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CAPITOLO 2. LA NORMATIVA SUI BES
BES è l’acronimo di Bisogni Educativi Speciali: in questo modo, si individuano tutti quei
bambini e quei ragazzi che vivono una condizione di svantaggio scolastico. Si tratta di bambini
e ragazzi con esigenze di apprendimento speciali, permanenti o temporanee, che nascono per
una varietà di ragioni diverse: differenze culturali e linguistiche, svantaggi di natura sociale o
culturale, disturbi specifici di apprendimento e di tipo evolutivo, una disabilità fisica o mentale.
Di conseguenza, bambini e ragazzi identificati come BES devono essere appositamente tutelati
dalle istituzioni scolastiche con appropriati interventi educativi. In sintesi, si può parlare di
Bisogni Educativi Speciali quando gli allievi non rispondono nella maniera attesa al curricolo
e non riescono ad affrontare il normale ambiente di classe senza un aiuto esterno aggiuntivo.
Si può affermare che ciascun alunno abbia dei “bisogni educativi”, che la scuola deve
soddisfare. Ma perché alcuni bisogni educativi vengono definiti “speciali”?
‹‹Ciascun alunno può vivere, in modo permanente o in un particolare momento, una
situazione che rende difficoltoso, ostacola e rallenta il suo apprendimento, la sua
partecipazione e quindi la possibilità di raggiungere – al pari degli altri – il proprio
successo formativo. Può trattarsi di una situazione certificata da una diagnosi
medica che evidenzia una disabilità, un deficit cognitivo o una sindrome ma anche
di una situazione personale, familiare culturale o sociale che crea all’alunno uno
svantaggio. Il “Bisogno educativo speciale” non è un’etichetta, un marchio o –
peggio – un comodo scudo da applicare ad alunni problematici perché disabili o
“difficili”: piuttosto si tratta di una condizione in cui qualsiasi alunno può trovarsi 11
e che va individuata, soddisfatta e risolta attraverso interventi educativi mirati e
4
opportunamente calibrati sul soggetto che apprende. ››
La sensibilità nei confronti dei Bisogni Educativi Speciali nasce anche dall’esigenza di dare
una risposta efficace sul versante didattico all’apprendimento, prendendo in considerazione
l’insieme delle difficoltà in cui gli alunni possono imbattersi. Meritano attenzione le difficoltà
di apprendimento e diventa una priorità definire le diverse tipologie di Bisogno Educativi
Speciali da affrontare con strategie didattiche differenti e personalizzate.
Con la Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con
bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica” l’interesse
dell’opinione pubblica nei confronti dei Bisogni Educativi Speciali è cresciuto enormemente
in Italia. In realtà, la tematica non è così recente come potrebbe sembrare: già la Legge 53/2003
sancisce il principio della personalizzazione dell’insegnamento e la Legge 170/2010 garantisce
e tutela il diritto allo studio a tutti gli individui con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (noti
anche con l’acronimo di DSA). La Direttiva ministeriale del 2012 approfondisce e completa le
leggi precedenti, ampliando il campo di applicazione di una didattica inclusiva e personalizzata
e inserendo nei BES anche quelle difficoltà di apprendimento che non sono certificabili.
Questo riconoscimento estende a tutti gli studenti che presentano difficoltà nell’apprendimento
il diritto a ricevere una didattica personalizzata, così come previsto dalla Legge 53/2003. Infatti,
la discriminazione tradizionale tra alunni con disabilità e alunni senza disabilità non rispecchia
4 Addesso C.A., Grandone S., Bisogni Educativi Speciali (BES), Guida alla dimensione inclusiva, Maggiori
Editore, Santarcangelo di Romagna 2015, p. 9. 12
la complessa realtà delle classi, in cui ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale
attenzione per una varietà di ragioni, al di là della presenza di deficit certificati.
Con la Direttiva del 27 dicembre 2012 il Ministero ha recepito dalla pedagogia
5
anglosassone il più generale profilo dei Bisogni Educativi Speciali per la programmazione
degli interventi a favore degli studenti con problemi scolastici. La Direttiva definisce i BES
affermando che:
‹‹ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare dei bisogni
che emergono per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici,
6
sociali. ››
Secondo la Direttiva, le categorie degli studenti con BES comprendono:
gli studenti con disabilità, per il riconoscimento dei quali è richiesta la presentazione di
un’apposita certificazione;
gli studenti con DSA (che sono un caso particolare dei Disturbi Evolutivi Specifici);
gli studenti con svantaggio sociale, culturale e linguistico.
5 Nel Regno Unito nello “Special Educational Needs and Disability Act” del 2001 “I bambini hanno dei bisogni
educativi speciali se presentano delle difficoltà di apprendimento che richiedano interventi personalizzati di
educazione speciale.
