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Intorno al 1935, grazie agli studi teorici condotti sul calcestruzzo a partire

dagli anni 20 del 900 e alle innovazioni nelle modalità di getto e posa in

opera si è arrivati a definire quello che viene comunemente chiamato come

“calcestruzzo moderno”. La granulometria degli inerti era ormai studiata

accuratamente, le dimensioni massime non superavano i 150 mm per le

dighe a gravità massicce e i 100 mm per le opere più snelle. Le scelte dei

cementi ricadevano nei già noti cementi Portland, pozzolanici, ferrici, ferrici-

pozzolanici. I dosaggi, di conseguenza anche il rapporto acqua/cemento

veniva definito in funzione delle resistenze richieste dalla struttura e dalla

modalità di posa in opera scelta. Per le dighe di questo periodo solitamente

i dosaggi erano di 200 kg/m^3; 250 kg/m^3 e più raramente si

raggiungevano i 300 kg/m^3. L’innovazione portata dai vibratori a

immersione portò ad un’eliminazione sostanziale delle cavità, una migliore

compattezza dei getti e di conseguenza, migliori resistenze meccaniche,

impermeabilità e resistenza al gelo.

Arrivando al secondo dopoguerra, grazie al sempre maggiore uso dei

sistemi di vibrazione del calcestruzzo, e degli additivi fluidificanti si è arrivati

ad un ulteriore riduzione del dosaggio di acqua nell’impasto, quindi ad una

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riduzione del rapporto acqua/cemento e di conseguenza di un notevole

aumento della qualità del calcestruzzo. Ulteriori studi e avanzamenti

vennero fatti nel campo della granulometria degli inerti, ove hanno visto la

luce molte curve granulometriche con l’individuazione di specifiche

composizioni adatte al tipo di aggregati disponibili. In Italia, nel 1959 venne

emanato un nuovo regolamento per la progettazione, costruzione ed

esercizio degli sbarramenti di ritenuta, ma fu soltanto nel 1982 che vennero

varate delle norme tecniche che facevano riferimento a specifici limiti di

compattezza, omogeneità, resistenza meccanica e durabilità con

riferimento all’azione delle acque, alle condizioni atmosferiche e ambientali.

Dagli anni 70 in poi, a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio, aumenta

l’utilizzo del carbone nelle centrali termoelettriche. La cenere di carbone

viene quindi aggiunta nei cementi pozzolanici come sostituto “artificiale”

della pozzolana. La forma sferica delle particelle di cenere e la superficie

non porosa consentono un miglioramento della lavorabilità (maggiore

coesione e plasticità) degli impasti rispetto a quelli con pozzolana naturale,

oltre a garantire, nel prodotto indurito, una maggiore resistenza meccanica

a compressione. La maggiore lavorabilità è dovuta ad una maggiore

scorrevolezza delle particelle, le quali, funzionano come le sferette di un

cuscinetto, riducendo l’attrito tra gli aggregati e le altre particelle

dell’impasto. Inoltre, la superficie non porosa delle particelle di cenere

impedisce l’assorbimento di acqua, favorendo una maggiore presenza di

acqua libera nell’impasto che permette una migliore gestione del materiale.

L’aumento della lavorabilità del calcestruzzo a parità di resistenze

meccaniche, impermeabilità e fessurazioni diventa un tema centrale a

partire dagli anni 80-90, ove, grazie ai continui sviluppi nella scienza dei

materiali e nella chimica del cemento, diventa pratica comune l’utilizzo di

aditivi super fluidificanti che rivoluzionano in maniera sostanziale la tecnica

e la progettazione delle grandi dighe in calcestruzzo. In perfetta

connessione con gli additivi ora citati, si segnala l’avvento, negli stessi anni,

oltre alla già citata cenere di carbone negli impasti, anche del fumo di silice.

Si tratta di un materiale pozzolanico, la cui purezza composizionale e le cui

caratteristiche di finezza lo rendono particolarmente efficace (con l’aggiunta

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di additivi super fluidificanti) per migliorare la durabilità del calcestruzzo.

(Berra, 2012)

Una particolare menzione va fatta al calcestruzzo rullato compattato RCC

(Rolled Compatted Concrete), che è definito dalla normativa come “un

conglomerato composto da aggregati, acqua e leganti, posto in opera per

strati continui di spessore generalmente previsto di 30 cm, come nei rilevati

e compattato con rulli vibranti. Il legante è generalmente costituito da

cemento Portland o pozzolanico e ceneri volanti o materiali pozzolanici. La

dose minima di legante per il corpo diga non può essere inferiore a 150

kg/m3 e il diametro massimo degli aggregati è generalmente inferiore a 100

mm.” (trasporti, DECRETO 26 giugno 2014)

La composizione del calcestruzzo RCC a livello di componenti non si

discosta dal calcestruzzo tradizionale, ciò che fa la differenza è il loro

rapporto. Si ha infatti una parziale sostituzione del cemento con la polvere

di cenere di carbone o pozzolana (entrambe costituite in prevalenza dagli

stessi elementi: silice, allumina, ossido di ferro), in alcuni casi la quantità di

polvere di cenere è doppia rispetto al cemento. Questo rappresenta un

grosso vantaggio rispetto alle dighe in calcestruzzo convenzionale, in

quanto la polvere di cenere di carbone (sottoprodotto della combustione del

carbone polverizzato nelle centrali termoelettriche) ha un costo più basso

del cemento e soprattutto produce minore calore di idratazione, di

conseguenza il carico termico nei getti massivi diminuisce e allo stesso

modo le tensioni dovute allo stress termico, quindi le fessurazioni. Il

calcestruzzo RCC è un calcestruzzo molto compatto (0 slump) che viene

messo in opera a strati continui di 30cm (come specificato da normativa) e

subito trattato con rulli vibranti e compattato. Il suo utilizzo è fortemente

influenzato dalla presenza o meno, nella zona di interesse, di pozzolana o

polveri di cenere di carbone, ma anche di un buon terreno di fondazione

della struttura e di disponibilità di aggregati nei pressi della costruzione.

