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CORSI DI FORMAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO
DELLA SPECIALIZZAZIONE PER LE ATTIVITÀ DI SOSTEGNO
Anno Accademico 2020/2021
Tesina finale in
Psicologia dello sviluppo dell'educazione e dell'istruzione: modelli di
apprendimento
--
ADHD:
Caratteristiche del disturbo e strategie di
intervento
Relatore: Prof. xxx
Corsista: xxx Anno Accademico 2020/2021
Indice
PARTE PRIMA.............................................................................................................5
1.1 Definizione dell’ADHD e cenni storici...................................................................5
1.2 Sintomi e diagnosi...................................................................................................6
1.3 Comorbilità..............................................................................................................9
PARTE SECONDA.....................................................................................................11
2.1 Normativa scolastica relativa all’ADHD...............................................................11
2.2 ADHD a scuola......................................................................................................12
2.3. Strategie educative e didattiche di intervento.......................................................14
Conclusioni..................................................................................................................17
Bibliografia..................................................................................................................18
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, noto comunemente come ADHD, rappresenta un
problema neurobiologico che emerge durante l'infanzia e si caratterizza per sintomi relativi a tre
principali aree: l'attenzione, l'iperattività e l'impulsività. Esso si manifesta precocemente e può avere
conseguenze significative sul funzionamento individuale, sociale e accademico. Nel corso del
tempo, ha subito varie modifiche nella sua classificazione diagnostica: inizialmente inclusa nella
categoria della disfunzione cerebrale minima, è stata successivamente identificata come "Reazione
Ipercinetica del Bambino", per poi essere definita come "Disturbo da Deficit dell'Attenzione" nel
DSM-III e, infine, ribattezzata come "Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività" nell'edizione
III-R del 1987. Attualmente, è collocato tra i Disturbi del Comportamento Dirompente. Nel DSM-
IV del 1994, sono stati distinti tre sottotipi del disturbo, mentre nell'ultima versione è stato incluso
tra i Disturbi del Neurosviluppo.
Attualmente, l'ADHD è uno dei disturbi comportamentali più comunemente diagnosticati
nell'infanzia e nell'adolescenza, con una prevalenza stimata intorno al 5-10% durante l'età scolare, al
2-6% negli adolescenti e al 2% negli adulti. Inoltre, è spesso associato ad altri disturbi e/o patologie,
come il disturbo oppositivo-provocatorio, il disturbo della condotta, i disturbi d'ansia, i disturbi
dell'umore, i disturbi specifici dell'apprendimento e altri ancora, che possono influire negativamente
sul percorso scolastico e sulla qualità della vita dei pazienti.
All'interno dell'ambiente scolastico, i soggetti affetti da ADHD possono mostrare iperattività,
distrazione, impulsività e difficoltà nell'organizzazione del lavoro. Queste caratteristiche li rendono
particolarmente vulnerabili alle sfide quotidiane. Le difficoltà non si limitano al rendimento
scolastico, ma influenzano anche l'aspetto emotivo e motivazionale, incidendo sull'autostima e sulle
relazioni sociali.
Le problematiche nelle relazioni interpersonali sono spesso legate all'impulsività, che
comporta una scarsa capacità di controllo delle proprie reazioni e di adattamento all'ambiente, e al
deficit di attenzione, che rende difficile l'apprendimento dei ruoli sociali e delle regole. Di
conseguenza, questi individui necessitano di supporto per imparare ciò che gli altri assimilano
naturalmente. I bambini con ADHD possono essere emarginati dai loro coetanei a causa del loro
comportamento non cooperativo, invadente e talvolta aggressivo.
Questo lavoro si propone di fornire una panoramica sul disturbo, esaminando i sintomi, l'età
di insorgenza, le comorbilità e gli interventi possibili nel contesto scolastico per affrontare le
difficoltà. Le strategie proposte mirano a migliorare il successo accademico e le relazioni sociali
degli studenti con problemi comportamentali e cognitivi.
La prima parte del lavoro offre una visione generale del disturbo, con un breve excursus
storico e una descrizione dei sintomi principali, nonché delle comorbilità più comuni.
La seconda parte si concentra sulla normativa scolastica relativa al Disturbo da Deficit di
Attenzione/Iperattività, sulle implicazioni nell'ambito scolastico e su strategie educative e didattiche
per intervenire con gli studenti affetti da questo disturbo. È importante sottolineare che tali strategie
e interventi non possono eliminare il disturbo, ma possono contribuire ad attenuarne gli effetti e a
creare un ambiente più favorevole.
PARTE PRIMA
1.1 Definizione dell’ADHD e cenni storici
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD), noto anche come Attention
Deficit/Hyperactivity Disorder, rappresenta una condizione neurobiologica che compromette
l'autoregolazione evolutiva, influenzando lo sviluppo psicologico dei bambini e interferendo con le
normali attività quotidiane (Capodieci, Cornoldi, 2013, pp.15-16). Secondo il DSM-IV (Diagnostic
and Statistical Manual of Mental Disorders – quarta edizione; APA, 1994), l'ADHD è caratterizzato
da una persistente disattenzione e/o iperattività, superiore a quanto tipicamente osservato in bambini
dello stesso livello di sviluppo, il che può ostacolare lo sviluppo e il comportamento sociale del
bambino e aumentare il rischio di sviluppare altre patologie psichiatriche o disagi sociali in età
adulta (Viola, 2011).
