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CAPITOLO 2: LE EMOZIONI PRIMARIE

In questo capitolo saranno trattate quelle che sono le emozioni primarie (gioia, tristezza, rabbia e paura), come il bambino le assimila durante il processo di crescita e come sia fondamentale un buon legame con i genitori, la famiglia e gli amici per poterle sperimentare. Secondo gli studiosi, per avere una corretta crescita a livello emotivo occorre far sperimentare al bambino quelle che sono le sfumature delle emozioni così che nel momento in cui si ripresenteranno in determinate situazioni egli sarà in grado di affrontarle.

Nel caso dell'affidamento a terzi, il minore si ritrova ad affrontare il distacco dalla famiglia d'origine e l'arrivo nella famiglia affidataria, questo può creare in lui dei meccanismi di difesa che gli impediranno in seguito di poter riconoscere e dimostrare quello che realmente prova nell'ambito emozionale.

2.1: DEFINIZIONE DI EMOZIONE

Il termine emozione è difficile da definire quindi faccio

riferimento alla definizione proposta dall'enciclopedia Treccani:

"Emozione: Processo interiore suscitato da un evento-stimolo rilevante per gli interessi dell'individuo. La presenza di un'e. si accompagna a esperienze soggettive (sentimenti), cambiamenti fisiologici (risposte periferiche regolate dal sistema nervoso autonomo, reazioni ormonali ed elettrocorticali), comportamenti 'espressivi' (postura e movimenti del corpo, emissioni vocali)".

Antonio Damasio ha dimostrato, nell'arco della sua esperienza con pazienti con qualsiasi tipo di patologia, che le emozioni sono un repertorio di comportamenti e conoscenze fondamentali che aiutano a rispondere in maniera appropriata alle situazioni e servono anche a dare senso ad una decisione e ai suoi esiti, altrimenti sarebbe indifferente la scelta.

Come detto nella definizione, le emozioni non risultano tutte uguali anzi lo psicologo Paul Harris, specializzato nello sviluppo dei bambini, ne ha proposto

Una distinzione: le emozioni si dividono tra emozioni primarie o semplici, ed emozioni secondarie o complesse. Le emozioni semplici sono quelle condivise da tutti gli individui della specie umana e sono conosciute come rabbia, felicità, tristezza e paura. Si manifestano attraverso le medesime espressioni facciali, i cosiddetti pattern mimici, si dice quindi che hanno una componente innata, si generano all'interno dell'animo umano senza un ragionamento che le scateni.

Le emozioni complesse, invece, sono un risultato dello sviluppo cognitivo, in questa categoria sono presenti l'orgoglio, il senso di colpa, la vergogna, l'invidia, la gelosia e l'imbarazzo. Queste emozioni necessitano dello sviluppo comunicativo e sociale del bambino ma soprattutto dell'esperienza delle stesse emozioni. Infatti le emozioni

6 Treccani, E. (s.d.). Emozione. Tratto il giorno 07 aprile 2018 da Enciclopedia Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/emozione/

7 Immordino-Yang, M. H. (2017).

Neuroscienze affettive ed educazione. Milano: Raffaello CortinaEditore.8 Citato in: Levorato, M. C. (2002). Lo sviluppo psicologico. Dal neonato all'adolescente. Milano:Einaudi. 14secondarie hanno origine nella coscienza di sé, necessitano di una riflessione su sé stessied è per questo motivo che appaiono solo a partire dai 18 mesi quando il bambino iniziaa vedersi come soggetto partecipante alle situazioni.Secondo lo psicoanalista Daniel Stern, l'intersoggettività è una condizione umanafondamentale. La nostra mente è costantemente in cerca di altre persone con cui entrarein risonanza e condividere esperienze, quindi anche le emozioni.Egli evidenzia come la partecipazione del piccolo a una matrice intersoggettiva fin dalperiodo neonatale sia confermata dalle diverse ricerche che documentano la presenza diforme primitive di intersoggettività. A suo avviso, la portata e la complessità dellamatrice intersoggettiva si

estendono poi rapidamente, già nel corso del primo anno di vita, grazie allo sviluppo di nuove abilità cognitive e alla disponibilità di nuove esperienze d'interazione.

Il neonato è dotato fin dalla nascita di un sistema di segnalazione e di un apparato percettivo adatto a discriminare e a orientarsi verso i diversi tipi di stimolazioni, provenienti da altri esseri umani. Egli ha una predisposizione ad interagire con le sue capacità di imitare diverse azioni facciali mostrate ripetutamente da un partner adulto durante un'interazione affettiva col piccolo. Il neonato ha quindi la capacità di decodificare indizi trasmessi dalla voce umana, cioè una capacità preziosa per entrare in contatto con le emozioni e gli stati affettivi degli altri.

