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A partire dagli anni ’60, attraverso pubblicazioni specializzate e festival dedicati, si faranno
conoscere gli autori, rivelando le menti dietro le opere.
In Italia sono pure diventati personaggi popolari.
Gli autori vengono “divizzati” e iniziano ad essere considerati come autori e a far parte di
una comunità intellettuale più ampia.
Ciò ha portato però anche cose negative, come la sovrapproduzione di fumetti
autobiografici. Il mercato ha la tendenza a replicare ciò che funziona.
Il fumetto popolare, essendo considerato un prodotto di scarto, aveva ampi margini
all’innovazione.
Il disprezzo che riceveva permetteva agli autori di proporre novità; se esse non avessero
funzionato, ci sarebbe stato il tempo di aggiustare le storie successive.
Questa possibilità all’errore ha favorito alla crescita del fumetto, fino a quello che oggi
conosciamo.
Il graphic novel può anche essere un saggio, come Rumble Strip, il quale parla di una
dolorosa riflessione sui morti sulla strada; vi è anche The Cage, il quale dimostra che si
potrebbe anche fare a meno della componente del personaggio (dentro i confini della
gabbia, osserviamo l’umanità solo attraverso le sue tracce: una sequenza di oggetti scartati
scandita da un’assordante cacofonia di respiri, grida e silenzio inquietante)
L’assenza di un personaggio porta ad una visione oggettivizzata del fumetto.
Anche in Rumble strip non vi è traccia della presenza umana. L’intero libro è una riflessione
delle morti in strada e le immagini raffigurano quasi esclusivamente segnali stradali.
Fun Home, un racconto di Alison Bechdel, è un racconto sul rapporto dell’autrice con il
padre, omosessuale non dichiarato e possibile suicida.
Vi sono due elementi importanti: il primo è la componente autobiografica del racconto, il
secondo è la tematica dell’omosessualità, da un lato tragico (suicidio del padre) e dall’altra
parte vi è una riflessione generazionale e personale da parte dell’autrice.
Infatti, se il padre ha dovuto nascondere la propria natura, la figlia può invece vivere la
cosa non maggiore libertà (l’autrice è lesbica).
CAPITOLO 15
Oltre al riferimento alle qualità letterarie, il termine “graphic novel” rievoca la forma e la
voluminosità dell’oggetto.
Non ci sono più albi o riviste, adesso ci sono volumi.
Bruno Munari riflette sui libri d’infanzia.
Un bambino, di fronte ad un libro che gli occupa solo uno dei suoi recettori sensoriali,
risulta meno interessato rispetto che di fronte ad un libro da toccare, manipolare guardare,
trasformare e anche leggere quanto basta per completare l’informazione.
Questa riflessione vede il libro solo come un contenitore di informazioni di varia natura.
Il formato di stampa, la scelta del font e della carta possono rendere più o meno piacevole
la lettura, ma alla fine non cambiano molto l’esperienza. Per il fumetto è diverso.
È come per la poesia, cambiando i versi, la loro disposizione nello spazio, cambia anche il
senso dell’opera.
La forma del volume viene raggiunta attraverso la raccolta, ristampa e rilegatura di storie.
Possiamo dividere i volumi dei fumetti in 4 categorie:
Fumetti che raccolgono serie autoconclusive precedentemente pubblicate a
• puntate, come quelle degli anni Venti, Trenta e Quaranta
Fumetti che raccolgono episodi, preferibilmente consecutivi, selezionandoli per
• tematica o autore
I fumetti raccolti in volumi come selezione di una serialità più ampia, ma concepiti
• come autoconclusivi (come miniserie o saghe)
I fumetti che nascono come opere singole, pubblicate in volumi e pensate per il
• mercato librario
Daniele Barbieri distingue diversi tipo di serie:
Serie iterative: serie in cui l’ordine degli episodi è del tutto intercambiabile. Ogni
• episodio è una storia autoconclusiva ed essi sono legati fra loro solo dai
protagonisti
Serie a spirale: gli episodi sono autoconclusivi ma non vi è un salto temporale; le
• vicende sono collegate dalla continuità temporale di personaggi e situazioni
Saghe: la saga non ha confini di episodio; il protagonista non affronta un nuovo
• problema dopo la soluzione, ma durante. Alcuni problemi non verranno nemmeno
risolti
I comic book sono un fondamentale punto di arrivo nell’evoluzione tecnologica del
fumetto.
Prima di essi si collegavano alla stampa quotidiana, la quale li ospitava per incrementare
le vendite.
Il fumetto può così assumere un modello indipendente, dotato di una propria estetica.
CAPITOLO 16
Il primo albo a fumetti della storia è “Histoire de Mr. Lajaunisse” di Cham. Il primo comic
book è invece “The adventure of Obadiah Olduck”.
Spesso i fumetti più famosi erano ripubblicati in varie riviste e libri, nonostante fossero
considerati usa e getta.
Nessuno avrebbe considerato questi albi, solitamente non più lunghi di una trentina di
pagine, rispetto ai graphic novel.
L’etichetta di “prodotto per bambini” e così attaccata al fumetto da far smuovere delle
proteste e creare leggi per salvaguardare i piccoli lettori attraverso le censure.
Fecero in modo, con queste censure, che il fumetto restasse una cosa da bambini.
