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ALUNNI CON BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI

Una questione di parole: si dice integrazione o inclusione?

In passato, si utilizzava il termine integrazione; mentre

attualmente si utilizza il termine inclusione:

- Integrazione: inserimento in contesti di persone con

disabilità, abbattimento delle barriere personali, sociali,

politiche (bambini che non possono andare a scuola perché manca l’insegnante di sostegno) e

architettoniche (fisiche, più visibili) che impediscono la partecipazione attiva.

- Inclusione (termine più ampio): non si fa riferimento alla disabilità, ma si fa riferimento

all’unicità di tutte le persone che vengono incluse in un qualsiasi contesto (Ad esempio, includere

tutti gli studenti a partecipare ad una lezione: non solo con BES, ma tutti gli studenti). Tale

termine ci permette di parlare di tutti gli alunni poiché tutti gli alunni, in un certo momento della

loro esperienza scolastica, possono sentirsi in una situazione di bisogno (tutti possiamo essere

alunni con BES). Si tratta di un percorso che è iniziato negli anni ’60.

Si tratta di un percorso che si situa nei movimenti del

1960, periodo in cui si avvertiva il bisogno di una

maggior equità tra le persone. A tal proposito, Don

Milani ha dato un significativo contributo. Nel 1977 è

stato redatto un documento ufficiale da parte della

ministra Falcucci la quale ha fatto passare la legge

che segnala l’inizio dell’integrazione scolastica.

Successivamente, è stata redatta la legge Basaglia che

ha evidenziato la necessità di attivare progetti di

inclusione per persone che non potevano rimanere

rinchiuse per tutta la vita in un istituto. Nel 1992 è passata la legge 104 che è una legge sulla segnalazione

e valutazione di alunni e persone con disabilità psicomotorie e riguarda tutte le persone che presentano

una disabilità, non solo gli alunni. Nel 2009 c’è stata la convenzione ONU per i diritti delle persone

con disabilità, ma come agire per favorire l’inclusione di alunni con diverse tipologie di difficoltà? A

seguito di questa domanda, è stata redatta dallo Stato la legge 170 sui DSA approvata l’8 ottobre 2010.

Pur con alcuni limiti, la legge aveva il ruolo importantissimo di riconoscere e tutelare i casi di DSA e

determinava una grossa svolta per il campo, non lasciandolo più alla discrezionalità di persone di buona

volontà, ma obbligando servizi socio-sanitari e scuole a farsi carico degli studenti con DSA. Fra i limiti

della legge vi era quello di creare, combinata con la legge 104 dedicata prevalentemente all’handicap,

mondi separati e protetti per specifiche casistiche, lasciando da parte altre casistiche estremamente

problematiche che finivano in qualche modo trascurate o fatte rientrare nell’ambito dell’handicap o dei

DSA. Infine, nel 2012-2013 sono state emanate due circolari dal Miur che hanno fatto cambiare il nome

al corso in questione e hanno cambiato il percorso dell’inclusione scolastica.

Il nostro modello di inclusione scolastica è stato assunto quale punto di riferimento per le politiche di

inclusione in Europa e mirava a rendere il sistema di istruzione italiano un luogo di conoscenza,

sviluppo e socializzazione per tutti, quindi inclusivo piuttosto che selettivo. L’Italia, ma anche la Grecia,

ha iniziato per prima a creare delle scuole sul modello inclusivo. Inoltre, anche i paesi del Mediterraneo,

hanno messo in atto tale organizzazione che richiede l’inclusione scolastica.

Ad esempio, fino a un decennio fa, gli alunni con autismo frequentavano le classi di bambini con autismo

perché era più facile riuscire ad organizzare delle attività specifiche per loro così da avere un

programma speciale e acquisire le conoscenze adeguate; mentre è più difficile organizzare un

programma per un bambino con autismo in una classe di bambini senza autismo; ma, d’altra parte, si

può far applicare una metodologia di inclusione sulle abilità sociali non solo per gli autistici, ma anche

per gli altri ragazzi.

Come è stato evidenziato da molti documenti, e in particolare dalla direttiva ministeriale del 27 dicembre

2013, molte sono le ragioni per cui uno studente può fallire a scuola e molti sono i profili sottostanti. I

profili fondamentali che potrebbero sottostare ad una difficoltà scolastica importante sono i seguenti:

- Condizione di handicap (mentale, sensoriale visivo, sensoriale uditivo, multiplo)

- Disturbo specifico di apprendimento

- Disturbi specifici collegati: ADHD e altre problematiche evolutive severe (autismo ad alto

funzionamento, disturbi del comportamento, problematiche emotive gravi)

- Funzionamento intellettivo limite

- Svantaggio socioculturale grave (condizioni di deprivazione precoce, appartenenza a gruppi

svantaggiati e/o stranieri)

- Difficoltà scolastiche in altre aree scolastiche rilevanti, quali comprensione del testo, espressione

scritta e apprendimento matematico, lingua straniera, abilità trasversali di studio etc.

