragismo, quelle di sinistra perseguirono la finalità
di colpire il “SIM” (Stato imperialistico delle multinazionali) con l’obiettivo
strategico di risvegliare la volontà rivoluzionaria delle masse rispetto alle quali il
12
movimento si proponeva come semplice avanguardia .
Nacquero tante piccole organizzazioni (597 sigle terroristiche, di destra e di sinistra).
La più forte fra loro, le Brigate Rosse, arrivò a 1.214 reclute e procedette a sequestri
e assassini, tra cui quello di Aldo Moro (1978). Tra il 1969 ed il 1980 vi furono in
Italia 12.690 episodi di violenza terroristica (2.725 nel solo 1978) che determinarono
la morte di 362 persone e il ferimento di 4.524. Tuttavia, il progressivo, seppur lento,
indebolimento del terrorismo fu determinato dalla perdita di contatto con la realtà
politica e sociale e soprattutto dal distacco dalle masse.
Da molti si sostiene (e forse a ragione), che il principale difetto della normativa
italiana di contrasto al terrorismo, sia sempre stato il suo carattere emergenzialista.
Ne sarebbe, quindi, derivata una pseudo-politica criminale fondata sull’emergenza e
condita da una precarietà che, spesso, ha provocato conflitti di norme. Peraltro, il
contrasto istituzionale posto in essere dagli organi dello Stato nei confronti delle BR
si è fondato su una serie di provvedimenti normativi mirati alla neutralizzazione e
all’isolamento dell’organizzazione. Sebbene sia stata chiara la volontà di ricondurre i
crimini brigatisti alla mera criminalità comune, annullando il significato politico
delle azioni terroriste, diverse leggi “speciali”, avevano evidenziato, invece,
l’eccezionalità della minaccia nonché la necessità di adottare misure idonee per
contrastarla. Tuttavia, il riconoscimento dell’esistenza in Italia di un “problema
essenzialmente politico” (fine principale a cui tesero le Brigate rosse con
l’operazione Moro) poteva essere considerato effettivo sulla base della specialità
della normativa in questione.
La stagione della violenza politica in Italia è iniziata nel 1969 ed è proseguita, in
modo crescente, fino al 1980. Gli interventi legislativi più significativi si sono
12 VIGNA, La finalità di terrorismo ed eversione, Milano, 1981, 38 ss.; DE VERO, I reati
associativi nell’odierno sistema penale, RIDPP, 1998, 385 ss.; In Giurisprudenza cfr. Cass. Sez I, 06-
07-1979; NARDUCCI, Nella differenza fra atti terroristici ed eversivi: i confini del “nuovo” reato,
DeG, 2002, 3, 10 ss.; 19
sviluppati simmetricamente alla volontà di potenza del terrorista ed alle sue modalità
di azione. Nel quinquennio 1968-1973 la legislazione penale italiana aveva prodotto
un’intensa protezione della persona sottoposta a procedimento penale: era stato
potenziato il diritto della difesa tecnica e personale; mitigati i limiti della
carcerazione preventiva; esteso il potere di concessione della libertà provvisoria,
riformato l’ordinamento giudiziario. Ma, nel 1974, gli allarmanti incrementi degli
indici di delinquenza hanno determinato un’inversione di tendenza.
Il primo provvedimento normativo risale al 14-10-1974, anno in cui la pericolosità
delle BR si è manifestata in tutta la sua ampiezza con la prima azione della fase di
“attacco al cuore dello Stato”: la legge n. 497 sanciva l’applicabilità del giudizio
direttissimo in materia di armi, l’inasprimento delle pene e la possibilità di eseguire
l’interrogatorio di soggetti arrestati o fermati da parte delle Forze di polizia, ferma
restando la presenza del difensore. Successivamente, con la l. 22-5-1975, n. 152 (c.d.
legge Reale) si disponeva, tra l’altro, la riduzione della discrezionalità dell’Autorità
Giudiziaria nella concessione della libertà provvisoria, la concessione del potere agli
organi di polizia giudiziaria di effettuare perquisizioni immediatamente sul posto,
l’ampliamento dei casi previsti per il fermo di indiziati di reato e della scriminante di
cui all’art. 53 c.p. a favore degli agenti e degli ufficiali di P.G.
I successi conseguiti nella lotta alle Brigate Rosse nel biennio 1974-1976, anno in cui
gli inquirenti erano giunti ad un passo dalla distruzione dell’Organizzazione
avendone tratto in arresto la quasi totalità dei capi storici, determinavano una fase di
stasi normativa; tale fase consentiva alle decimate BR una profonda ristrutturazione
dei propri quadri dirigenti e delle proprie milizie, in seguito alla quale si andrà a
sviluppare una nuova ondata di attentati che comporterà l’approvazione di nuovi
provvedimenti normativi. Il D.M. 4-5-1977 attribuiva al generale dei carabinieri
Dalla Chiesa il coordinamento del Servizio di Sicurezza interna alle carceri e poteri
di controllo ed iniziativa per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica
all’interno degli istituti. La l. 7-6-1977, n. 296 di conversione del D.L. 30-4-1977,
n.151, emanata in seguito alle turbative verificatesi nel corso del processo di Torino
nei riguardi delle Brigate Rosse, sospendeva i termini della carcerazione preventiva
nel caso in cui il dibattimento non avesse potuto celebrarsi per causa di forza
maggiore che impedisse il formarsi dei collegi giudicanti o l’esercizio della difesa.
