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AMBITO PERSONALE:
Si tratta di comportamenti e regole le cui conseguenze ricadono unicamente sul soggetto che li mette
in atto (scelta degli amici, gusti musicali, ecc), pertanto spetta unicamente all’individuo decidere
come regolare la propria condotta in questo ambito e le norme possono essere cambiate a
piacimento. Nei bambini la libertà è vincolata dal controllo genitoriale, spesso le scelte sono frutto di
una negoziazione e compromesso.
AMBITO PRUDENZIALE:
Comportamenti di natura non sociale che implicano danno o conseguenze per la sicurezza, la salute,
il benessere della persona che li mette in atto (assunzione di droghe o alcol sono violazioni
prudenziali per un adolescente, giocare con un coltello lo è per un bambino. Ambito incluso per la
necessità di rendere conto della capacità dei bambini di distinguere le situazioni dannose per sé stessi
da quelle dannose per gli altri di natura morale. Anche in assenza di regole specifiche le trasgressioni
prudenziali sono considerate sbagliate, perché hanno conseguenze intrinsecamente negative. Fin da
piccoli i bambini considerano le violazioni prudenziali meno sbagliate di quelle morali, e forniscono
giustificazioni incentrate sulle conseguenze per l’attore.
Non sempre una regola è facilmente collocabile in uno specifico ambito.
nella realtà non tutte le situazioni sociali presentano una netta distinzione tra
dominio morale e convenzione es: sorpassare una persona mentre si è in fila è una
violazione sia di una convenzione sociale sia di un principio morale
Molte situazioni presentano una sovrapposizione tra gli ambiti che talvolta si armonizzano,
altre volte possono entrare in conflitto, consentendo di mettere a fuoco il peso relativo che gli
individui assegnano alle diverse situazioni, se le collocano più sul versante della morale o
della convenzione sociale (interessanti per il ricercatore). Questi ambiti misti dimostrano che
i bambini, pur essendo in grado di applicare concetti morali in alcune situazioni, potrebbero
in altre subordinare la moralità ad altre preoccupazioni di rodine sociale
[dilemma di Holly: non deve salire sugli alberi perché è caduta, ma cosa farà se è salito
un gattino che non riesce a scendere? In ottica kohlberghiana i bambini rispondono in
un’ottica di non trasgressione alla regola genitoriale e rispetto dell’autorità (ragionamento
morale preconvezionale); per i teorici degli ambiti i bambini in situazioni controverse
possono attribuire maggior salienza ad un dominio piuttosto che un altro, pur distinguendo
principi morali e convenzionali]
le persone possono valutare diversamente l’ambito di una situazione in funzione del proprio
status.
Divergenze genitori-figli nell’attribuzione degli ambiti: durante l’adolescenza la conflittualità
genitori-figli in relazione alla definizione dei confini del dominio personale è molto accentuata e la
negoziazione risulta difficile, perché i figli non riconoscono più ai genitori l’autorità di decidere per
loro in merito a questioni personali e i genitori non riconoscono ai figli una totale autonomia
decisionale.
Da varie ricerche è stata esplorata la natura del conflitto e le concezioni relative alla
legittimità dell’autorità genitoriale nei diversi ambiti genitori e figli d’accordi sul fatto che
i conflitti fossero occasionali e per questioni banali, ma era l’interpretazione ad essere
diversa: i genitori li interpretavano in termini convenzionali, i figli in termini personali.
Un’altra ricerca fece valutare una lista di 24 trasgressioni ipotetiche di regole morali,
convenzionali, personali, prudenziali, multi sfaccettate (convenzionali + personali) e relative
all’amicizia e fu chiesto di valutare per ogni violazione la legittimità dell’autorità parentale in
merito, l’obbligo del figlio a rispettarle e di fornire giustificazioni per le opinioni espresse
sia genitori che figli consideravano legittima l’autorità parentale per le questioni morali e
convenzionali, ma attribuivano piena autonomia ai figli in ambito personale. Per gli altri
domini c’erano divergenze e interpretazioni differenti i genitori consideravano le questioni
prudenziali, amicali e multi sfaccettate in termini prudenziali e convenzionali, mentre i figli
adolescenti erano più propensi a considerarle in termini personali.
Influenze culturali: La teoria degli ambiti condivide con l’approccio cognitivo-evolutivo una
concezione universalistica dello sviluppo morale, in quanto la precoce capacità di distinguere tra gli
ambiti è stata riscontrata pressoché in tutti i contesti culturali nei quali sono state condotte ricerche.
Infatti il senso morale si attiva in seguito alla sperimentazione di situazioni sociali nelle quali il
bambino verifica le conseguenza negative delle proprie azioni sugli altri, la cultura su questo non ha
influenza influenza sulle opportunità di scambi sociali che ritroviamo nelle singole culture e nel
modo di declinare diversamente l’interpretazione degli ambiti sociali. Alcuni studi hanno rilevato
che, in certe culture (più tradizionali), c’è una maggiore tendenza a moralizzare le convenzioni
sociali, ad assegnarle, cioè, un valore morale.
