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Nel frattempo, in Sicilia, si affermava una nuova figura politica:
Ierone II, l’ultimo grande sovrano della grecità occidentale. Ex
ufficiale di Pirro, sfruttò le tensioni interne e la minaccia
rappresentata dai Mamertini – mercenari campani che, dopo la
morte di Agatocle, si erano impadroniti di Messina e delle zone
circostanti, saccheggiando il territorio – per consolidare il proprio
potere.
Ierone li affrontò con decisione e li sconfisse nella battaglia del
fiume Longano (circa 269 a.C.). Tuttavia, non riuscì a prendere
Messina, poiché i Mamertini avevano chiesto aiuto ai Cartaginesi,
che inviarono una guarnigione in loro sostegno. Tornato a Siracusa,
Ierone fu proclamato re e governò il suo piccolo regno fino alla sua
morte, nel 215 a.C., all’età di 92 anni. Il suo dominio si estendeva
su Siracusa, Leontini, Acre, Noto e Tauromenio.
Il suo regno, durato ben 54 anni, si distinse dalle precedenti
esperienze autocratiche della città per una politica meno aggressiva
e per una maggiore attenzione agli affari interni. Pur mantenendo
un esercito efficiente, Ierone evitò espansioni territoriali e si
concentrò sullo sviluppo economico del regno, coadiuvato da
consiglieri di alto livello, tra cui il celebre scienziato Archimede.
La Sicilia e la prima guerra punica
Fu durante il regno di Ierone che la Sicilia conobbe un cambiamento
epocale nei suoi equilibri geopolitici. Per secoli, l’isola era stata
contesa tra le città greche e Cartagine, ma la lunga e logorante
prima guerra punica (264-241 a.C.) mutò radicalmente lo scenario.
Inizialmente alleato di Cartagine, Ierone cambiò presto
schieramento e si alleò con Roma, rivelandosi un prezioso alleato
nella guerra contro i Cartaginesi. Questa scelta gli permise di
mantenere il controllo del suo regno anche dopo la fine del conflitto,
mentre il resto dell’isola, una volta espulsi i Cartaginesi, divenne la
prima provincia romana nel 227 a.C.
È un mondo dai confini assai più ampi che in passato ed
estremamente variegato al suo interno, un mondo per il quale le
fonti antiche (soprattutto papiri, iscrizioni, monete e reperti
archeologici, più che testimonianze letterarie) si rivelano
abbondanti ma sporadiche, nel tempo come nello spazio (ancora
una volta con la parziale eccezione dell'Egitto): gettano cioè luce
sulla situazione di singoli luoghi in particolari momenti, ma rendono
difficile tracciare schemi generali o ricostruire una storia economica
nel senso moderno del termine. 2.1. L'economia dei regni Le
maggiori entrate finanziarie dei regni elleni- La terra del re stici
vengono dalla terra· sia i sovrani d'Egitto sia i re seleucidi ne
possiedono enormi estensioni, che possono far lavorare
direttamente dalle popolazioni locali oppure dare in concessione a
templi, a privati cittadini, a militari stanziati in punti strategici del
territorio o congedati dopo il servizio. In questo modo essi ricavano
grandi guadagni, in natu!.a. o in denaro. .wi;o farmaJi-taswe
applicare dirçttamente sui prodotti oppure di canoni d'affitto. -- Il
caso che meglio conosciamo è quello dell'Egitto, o almeno di alcune
zone del regno, dove il clima asciutto ha permesso la conservazione
di una ricca messe di papiri. Questi documenti, che riguardano le
pratiche amministrative quotidiane e che per gli altri regni sono
perduti a causa del materiale deperibile su cui erano redatti (papiro
appunto o pergamena), ci illuminano sulle pratiche seguite
dall'amministrazione tolemaica. Essi rivelano un sistema di
coordinamento e attento controllo, in particolare sulla produzione e
la vendita del grano e degli oli vegetali (d'oliva, di lino, di ricino, di
sesamo), che vengono seguite in tutte le loro fasi: un sistema che