6 Cfr. Barbuto E. e Mariani G., Avvertenze Generali per tutte le classi di concorso di ogni ordine e grado,
Competenze pedagogiche e didattiche, Ordinamento del sistema istruzione, EdiSES, Napoli 2016, p. 451. 13
Gli studenti con disabilità sono quelli che possono beneficiare delle disposizioni previste dalla
L. 104/1992, tra cui l’assegnazione di un docente di sostegno, che ha il compito di sostenere
l’apprendimento dello studente. Gli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento
possono beneficiare delle disposizioni della L. 170/2010. Gli studenti con altri Disturbi
Evolutivi Specifici presentano in primis disturbi del linguaggio e/o disturbi delle abilità
7
motorie; in questa categoria rientrano anche quegli studenti con disturbi ipercinetici , con forme
8
lievi di autismo e con disturbi come il funzionamento intellettivo limite. Infine, c’è la categoria
dello svantaggio socio-economico, linguistico e culturale, che comprende gli studenti che
vivono in un ambiente familiare e sociale problematico, che vivono uno stato di deprivazione
culturale o che hanno difficoltà dovute alla non conoscenza della lingua italiana e
9
all’appartenenza ad un’altra cultura .
Nei casi di disabilità o di DSA sono richieste diagnosi e certificazioni. Per tutti gli altri casi
sono gli stessi insegnanti ad identificare, sulla base di analisi didattiche e pedagogiche,
eventuali bisogni educativi speciali. Le considerazioni dei docenti avvengono sulla base del
concetto educativo e di apprendimento stabilito dal modello ICF (International Classification
of Functioning) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La scuola ha il compito di
adoperare metodologie e strumenti che possano garantire il successo formativo anche per questi
alunni. Quindi, la Direttiva stabilisce che l’approccio da adottare nei confronti di un Bisogno
Educativo Speciale non può essere solo clinico, ma deve essere anche educativo.
Il paragrafo 1.3 della Direttiva è dedicato agli alunni con deficit da disturbo dell'attenzione
e dell'iperattività (ADHD- Attention Deficit Hyperactivity Disorder) il cui numero viene
7 I disturbi ipercinetici sarebbero evolutivi perché hanno origine nell’età evolutiva, ma nella classificazione ICD-
10 sono considerati disturbi comportamentali.
8 Le forme lievi di autismo sono classificate nell’ICD-10 come disturbi globali e non specifici.
9 Cfr. Barbuto E. e Mariani G., Avvertenze Generali per tutte le classi di concorso di ogni ordine e grado,
Competenze pedagogiche e didattiche, Ordinamento del sistema istruzione, EdiSES, Napoli 2016, p. 451. 14
stimato intorno agli 80.000 e che viene spesso associato ad un DSA o a disturbi dell’età
evolutiva. Questo disturbo ha una causa neurobiologica e i soggetti che ne sono affetti hanno
difficoltà di pianificazione e di apprendimento, oltre che difficoltà nella socializzazione con i
coetanei. Per questi alunni se vi è anche la certificazione di disabilità scatta il diritto al sostegno,
se invece manca tale certificazione essi hanno comunque diritto ad avere le garanzie della L.
170/10. Generalmente, il percorso più efficace è quello che prevede un’attiva collaborazione
fra famiglia, scuola e clinica.
Inoltre, la Direttiva spiega in modo incisivo il concetto di inclusione scolastica, ossia il
processo attraverso il quale la scuola diventa un ambiente che risponde ai bisogni di tutti i
bambini, in particolare quelli con Bisogni Educativi Speciali. Tutti gli alunni hanno diritto di
sviluppare le loro potenzialità, usufruendo dei percorsi scolastici e formativi. 15
CAPITOLO 3. L’INCLUSIONE SCOLASTICA
Prima di analizzare il concetto di inclusione, è necessario soffermarsi su altri concetti
chiave: l’esclusione, la segregazione, l’inserimento e l’integrazione.
L’esclusione si verifica quando il soggetto con difficoltà (non necessariamente disabile)
viene escluso da ogni pratica educativa. Questa situazione nel sistema scolastico italiano si è
protratta fino al ventennio fascista.
La segregazione prevede che i soggetti in difficoltà possano prendere parte alle attività
didattiche in contesti distinti da quelli degli altri studenti e con modalità differenti. Dunque,
soggetti con difficoltà o disabilità devono avere “scuole speciali” e “classi speciali”, con una
didattica pensata appositamente per loro da docenti qualificati. La C.M. n 1771/12 dell’11
marzo 1953 delineava un sistema che distingueva tra classi speciali per minorati e scuole di
differenziazione da un lato, e classi differenziali dall’altro:
‹‹Le classi speciali per minorati e quelle di differenziazione didattica sono istituti
scolastici nei quali viene impartito l’insegnamento elementare ai fanciulli aventi
determinate minorazioni fisiche o psichiche ed istituti nei quali vengono adottati
speciali metodi didattici per l’insegnamento ai ragazzi anormali, es. scuole
Montessori. Le classi differenziali, invece, non sono istituti scolastici a sé stanti,
ma funzionano presso le comuni scuole elementari ed accolgono gli alunni nervosi,
tardivi, instabili, i quali rivelano l’inadattabilità alla disciplina comune e ai normali 16
metodi e ritmi d’insegnamento e possono raggiungere un livello migliore solo se
10
l’insegnamento viene ad essi impartito con modi e forme particolari. ››
La segregazione è stata superata dalla logica dell’inserimento. In Italia l’inserimento degli
alunni disabili