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NELL’OBBLIGO DI PROTRARRE ALCUNI DEI SERVIZI RICHIESTI DAL PADRONE.
I “servi Ecclesiae” sono più difficilmente liberabili. L’obbligo di lasciare al vescovo
successivo i beni (pubblici) in maniera immacolata (quindi, non potendo decidere in
prima persona cosa succedere e cosa no), porta i suddetti beni, tra cui gli schiavi, a non
poter essere in qualche modo “esclusi” dall’essere tali. Sostanzialmente, è più facile
che uno schiavo rimanga tale, in quanto c’è un obbligo di successione che lo lega al
vescovo successivo. Ovviamente, la libertà non è impossibile, in quanto abbiamo alcuni
esempi di concessioni totali, e persino di donazioni di proprietà, nei confronti dei servi
più fedeli (ne è un esempio Masona, vescovo di Merida, i cui atti sono raccontati nel
“Vitae sancotrum patrum emeretensium”).
-Il MONACHESIMO VISIGOTO si sviluppa grazie a diversi fattori: iniziative private
(famiglie o singoli nobili che donano proprietà a dei monaci), della Chiesa (fondazioni di
monasteri, ad esempio portate avanti da Masona, che rimangono sotto il “controllo”
della diocesi) o dello stesso re (ad esempio, Leovigildo fornisce delle terre del fisco
all’abate Nanctus). Talvolta, la nascita di un monastero poteva diventare un’opportunità
di elusione fiscale da parte dei privati. Aristocratici che ne fondavano uno ALL’INTERNO
DELLE VILLE garantivano al complesso 1) immunità dagli obblighi delle diocesi, in
quanto non erano stati concessi da vescovi nei loro territori; 2) non avevano obblighi
fiscali, in quanto non nati da una donazione regia. Per normalizzare la situazione, nel III
Concilio di Lerida del 546, viene espressamente PROIBITA LA FONDAZIONE DI
MONASTERI DA PARTE DI CHIESE COSTRUITE ALL’INTERNO DI TERRITORI PRIVATI.
Per quanto riguarda le donazioni, abbiamo informazioni riguardo alla loro magnitudo
all’interno della “formulas visigoticas”, una serie di documenti a riguardo. Sappiamo
che le donazioni contengono nel pacchetto le vigne, l’orto, i servi, gli animali, i boschi, le
riserve idriche, gli edifici e gli acquedotti.
Un altro fattore importante dei monasteri visigoti è l’IMMUNITA’ ALLA COSCRIZIONE dei
suoi membri. Per questo motivo, essi diventavano un polo di attrazione molto forte per i
contadini, talvolta causando periodi di scarsità di risorse armate per i duces, in periodi
di conflitto.
Un aspetto peculiare del monachesimo di queste zone è la presenza di un SINODO DI
ABATI, a capo ognuno di un monastero, che gestiscono la vita e i problemi della rete
monastica. Ognuno degli abati, inoltre, stilava un PATTO CON LA RISPETTIVA
COMUNITA’ DI FEDELI, in cui viene promessa fedeltà agli obblighi imposti, alle norme
scritte nel CODEX REGULORUM e alle REGOLE PECULIARI DI OGNI MONASTERO
(famose sono quelle di Sant’Isidoro e di San Fruttuoso). Gli abati riscuotono anche
alcuni tributi da parte di coloro che lavorano nella sfera amministrativa del monastero.
-l’economia visigota si basa su agricoltura e allevamento, esattamente come quella
indigena ispano-romana. Questo, inizialmente, causa dei CONFLITTI DI INTERESSE tra i
diversi proprietari di piccole e grandi proprietà. A cavallo tra il 4-500, in Tarraconense, ci
sono delle rivolte popolari proprio di questa natura, a causa della DIFFICILE
CONVIVENZA TRA ISPANO-ROMANI, GIA’ PRESENTI, E NUOVE ISTANZE VISIGOTE.
Gradualmente, le due parti convivranno sempre meglio.