Come già accennato, l’uso del calcestruzzo RCC nasce in Italia con la

costruzione della diga di Alpe Gera (1961-1964), è poi stato ripreso negli

stati uniti nella Willow Creeck Dam negli anni ’80 e da allora ha conosciuto

un forte sviluppo, tanto che al 2010 si contavano 450 dighe costruite con

tecnologia RCC. (Warren, 2011) 37

L’invenzione della tecnologia RCC ha avuto un notevole successo dalla sua

invenzione, nonostante abbia permesso di ovviare in parte al problema delle

fessurazioni di natura termica, queste rimanevano comunque un problema

non trascurabile. Così, nel 2003 presso la Tsinghua University of China,

venne inventato un nuovo tipo di materiale cementizio per la costruzione

delle dighe, denominato Rock filled concrete “RFC”. Concettualmente,

l'RFC è costruito versando calcestruzzo auto compattante ad alte

prestazioni (HSCC) in un insieme di grandi rocce. L’uso di grandi rocce

porta ad avere alcuni vantaggi, come la minore quantità di cemento

presente nel getto. Questo, consequenzialmente, porta ad un sostanziale

abbassamento del calore di idratazione e ad una riduzione del fenomeno

del ritiro. L’impiego di un calcestruzzo autocompattante porta

all’eliminazione della necessità del calcestruzzo di essere vibrato e rullato

per la compattazione, al contrario di quanto avviene per la tecnologia RCC.

Le statistiche dei progetti pratici di dighe dimostrano che il prezzo unitario

complessivo di una diga RFC è inferiore del 10%-30% rispetto a quello di

una diga in calcestruzzo convenzionale o di una diga in calcestruzzo

compattato a rulli. (Feng Jin, 2023) Questo dato è tuttavia sensibilmente

variabile in base alla naturale disponibilità di grandi rocce nei pressi del sito

di costruzione, in quanto, in caso non fossero disponibili, il risparmio

verrebbe parzialmente compensato dal filone di trasporti delle rocce dalle

cave al sito di costruzione, come già successo per le dighe in calcestruzzo

ciclopico precedentemente menzionate.

L’università ha anche condotto una serie di studi sul ciclo di vita delle dighe

in calcestruzzo convenzionali e delle dighe in RFC, da ciò è emerso che

RFC riduce le emissioni di anidride carbonica (CO2) del 72% nella

produzione dei materiali, del 25% nel trasporto, del 51% nella costruzione

e del 15,6% nella fase di funzionamento e manutenzione. Al 2023 più di 130

dighe in RFC sono state costruite e più di 30 erano in fase di costruzione in

Cina. (Feng Jin, 2023) 38

Figura 20 Evoluzione nel tempo delle tipologie di calcestruzzo delle dighe in Italia, a confronto con la

ripartizione storica dei periodi di costruzione (Berra, 2012)

Ad oggi il “Decreto ministeriale del 26 Giugno 2014-Norme tecniche per la

progettazione e la costruzione degli sbarramenti di ritenuta (dighe e

traverse)” afferma che:

“Le caratteristiche dei componenti, la distribuzione granulometrica e la

dimensione massima degli aggregati, la dose di cemento, il rapporto acqua-

cemento, la specie e la dose di eventuali additivi, il procedimento di

confezione, trasporto, posa in opera e compattazione dovranno conferire al

calcestruzzo i migliori requisiti di omogeneità, compattezza, tenuta

idraulica, resistenza meccanica e durabilità, con particolare riferimento

all’azione del gelo, all’azione chimica dell’acqua del serbatoio ed all’azione

degli agenti atmosferici.

Per la confezione del calcestruzzo ordinario sarà adoperato cemento della

composizione più opportuna sia per la resistenza meccanica a lunga

maturazione, sia per lo sviluppo del calore di idratazione, per il ritiro e per

la resistenza all’aggressione chimica. In linea generale sono da preferire

cementi pozzolanici a basso calore di idratazione, a lenta presa e lento

incremento della resistenza.” (trasporti, DECRETO 26 giugno 2014)

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7 METODI DI COSTRUZIONE

Una volta descritte le generalità storica e tecnica delle varie tipologie di

dighe e l’evoluzione storico-tecnologica dei cementi, quindi dei calcestruzzi

in esse utilizzati, si introduce quella che è stata l’attività sperimentale svolta

dal sottoscritto con l’aiuto di Unical.

Per prima cosa, andando ad indagare quelle che sono state le principali

dighe Italiane e non realizzate nella seconda metà del secolo scorso, si

vuole innanzitutto fornire una panoramica di quali fossero all’epoca i metodi

di costruzione più all’avanguardia per la realizzazione di queste grandi

strutture. Soprattutto si sottolinea, come vedremo, che le tecniche

costruttive erano fortemente condizionate dai calcestruzzi utilizzati, e

quindi, come essi, hanno avuto un’evoluzione temporale.

Per fare ciò ci si è avvalsi sia di un manuale specifico,

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Ingegneria civile e Architettura ICAR/09 Tecnica delle costruzioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vittogra di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecnica delle costruzioni e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Orlando Maurizio.
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