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CAPITOLO SECONDO
Visione sistemica d’impresa
2.1 – Il concetto di sistemicità
Il concetto di sistemicità trova origine nello studio degli organismi viventi, in
quanto questi sono formati da una molteplicità di parti apparentemente
indipendenti, ma che operano in una prospettiva interfunzionale e simbiotica.
Tra i primi e più autorevoli autori che hanno applicato l’approccio sistemico
(tipico delle scienze biologiche), allo studio dell’impresa, si annovera Chester
Irving Barnard che per primo <costruisce la sua concezione dell’impresa come
21
sottosistema del più vasto sistema della società> . Si associano a Barnard
molti altri studiosi che hanno lavorato al fine di definire compiutamente un
22
sistema , e dai loro lavori si possono estrapolare gli aspetti che definiscono il
concetto di sistemicità come:
- Formazione di un insieme di parti, unite ed organizzate, che possano essere
viste come un’entità ordinata e strutturata, tale da conferire alla totalità
23
un’importanza maggiore rispetto alla <mera sommatoria degli addendi >.
- Presenza di due o più parti caratterizzate da rapporti di interazione
24
biunivoci .
- Presenza di precisi confini che separino l’insieme delle parti interrelate
dall’ambiente esterno nel quale esse sono collocate.
Sebbene nella dottrina aziendalistica italiana sia ormai da tempo radicata la
visione d’impresa come sistema, è opportuno puntualizzare che l’accezione di
21 Cit. Cafferata R., 2010, “management in adattamento, tra razionalità economica e
imperfezione dei sistemi”, Il Mulino, Bologna.
22 Importanti contributi sul concetto di sistema sono da attribuire a Kast e Rosenzweig.
23 Cit. Cafferata R., 2010, “management in adattamento, tra razionalità economica e
imperfezione dei sistemi”, Il Mulino, Bologna.
24 Da questo aspetto si evince il concetto di “subsistemi interdipendenti”. 14
“sistemicità” non può essere addossata ad ogni impresa esistente. È infatti
importante <andare alla ricerca dei processi attraverso cui una “semplice”
organizzazione che nasce diventi sistema “complesso”, più o meno competitivo
25
rispetto alle altre organizzazioni dell’ambiente in cui opera> , bisogna
dunque verificare, e studiare, l’esistenza delle modalità di interconnessione
all’interno dell’insieme in questione, che in questo caso sono le imprese.
Ovviamente il concetto di sistemicità va sempre rapportato alla dimensione
dell’impresa che si prende in considerazione, in quanto, più grande è l’impresa
più articolate saranno le interconnessioni tra le parti che la compongono;
viceversa, più l’impresa si identifica con la proprietà, (fino a considerare le
imprese individuali), più la necessità di osservare le caratteristiche della
sistemicità si ristringe. In tal senso si può asserire che <sistema si diventa, non
si nasce>, in quanto per ogni impresa neonata la condizione di sistemicità
26
risulta essere un ambìto punto di arrivo, non di partenza . Tuttavia è
necessario (ed auspicabile) per l’impresa, giungere a tale condizione al fine di
poter competere e, ove possibile, collaborare con altre imprese; riuscire ad
evolversi e cogliere vantaggi competitivi di cui gode come <organizzazione
vitale>; nonché giungere alla possibilità di diventare socialmente responsabile.
Bisogna ricordare invero quanto dicono Katz, Kahn e Masini riguardo
“l’organismo personale dell’azienda”, vale a dire che anche la più florida delle
imprese continua ad essere “influenzata” e “assoggettata” dalla variabile
umana di cui è composta, parafrasando gli autori citati sopra si può affermare
che per quanto si tenti di rendere perfetta un’impresa, conferendole sistemicità
e razionalità, bisognerà comunque ipotizzarla piena di limiti, in quanto pieni di
27
limiti sono gli esseri umani . Si delinea in conclusione l’aspetto qualitativo
25 Cit. Cafferata R., 2010, “management in adattamento, tra razionalità economica e
imperfezione dei sistemi”, Il Mulino, Bologna.
26 Cit. Cafferata R., 2010, “management in adattamento, tra razionalità economica e
imperfezione dei sistemi”, Il Mulino, Bologna.
27 Katz e Kahn annotano: <They are contrived systems. They are made of men and are
imperfect systems>. 15
dell’impresa sistemica, vista come una totalità coordinata di parti, partecipanti
e relazioni tra gli elementi, che sia in grado di muoversi verso un preciso
scopo, con una visione di lunghissimo periodo. Per essere considerata
“sistema”, ogni impresa deve verificare l’esistenza e l’adeguatezza di
determinate “condizioni di sistemicità” al proprio interno, e verso il suo
ambiente di riferimento. Tali condizioni sono:
- Differenziazione razionale
- Strutturazione organizzativa
- Integrazione (e leadership)
- Finalizzazione
- Omeostasi
Nei successivi paragrafi si tenterà di esplicare i concetti e le caratteristiche
qualitative di ognuna di esse.