Ognuna delle grandi proprietà, o “villae”, è divisa in “dominicatum” e “indominicatum”:
la prima è la parte in cui lavorano gli schiavi, ed genera la rendita che va totalmente al
signore; la seconda è la parte in cui lavorano i CASATI, altri schiavi, propriamente
insediati, e liberti, ed è quella volta al loro sostentamento. Nella seconda, una decima
parte del raccolto, dopo le leggi di recesvinto, va al signore.
Centri agricoli più piccoli prendono il nome di “vici”, e si trovano perlopiù vicino alle vie
di comunicazione.
I principali prodotti, in continuità con quelli prodotti dai romani, sono cereali, ulivi,
ortaggi, legumi e vite.
In epoca visigota, sembra che L’ALLEVAMENTO ABBIA PRESO PIU’ PIEDE RISPETTO
ALL’AGRICOLTURA. Si parla di bovini, suini, caprini e, specialmente, CAVALLI, simbolo
dello status sociale e utili per il trasporto.
-Nel VII, con l’esautorazione dell’impero operata da Suintila, I PORTI DELLA PROVINCIA
CARTAGINESE DIMINUISCONO VERTIGINOSAMENTE I COMMERCI, prima attivi con
l’oriente e con il NordAfrica (Malaga rimane attivo). Altri centri portuali che rimangono
molto attivi sono, invece, quelli della TARRACONENSE (Tarragona, Tortosa e Ampurias) e
della LUSITANIA (Olisipo, ovvero l’antica Lisbona, e Mertola e Merida, già citate per la
presenza di gruppi grecofoni, che, per loro natura, rimangono in contatto con l’oriente,
importando stoffe, sete, oggetti preziosi e altri materiali da Bisanzio).
Si conoscono anche relazioni commerciali con i merovingi, specialmente interessati
alle pelli della Baetica.
Queste attività vengono regolate da dei preposti pubblici chiamati TRANSMARINI
NEGOTIATORES, che hanno competenza di coordinamento delle attività commerciali
marittime e fluviali. Vi è anche la presenza del TELONEUM, un’imposta gravante
sull’afflusso estero di sete, stoffe, oro e argento.
-All’interno del panorama culturale romano-barbarico, perlopiù decadente, la Spagna
visigota è L’ECCEZIONE. L’aver mantenuto contatti con l’impero e la buona convivenza
tra arianesimo e cristianesimo, ha permesso, rispettivamente, di MANTENERE L’USO
DEL LATINO E DEL GRECO tra le classi dirigenti e di ISTITUIRE OTTIME SCUOLE
ECCLESIASTICHE, in cui formare le menti dei futuri chierici e dei futuri lavoratori
pubblici. La proliferazione delle scuole di cui stiamo parlando (totalmente cristiane)
esplode a seguito del II Concilio di Toledo del 527.
Questi aspetti conseguono nella SOPRAVVIVENZA DEI TESTI DELLA CULTURA
CLASSICA, archiviati in diverse biblioteche presenti nella penisola.
Nonostante la maggior parte dei testi venga curato dai soli vescovi e abati, rendendo al
resto della popolazione più difficile accedere alla conoscenza, sono state trovate delle
“pizarras”, ovvero supporti di VI-VIII di ardesia e lavagna aventi iscrizioni riguardo alla
gestione di pagamenti, di stoccaggio del grano, di scongiuri per la grandine e di salmi
religiosi, scritti in latino altomedievale, e testimonianti il livello di alfabetizzazione della
società visigota. Tuttavia, è molto probabile che le classi inferiori NON SAPPIANO NÉ
LEGGERE NÉ SCRIVERE, a parte casi isolati.
