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Il termine “autocontrollo” o “autodisciplina” è appropriato per descrivere questo
processo.
3.5 Il piacere non coincide con la felicità
“[…]felice è l’uomo per cui non esistono il bene e il male ma solo l’animo
buono o malvagio, che pratica il bene, si contenta della virtù, non si lascia esaltare né
abbattere dagli eventi, non conosce bene più grande di quello che può procurarsi da
52
che il vero piacere sta proprio nel disprezzare i piaceri”
solo e pensa
Sebbene Seneca non disprezzi, come abbiamo visto, la filosofia di Epicuro, è
chiaro dalle sue parole che i piaceri non vanno assecondati, o meglio è bene per
53
l’uomo che il piacere sia solo “compagno e non guida di buona e retta volontà” .
Il piacere è una cosa bassa, servile, debole ed effimera e coloro che si
lasciano dominare dai piaceri, dunque, sono schiavi.
Anche Aristotele era dello stesso parere quando distingue tre tipi principali di
vita: quella in cui si asseconda il piacere, la vita politica e la vita contemplativa.
Ad identificare il bene, la felicità con il piacere sono gli uomini della massa,
che si rivelano veri e propri schiavi, poiché scelgono una vita da bestie.
Nel libro X della sua Etica nicomachea il filosofo continua la sua trattazione
sul piacere e scrive che comunemente si pensa che il piacere sia strettissimamente
connaturato al genere umano, ragion per cui si educano i giovani governandoli col
piacere e col dolore, e che la virtù morale consista proprio nel perseguire il primo e
accettare l’altro secondo i dettami della ragione.
52 Seneca, La vita felice, cit., pp. 16-17
53 Ivi, p. 20 48
Sebbene ci siano diversi pareri discordanti riguardo la natura benefica o meno
del piacere, Aristotele crede fermamente che il piacere non può essere un bene.
Infatti, egli scrive che piaceri fanno riferimento alla sfera dell'utile e quindi devono
essere "moderati" da un virtuosa temperanza, sia per ragioni di morale che di utilità
54
poiché "chi è vizioso lo è perché ricerca l'eccesso" e l'eccesso nella ricerca
dell'utile o del piacere, porta al suo opposto.
Ad ogni modo, da come abbiamo visto, per il consumatore contemporaneo condurre
la propria esistenza senza il piacere è difficile: è continuamente attratto da cose
nuove e alla moda.
“buffa”
La cosa è trovare in un altro stralcio del De Vita Beata le seguenti
parole: “[…] il piacere, se pure si spande tutto intorno e si insinua in ogni fessura, ci
blandisce l’animo con le sue lusinghe e ci mette davanti una tentazione dopo l’altra
c’è forse un uomo, cui resti un briciolo
per sedurci completamente o almeno in parte,
di umanità, che vorrà lasciarsi trastullare giorno e notte e vorrà trascurare l’animo per
55
dedicarsi solo al corpo?” l’animo per
La domanda oggi è retorica. Tutti gli uomini vorrebbero trascurare
dedicarsi al corpo. Uomini a cui non resta un briciolo di umanità, uomini alienati;
uomini che avranno mai un briciolo di felicità?
54 Aristotele, Etica nicomachea, cit., 1154 a, 16-17
55 Seneca, La vita felice,cit., p. 18 49
Capitolo IV
L’uomo libero non consuma
4.1 Cos’è la libertà? La parola ai filosofi
Il concetto di libertà è tanto difficile quanto quello di felicità.
Numerose sono state le definizioni date nel corso dei secoli, col variare delle epoche
e delle culture.
Nella civiltà greca il concetto di libertà era riservato principalmente alla politica e
alla religione. 56
Come ha osservato Hobbes per i greci la libertà deve essere connaturata alla
potenza e all'autonomia dello Stato piuttosto che agli individui sottoposti a leggi
restrittive della libertà al fine di vivere uno stato ordinato.
Nell'ambito di questa autorità vincolante dello Stato tuttavia il pensiero antico greco-
romano lasciava spazio alla libertà del cittadino che godeva dei diritti civili da cui
erano esclusi invece i sudditi degli stati assolutistici orientali sottoposti al potere
incondizionato del monarca o del tiranno.
In questo senso gli unici a non godere della libertà erano coloro che in condizione di
schiavitù personale o politica erano ritenuti non del tutto umani.
Per Aristotele, invece, un'azione volontaria e libera è quella che nasce
dall'individuo e non da condizionanti fattori esterni, a condizione che sia predisposta
dal soggetto con un'adeguata conoscenza di tutte le circostanze particolari che
contornano la scelta: tanto più accurata sarà questa indagine tanto più libera sarà la
57
scelta corrispondente.
56 Thomas Hobbes, De cive, X, 8, in Id., Opere politiche di Thomas Hobbes, trad. it. di N. Bobbio, I, Torino, Utet, 1959
57 Cfr. Aristotele, Etica nicomachea, cit., III, 1 50
La concezione empirista porta invece Hobbes a contrapporre al pensiero
non consiste in un puro e semplice “libero
cartesiano(secondo cui la libertà arbitrio
ma in una
d'indifferenza” scelta concreta di cercare la verità tramite il dubbio) la
concezione della libertà come “assenza al moto”
di ogni impedimento per cui ognuno
“gode di una maggiore o minore libertà secondo l'ampiezza dello spazio di cui
dispone per muoversi”: la libertà non è dunque altro che avere la possibilità di agire
senza alcun ostacolo materiale. Tesi questa ripresa da John Locke e David Hume.
