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Estratto del documento

UN NUOVO PARADIGMA EDUCATIVO?

! 61

2.1 La retta paideia

“Diciamo sempre che il bambino

è colui che costruirà la vita di domani.

Ma non sappiamo di cosa sarà fatto il domani…

Il domani sarà fatto di ciò

1

che lasceremo di spontaneo in questi bambini”

All’inizio di questo nostro percorso vi ho chiesto di

chiudere gli occhi e di concentrarvi solo su voi stessi

ritornando con la memoria a quel periodo felice della

vostra infanzia. Mi avete dato la vostra mano e fidandovi

vi siete lasciati condurre in questo cammino intrapreso

insieme. Ebbene, ora vi chiedo di non lasciare la mia mano

e di fidarvi ancora una volta, vi porterò a scoprire come

tornare a quel tempo felice ogni volta che lo vorrete.

Seguitemi dunque.

Dalla lettura delle pagine che ho sottoposto alla vostra

attenzione sono sicura che giunti fin qui quegli occhi nuovi

2

per vedere , che citavamo nelle righe precedenti siano

diventati un po’ anche i vostri. Sono profondamente

convinta che, come è accaduto anche a chi scrive queste

1 Jousse M., La sapienza analfabeta del bambino Introduzione alla Mimopedagogia, a cura

di Colimberti Antonello, Libreria Editrice Fiorentina Firenze, 2011, p. 254.

2 Bello Ales A., Empatia e amore nella prospettiva fenomenologica, in Brezzi F.(a cura

di), Amore ed empatia Ricerche in corso, Franco Angeli, Milano, 2003,

p. 34. ! 62

stesse parole, scoprire un aspetto nuovo (forse solo

trascurato) della vostra (nostra) natura umana vi abbia

lasciati sulle prime un po’ attoniti e stupiti. Siamo sempre

alla continua ricerca di qualcuno che ci dica chi siamo,

dunque scoprire uno fra gli aspetti forse più importanti

della nostra comune natura umana non può che

inizialmente meravigliarci ma nello stesso momento

soddisfare il bisogno di comprenderci e di definire il nostro

essere, dandoci quel piacere che tutto ciò accompagna.

Abbiamo cercato di approfondire il pensiero di alcune

autorevoli figure antiche, arretrando e spingendoci fin là

ove è sorto il pensiero filosofico, ove l’uomo ha iniziato a

porsi quesiti sulla propria esistenza, quei medesimi quesiti

che ancora oggi noi uomini moderni cerchiamo di risolvere

per dare un senso alle nostre vite. Le acute intuizioni di

alcuni uomini del passato dunque, come dimostrato, ci

possono essere d’aiuto nel percorso di scoperta del proprio

sé che ognuno compie lungo il corso della propria e

personale esperienza su questa terra.

Vorrei perciò ripartire proprio da quel che si è potuto

estrarre dal pensiero dei due filosofi greci Platone e

Aristotele.

Si è potuto evincere chiaramente al termine della nostra

riflessione come l’uomo sia portato per propria natura a

produrre in sé una mimesis (interiore ed esteriore), per lo

più senza esserne consapevole, al solo guardare o ascoltare

! 63

ciò che lo circonda e si sottopone ai suoi sensi, dunque

anche le mimesis prodotte da altri, tutte quelle creazioni

umane che abbiamo ben definito riprendendo il termine

greco come poiesi (che sembrano essere dunque per l’uomo

mimesis educanti). Questo rendersi simile alle cose che si

sottopongono ai suoi sensi, espone l’uomo a un rischio

grande che è quello di potersi ritrovare trasformato e

manovrato da chi non ha le migliori intenzioni,

ritrovandosi così non più libero pur credendosi tale. Un

rischio grande che un uomo non educato alla mimesis

come è l’uomo moderno corre senza rendersene conto.

L’educazione sola del mimismo, presente in ogni essere

umano, può realmente renderlo finalmente libero e felice.

Ed è in questa direzione che ora voglio volgere la vostra

attenzione.

C’è un famoso e antico mito che può aiutarci in questo ed è

il “Mito della caverna” che apre il libro VII de “La

Repubblica” di Platone.

Immaginate dunque: «dentro una dimora sotterranea a forma

di caverna, con l’entrata aperta alla luce […] pensa [te] di vedere

degli uomini che vi stiano dentro fin da fanciulli, incatenati

gambe e collo, sì da dover restare fermi e da poter vedere soltanto

in avanti, incapaci, a causa della catena di volgere attorno il

capo. Alta e lontana brilli alle loro spalle la luce d’un fuoco e tra

il fuoco e i prigionieri corra rialzata una strada. Lungo questa

pensa [te] di vedere costruito un muricciolo […] immagina [te]

! 64

di vedere uomini che portano lungo il muricciolo oggetti di ogni

sorta sporgenti dal margine […] credi [ete] che tali persone

possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le

ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro

di fronte? […] Se quei prigionieri potessero conversare tra loro,

non credi [ete] che penserebbero di chiamare oggetti reali le loro

visioni? Esamina [te] ora […] come potrebbero sciogliersi dalle

catene e guarire dall’incoscienza. […] capitasse un caso come

questo: che uno fosse sciolto, costretto improvvisamente ad

alzarsi, a girare attorno il capo, a camminare e levare lo sguardo

alla luce. Che cosa credi [ete] che risponderebbe, se gli si dicesse

che prima vedeva vacuità prive di senso, ma che ora, essendo più

vicino a ciò che è ed essendo rivolto verso oggetti aventi più

essere può vedere meglio? […] Non credi [ete] che rimarrebbe

dubbioso e giudicherebbe più vere le cose che vedeva prima di

quelle che gli fossero mostrate adesso? […] Dovrebbe, credo,

abituarvisi […] Alla fine, credo, potrà osservare e contemplare

quale è veramente il sole, non le sue immagini nelle acque o su

altra superficie, ma il sole in se stesso […] E ricordandosi della

sua prima dimora e della sapienza che aveva colà e di quei suoi

compagni di prigionia, non credi [ete] che si sentirebbe felice del

3

mutamento […]?» .

