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Un esempio noto è quello di Apple, che ha scelto di integrare verticalmente i suoi prodotti
per sfruttare al massimo la sinergia tra hardware e software. Dall’altra parte c’è Microsoft,
che ha preferito puntare sull’integrazione tra sistema operativo e applicazioni. La strategia
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di Microsoft ci mostra che non è necessario controllare direttamente entrambi gli aspetti
della complementarità per trarne vantaggio; è sufficiente riuscire a influenzarli, anche
indirettamente. Infatti, il mercato dei browser era dominato da Netscape, ma Microsoft
sfruttando la sua posizione dominante nel mercato dei sistemi operativi riuscì a prevalere.
Nel settore del software è fondamentale comprendere gli effetti di rete, che si manifestano
in modo significativo poiché i software sono prodotti collegati alla comunicazione. Più utenti
acquistano un software, maggiore è il vantaggio per ciascun utilizzatore. Questo crea effetti
di rete diretti, dove condividere lo stesso programma facilità lo scambio di dati, ma anche
effetti indiretti: le persone tendono a scegliere il sistema operativo che supporta più
applicazioni, favorendone così ulteriormente la diffusione.
In questo contesto, le aspettative degli utenti giocano un ruolo cruciale. Spesso, infatti,
ciò che spinge le persone a scegliere un prodotto non è solo la sua popolarità attuale, ma
quella futura. I consumatori comprano il prodotto che ritengono avrà maggior successo,
mentre gli sviluppatori creano applicazioni per i sistemi che prevedono diventeranno lo
standard di riferimento (Costa, 2004, p.23).
Tutto ciò ci porta a considerare gli effetti di rete dal punto di vista delle aziende. Queste
devono decidere se rendere i loro prodotti compatibili con altri o mantenerli incompatibili.
È una scelta difficile, perché entrambe le opzioni hanno vantaggi e svantaggi. Rendere un
prodotto compatibile permette di raggiungere più utenti e sfruttare gli effetti di rete, ma allo
stesso tempo si rischia di favorire la concorrenza, dato che altri sviluppatori possono creare
prodotti simili. Dall’altra parte, mantenere l’incompatibilità può garantire una posizione
dominante sul mercato, ma si rinuncia ai vantaggi che derivano dall’espansione della rete di
utenti (Costa, 2004, p.25).
In definitiva, la scelta tra compatibilità e incompatibilità è molto importante e determinerà
la competizione tra le aziende del settore.
L’interazione tra complementarità della domanda, effetti di rete ed economie di scala
rende tipica in questi settori la diffusione di una tecnologia che riesce a catturare l’interesse
degli utenti. Nel mondo del software, si parla di “path dependence”: più una tecnologia si
diffonde, più è facile migliorarla, creando un effetto a catena che ne accelera la crescita
(Costa, 2004, p.27). 8
Un altro elemento cruciale nella competizione è il prezzo. Visto che i prodotti software
durano a lungo, un monopolista come Microsoft potrebbe adottare una strategia di prezzo
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alla Bain-Sylos Labini , fissando prezzi bassi per impedire l’ingresso di nuovi concorrenti e
massimizzare i profitti a lungo termine. Dall’altra parte, una nuova azienda potrebbe
scegliere di fissare prezzi bassi, ossia prezzi di penetrazione, per attrarre clienti e sfruttare
gli effetti di rete, con l’obbiettivo di aumentare i profitti successivamente. Tuttavia,
distinguere questa strategia dai prezzi predatori non è semplice, poiché in entrambi i casi si
vendono prodotti a un prezzo inferiore ai costi con l’intento di creare una posizione di forza
nel mercato. Le complementarità tra prodotti complicano ulteriormente la situazione: il
prezzo di un prodotto può influenzare la domanda dei prodotti collegati, ampliando le
possibili strategie competitive o predatorie. Per questo, un’analisi antitrust non può ignorare
queste complessità (Costa, 2004, p.31).
Nell’arco di 15 anni, più precisamente dal 1980 al 1995, il settore del software ha visto
una trasformazione significativa: si è passati da un modello in cui poche grandi aziende come
IBM o DEC gestivano ogni fase della produzione, ad una struttura più frammentata, con
ciascun comparto dominato da poche aziende (come Microsoft per i sistemi operativi e Intel
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per i processori). Questa struttura è stata chiamata “leadership tecnica suddivisa” (DTL) .
Nonostante la presenza di quasi-monopoli, questa nuova struttura è vista come più
competitiva rispetto a quella precedente (Costa, 2004, p.32). La competizione più rilevante
non è tra aziende che producono lo stesso tipo di prodotto, ma tra aziende che operano a
diversi livelli della catena produttiva. Queste aziende spesso devono competere tra loro
perché hanno capacità tecniche simili o perché condividono la stessa clientela. Tuttavia, per
evitare problemi che potrebbero danneggiare le vendite complessive, devono anche
cooperare tra loro (Costa, 2004, p.32).
Questo spiega la particolare dinamica di competizione e collaborazione nel settore del
software. Ad esempio, un’azienda che sviluppa un software per la scrittura deve collaborare
con Microsoft per far funzionare il proprio prodotto su Windows, ma allo stesso tempo
competere con Microsoft vendendo un software alternativo a Word (Costa, 2004, p.32).
Quando si passa dalla descrizione dei fatti alla gestione normativa, le cose si complicano.