In altre parole, l'ADHD è uno dei disturbi neuropsichiatrici più comuni nell'età evolutiva,
diagnosticabile principalmente attraverso un processo clinico strutturato. Esso si presenta
solitamente prima dei dodici anni e coinvolge disfunzioni nelle aree cognitive (disattenzione o
distraibilità), comportamentali (impulsività) e motorie.
I bambini affetti da ADHD mostrano solitamente inquietudine, impulsività, attività e
distrazione. Riscontrano difficoltà nel mantenere l'attenzione e la concentrazione sulle attività, nel
rispettare le regole e nell'organizzare e pianificare il lavoro. Questi sintomi devono persistere per
almeno sei mesi e causare significative compromissioni nel funzionamento globale in vari contesti,
come quello scolastico, sociale o occupazionale. Spesso, l'ADHD è associato ad altri disturbi.
Sotto il profilo storico, gli studi sull'ADHD sono relativamente recenti. La prima descrizione
clinica risale al 1902, quando il medico inglese G.F. Still osservò bambini con deficit di controllo
morale e eccessiva vivacità e distruttività (Still, 1902 citato da AA. VV., 2013, p. 19). Nel corso
degli anni, diverse teorie hanno cercato di spiegare le cause del disturbo. Solo nel 1968, con la
seconda edizione del DSM, si è iniziato a riconoscere il disturbo non solo in termini
comportamentali ma anche cognitivi.
Con l'edizione successiva del manuale, il DSM-III (APA, 1980), è stato introdotto il termine
"disturbo da deficit dell'attenzione", mentre con l'edizione III-R del 1987 è stata adottata l'etichetta
attuale "Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività". L'ultima edizione del DSM, la quinta, del
2013, ha confermato la classificazione e introdotto nuovi dettagli sulla gravità e la manifestazione
dei sintomi, incluso il fatto che essi non devono necessariamente manifestarsi prima dei sette anni,
ma entro i dodici anni. Inoltre, il disturbo è classificato secondo tre livelli di gravità e si riconosce
che i sintomi possono variare a seconda del contesto in cui si manifestano (Balkozar & Young-
Walker, 2014).
1.2 Sintomi e diagnosi
L’ADHD si manifesta attraverso il deficit di attenzione, l’iperattività-impulsività e la loro
possibile combinazione. Ogni area è rispettivamente caratterizzata da nove sintomi e, per
diagnosticare il disturbo è necessario che i sintomi siano pari o maggiore a 6 nell’area riferita alla
disattenzione o in quella dell’iperattività impulsività; si manifestino e persistano per almeno 6 mesi;
si presentino prima dei 12 anni; si producano in due o più contesti, come a scuola, a casa o in altre
attività; interferiscano o riducano la qualità e il funzionamento sociale, accademico o professionale,
creando una grave disfunzionalità nella vita quotidiana.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV) distingue tre sottotipi di ADHD:
1. ADHD di tipo combinato (il caso più frequente, coinvolge il 50-75% dei casi). Un soggetto
con disturbo da ADHD “combinato” manifesta sia difficoltà a tenere fissa l’attenzione e la
concentrazione, sia un’attività motoria eccessiva e inappropriata, oltre ad una condotta
impulsiva e frequenti e continui comportamenti di disturbo nei confronti degli altri. (Tessari
P., 2005).
2. ADHD con disattenzione prevalente (riguarda il 20-30% dei casi e prevale un evidente
deficit attentivo). In questo caso, i bambini presentano, rispetto ai loro coetanei, difficoltà a
rimanere attenti per un periodo di tempo sufficientemente prolungato sia nel contesto
scolastico, che in quello sociale, soprattutto durante attività ripetitive o monotone. Nelle
attività ludiche, il bambino tende a passare da un gioco ad un altro, senza completarne
nessuno. Secondo gli insegnanti e i genitori, tali bambini sembrano non ascoltare quando si
interagisce con loro direttamente e vengono distratti facilmente da suoni o da altri stimoli
poco rilevanti (Cornoldi C., De Meo T., Offredi F., Vio C., 2001).
3. ADHD con iperattività prevalente (riguarda una percentuale inferiore al 15% dei casi e
l’iperattività è il sintomo che prevale). I bambini con questo disturbo mostrano un’attività
fisica, motoria eccessiva e inadeguata rispetto alle circostanze. Il bambino appare
continuamente agitato, fa fatica a rimanere seduto e fermo al proprio posto, non è in grado di
portare a termine un compito iniziato in modo quieto e calmo, perché è sempre in
movimento sia a scuola che a casa. L’impulsività si presenta quando il bambino non rispetta