In contrasto con queste concezioni empiriche della libertà Leibniz osservava
che “quando si discute intorno alla libertà del volere o del libero arbitrio, non si
domanda se l'uomo possa far ciò che vuole, bensì se nella sua volontà vi sia
sufficiente indipendenza” e nella Teodicea (III, § 288) affermava come: "La sostanza
libera si determina da se stessa, cioè seguendo il motivo del bene appercepito
dall'intelligenza, che la inclina senza necessitarla".
Leibniz, cioè, rilevava l'insufficienza di una definizione negativa della libertà
trovando però egli stesso difficile darne una connotazione positiva dopo quanto
espresso su questo tema da Spinoza. libertà per l'uomo: “Tale
Per Spinoza infatti non esiste alcuna è questa libertà
umana, che tutti si vantano di possedere, che in effetti consiste soltanto in questo: che
gli uomini sono coscienti delle loro passioni e appetiti e invece non conoscono le
58
cause che li determinano.”
L'uomo è dunque inserito in un meccanismo deterministico per cui tutto
accade poiché ab aeterno doveva accadere: solo Dio è libero in quanto causa sui,
causa di sé stesso, unica sostanza.
Riprendendo temi stoici e neoplatonici Spinoza concepisce l'uomo come un
"modo" (modo di essere, un'espressione contingente) della sostanza unica e se egli
vuole essere libero deve convincersi della sua assoluta limitazione, negare tutto ciò
che lo allontana da questa persuasione, mettere da parte ogni desiderio e passionalità
ed accettare di far parte di quella essenziale identificazione di Deus sive Natura, per
cui la libertà dell'uomo non è altro che la capacità di accettare la legge della necessità
che domina l'universo.
58 Spinoza, Ethica, V, 3 51
Tenendo conto di questa visione spinoziana, Leibniz accetta l'idea della
libertà come semplice autonomia dell'uomo, accettazione di una legge che egli stesso
riconosce come tale, ma nel contempo vuole mantenere la concezione cristiana della
libertà individuale e della conseguente responsabilità.
Per questo scopo egli concepisce la libertà fondata metafisicamente sulla
"monade": nel senso che ogni individualità, pur essendo un'"isola" completamente
separata dalle altre, compirebbe "liberamente" atti che si incastrano come pezzi di un
mosaico, negli atti corrispondenti delle altre monadi, in un tutto che è l'"armonia
prestabilita" da Dio, vale a dire l'ordine dell'universo da Lui prefissato secondo il
principio del minor male possibile.
Ma fu durante l’illuminismo che si affermarono maggiormente le idee di
emancipazione della ragione e di affermazione della libertà di pensiero.
Con Kant, infatti, cambia completamente la prospettiva della concezione della
libertà che non appartiene più al mondo dei fenomeni sensibili ma a quello che fonda
l'esperienza, al mondo metafisico del noumeno.
Come vedremo nel prossimo paragrafo per Kant, nel mondo empirico e
sensibile non esiste la libertà poiché ogni atto è naturalisticamente condizionato.
In opposizione al formalismo kantiano la filosofia idealistica con Fichte e
Schelling volle basare la libertà sul sentimento, sull'Io, su un Assoluto che,
identificandosi con la Natura, conduce però Schelling a riprendere la visione
panteistica spinoziana.
Per Hegel, invece, una libertà morale che rimanga nell'ambito formale e non
indichi all'uomo come concretamente debba essere indirizzato il suo libero volere è
sinonimo di arbitrio e capriccio.
Bisogna fondare la libertà nella realtà e nella storia dove essa si realizza
mediante un processo dialettico che attraversa le istituzioni politiche passando dal
dispotismo orientale sino alle moderne monarchie costituzionali.
Questa libertà storicamente evoluta e conquistata dall'uomo nel corso dei
secoli deve portarlo, attraverso l'"astuzia della ragione", al possesso di una superiore
libertà, quella che si realizza attraverso lo sviluppo dialettico che iniziando dall'arte,
attraverso la religione, giunge alla suprema sintesi filosofica.
52
La libertà quindi più che una facoltà individuale è l'essenza stessa dello
Spirito Assoluto che realizza sè stesso attraverso la sua estraniazione nella natura e
nella storia.
4.2 Imperativo e libertà
nella Critica della ragion pratica si pone l’interrogativo che
Immanuel Kant
sta alla base della riflessione sull’agire morale: Che cosa devo fare?
Secondo Kant, per trovare una risposta a tale quesito non dobbiamo fare altro che
guardare dentro noi stessi e ascoltare che cosa la nostra ragione pratica ci comanda.
In noi, infatti, è inscritta una legge morale, che non necessita di una
“dimostrazione”, ma piuttosto di una “constatazione”:essa, infatti, ci è data come un
“fatto della ragione” e si impone in modo incondiziona