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Le parole producono sempre un effetto
Le parole producono sempre un effetto e tanto più quelle che il narratore pronuncia. Partiamo da "lasventurata rispose" coniuga arditamente il giudizio di responsabilità insito nel verbo con l'affermazione di irresponsabilità veicolata dall'aggettivo sostantivo. L'alta concentrazione di senso dell'espressione ne fa un nucleo che irradia un testo la cui caratteristica pare la difficoltà di stabilire la consapevolezza o innocenza di Gertrude. Bisogna dire se Gertrude rispose è perché egidio ha osato parlare, fare cioè quello che i famigliari più stretti di Gertrude non avevano mai fatto: al suo ritorno in casa nessuno le rivolgeva il discorso nemmeno quando implorava un po' d'amore. Così privazione linguistica e affettiva vanno di pari passo, una ricerca di affetto che si riversa anche sui servi che la ignorano. Qui sottolineiamo la finezza di analisi psicologica del narratore, che
aggiungea quelle influenti sulla risposta di gertrude: la sua continua richiesta di amare e di essere amata chesi indirizza verso Egidio e la sua ammirazione per chi come lui trova la sfrontatezza di parlarequando è imposto il silenzio.Ma di contro esistono anche delle colpe: Gertrude girava nel cortile per ozio offrendosi al tentatore;inoltre non è vero che non viene amata in quanto nel convento le suore l’amavano come compagna.Si tratta di una ambivalenza di atteggiamenti: a causa di una resistenza di Gertrude, la religione nonpuò aiutarla a diventare una monaca santa e contenta, contando poi che la religione che le era statainsegnata non bandiva l’orgoglio anzi lo santificava. L’ambivalenza inscritta nella forma del testova riconosciuta come tale. Nei lettori di professione, l’effetto è stato quello di provocare un dibattitotra i fautori della consapevolezza e i fautori dell’innocenza: il narratore sollecita la domandaedelude la risposta. Come mai? Introduciamo il tema della volontà di Gertrude. Questa è interiormente scissa, con un'intima schizofrenia che si proietta nei suoi rapporti con il mondo esterno. Poche brevi frasi, in cui il narratore sintetizza le vicende di una personalità in conflitto con sé e con gli altri. Gertrude giovane e abbandonata, vive la stessa esperienza di frattura dell'io, senza mai riuscire a trovare l'unità: riferendo il suo ultimo intervento nella trama dei PS il narratore segnala l'irriducibile dicotomia che persiste in lei tra sentimento e meditazione, tra cuore e ragione, tra la volontà di bene sempre riemergente ed una natura rivolta al male. Questa continua alternanza tra decisioni e pentimenti sono elementi che avvicinano Gertrude al conte di Carmagnola. Egli cerca di scongiurare il compiersi di un destino che gli è chiaro dal principio: la morte dei vili, la nomea di traditore. Tutti i suoicomportamenti eviteranno sia la taccia di tradimento sia il carcere e la morte sul patibolo: e proprio ad essa lo condurranno.
Il conte di Carmagnola e Gertrude sono due testimonianze esemplari di ciò che con Agostino delle Confessiones possiamo chiamare la volontà divisa: le due avverse volontà che si combattono nei due personaggi non rappresentano una lotta fra due opposte menti ma una unica volontà divisa perché non vuole con tutta sé stessa.
Accostando i due comportamenti possiamo motivare meglio la convinzione che la vicenda descritta nei capitoli nono e decimo sia una tragedia. Lei si comporta come il personaggio tragico per eccellenza: consapevole del destino che la sovrasta tenta disfuggirvi ma tutto ciò che dice o fa la porta ad affrettare il compimento. Questo perché la tragedia è il mondo di contendenti che vivono solo in quanto e finché sono in relazione agonistica con il loro nemico: con il risultato paradossale.
il personaggio tragico finisce con il diventargli simile o comunque con il dirigersi verso ciò che teme. Un'altra caratteristica del tragico è la presenza di una colpa: in un mondo dominato dal fato e senza libero arbitrio non ha significato l'attribuzione di responsabilità e il concetto di responsabilità personale. Se il narratore elude la domanda "di chi è la colpa di quanto succede a Gertrude?" lo fa per mettere in dubbio la fondatezza di questa domanda che pure provoca. Si tratta della domanda insolubile, posta con forza della tragedia classica, alle cui tempeste sembra appartenere la vicenda di Gertrude. M. trasforma il genere tragico fino ad approdare a una tragedia cristiana cioè a una tragedia senza il tragico e fino al superamento di essa nel genere romanzo. Arriviamo così al definitivo assorbimento del genere antico nel genere nuovo, romantico e quindi cristiano. La risposta a quella domanda è una risposta.che della storia. La conversione dell'innominato rappresenta infatti un momento di svolta non solo per il personaggio, ma anche per l'intera società in cui vive. La destrutturazione della domanda stessa avviene nel momento in cui l'innominato passa fisicamente e esteriormente dallo spazio del fato, rappresentato dalla sua casa paterna, a quello della religione, attraverso la sua conversione. Questo passaggio segna un cambiamento profondo nella vita dell'innominato e nella sua visione del mondo. L'abbandono alla grazia divina permette all'innominato di trasformare il suo precipizio senza via d'uscita in un cammino che lo porta verso un lieto fine, che la tragedia non può conoscere. La risposta definitiva alla vanità di Gertrude nel cercare di risolvere il problema della colpa viene ancora una volta da Lucia, che