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Già nel ’68 nella scuola materna statale, e poi nel ’70 nelle
elementari, con le classi di “rotazione”, si sono avuti i primi
tentativi di inserire alunni svantaggiati in sezioni normali.
Nel 1971 il parlamento italiano emanò la legge n.118 in
favore degli invalidi e mutilati civili. In essa, si leggeva, tra
l’altro, che per gli “irregolari psichici” e per gli
“insufficienti mentali” l’istruzione obbligatoria doveva
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avvenire nelle classi normali della scuola pubblica a meno
che le deficienze intellettive o le menomazioni fisiche non
fossero tali da non permetterlo. Il 21 dicembre dello stesso
anno, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
promulgava la “Dichiarazione dei diritti degli handicappati
mentali”. Nel 1975, con la Circolare n.227, il M. della P.I.
previde, sia pure in via sperimentale, l’inserimento nelle
scuole materne, elementari e medie degli alunni in difficoltà
di apprendimento o di adattamento affetti da disturbi fisici e
psichici. Ma la legge che recepiva a pieno le istanze della
società sull’argomento è stata la n.517/77; essa sanciva
altresì, il diritto allo studio di tutti i bambini “handicappati e
“normodotati”, con l’obbligo da parte della scuola di
rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono il pieno
sviluppo della persona umana, nel rispetto dell’art.3 della
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nostra Costituzione. Questa legge, innovativa a tutti gli
effetti, almeno sul piano normativo risolveva il problema
degli handicappati istituzionalizzando la figura
dell’insegnante di sostegno, ma solo per la scuola
elementare e media, non tenendo presente che già precedenti
Circolari Ministeriali avevano previsto forme di sostegno
anche per la scuola materna, per l’inserimento precoce dei
bambini handicappati. Solo la legge n.270/82 risolveva il
problema prevedendo l’insegnante di sostegno anche per la
scuola materna. La presenza dell’insegnante di sostegno
nella scuola materna è particolarmente importante in quanto
intervenire tempestivamente nei casi di svantaggio, è di
primaria importanza; infatti proprio a livello di scuola
materna si è constatato, per il bambino proveniente da ceti
meno abbienti, un “deficit iniziale” già abbastanza
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consolidato al terzo anno di età. Il bambino in situazioni di
handicap ha bisogno, inoltre, di tempi lunghi, di materiale
apposito e di metodologie adeguate. Ne consegue che, già
nella scuola materna, si deve programmare e attuare per lui
un’azione educativa compensativa ed individualizzata;
precocemente un’azione di recupero. Con la
iniziando, così,
legge n.517/77 non si colmarono, però, le molte lacune sul
piano dell’assistenza socio-sanitaria, per il recupero
riabilitativo del soggetto portatore di handicap. Queste
Programmi dell‘85,
furono affrontate, più avanti, dai Nuovi
e, poi, definitivamente colmate dalla legge Quadro n.104/92
prima, e dal Testo Unico del ’94, poi. Nella Premessa ai
Nuovi Programmi dell’85, si stabilisce che il diritto
all’istruzione, specialmente quella obbligatoria, non deve
essere ostacolato dalle difficoltà di apprendimento che
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l’alunno può presentare, derivanti sia da svantaggi che da
handicaps. Nei Nuovi Programmi dell’85, viene affermato
anche che per l’integrazione di alunni portatori di handicap
nella scuola, specialmente se gravi, più che la
“certificazione medica” è importante che la scuola abbia la
possibilità di affrontare il processo educativo e didattico
sulla base di una “diagnosi funzionale”, disposta dai servizi
specialistici. Questa “diagnosi funzionale” deve mettere in
evidenza le difficoltà di apprendimento del fanciullo
handicappato e le sue possibilità di recupero, specificando le
capacità che sono già in suo possesso, in modo da
sostenerle, sollecitarle e, man mano, rafforzarle e
svilupparle. Gli insegnanti devono saper capire
scientificamente la situazione, interpretare i sintomi,
individuare le capacità e gli effettivi limiti del fanciullo, in
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modo che si possa intervenire iniziando una corretta azione
di recupero e, come si afferma nella Premessa ai Nuovi
dell’85, “partire dalle diversità per realizzare le
Programmi
uguaglianze”, per evitare, così, che queste diventino, più
avanti, un alibi per discriminazioni di carattere sociale.
Questo principio viene messo in rilievo anche in uno degli
articoli della legge Quadro n.104/92. Questa legge
sull’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate, stabilisce che non è importante solo la
socializzazione del soggetto disabile, ma il suo pieno
sviluppo, limitatamente alle sue potenzialità. Ciò deve
avvenire avvalendosi dell’aiuto dell’insegnante di sostegno
e delle altre strutture sociali e sanitarie che ruotano intorno
alla scuola. Tale normativa chiarisce e riorganizza quelle
precedenti ed è un testo unico sui diritti degli handicappati
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al quale devono ispirarsi le Regioni, le Province e i Comuni
nell’emanazione dei regolamenti applicativi; inoltre,
prevede che l’organizzazione e il funzionamento delle
strutture sociali e scolastiche siano adeguate al soggetto con
handicap e non viceversa come accadeva nel passato;
prevede anche un rapporto continuo di scambi di idee tra
genitori ed educatori e, ancora, l’adeguamento delle
strutture, dei contenuti e dei metodi didattici, in modo da
rendere l’organizzazione scolastica flessibile al suo interno e
al mondo esterno. L’art.3 di questa legge prevede
coordinata
la Diagnosi Funzionale che va fatta in cooperazione tra
scuola società e sanità; essa considera l’handicap e individua
gli ostacoli che impediscono al soggetto di sviluppare le
proprie capacità; va ripetuta nel tempo per potersi rapportare
alle mutate esigenze. Segue, previsto dall’art.12, il Profilo
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