3 Platone, Libro VII (514a-516c), in La Repubblica, Laterza, Roma, 1999, pp. 451-455.

! 65

Ora, Platone descritto il mito conclude dicendo che il

potere che è in noi e l’organo con cui ognuno di noi

apprende devono volgersi con tutta l’anima verso la verità

delle cose, così come se l’occhio non fosse capace di girarsi dalle

tenebre alla luce altrimenti che insieme con tutto il corpo .

4

L’occhio rappresenta la parte razionale di noi, il corpo

invece è quell’a-razionale che è in noi. L’occhio è collegato

al corpo e non può vedere se non è tutto il corpo che si

volta e s’incammina verso il sole che mostra, facendo

riferimento sempre al mito sopra indicato, la verità delle

cose. Se vogliamo dunque conoscere l’essenza vera delle

cose dobbiamo coinvolgere l’occhio ma anche il corpo, il

razionale ma anche l’irrazionale che è in noi. Per far

questo abbiamo però bisogno che qualcuno ci tolga le

catene e ci conduca con sé al sole.

Questo qualcuno potrebbe (dovrebbe?!) essere l’educatore,

che ci costringa, ci stimoli a voltare la parte a-razionale di

noi verso la verità.

Platone, infatti, proprio all’inizio del libro settimo

paragona l’educazione e la mancanza di educazione

all’immagine degli uomini incatenati nella caverna. Prima

di aver ricevuto la giusta educazione essi vedono di se

stessi, degli altri e delle cose che fanno parte del mondo

solo le ombre che sono le apparenze.

4 Ivi, p.459 ! 66

E scambieranno la parvenza delle cose per verità.

Se infatti riprendiamo quel che diceva Platone sul famoso

“farmaco”, non possiamo non accorgerci di come quel

farmaco di cui egli tanto parlava non era altro che un

allenare i nostri occhi a vedere oltre quel buio che è

l’apparenza delle cose del mondo per giungere a

recuperare quella luce che invece traspare dall’essenza

eterna di quelle cose. Allenare i nostri occhi alla verità,

imparando a riconoscere la vera natura della mimesis, per

vivere una vita più vera e piena. Vedere di nuovo quindi

con quegli occhi da bambini che avevamo e che ci

permettevano di cogliere l’essenza più autentica per

ricrearla attraverso noi stessi.

Quel farmaco può esserci ora e sempre necessario.

Non si tratta di altro quindi di una paideia che formi

l’umanità, rendendola padrona degli istinti che muovono

in essa.

Si parla qui di paideia intesa, nel suo senso più vicino al

nostro discorso, come assimilazione che si compone di due

significati diversi seppur unificabili quali quello di

assorbire del nutrimento quindi di “nutrirsi” e quello di

“divenire simili a un qualcosa”. Perciò una paideia come

nutrimento interiore attraverso/per e di conoscere la verità

delle cose. ! 67

Una retta paideia sarà dunque solo quella che si preoccupa

della verità delle cose. E compito dell’educatore sarà

quello di far uscire l’individuo dall’apaideusía (mancanza di

educazione) spezzando le catene.

Oggi più che mai noi esseri sempre più virtuali viviamo in

una condizione nella quale non riceviamo però una paideia

di questo tipo, viviamo per così dire in un luogo in cui ciò

che più si ha a cuore è di educare la razionalità, che come

la mimesicità, fa parte del nostro essere umani.

E ci ritroviamo così facilmente «umanità deprivate della

capacità di signoreggiare quel potenziale (la mimesi) che sarebbe

necessario per rispondere appropriatamente alla criticità della

realtà che le riguarda si scoprono drammaticamente impotenti

nel fronteggiare quel che esse stesse avvertono come urgente

5

[…]» .

Le principali istituzioni educative oggi tendono in sostanza

a non tenere nella giusta considerazione la natura umana o

meglio dando troppo importanza a quella parte della

natura umana che anche Aristotele aveva messo in risalto

tratteggiando un profilo di essere umano quale animale

razionale, trasformando però così il bambino in un adulto

deprivato del suo istinto mimico. Questa inibizione lenta

ma continua del potere mimico e creativo del bambino ha

5 Scaramuzzo G., Paideia Mimesis Attualità e urgenza di una riflessione inattuale,

Anicia, Roma, 2010, p. 17. ! 68

inizio nel momento in cui egli si affaccia a quella che nel

nostro mondo occidentale rappresenta il punto di partenza

dell’educazione e della formazione, ovvero la scuola

elementare. Se infatti fino ai sei anni per lo più si lascia il

bambino ancora libero di giocare, vedendo nel gi

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Publisher
A.A. 2015-2016
104 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher maxedeb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teatro ed educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Scaramuzzo Gilberto.