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CD.

I maggiori fattori di rischio per l’infezione da CD sono:

1. Individuali:

 Età: Tutte le età sono a rischio, in particolare maggiore di 60 anni. Nel 50% dei casi i neonati sono

colonizzati ed è probabile che non presentino manifestazioni cliniche per immaturità recettoriale; i

bambini dopo i 5 anni divengono invece suscettibili.

 Patologie associate: Insufficienza renale cronica e uremia, fibrosi cistica, patologie chirurgiche del

tratto intestinale e biliare, trapianto di fegato, gravi ustioni, neoplasie ematologiche.

 Sistema immunitario: Negli Stati Uniti circa il 60% dei bambini e adulti presentano IgG anti-C.

difficile, ma non è ancora chiaro entro quali livelli l’immunità umorale sia protettiva.

 Farmaci: antiulcera, farmaci che alterano la normale motilità intestinale (clisteri, stimolanti

gastrointestinali, lassativi emollienti), antineoplastici, antibiotici.

 Reparti di degenza: i reparti più a rischio sono, in ordine di incidenza: terapie intensive, reparti

chirurgici, reparti medici .

2. Ospedalieri

 Durata della degenza: è altamente correlata con l’acquisizione del C. difficile (il 50% dei pazienti

può manifestare l’infezione dopo 4 settimane di degenza).

 Terapia antibiotica: soprattutto se combinata e protratta. 4

 Profilassi perioperatoria: Se non applicata correttamente.

 Mani del personale: primo veicolo di infezione.

 Presidi assistenziali: veicoli di infezione (padelle, pappagalli, termometri a mercurio ed elettronici,

fonendoscopi, bracciali dei misuratori di pressione, elettrocardiografi, apparecchi per dialisi, sacche

di infusione, ecc…).

 Ambiente di degenza : (letti, strutture metalliche, pavimento, comoda, toilette) contaminato da

spore (sia da parte di portatori asintomatici che di pazienti sintomatici) che possono persistere

nell’ambiente per mesi.

Gli spostamenti in stanze diverse favoriscono la disseminazione di spore e conseguentemente la

contaminazione ambientale; qualora più casi si manifestino in stanze diverse si può ipotizzare che vi sia un

ruolo importante dell’ambiente come possibile sorgente di infezione.

Contagio e Trattamento

La trasmissione della malattia avviene per via oro-fecale, quindi attraverso le mani portate alla bocca dopo

il contatto con superfici ambientali contaminate o con un soggetto potenzialmente infetto.

Più la diarrea è severa, più l'ambiente dove soggiorna il malato sarà di conseguenza contaminato.

Grazie alla forma sporigena, il batterio può sopravvivere per settimane o addirittura mesi sulle superfici

inerti. Anche la strumentazione sanitaria contaminata può essere veicolo di trasmissione (endoscopi,

termometri rettali, vasche da bagno ecc…).

La risoluzione dell'infezione da Clostridium difficile porta ad una completa ristabilizzazione della mucosa

interessata; ma, nonostante la guarigione sia completa, in un'elevata percentuale di pazienti trattati

correttamente compaiono recidive, in genere entro quattro settimane dal termine della terapia antibiotica.

Infatti, se da un lato è necessario sospenderla, quando possibile, perché ritenuta responsabile del quadro

clinico, dall'altro può essere necessario ricorrere ad altre forme di antibioticoterapia.

E’ molto importante riequilibrare le perdite di sali ed acqua per evitare la disidratazione del paziente dopo

le perdite di liquidi tramite una diarrea persistente. 5

SINTOMI

Il periodo di incubazione non è conosciuto con precisione nei casi di ingestione accidentale, in genere da

qualche ora a 7 giorni (massimo 10 giorni).

Le infezioni da CD possono non dare alcun sintomo: in tale situazione si parla di colonizzazione

asintomatica, si può anche però essere infetti e presentare una modesta ma fastidiosa sintomatologia. Ed

ancora essere infetti con una gravissima sintomatologia che può mettere a rischio anche la vita con

problemi di setticemia. Si può quindi in definitiva sicuramente affermare che il quadro clinico della malattia

è molto vario ed è in funzione di quanto è grave l’infezione.

Distinguiamo quindi:

Infezione lieve si presenta con

 Diarrea (tre evacuazioni acquose al giorno che perdura per almeno due giorni)

 Lievi crampi all’addome.

Infezione moderata comprende:

 Diarrea con feci non formate e liquide con 10 e più eiezioni al giorno,

 Presenza nelle feci di muco e sangue,

 Disidratazione,

 Dolore addominale e crampi severi,

 Nausea e mancanza di appetito

 Calo ponderale,

 Febbre.

Infezione grave si presenta come quello della colite pseudomembranosa e si manifesta con:

 Diarrea liquida con muco e sangue,

 Dolori addominali e crampi,

 Febbre,

 Nausea e vomito,

 Disidratazione,

 Leucocitosi,

 Mucosa intestinale arrossata ed infiltrata di fibrina, materiale che ha l’aspetto di una

membrana biancastra la cui rimozione evidenzia zone di mucosa arrossate e sanguinanti.

 Aree necrotiche sulle mucose delle pareti dell’intestino,

 Ispessimento della parete dell’intestino in particolare del colon.