Inoltre, non sempre i confini fra una categoria e l’altra sono evidenti (Ad esempio, caso del

funzionamento intellettivo limite); un’altra problematica può essere compresente, senza la possibilità

di stabilire in modo inequivocabile che l’una è la conseguenza dell’altra (Ad esempio, caso del

disturbo d’attenzione); vi sono problematiche che, pur essendo distinguibili dal vero e proprio DSA,

ne condividono alcune caratteristiche al punto che anche per esse si è parlato di disturbo di

apprendimento (Ad esempio, il disturbo non verbale); procedure diagnostiche e strategie di

intervento possono essere simili indipendentemente dal fatto che le eziologie sono differenti (Ad

esempio, il caso dei disturbi specifici della comprensione e dell’handicap uditivo) e sono tenui i confini

tra i classici disturbi specifici di apprendimento, quali dislessia, disortografia e discalculia e altri

disturbi, quali la disgrafia o difficoltà severe nella comprensione del testo e nell’espressione scritta al

punto che vari sistemi includono l’uno o le altre all’interno dei DSA.

I livelli di integrazione scolastica (Deno, 1970)

- Livello 1: frequenza di classi comuni di bambini speciali con o senza aiuto (tutti gli alunni sono

nella stessa classe senza aiuti o programmi individualizzati)

- Livello 2: frequenza di classi regolari con istruzioni e servizi aggiuntivi forniti dai servizi

- Livello 3: frequenza di classi speciali part-time

- Livello 4: frequenza di classi speciali per la maggior parte del tempo

- Livello 5: frequenza di classi speciali a tempo pieno

- Livello 6: frequenza di scuole speciali pubbliche

- Livello 7: istruzione in ospedali, istituti e case di cura

Esistono vari gradi di integrazione, non c’è tutto o nulla! Stiamo parlando degli anni 1970-1975 in cui

la ministra Falcucci descrive l’obiettivo di

integrazione scolastica.

! Da notare il termine handicappato che oggi è

stato sostituito.

Fino ad allora non esistevano gli insegnanti

di sostegno e solo dopo questa legge sono

stati creati i programmi individualizzati.

La sfida è quella di far entrare i bambini

con difficoltà nelle classi degli alunni

insieme agli insegnanti di sostegno, cosa

che prima non era possibile.

È, dunque, importante avere cura:

- Costruire l’identità a partire dalle fragilità: la fragilità deve essere messa al centro e non al limite

- La centralità della fragilità all’interno della convivenza

- Insegnare che le fragilità sono “sopportabili”

- Costruire le politiche a partire dal diritto del fragile

- Evitare la trappola degli specialismi che ci fanno prendere le distanze attraverso la separazione

(c’è un dovere del sapere): “io mi occupo di questo, quindi non mi parlate di altro”

- Il “merito” è un debito nei confronti degli altri: se sei più bravo hai la fortuna di poter fare

qualcosa di più per gli altri

Le difficoltà di un alunno possono essere un’esperienza educativa e di crescita per tutti. È

importante pensare a quanto impariamo se nella nostra classe arriva un bambino straniero con una nuova

cultura e una lingua tutta da scoprire o un bambino che fatica a rispettare le regole (ci aiuta ad imparare a

rispettare le regole della classe e a comunicare in modo adeguato e migliore). Si tratta di sfide e

scommesse da affrontare. Spesso si parla di specialità, particolarità al

posto di diversità. A volte per riuscire a fare un

programma speciale si può pensare che nelle

scuole TUTTI abbiamo dei bisogni speciali: per

un gruppo si può pensare ad un’azione e per un

altro ad un'altra azione. In particolare, trovare

azioni che cerchino di rispondere ai bisogni speciali e metterle in atto ci mette tutti sullo stesso piano. Si

tratta di un equilibrio difficile da raggiungere poiché bisogna bilanciare le risposte personali e

individualizzate con le rispose che vanno bene per tutti: come posso personalizzare? Si tratta di una

domanda che si pongono spesso le insegnanti. Il rischio è che si deve insegnare solo ad un bambino e non

all’intera classe. Pertanto, uno degli obiettivi su cui bisogna lavorare è proprio questo, ovvero come

personalizzare (Ad esempio, far accettare a Filippo l’uso della calcolatrice e anche all’intera classe: una

volta raggiunto questo obiettivo questo rimarrà). Ci sono tanti punti interrogativi:

come fare in modo che la

personalizzazione sia adeguata

al bisogno di quel ragazzo o di

quel gruppo di ragazzi? Ad un

estremo troviamo “ignorare”

(dare risposte uguali per tutti senza individualizzare) e all’altro troviamo “riconoscere” (risposte speciali

per quell’alunno). Si tratta di estremi che sono esagerati. Domande frequenti:

- Quale rapporto tra docenti curricolari/di sostegno?

- Percorsi di classe/percorsi individualizzati/di gruppo?

- Progetti straordinari/quotidianità?

- Dentro/fuori la classe?

- Obiettivi uguali/risultati diversi?

Non si tratta di domande a cui è facile dare una risposta e spesso ci si scontra con opinioni personali.

I principi-chiave dell’inclusione

1. Accettare la diversità: la diversità è una caratteristica essenziale della condizione umana

2. Assicurare la partecipazione attiva: l’inclusione non vuol dire assicurare un posto in classe.

Essere inclusivi richiede uno sforzo continuo che assicuri una partecipazione attiva dell’alunno

nell’ambito pedagogico e sociale

3. Sviluppare pratiche di collaborazione: l’inclusione è un processo continuo che richiede il

supporto di tutti gli interessati

4. Immaginare una scuola diversa: una scuola inclu

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
13 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher SharonBignami di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dei disturbi e del comportamento e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Marzocchi Gian Marco.