La l. 8-8-1977 introduceva delle modifiche operative in tema di arresto in flagranza
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per alcuni reati e nuove disposizioni in tema di sequestro di immobili, qualora ci
fosse il sospetto che fossero covi di gruppi terroristici.
Occorre tuttavia precisare che prima del 1974 l’attività delle forze di polizia era
diretta a contenere un’azione che sviluppava le proprie istanze attraverso cortei e
manifestazioni di massa. In seguito al sequestro Sossi ed al conseguente primo
impatto brigatista sull’opinione pubblica, le Istituzioni hanno modificato il proprio
orientamento istituendo strutture speciali quali l’Ispettorato generale per l’azione
contro il terrorismo e soprattutto il Nucleo Speciale di Polizia Giudiziaria, con sede
a Torino, dipendente dalla locale brigata carabinieri e comandato dal generale Dalla
13
Chiesa .
1.6. Il decreto legge 21.03.1978, n. 59, convertito in legge 18.05.1978, n. 191:la
vicenda Moro e la comparsa della finalità di terrorismo nel delitto di sequestro
di persona.
Il sequestro, la prigionia e l’uccisione dell’On. Aldo Moro rappresentano senza
dubbio una pagina particolarmente “dura, violenta e sanguinosa della storia italiana”.
Con essa i tratti dirimenti più aggressivi del fenomeno terroristico apparvero esplicati
in modo affatto eloquente: la violenza più indiscriminata e sanguinaria, che trucidò i
cinque sottufficiali addetti alla sicurezza della vittima del sequestro, segnò l’inizio
della tragedia, e poi seguirono i giorni del ricatto politico, sui cui effetti
destabilizzanti ben poco vi è da notare, se non che essi furono finanche sopravanzati
14
dall’esito letale, che concluse la macabra vicenda del sequestro .
Nelle more della prigionia di Aldo Moro il legislatore reagì normativamente con il
decreto legge n. 59 del 1978; in esso, per la prima volta, in relazione alla figura di
reato del “sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione dell’ordine
democratico”, fu inserita nella legislazione penale la nozione di terrorismo.
Il D.L. 21.03.1978, n. 59, oltre a contenere una sequenza di norme processuali
afferenti all’abrogato c.p.p. del 1930, in materia di richiesta di atti e di informazioni
da parte dell’Autorità giudiziaria e da parte del ministero dell’interno, a fini
preventivi, di sommarie informazioni assunte in assenza del difensore, di
intercettazioni telefoniche, di giudizio direttissimo, ed oltre ad essere introduttivo
13 IGOR MENDOLIA, Anni spietati – Una città e il Terrorismo: Torino, 1969-1982, 2008;
14 GIUSEPPE FERRARA, Il caso Moro, 1987;
21
della disciplina del cosiddetto “fermo di pubblica sicurezza”, che attribuisce al
personale di polizia il potere di accompagnare e trattenere coattivamente chiunque
presso i propri uffici qualora il “fermato” rifiuti di declinare le proprie generalità,
ovvero ricorrano sufficienti indizi riguardanti la falsità dell’identità personale
dichiarata, o dei documenti esibiti, incide sul codice penale in maniera chiaramente
disorganica.
Con l’art. 1 D.L. 21.03.1978, n. 59, viene previsto all’art. 420 c.p. il “delitto di
attentato ad impianti di pubblica utilità”, in luogo del precedente “delitto di pubblica
intimidazione col mezzo di materie esplodenti”, già abrogato per effetto dell’art. 6, l.
02.10.1967, n. 895; l’esigenza di introduzione di questo delitto era maturata in un
momento antecedente alla contingenze del sequestro Moro e risaliva ad un disegno di
legge del settembre 1977; tuttavia, l’incriminazione fu ricondotta al novero delle
necessità di contrasto del fenomeno terroristico, sulla scorta della considerazione
secondo la quale gli impianti di pubblica utilità, in particolare quelli di elaborazione
dati, potevano elevarsi con grande facilità ad obbiettivo di azioni di vandalismo,
finalizzato a mettere a repentaglio, in un disegno complessivo di aggressione
terroristica, la tranquillità della convivenza sociale.
Con l’art. 2, D.L. 21.03.1978, n. 59, viene introdotto, in ossequio alla centralità della
vicenda Moro, vera “causa prima” del D.L. in esame, il delitto di “sequestro di
persona a scopo di terrorismo od ever