2.2 – Differenziazione razionale
Partendo dal concetto di sistemicità commentato nel paragrafo precedente, si
può estrapolare quello di differenziazione razionale. Tale condizione prevede
28
l’esistenza di confini ben definiti, che separino razionalmente l’entità
dell’impresa (costituita dall’insieme delle sue parti), dal complesso ambiente in
cui essa opera. Inoltre anche ogni singola parte (funzione) dell’impresa deve
essere differenziata dalle altre. Si può quindi parlare di confini esterni (che
separano l’entità dal suo ambiente di riferimento), e di confini interni. Perciò
all’aumentare della divisione dei lavori aumenterà il numero di parti che
28 Più avanti si chiarirà il concetto di “Razionalità” 16
compongono l’impresa, di conseguenza la separazione delle singole unità, è
proporzionale alla dimensione dell’impresa, che nei suoi primi anni di vita
vedrà coincidere la governance con il soggetto economico, per poi assistere
attivamente, alla scissione di queste funzioni in modo sempre più marcato con
il crescere delle dimensioni. La differenziazione in particolare, si considera
razionale se riesce a soddisfare un reale fabbisogno di funzionalità ed
economicità della gestione, essa deve perciò essere attuata seguendo un
29
disegno utile a raggiungere un determinato fine (o mission) . Quando si
differenzia razionalmente si deve considerare lo stadio evolutivo raggiunto
dall’impresa, le caratteristiche del proprio ambiente di riferimento e le future
strategie che si vogliono attuare. Pertanto i confini di cui si parla devono essere
progettati in visione di un’evoluzione dinamica, in grado di prevedere e
adattarsi ai cambiamenti imposti dalla crescita o dalle modifiche, che le varie
funzioni potranno subire in futuro.
2.3 – Strutturazione organizzativa
La prima necessità che si avverte dopo aver operato una differenziazione
razionale delle funzioni, è quella di ordinare e regolare le varie componenti
dell’impresa (che ormai risultano appunto, differenziate). Infatti non basta aver
separato tra loro le parti, poiché se queste non venissero ordinate, il risultato
sarebbe caotico, inefficiente e in estrema sintesi, dannoso. In questo senso si
può pacificamente parlare di <fabbisogno di strutturazione delle funzioni, delle
30
decisioni e delle responsabilità operative> . In prima analisi bisogna creare
uno schema di procedure che determini correttamente e puntualmente le attività
29 Per altro, la razionalità è il primo elemento che bisogna controllare quando si avvertono
problemi di qualsiasi genere. Bisognerà esaminare ad esempio, se la differenziazione sia stata
applicata in modo eccessivo o insufficiente, o se i compiti assegnati a ciascuna unità siano stati
divisi in maniera efficiente.
30 Cit. Cafferata R., 2010 “management in adattamento, tra razionalità economica e
imperfezione dei sistemi”, Il Mulino, Bologna. 17
di ogni unità organizzativa, passando successivamente all’adozione di precise
regole che stabiliscano univocamente le interazioni che avvengono tra i vari
partecipanti. Si giunge quindi alla creazione di un preciso organigramma
aziendale che conferisce ordine e gerarchia tra le varie funzioni. L’adozione di
regole interne all’impresa è fondamentale, soprattutto quando si raggiunge un
notevole livello dimensionale, è del tutto inopportuno (e dannoso) lasciare che
le interazioni avvengano “a caso”. Bisogna essere in grado di prevedere e
prestabilire i vari ruoli assegnati ad ogni unità, partendo dalla proprietà fino ad
arrivare alle funzioni più semplici di trasformazione di input in output.
Adoperando una strutturazione organizzativa si dà vita perciò, a vere e proprie
“norme interne”, che possono presentarsi in forma implicita (come le routine e
le consuetudini) o in forma esplicita (ad esempio regolamenti, organigrammi,
funzionigrammi e circolari). Tali norme disciplinano i rapporti fra tutte le parti
dell’apparato in questione, individuano i poteri decisionali di governance e i
rispettivi detentori, descrivono le attività in ogni unità lavorativa e diffondono
le informazioni di tipo top-down. Non in ultimo, strutturare un’impresa
significa scegliere la forma giuridica più appropriata, tenendo conto delle
dimensioni, del fine, del rischio delle operazioni da svolgere e di tutte le
variabili che determinano l’attività che il soggetto economico prevede di
31
compiere . Una volta eseguita la differenziazione e la strutturazione in tutte le
sue parti, il risultato di queste operazioni sarà un insieme di unità distinte e
allo stesso tempo coese tra loro, interdipendenti ed interfunzionali, che operano
con ordine e rigore secondo la volontà del soggetto economico. Un’impresa
così strutturata può vantare già uno strumento in più per la propria
sopravvivenza, evoluzione e competizione nel mercato. In ultima analisi si può
aggiungere che le capacità organizzative non si acquisiscono facilmente, anzi,
la loro acquisizione avviene tramite l’esperienza diretta “sul campo” e quando
31 Ad esempio, considerando il rischio dell’attività svolta, potrebbe essere più opportuno
scegl