La Colite Pseudomembranosa (PMC, Pseudomembranosa Colitis) è un processo infiammatorio acuto, una

colite essudativa in genere causata dal Clostridium Difficile. La PMC raramente può essere causata da altri

batteri, ad esempio lo Staphylococcus o germi enterotossigeni come Clostridium perfringens,

Campylobacter, Listeria e Salmonella. Nel colon l’eccessiva proliferazione batterica del CD può innescare

una intensa reazione infiammatoria, con sintomatologia severa (profusa diarrea acquosa, con 10-15

scariche alvine quotidiane, dolori addominali, febbre, perdita di appetito, nausea, disidratazione), fino a

giungere alla grave Colite Pseudomembranosa, con necrosi epiteliale, ulcerazioni della parete intestinale e 6

formazione di pseudomembrane.

Il quadro, talora, evolve fino determinare una colite fulminante, con megacolon tossico e perforazione

intestinale (1%-3% dei pazienti), mettendo a rischio la vita stessa del paziente. Queste forme gravi, da

alcuni anni, si presentano con aumentata frequenza e possono richiedere un intervento di colectomia ed il

ricovero in UTI (Unità di Terapia Intensiva).

Complicanze

 disidratazione

 disturbi elettrolitici

 enteropatia proteino-disperdente, ipoalbuminemia

 megacolon tossico

 perforazione intestinale

 sepsi,ascessi splenici

 insufficienza renale 7

DIAGNOSI

Per diagnosticare un infezione da Clostridium difficile il medico parte dalla constatazione del quadro clinico,

ed in base a tali dati formula una ipotesi di diagnosi. Infatti una diarrea persistente in un paziente

sottoposto nei mesi antecedenti ad una terapia antibiotica, specialmente se il paziente è anziano, e se

specialmente si trova internato per un certo periodo di tempo in una casa di cura o un ospedale, si ha un

forte sospetto che porta a pensare ad un infezione di questo batterio.

La conferma di tale sospetto si otterrà con opportune indagini cliniche, quali:

 Analisi delle feci : In esse si cercano le tossine secrete dal CD;

 Colonscopia/sigmoidoscopia: utilizzata per visualizzare le aree infiammate e necrotiche della

mucosa; volendo è anche possibile effettuare prelievi di cellule da sottoporre a biopsia .

 TAC/RMN: consentono di visualizzare un eventuale inspessimento della parete del colon.

Poiché la diarrea non costituisce più la manifestazione esclusiva, oggi è più appropriato parlare di malattia o

di infezione da C. difficile.

 Diagnosi endoscopica in caso di colite pseudomembranosa (CPM).

 Diagnosi di laboratorio

La diagnosi si basa sulla ricerca nelle feci di C. difficile e/o di suoi antigeni, tossine o acidi

nucleici. La ricerca di indici di reazione infiammatoria nelle feci (leucociti, lattoferrina) è spesso

positiva, ma non è patognomonica di infezione da CD.

Raccomandato l’impiego in routine di un test di screening a elevata sensibilità quale la ricerca delle tossine

con metodo immunoenzimatico (in alcuni sistemi in combinazione con la ricerca dell’antigene): un

eventuale risultato positivo dovrebbe però essere confermato da un test di conferma (TCCA, coltura

tossinogenica).

Protocollo diagnostico

Il protocollo prevede una FASE PRE-ANALITICA dove viene prelevato il campione delle feci che può essere:

idoneo: feci diarroiche (che assumono la forma del contenitore); non idoneo: feci formate, tampone

rettale.

Successivamente si ha il trasporto e conservazione del campione:

esso viene inviato in laboratorio entro 1 ora dall’emissione oppure conservare a +4°C per non più di 48 ore.

In laboratorio la conservazione è a -20°C (specie in presenza di ripetuti scongelamenti) compromette

l’integrità delle tossine eventualmente presenti nel campione; quest’ultimo può essere mantenuto a

temperatura ambiente senza pregiudizio per la vitalità delle spore di C. D.

Quando il campione accede al laboratorio esso deve essere in condizioni di eseguire il test sette giorni su

sette. Il tempo di risposta deve essere il più breve possibile: il risultato di un eventuale test positivo deve

essere comunicato tempestivamente al reparto e al personale addetto al controllo delle infezioni, così

come la richiesta di effettuare ulteriori controlli in caso di dubbio. 8

CURA E TERAPIA

La decisione di trattare l’infezione da C. difficile e il tipo di trattamento, dipendono dalla gravità della

malattia. Nessun trattamento è necessario se non si hanno sintomi. Tuttavia se, i sintomi si sviluppano,

alcuni dei trattamenti indicati di seguito, possono essere necessari. Se non si è già in ospedale, le persone

che hanno l’infezione lieve spesso possono essere curate a casa. Tuttavia, se l’infezione è più grave, di solito

si dovrebbe essere ricoverati in ospedale in modo che si possa essere trattati e attentamente monitorati.

Se un paziente assume un antibiotico quando i sintomi si sono presentati, il medico probabilmente

consiglierà di interrompere la terapia. Inoltre, se la diarrea è grave, dovrà essere escluso lo stato di

disidratazione.

Il 25 % circa dei pazienti migliora già due o tre giorni dopo aver interrotto l’assunzione dell’antibiotico che

ha causato l’infezione da Clostridium difficile.

Nei casi più gravi il medico può prescrivere un ciclo di 10 giorni di terapia con un antibiotico che si è

dimostrato efficace nei casi di infezione da Clostridium difficile, ad esempio il metronidazolo o la

vancomicina. I primi miglioramenti di solito si verificano già dopo 3 giorni dall’inizio della terapia, tuttavia la

diarrea può ripresentarsi temporaneamente. Un secondo cicl

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
12 pagine
SSD Scienze mediche MED/42 Igiene generale e applicata

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Nurse.d92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Igiene ed epidemiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Lucarelli Ilaria.