Teoria degli ambiti in un’ottica evolutiva: La capacità di discriminare tra i domini emerge
precocemente nel corso dello sviluppo, nell’ambito di specifiche interazioni sociali che attivano nei
bambini reazioni congruenti a ciascun dominio.
Nucci: il giudizio morale si origina nei primi anni di vita, quando il bambino diviene consapevole
delle conseguenze negative di una determinata azione su una vittima. La capacità di distinguere tra
moralità e convenzioni si sviluppa progressivamente ma…
Già all’età di 2 anni e mezzo i bambini generalizzano a contesti diversi alcune prescrizioni
morali ma non convenzionali (picchiare un bambino è sbagliato sempre, buttare i giochi a terra
puoi farlo a casa).
A 3 anni e mezzo riescono a prendere in considerazione la gravità di un’azione e la contingenza
della regola. È necessario, per comprendere le norme morali e convenzioni, uno scambio sociale
concreto (confrontarsi con la norma, le aspettative altrui, la regolarità di certe prescrizioni…), ma
la comprensione delle regole morali è più intuitiva precocemente i bambini mostrano
dispiacere se rompono il giocattolo di un altro bambino, e successivamente comprenderanno la
natura e l’importanza delle convenzioni sociali.
Tra gli 8 e i 10 anni, grazie alle numerose interazioni fondate sulla reciprocità, la concezione
della moralità esce dall’ottica ristretta della considerazione del danno concreto per concentrarsi
maggiormente sui concetti di reciprocità e giustizia, anche se c’è la tendenza ad applicare i
principi di equità e giustizia prevalentemente alle persone più vicine o dalle quali ci si attende
qualcosa in cambio. Il valore delle regole convenzionali è invece limitato e i bambini in questa
fase le trasgrediscono spesso.
Tra i 10 e i 12 anni il concetto di equità diventa più complesso, perché il bambino si rende conto
che per porre tutti sullo stesso piano può rendersi necessario trattare le persone in modo diverso e
i principi di giustizia ed equità sono applicati anche a chi non può dare nulla in cambio o è stato
scorretto nei nostri confronti. Cresce il valore dato alle convenzioni in quanto funzionali al
mantenimento dell’ordine sociale, che però valgono solo in alcune situazioni e possono essere
violate.
Tra i 12 e i 14 anni la riflessione in ambito morale è caratterizzata dal tentativo di integrare il
concetto di equità con gli elementi prescrittivi e universali della morale. Cambia l’atteggiamento
nei confronti dell’autorità, vista come un vincolo alla libertà di espressione del soggetto
(classiche le ribellioni adolescenziali, che non sono un rifiuto verso i principi morali, ma verso le
convenzioni sociali e la loro natura autoritaria).
Nella media e tarda adolescenza vi è una piena consapevolezza del carattere arbitrario delle
convenzioni, contestate perché ritenute funzionali alle aspettative della società adulta verso i più
giovani. La moralità in questa fase può assumere tinte relativistiche.
Con l’età adulta si struttura la concezione definitiva della moralità, basata sui principi post-
convenzionali di K.
Ricerche: non più dilemmi morali, ma presentare situazioni ipotetiche inerenti ai diversi domini
chiedendo ai bambini di formulare giudizi su ogni situazione. Viene valutato se il giudizio del
bambino su ciò che è giusto o sbagliato tenda a variare in assenza di leggi o regole specifiche, o se
un’azione giudicata sbagliata diventa poi giusta se permessa da un’autorità.
Si indagano:
- universalità: tutti sono tenuti a seguire quella norma di Comportamento?
- generalizzabilità: la norma di comportamento deve essere osservata in tutte le circostanze e in
tutti i contesti? – inalterabilità: la norma può prevedere delle modificazioni nel tempo?
- indipendenza della norma dai ruoli sociali: un bambino deve seguire quel principio
indipendentemente dal fatto che un’autorità come i genitori o gli insegnanti lo inviti a
trasgredire?
In uno studio fu chiesto a adolescenti studenti di una scuola religiosa ad orientamento cattolico di
esprimere il proprio giudizio su alcune azioni (morali e convenzionali) considerate peccato per la
chiesa cattolica per quanto riguarda la gravità, violare quelle morali era più grave, e dovevano
essere rispettate anche se fossero state cancellate dalla gerarchia ecclesiastica, mentre quelle
convenzionali potevano essere abolite. In una ricerca furono intervistati bambini che professavano
diverse religioni: essi ritennero in larga maggioranza che le norme di tipo morale non erano
suscettibili di modifica e che tutti avrebbero dovuto continuare a osservarle indipendentemente da
quanto contenuto nelle Sacre Scritture.
Quali sono le implicazioni educative?
Se regole convenzionali e morali appartengono a due ambiti diversi, le reazioni degli adulti ai
comportamenti trasgressivi dei bambini dovrebbero essere diverse a seconda degli ambiti… Già
all’età di 2 anni e mezzo i bambini sono in grado di separare i comportamenti che ritengono sbagliati
in sé da quelli che i genitori disapprovano, questo perché le norme morali hanno un’intrinseca
superiorità, ma quelle convenzionali sono però necessarie per il mantenimento dell’ordine social