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INTRODUZIONE E FONTI DI ARGOMENTAZIONE
In questo breve saggio ho voluto approfondire il tema dell’interpretazione culturale. Mi sono
soffermata su una serie di questioni che, secondo la mia opinione, sono quelle che più
caratterizzano questo metodo di osservazione:
- l’osservazione partecipante come metodologia di ricerca,
- Geertz in quanto padre fondare della disciplina e una breve sintesi del modo di cui ha analizzato le
popolazioni oggetto dei suoi studi,
- l’importanza degli informatori e dell’apprendimento della lingua, indispensabile per arrivare a
comprendere in maniera esaustiva la cultura che si sta osservando,
-infine, la questione della scrittura etnografica e il processo di traduzione dei dati.
Per l’elaborazione delle mie argomentazioni ho fatto riferimento a vari libri di antropologia indicati
durante il corso e, ad altri che ho trovato di mia iniziativa utilizzando il servizio bibliotecario.
Ho maturato l’idea di sviluppare questo argomento in seguito ad una lezione tenuta dalla dottoressa
Marta Villa, dedicata appunto all’antropologia interpretativa, che ho trovato particolarmente
interessante e mi ha fornito l’input per indagare meglio questa tematica.
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PREMESSA
L’etnografia si occupa della descrizione e dell’analisi di fenomeni culturali particolari.
Possiamo considerare la cultura come un processo di costruzione e ricostruzione di significati, come
un insieme di prodotti comunicativi ed espressioni linguistiche propri di una determinata
popolazione e di uno specifico contesto.
Fare interpretazione consiste nel capire qual è il significato di ciò che si sta osservando e
comprendere come la gente di quella cultura interpreta le proprie azioni. Si tratta di costruire
interpretazioni di interpretazioni.
Immergersi nella cultura che si vuole studiare pare il modo più adeguato per riuscire a comprendere
come i nativi vedono il mondo e quali sistemi di significato guidano le loro azioni (Geertz 1987;
Piccardo, Benozzo 1996).
Strumenti fondamentali del ricercatore diventano l’udito, la vista, l’ambiente dove avvengono le
manifestazioni di cultura; tutto ciò che è funzionale per
“vedere ciò che gli altri vedono, vedere i soggetti che dicono ciò che intendono e intendono ciò che
dicono, riuscire a sapere ciò che sanno, provare ciò che provano, pensare come pensano, vedere ciò
(Piccardo, Benozzo 1996: 110).
che non vedono”
Inoltre, per riuscire a dare una lettura di ciò che si sta osservando bisogna trattare la cultura come un
sistema e, come tale, isolare i singoli elementi di cui si compone per indagare i rapporti interni tra di
essi e concentrarsi pertanto “sul comportamento attraverso cui le forme culturali trovano
articolazione” (Geertz 1987: 55).
IL METODO DI RICERCA
Per fare questo tipo di studio interpretativo è necessario utilizzare il metodo dell’osservazione
partecipante. Occorre perciò trascorrere un lungo periodo di tempo fra le persone che si intende
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studiare, partecipare alle attività quotidiane e ai discorsi. Lo studioso deve inoltre cercare di essere
il più neutrale possibile, perché il suo obiettivo è di cogliere il punto di vista del nativo e capire i
significati culturali delle strutture sociali, e non può farlo se non mette da parte le sue conoscenze
pregresse.
L’osservazione partecipante è considerata da due punti di vista: la prospettiva positivista e quella
costruttivista.
Nella prospettiva positivista viene definita come “l’atto di notare un fenomeno attraverso gli
strumenti dei sensi (…) essa è caratterizzata dal non-intervento ovvero dalla non-manipolazione o
stimolazione dell’oggetto studiato” (Piccardo, Benozzo 1996: 108). Mentre per la prospettiva
costruttivista, la presenza dell’osservatore comporta una inevitabile manipolazione della realtà che
nella quale si è immersi.
Entrambe le posizioni supportano in ogni caso l’idea che i dati forniti dati soggetti non sono
esaurienti, considerato che gli attori sono molto di più di quello che dicono e che non bisogna
“limitare la raccolta dei dati a quelli presentati dai soggetti” (Piccardo, Benozzo 1996: 109).
E’ qui che emerge l’importanza di uno studio basato sull’interpretazione: solo così è possibile
riuscire a capire quale sistema di senso sta alla base delle interazioni tra individui e quali sono le
fondamenta di quella particolare cultura.
E’ importante controllare e ripetere nel tempo le proprie ipotesi, per non incorrere nell’errore di
assumere le opinioni dei nativi come interpretazioni e formulare quindi interpretazioni precoci
(Piccardo, Benozzo 1996).
GEERTZ E LA CONCEZIONE DEL SE’
Geertz può essere considerato a tutti gli effetti il padre del cosiddetto filone interpretativo, è il
primo ricercatore che pone il “problema di vedere le cose dal punto di vista dei nativi in termini
epistemologici” (Fabietti, Matera 1997: 151). 4
Geertz ha studiato tre società: giavanase, balinese e marocchina. L’ obiettivo della sua ricerca è stato
quello di determinare il significato che gli abitanti di questi luoghi danno al concetto di persona,
quale concezione essi hanno del sé. Ha cercato di arrivare a questa idea senza immaginare di essere
qualcun altro, ma analizzando le forme simboliche in cui le persone rappresentavano se stesse e gli
altri. Egli riconosce nel concetto di persona il mezzo per indagare nella mente delle persone, per
“vedere le loro esperienze all’interno del quadro concettuale della loro idea di ciò che è il sé” (1988:
76). E’ in questo modo che egli ritiene fare interpretazione, perché “non è possibile sapere che cos’è
un guantone da baseball se non si sa che cos’è il baseball” (1988: 89).