Questo non si applica però ai comic book, che venivano visti solo da bambini.
Queste opere ebbero un grosso impatto pedagogico e sperimentavano negli anni nuovi
stili sempre differenti.
Essendo appunto considerato per bambini, il fumetto veniva censurato se trattava di
tematiche più adulte.
Come esempio abbiamo la rivista Mad, la quale pubblicava “Master Race”, un’opera che
parlava in poche vignette di un ex comandante nazista, ossessionato dai sensi di colpa,
muore investito da un treno.
Il tutto è riassunto in 6 tavole.
È una riflessione sulla contemporaneità, sul senso di colpa e sull’impossibilità di fare i conti
col proprio passato.
Con l’affermarsi dei fumetti Marvel si iniziò a parlare di vere e proprie saghe, come ad
esempio i Fantastici Quattro.
I racconti sono autoconclusivi, ma nel capitolo successivo la narrazione si riprende da dove
era stata interrotta.
In questo modo si svilupperanno anche delle sottotrame o trame parallele; gli antagonisti
assumono personalità più complesse, come gli eroi.
Cambia anche lo scenario, alle città immaginarie come Gotham su sostituiscono grandi
metropoli reali come New York, creando una connessione più profonda col mondo reale.
Questi fumetti saranno così pieni di versioni diverse, universi alternativi e rinnovati che
necessita di un riordino.
Grazie al cambiamento dei fumetti con i supereroi, si iniziano a inserire delle tematiche
come l’invecchiamento e la morte.
Il tempo si scongela.
L’aumento della durata dei cicli narrativi e lo sviluppo delle saghe introducono l’idea di
finitezza.
Questo tipo di organizzazione seriale si struttura in maniera sempre meno improvvisata,
creando veri e propri universi narrativi.
La forma del libro, che li racchiude tutti, rende più maneggevole la narrativa a fumetti.
Sulla copertina dei Fantastici 4 compare il bollino della Comics Code Authority, l’organo di
censura dei fumetti americani e creato principalmente per contrastare i fumetti horror
della Ec Comics.
Il Code vietava di mettere in buona luce i criminali e di mostrare eccessiva compassione
nei loro confronti.
La situazione è simile a quello che era accaduto nel mondo del cinema col Codice Hays, il
quale venne abolito nel 1967 e sostituito da una griglia che mostra le età consentite alla
visione del film.
Il Comics Code, invece, venne abolito nel 2011.
Le prime ribellioni si manifestarono solo verso la fine degli anni ’70 con Stan Lee.
Lee voleva che l’uso di droghe fosse consentito nei fumetti e fu possibile quando il
Dipartimento per la Salute, Educazione e Pubblica assistenza chiese proprio a Stan Lee di
scrivere una storia sull’abuso di sostanze.
“And Now, The Goblin!” fu il primo albo ad essere distribuito senza il logo del Code.
Al seguito fu inserito l’avviso “per lettori maturi”.
Nascono gli “instant comics “, fumetti che inseriscono un accenno ai movimenti per i diritti
civili.
L’intenzione era quella di esplorare nuove strade di mercato per vendere più albi.
L’etichetta di questo genere viene chiamata “epic comics”. Gli autori che utilizzavano
questa etichetta avevano diritto ad una percentuale sulla vendita e di rimanere proprietari
delle proprie opere.
Il genere dei supereroi diventa il più venduto. È un genere che permette il pieno
sfruttamento della fantasia e si potevano anche esplorare campi come quelli
dell’antropologia, ponendo l’uomo al centro del discorso.
Una delle maggiori case editrici del settore è la “The Comics Journal”, una rivista che
fornisce un importante punto di vista critico sul fumetto.
Nel 1977 nasce “Aardvark” (cerberus) di Dave Sim.
Inizialmente si sviluppa come una parodia del genere heroic fantasy, ma successivamente
la trasforma in un’opera di critica sociale, orientando i temi verso la politica, l’arte, i generi
sessuali.
Include personaggi reali, compreso sé stesso, e di fantasia.
L’intenzione è quella di distaccarsi dagli stereotipi dell’editoria americana.
In seguito alla Seconda guerra mondiale, in Giappone nasce un periodo d’oro editoriale
grazie ai kashihonya, ovvero negozi di libri in prestito.
Gli editori puntano così a scrivere akahon, libri compatti di media lunghezza, intorno alle
100 pagine.
Nasce lo stile gekiga, un fumetto che vuole allontanarsi dal manga utilizzando immagini
drammatiche, descrizioni grafiche realistiche e non adatte ad un pubblico infantile. Questo
perché gli autori possono utilizzare temi violenti o sessuali.
Con l’avanzare dell’età dei baby boomer, gli editori possono ricoprire anche fasce di età
maggiori, come liceali, universitari e giovani lavoratori.
Il mercato dei manga diventa spietato: quelli di maggior successo vengono portati avanti,
ma quelli che non stavano al passo venivano cancellati senza pietà.
È molto in uso anche il “media mix”, dove i contenuti vengono divulgati su vari media. Ad
esempio, un manga può avere un’adattazione anime, film o anche videogioco.
I fumetti non hanno una durata media: possono durare mesi o decenni e avere uno o 50
volumi.
Tra i più famosi e importanti vediamo Dragon Ball, One Piece e Naruto, i quali possono
potenzialmente andare avanti all’infinito.
Dragonb