Secondo Bresnahan (2002) le autorità antitrust devono concentrarsi su tre obbiettivi:
2 La teoria del prezzo limite è una strategia d’impresa in base alla quale un’impresa A decide la propria
quantità di produzione al punto tale da non rendere conveniente l’ingresso sul mercato ad un’impresa B
entrante.
3 La DTL è l’offerta di componenti cruciali di una piattaforma da parte di più imprese, quindi, non vi è
un’unica impresa verticalmente integrata che ha il controllo sulla direzione di una piattaforma.
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guardare oltre il breve termine, dare più importanza all’efficienza dinamica e proteggere la
leadership tecnica suddivisa (DTL). Questo significa che, per correggere gli abusi di potere,
le sanzioni più efficaci sarebbero quelle strutturali, come lo smembramento delle aziende,
che ripristinerebbero la competizione.
Nel caso di Microsoft, l’accusa principale è che abbia cercato di ridurre il grado di DTL
nel settore, rendendolo meno competitivo. Tuttavia, un approccio così rigido potrebbe
frenare l’innovazione tecnologica e proteggere i concorrenti anziché promuovere la
concorrenza. Secondo Costa (2004), viste le caratteristiche specifiche del settore,
l’obbiettivo dovrebbe essere duplice: evitare che le aziende creino ostacoli artificiali che
impediscano l’innovazione radicale e monitorare attentamente il comportamento delle
aziende dominanti, soprattutto quando il progresso tecnologico avviene in piccoli passi.
Tutta questa analisi, sull’economia del settore del software e sulla concorrenza tra le
imprese presenti nell’industria, sarà fondamentale per comprendere i prossimi capitoli, ossia
le pratiche anticoncorrenziali di Microsoft che hanno portato a procedimenti legali da parte
del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e a conseguenze rilevanti per l’intero mercato.
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2.IL CASO MICROSOFT
2.1 Pratiche commerciali abusive di Microsoft
Il confronto tra Microsoft e le autorità antitrust statunitensi inizia prima del 1998, infatti
la società di Redmond viene accusata di diversi comportamenti anticoncorrenziali ed è
importante analizzarli in quanto saranno cruciali nel capire le cause dello scoppio del caso
Microsoft.
Costa (2004) sottolinea come Microsoft finisca nel mirino dell’antitrust già nel 1990,
quando la Federal Trade Commission apre un’indagine su un possibile accordo restrittivo tra
Microsoft e IBM per la produzione e distribuzione di sistemi operativi. In particolare,
l’attenzione si concentra sul progetto congiunto di sviluppo del sistema operativo OS/2, che
solleva preoccupazioni perché vede coinvolte due aziende dominanti: Microsoft nel settore
software e IBM in quello dell’hardware (Costa, 2004, p.37).
Tuttavia, già nel 1991 diventa evidente che la collaborazione tra Microsoft e IBM è meno
solida di quanto sembri. Nei mesi successivi, IBM prosegue da sola lo sviluppo di OS/2,
mentre Microsoft, all’insaputa della sua partner, lavora su Windows, mettendo così i due
sistemi operativi in diretta concorrenza (Costa, 2004, p.37).
Con l’emergere di pratiche commerciali aggressive da parte di Microsoft e le denunce da
parte di altre aziende del settore, le accuse si spostano dalla presunta collaborazione
restrittiva all’accusa di monopolizzazione. Microsoft viene accusata di aver messo in atto
diverse strategie anticoncorrenziali.
La prima accusa riguarda la pratica del “vaporware” nei confronti del rivale Novell:
Microsoft avrebbe annunciato il lancio imminente di un prodotto più avanzato, ancora in
fase di sviluppo, con l’intento di convincere i consumatori ad aspettare il proprio software,
ritardando così l’acquisto di quello concorrente.
La seconda accusa si focalizza sugli sconti offerti da Microsoft a chi acquistava, insieme
a Windows, anche altri software prodotti dall’azienda, come Word o Excel. Questo
suggerisce che Microsoft voleva estendere il proprio potere monopolistico dal settore dei
sistemi operativi al settore delle applicazioni. 11
Collegata a questa è una terza accusa: i programmi come Word ed Excel utilizzavano
codici API di Windows che Microsoft teneva nascosti agli altri sviluppatori, impedendo ai
concorrenti di creare applicazioni con prestazioni simili (Costa, 2004, p.38).
Infine, l’ultima accusa riguarda la strategia di sconti offerti ai produttori hardware,
rafforzando così l’idea che Microsoft stesse abusando della sua posizione dominante per
ostacolare la concorrenza. Praticamente, Microsoft offriva licenze ai produttori hardware per
installare Windows sui nuovi computer, ma ad una condizione vantaggiosa: se avessero
acquistato un numero di copie pari al numero di processori prodotti, avrebbero potuto
ottenere uno sconto. Altrimenti, il prezzo per singola copia sarebbe stato troppo alto da
sostenere (Costa, 2004, p.38).
L’indagine della FTC proseguì fino a febbraio 1993, senza però arrivare a un accordo su
come procedere contro Microsoft. Sotto la pressione del Congresso, intervenne allora il
Dipartimento di Giustizia (DOJ), che riprese le accuse mosse dalla Federal Trade
Commission. Costa (2004) spiega che, per evitare un lungo e rischioso processo, Microsoft
cercò di trovare un