L’APPRENDIMENTO DELLA LINGUA NATIVA
Fonte di interpretazione dell’agire sociale secondo modelli culturali particolari sono le parole, qui
intese come simboli che rimandano a dei significati.
Uno degli ostacoli alla interpretazione dei gesti e delle azioni deriva proprio dallo studio delle
parole, delle quali il ricercatore non può fare a meno. Quale peso è attribuito alla lingua per
interpretare le azioni altrui e per prendere parte alla vita dei nativi? Queste sono domande che ogni
ricercatore deve porsi prima e durante il processo di ricerca.
Le parole costituiscono l’avvio dell’impresa etnografica. Le parole hanno il potere di tradurre e
interpretare l’esperienza, bisogna perciò capire il significato che ogni cultura attribuisce alle parole
(Fabietti, Matera 1997).
Poiché l’elemento centrale per una corretta interpretazione è l’immedesimazione e l’immersione
nella cultura che si sta studiando, la padronanza della lingua dei nativi diventa fondamentale per
avere informazioni, per “ le associazioni che le parole hanno per coloro che parlano una data lingua
ed evocano nella loro mente, e che si perdono nella traduzione” e perché “la medesima parola può
essere applicabile a situazioni diverse e significare cose diverse, così come la medesima cosa può
avere nomi diversi” (Fabietti, Matera 1997: 70). Non è sufficiente dunque, avvalersi del solo aiuto
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dell’interprete: ai fini di una corretta acquisizione del punto di vista dei nativi molte informazioni
possono essere ottenute solo ascoltando le conversazioni e prendendo parte alla vita quotidiana;
quello che l’etnografo osserva deve poi descriverlo, questo è possibile solo attraverso il resoconto
verbale e, la precisione linguistica diventa un aspetto fondamentale.
Non si può inoltre non considerare gli aspetti di enunciazione delle parole, l’uso che gli indigeni
fanno dei pronomi, degli avverbi, dei dimostrativi. Le categorie di persone, ad esempio, associate
all’uso dei pronomi, sottolineano l’ancoraggio dei partecipanti a una interazione dialogica, al
contesto, ecc. Prestare attenzione ai dettagli morfologici e fonologici delle parole, che ad una prima
analisi potrebbero sembrare insignificanti, aiutano invece a capire il tipo di evento a cui si sta
partecipando. Il parlato include anche tabù fonici, parole e nomi che sono proibiti e la
consapevolezza dell’esistenza di questi tabù consente di esplorare gli ambiti e i contesti in cui tali
nomi e parole sono proibiti.
Occorre inoltre non farsi sfuggire gli aspetti extraverbali della comunicazione; come gesti,
posizione dei corpi, direzione dello sguardo,.. che esplicitano il significato della comunicazione in
quella relazione (Pennacini, 2011).
IL RUOLO DELL’INFORMATORE
Considerato quanto detto in riferimento all’apprendimento della lingua, occorre riflettere
sull’importanza che riveste l’informatore: per arrivare alla rete di significato che sottende una
cultura è necessario poter dialogare con i soggetti che ne fanno parte, ottenendo in questo modo
l’accesso al mondo concettuale in cui vivono.
Si tratta prima di tutto di una questione pratica. Infatti, un ricercatore che si reca per la prima volta
sul campo non è in grado di parlare direttamente con gli indigeni, ma deve avvalersi di un interprete
o dei dati ottenuti da quest’ ultimo. Si tratta di un aspetto metodologicamente rilevante delle ricerca
antropologica che si traduce in quella che Griaule (1898-1956) definisce la “scelta del
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collaboratore”:non tutti gli indigeni sono adatti al compito e non tutto ciò che dicono corrisponde a
verità. Bisogna cercare di scegliere l’informatore in base alle sue competenze e in base a cosa ci può
aiutare a comprendere della realtà che stiamo analizzando (Fabietti, Matera 1997); infatti “spesso si
pensa che un indigeno sia al corrente di tutte le tecniche, di tutte le istituzioni e di tutte le
rappresentazioni della società di cui fa parte” (1997: 60).
SCRITTURA E INTERPRETAZIONE DEI DATI
Quando è sul campo, lo strumento principale attraverso cui l’etnografo raccoglie i dati osservati è il
bloc notes, i quali verranno tradotti in modo da trasmettere il significato dell’evento e del contenuto
delle parole che si sono registrate.
Nel momento in cui si passa al processo di traduzione dei dati, è importante distinguere tra tre livelli
di appunto: ciò che si osserva, ciò che è l’interpretazione dei soggetti osservati e quella che
rappresenta l’interpretazione del ricercatore. Ricomporre il materiale e dargli una forma è di nuovo
una operazione di immersione, non più nella vita della cultura analizzata, ma in quella trascritta.
E’ un processo che implica l’andare oltre la semplice descrizione