NON VI È PRESENZA DI SCUOLE PUBBLICHE DI BASE, ma solo di contesti personali in
cui aristocratici mandano i propri figli da dei maestri privati. Gli unici esempi che
possono avvicinarsi alle scuole vere e proprie, sono le già citate scuole ecclesiastiche,
divise in presbiteriali, episcopali e monacali. Le prime formano i chierici, e offrono
insegnamenti di base di grammatica e di teologia; le seconde, organizzate come dei
campus, accolgono ragazzi fino al compimento dei 18 anni, momento in cui lo studente
decide se abbandonare o essere integrato nella comunità ecclesiastica. In questo caso,
l’insegnamento è più complesso, e comprende le sette arti, divise in “trivium”
(grammatica, retorica e logica) e in “quadrivium” (matematica, geometria, musica e
astronomia). Per quanto riguarda le scuole monastiche, troviamo due tipi di
insegnamento: 1) quello gratuito, a cui possono partecipare chierici e laici; 2) quello
“interno”, volto a formare nuove leve per il monastero, che comprende un
insegnamento di base fino ai 7 anni, poi comprendente lo studio di salteri e letture
bibliche, fino ad arrivare allo studio superiore, in cui sono inclusi studi canonici, liturgici
e teologici, ma anche musica e matematica. All’interno di questi istituti, vengono
seguite regole monastiche di San benedetto da Norcia (Ora et Labora) e di San Giovanni
Cassiano (autore delle “Istituzioni cenobitiche”).
È possibile che ci siano anche SCUOLE PALATINE, ovvero luoghi di FORMAZIONE DELLE
CLASSI DIRIGENTI, al di fuori del contesto ecclesiastico.
-L’attività culturale è testimoniata anche da episodi di mecenatismo, come quelli di
Sisebuto I, o dalla costruzione di chiese e cattedrali, da parte del re o delle classi più
ricche.
- La cultura del VI secolo visigoto è fortemente INFLUENZATA DALL’ORIENTE. La
conquista bizantina del sud, l’attività mercantile, la presenza di comunità di origine
orientale e l’idea di “restauratio imperii” condivisa da alcuni re, ad esempio Leovogildo,
spingono sempre di più verso l’assimilazione di forme artistiche e politiche orientali. Un
esempio che concilia le due sfere è l’ARTE SUNTUARIA, prodotta all’interno di botteghe
artigianali legate al palazzo reale, e che fungono da manifestazione di bellezza artistica
e di potere. Lo stesso palazzo reale, le imponenti basiliche e altre costruzioni sono
testimonianza artistica, ma anche dell’assolutismo politico.
- L’arte visigota è caratterizzata dall’UNIONE DELL’ARTE GERMANICA E ISPANO-
ROMANA, e si suddivide in 3 periodo: il primo periodo PALEOCRISTIANO, in cui è
evidente l’influsso africano nella decorazione geometrica delle architetture, ma dove si
iniziano a trovare delle somiglianze anche con l’arte orientale, come dimostrano alcuni
sarcofagi simili trovati nella penisola iberica e a Ravenna. Dal primo al secondo, si inizia
a indebolire il carattere pittorico romano, in favore di una MAGGIORE PLASTICITA’
DELLE FIGURE, passando dagli affreschi alle tonalità CHIARO-SCURALI DEI RILIEVI
ORNAMENTALI. Iniziano anche ad essere più comuni le FIGURE NATURALISTICHE E
GEOMETRICHE, di origine africana, bizantina, sasanide e copta. Con l’ultima fase,
ovvero quella cattolica, prevalgono TEMI RELIGIOSI (figure araldiche, ad esempio) e
AUMENTA IL CARATTERE BIZANTINO, anche a causa delle importazioni più massive da
Oriente. Il centro artistico di questo periodo diventa Toledo.
- L’Arrivo dei visigoti segna la scomparsa nella regione iberica di qualunque forma di
istituzione scolastica. Dalla prima metà del 500, l’istruzione torna ad essere presa sul
serio considerando la necessità di MANTENERE RAPPORTI CON LA BUROCRAZIA
IMPERIALE.
Questo sviluppo viene concretizzato perlopiù con SCUOLE DI NATURA ECCLESIASTICA
(scuole vescovili), ed è, quindi, parte del periodo di CONVERSIONE AL CATTOLICESIMO
di fine 500. Prima di ciò, sembra ch