Arte gestuale e materica
Le due componenti fondamentali dell'Informale si precisano nel gesto (si parla quindi di arte gestuale) e nella materia (arte materica). Il gesto viene enfatizzato quale unico momento creativo: il valore artistico si trasferisce perciò dal prodotto (l'opera d'arte) al gesto (l'atto di crearla). Il gesto potrà essere simbolico, come tagliuzzare la tela; di provocazione, come apporre la firma d'artista sul corpo di una modella; di protesta, come fare sculture di rottami.
La materia diventa la vera protagonista dell'opera: è nella sua scelta e negli accostamenti di materiali diversi che l'artista manifesta la sua creatività. Non più solo un mezzo, la materia è portatrice di significato: superfici rugose evocano conflitti, quelle morbide serenità, materiali pesanti gravità, quelli metallici e sottili leggerezza.
Lucio Fontana
Lucio Fontana incardina la sua esperienza artistica sul gesto, inteso come creatore di nuovi spazi. In Argentina, nel 1946, elabora il "Manifesto bianco", nel quale compaiono molte teorie che poi confluiranno nel movimento dello Spazialismo (1947-1952) e che porteranno ai celebri "tagli" (1958-1968).
Biografia
- Nasce a Rosario di Santa Fe, in Argentina, il 19 febbraio 1899
- Studia scultura a Milano, nel 1928 all'Accademia di Brera con Adolfo Wildt
- Nel 1940 torna in Argentina e a Buenos Aires è professore all'Accademia
- Alla fine della guerra torna in Italia e negli anni '50 giunge ai "tagli"
- Muore a Comabbio, in provincia di Varese, il 7 settembre 1968
Concetto spaziale, Teatrino
In Concetto spaziale, Teatrino del 1966 Fontana esplora le possibilità di uno spazio in espansione, non più chiuso e sacrificato alla bidimensionalità del dipinto. La tela è delimitata da una cornice sagomata di legno nero, come una finestra aperta sulla notte. Una serie impercettibile di forellini percorre diagonalmente una parte della tela interrompendone la continuità. In basso la cornice si increspa simulando forse le cime degli alberi di un bosco o le onde del mare.
Fin dagli anni '50 Fontana ha impiegato nuovi materiali (tubi al neon) e superfici piane (di carta, tela, lamina metallica) sui quali ha operato gesti provocatori come buchi, strappi e soprattutto tagli, alla ricerca di verità più profonde o nascoste.
Alberto Burri
Alberto Burri è una personalità di rilievo dell'Informale materico. Durante la prigionia, Burri si accosta alla pittura che, una volta liberato, inizia a praticare a tempo pieno: entrato in contatto con l'Informale italiano, si interessa delle problematiche della materia, avviando una sperimentazione che sarà costellata di prestigiosi riconoscimenti internazionali.
Biografia
- Nasce a Città di Castello il 12 marzo 1915
- Nel 1940 si laurea in Medicina e durante la guerra è ufficiale medico
- Nel 1944 è prigioniero in un campo di concentramento in Texas
- Nel dopoguerra si stabilisce a Roma e si avvicina all'Informale
- Muore a Nizza, per una grave insufficienza respiratoria, il 13 febbraio 1995
Sacco e Rosso
Burri impiega materiali poveri di varia natura: dai semplici sacchi di iuta ai sottili fogli di cellophane, passando per i legni bruciati e le lamiere saldate. La serie dei Sacchi inizia a partire dal 1952: Burri balza alla ribalta della scena italiana con un insieme di composizioni realizzate con brandelli di tela di sacco. Come in Sacco e Rosso del 1954 si tratta di sacchi laceri, sporchi, a volte bruciacchiati e rattoppati, recuperati dal deposito di un carbonaio o in una discarica di rifiuti.
In Sacco e Rosso risalta con forza una materia usata e consunta che, negli strappi e nelle sgranature, conserva una traccia eloquente della sua umile storia. Una grande onda percorre la tela in orizzontale: Burri interviene in maniera non casuale, armonizza infatti gli accostamenti in relazione al colore, alla grana delle iute, alle toppe cucite sopra, che creano un'immagine accidentata a rilievo che i sacchi narrino la loro storia, che è la storia modesta e mai retorica di chi li ha usati. Il sacco diventa così una lirica metafora dell'umanità sul fondo dipinto di rosso, in vari strati diversi sono incollati brandelli di sacco.
Cretto nero
Nella sua lunga carriera, Burri esplora vari territori materici, la cui matrice comune è l'essere materie povere, trascurate, rifiutate e perciò cariche di storia e di vita. In Cretto nero del 1976 Burri sperimenta un miscuglio di colore acrilico nero e vinavil, spalmato su cellotex, un materiale industriale di trucioli di segatura e colla pressati a caldo. Il risultato è una superficie crettata in modo irregolare in relazione allo spessore del materiale e al tempo di essiccazione. Evoca suggestioni antiche, come la terra umbra (ma anche texana conosciuta durante la prigionia) riarsa e spaccata dal sole.