affida se stessa e i suoi guai a Dio. In questo modo, il mondo tragico fondato sulla colpa e bloccato nell'immobilità, con l'impossibilità di individuare la vera colpa, viene dissolto dal mondo cristiano illuminato dalla grazia divina. La conversione dell'innominato rappresenta quindi un passaggio dalla vertigine dell'esistenza umana alla parola di Dio, che porta alla salvezza e alla redenzione. Questo caso di conversione ha delle caratteristiche uniche, in quanto si sovrappone il piano della biografia personale con quello della storia più ampia.Dell'opera facendo della conversione sia un evento decisodell'esistenza dell'autore sia un tema fondamentale della sua produzione. Non è però facilericonoscere le tracce di una testimonianza autobiografica sulla conversione nell'opera di un autorepoco incline a parlare di sé come M.: l'autore lo accenna solo in una lettera a Fauriel del settembredel 1810 di poco successiva al momento decisivo. Per quanto riguarda l'analisi del motivo dellaconversione attraverso gli scritti manzoniani, credo sia possibile ipotizzare il suo progressivoaffermarsi dai testi poetici e teatrali ai PS. E' nel passaggio di M. dalla tragedia al romanzo sembraacquisire il suo valore più pieno. Il conte di Carmagnola ha per protagonista un eroe leale he vienetradito dalla doppiezza della politica a dimostrazione che nella sanguinosa storia umana non cipossono essere vincitori. Viene l'Adelchi con Ermengarda che tenta invano di sfuggire
alla logicamicidiale della vendetta e aspira al perdono e per sé non chiede altro che oblio ma inutilmente. L'approdo al romanzo in M. si giustifica come tentativo di rappresentare, attraverso la conversione, la soluzione al binomio vincitori-vinti che opprime la storia umana, una svolta all'interno dell'animo umano che consenta il passaggio dalla violenza al perdono. Gli episodi di Ludovico-fra Cristoforo e dell'innominato sono episodi cruciali che condizionano l'azione, impedendo la vittoria del male. Dal momento che la conversine, secondo la logica della Morale cattolica, si offre come possibilità presente ad ogni istante della vita dei personaggi, essa appare la più efficace traduzione, in termini narrativi e drammatici, dell'incessante impulso che anima il romanzo, caratterizzando la sua vocazione ad esplorare le zone più nascoste dell'animo umano, secondo le intenzioni dell'autore. Il romanzo non è solo
Il romanzo della conversione ma anche della Provvidenza, se noi intendiamo una fiducia in Dio che preserva dal male e dispensa dalla lotta quotidiana contro se stessi.
FL: sappiamo che il Conte del Sagrato è ispirata a un personaggio storico, probabilmente il feudatario Francesco Bernardino Visconti. Due fonti storiche, il Rivola e il Ripamonti, sono citate ma M. aggiunge che forniscono dati molto generici e che si è dovuto affidare alla cronica dell'anonimo, cioè ad un'invenzione romanesca. Ne consegue che in un romanzo che trova fondamento storico anche ai più piccoli particolari, l'autore consegna alla finzione una vicenda che avrebbe avuto piena legittimazione nelle fonti documentarie. L'ispirazione quindi è letteraria. Il racconto della conversione nel FL si fonda sul modello del teatro classico, mantenendo integral'unità di tempo: essa si concentra nella notte insonne tra l'incontro con Lucia e il colloquio.
Colcardinal Borromeo. Si tratta di un modello paolino che comporta una folgorazione miracolosa a cui segue una mutatio vitae. Il ritratto del personaggio del Conte è condotto a tinte forti, gioca su effetti di contrasto che spesso arrivano al grottesco e sembrano rifarsi alla tradizione del romanzo gotico. Appena presentato il personaggio, l'autore racconta l'episodio dell'uccisione sul sacrato di una chiesa (gesto blasfemo) di un uomo che si era rifiutato di annullare il debito di un suo protetto, sezione rimossa poi nella Ventisettana. Questa linea di sviluppo sembra confermata anche dal fasciolo scorporato dal rifacimento della prima minuta che va sotto il nome di Schizzo della vita e del carattere dell'innominato, in cui si narra di un altro omicidio del conte; nel FL il conte non è cittadino come nei PS ma uomo di contado con modi grevi e spicciativi che si manifestano nell'insofferenza per i formalismi spagnoleschi che Don Rodrigo gli rivolge.
Dandogli l'incarico di rapire Lucia. Accanto a quest'irritabilità per le cerimonie, troviamo un'attenzione per il tornaconto economico. L'espressione "Cinque e cinque, dieci" → "Cinq e cinque, des", nel Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini, rimanda alla formula di reciproco consenso sul prezzo pattuito nei mercati di cavalli ed altri bestiami. Non manca nel profilo del personaggio il travestimento farsesco, rappresentato da un episodio che lo ritrae in gioventù accanto a Borromeo - il conte prima di andare dal cardinale rievoca un loro incontro giovanile. Il conte, per la continua ricerca del lato comico e grottesco della vita, sembra essere disceso per i rami della tradizione del romanzo umoristico inglese. Vediamo negli accordi con Egidio per rapire Lucia, nel confronto con Nibbio per la sua compassione per la giovane, una tendenza di risolvere tutto con la burla. La caratterizzazione del Conte tende a fare attrito alla risoluzione della
successiva conversione. Essa è rimandata al colloquio col cardinale Borromeo dell mattina seguente, mentre la notte trascorresenza che il lettore percepisca il vero apice tragico. Alla fine il conte di addormenta a differenza diquanto accade per l’innominato dei PS c