I bambini della fascia tre - sei anni che si trovano nella condizione di essere affidati a terzi possono faticare a trovare un modo per esprimere le emozioni. Questo è dovuto al fatto che

in parte non possiedono ancora tutte le conoscenze linguistiche adatte per raccontarle, oltre a poter ancora avere problemi a riconoscerle. Un altro fattore determinante è il clima familiare in cui sono cresciuti, infatti per avere un buon sviluppo emotivo già dalla tenera età occorre che la famiglia, soprattutto i genitori, aiuti i bambini a conoscere e riconoscere le emozioni quando provate. In sostanza si può dire che se i genitori sono portati a manifestare adeguatamente sia le emozioni positive sia quelle negative, spiegandole ai bambini, questi assimileranno i comportamenti e i pattern mimici che hanno osservato in base all'evento che ha generato l'emozione. Allo stesso modo se i genitori tendono a reprimere le emozioni che ritengono negative, manifestandole solo attraverso comportamenti aggressivi, i figli non impareranno a loro volta ad esprimerle in modo adeguato, bloccandole e reprimendole, oppure manifestandole in maniera violenta. Questo

Rappresenta un rischio per il bambino che potrebbe essere indotto anche a nascondere le proprie emozioni. Oltre a ciò, se i bambini non sono in grado di gestire le emozioni, si rischia di entrare in un circolo vizioso da cui è difficile uscirne; esso attiva pensieri, idee e convinzioni non in linea con l'emozione provata.

Nella mia esperienza lavorativa ho conosciuto un bambino di nome E. il quale è stato dato in affidamento a terzi dopo essere stato allontanato dalla mamma. Si trattava di un bambino molto introverso, risultava in alcuni momenti quasi apatico rispetto alle situazioni che gli si presentavano davanti. La psicologa che lo segue dal momento in cui è stato affidato ai servizi sociali ha riscontrato in lui i classici meccanismi di difesa che sono messi in atto per evitare di soffrire. Il bambino non ha avuto accanto a sé una figura di riferimento stabile che potesse aiutarlo a comprendere e gestire le sue emozioni.

Fonte: Arlati, V. (2010). Emozioni in Fiaba. Aiutare i bambini ad accogliere e gestire la propria sfera emotiva. Milano: Red Edizioni.

16figura materna e paterna stabili per incoraggiarlo quando doveva impegnarsi in qualche compito o per consolarlo quando era triste. All'arrivo nella famiglia affidataria si era creato all'interno della psiche del minore un senso di doppia appartenenza: sente di arrivare da una famiglia e deve cercare di crearsi un proprio spazio all'interno della famiglia affidataria. La situazione di partenza come il senso di doppia appartenenza lo ha portato a non essere stabile emotivamente per i primi tre anni di vita e solo quest'anno grazie al lavoro fatto con la famiglia affidataria e con le insegnanti sta assimilando le emozioni e i pattern mimici di riferimento oltre a questo sta anche imparando ad esprimerle e spiegarle.

2.2: LA GIOIA

La gioia è una delle emozioni più belle e intense che qualsiasi essere umano può provare. Inizio dandone definizione: "Gioia: Intensa e piacevole emozione che si prova quando, un fine, più o meno consapevolmente perseguito,

Viene raggiunto o un desiderio trova appagamento, e si manifesta di solito nell'aspetto esteriore della persona, talvolta con atti e comportamenti spontanei e liberatori: provare un'immensa gioia".

Nel neonato, il sorriso insieme al pianto sono i primi pattern mimici che sono assimilati come comportamenti standard attraverso l'osservazione degli adulti e in particolare della madre.

Un'espressione interpretata come segnalazione di uno stato di benessere del neonato è il sorriso endogeno, identificato dal sollevamento obliquo degli angoli della bocca a labbra chiuse. La comparsa del sorriso sociale, cioè del sorriso suscitato da uno stimolo sociale quale il volto umano, entro la fine del secondo mese rappresenta l'indicatore più chiaro e più emozionante del passaggio dalla dominanza dei meccanismi adattivi.

Fonte: Enciclopedia Treccani

endogeni a quella del controllo esogeno. Queste forme di sorriso, stimolato chiamato anche sorriso sociale precoce, compaiono in modo irregolare in risposta a particolari stimolazioni di tipo tattile, uditivo, e visivo con frequenza sempre maggiore nel corso delle prime 6-7 settimane di vita. Entro le 5 settimane la combinazione di voce e faccia appare lo stimolo efficace per suscitare sorriso nei piccoli.

Dal momento della comparsa dei sorrisi sociali diventano gradualmente più chiari e più specifici e in numerose diadi madre-lattante divengono presto parte integrante delle sequenze di scambio affettivo e di gioco nel contesto della comunicazione faccia a faccia. Tra queste espressioni sono state studiate le vocalizzazioni di affetto positivo, tra cui una specifica forma di suono e i movimenti labiali di "prelinguaggio". Oltre al sorriso "semplice" un secondo tipo di sorriso che include il sollevamento degli zigomi (sorriso Duchenne), osservabile quando il

lattante è tenuto in posizione eretta ed è in grado di vedere la madre che sorride e parla, è stato trovato co-occorrente con i sorrisi della madre. Un terzo tipo di sorriso emesso con la bocca aperta e la mascella rilasciata (sorriso di gioco) è stato osservato quando il lattante è stretto al corpo della madre, baciato, o coinvolto in giochi di contatto tattile quali quello del solletico. I lattanti di 10 settimane, di fronte alle espressioni di gioia, rabbia e tristezza espresse visivamente e vocalmente dalle loro madri, non solo hanno discriminato queste espressioni, ma hanno prodotto risposte affettivamente contingenti a ciascuna delle specifiche espressioni emozionali. Alcuni studi hanno mostrato che la familiarità della persona e il suo grado di coinvolgimento nella cura e nell'interazione quotidiana con il lattante giocano un ruolo determinante per il riconoscimento delle diverse espressioni emotive da parte del piccolo.
Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
35 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/03 Didattica e pedagogia speciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessia.sella di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Didattica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Casaschi Cristina.