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Estratto del documento

La prosa deve mirare all’intelligibilità, ad essere compresa in ogni suo aspetto.

I periodi sono ampi e attentamente equilibrati, in cui tutte le parti trovano una corrispondenza

simmetrica, anche grazie alle strutture sintattiche privilegiate e ad accorgimenti linguistici, come la

correlazione. Lo stile così studiato risponde al valore intrinseco del logos, e alla reale destinazione

dei suoi discorsi, che non devono essere piacevoli, ma condurre il lettore alla persuasione.

Utilizza un attico limpido e preciso, con un lessico puntuale. Non aspira alla prosa sublime, ma a un

linguaggio che sostenga il ragionamento.

TEOCRITO

Nasce dal 315 a.C. - 260 a.C.

L’ambientazione mediterranea degli idilli rinvia ai luoghi della sua vita; paesaggi della Sicilia

dove è nato, a Siracusa, l’isola di Cos, e Alessandria, sotto la protezione di Tolemeo II

Filadelfo. Alcuni riferimenti ad avvenimenti storici presenti negli encomi offrono alcuni dati

cronologici. L’encomio di Ierone potrebbe collocarsi intorno al 275 a.C., all’epoca della sua

nomina a stratego. Il tentativo di proporsi come poeta di corte non ha probabilmente esito

positivo, perciò si trasferisce ad Alessandria.

Le opere di Teocrito sono pervenute in numerosi codici: 30 idilli (indicati con questo nome, ma

hanno un carattere multiforme), 1 carme figurato, 22 epigrammi.

Gli studiosi considerano una parte dei carmi del corpus opera di imitatori.

Gli idilli bucolici

Il tratto caratteristico è la rappresentazione stilizzata della vita bucolica sullo sfondo di

paesaggi mediterranei, in cui un locus amoenus ospita performances di pastori-poeti. Durante

l’età ellenistica l’interesse per la campagna aumenta notevolmente, fino alla creazione di un

genere letterario, l’idillio. Il modello è forse il Fedro platonico, sullo sfondo del paesaggio

naturale incontaminato delle rive dell’Ilisso. Ma il paesaggio di Teocrito è indefinibile dal punto

di vista geografico, in cui i pastori si preoccupano solo del canto (impronta dell’età dell’oro).

La natura è anche popolata da divinità rustiche come le Ninfe e Pan, e da eroi trasformati in

fiori.

Attraverso il canto dei pastori troviamo riferimenti ai mitici iniziatori del canto bucolico, allusioni

dotte, addirittura invocazione alle Muse, ma soprattutto l’amore. L’eros è una forza

sconvolgente e distruttrice; se l’ambientazione agreste sembra garantire tranquillità,

quest’ultima è infranta dalla passione dolorosa.

I mimi urbani e la vita cittadina

Sono 3 componimenti che hanno per protagonisti personaggi mitici o regali, che abitano nelle

città ellenistiche. Le caratteristiche sono la freschezza e la spigliatezza del tono, sovente dai

tratti popolari o colloquiali. Offrono una descrizione della vita quotidiana in una metropoli.

Il mito XV testimonia la presenza del culto in onore di Adone, che veniva celebrato all’interno

del Palazzo Reale, aperto per l’occasione al pubblico. Si tratta di un documento per

comprendere le strategie politiche dei Tolomei.

Gli epilli

3 epilli, dedicati rispettivamente al mito di Ila, di Eracle, e di Penteo.

Caratteristica è la contaminazione letteraria.

Negli epilli dedicati a Eracle, quest’ultimo era un modello per la dinastia e una delle divinità più

“politiche“ del mondo ellenistico. Teocrito si distacca dalla tradizione poetica precedente,

presentando aspetti meno noti del mito. Nell’Ila raffigura l’eroe innamorato, decidendo così di

abbandonare la spedizione degli Argonauti in preda al dolore.

La poesia encomiastica

Presenta un lessico elogiativo dei sovrani e dei patroni.

A Ierone II di Siracusa dedica l’idillio XVI, Le Cariti, scritto in occasione della sua nomina a

stratego di Siracusa. Nel testo riprende motivi già pindarici: la poesia eternatrice e l’elogio

delle straordinarie qualità del laudandus.

Per il mutato contesto politico e culturale, non si tratta più dell’elogio del vincitore dei giochi

olimpici (Pindaro), ma di un elogio dagli spiccati tratti politici.

Elemento ricorrente è la divinizzazione del sovrano. Inserisce elogi impliciti anche in

componimenti non dichiaratamente elogiativi.

La poetica

Uso pressoché generalizzato dell’esametro, varietà di contenuti e di forme, conforme alle

esigenze di componimenti brevi. È innovativo quando utilizzato per forme poetiche che

originariamente prevedevano altre tipologie compositive.

La varietà di generi letterari, diviene capacità di contaminare all’interno dello stesso carme

procedimenti formali propri di generi codificati.

Scrive in dialetto dorico, al quale aggiunge varianti dialettali. La sua poesia è ricca di

immagini, ottenuti grazie ad un’abbondante aggettivazione, soprattutto nella descrizione degli

idilli bucolici, in cui ricorrono il lessico della natura e termini tecnici.

A ciò si aggiungono le invocazioni agli dei, i cataloghi e le ekphaseies, ma anche gli scongiuri

e i canti dei pastori. POLIBIO

Nasce tra il 205 e il 118 a.C. a Megalopoli; la famiglia è legata alla corrente di

Filipomene, alla guida della coalizione greca che tenta una politica di

salvaguardia dell’autonomia delle città greche dinanzi all’espansionismo

romano. Nel 170 a.C. Polibio è nominato ipparco della Lega, ossia comandante

della cavalleria. Più tardi scoppia il terzo conflitto romano-macedonico contro

Perseo, e alla fine gli Achei si schierano a fianco dei romani. Dopo la sconfitta di

Perseo il partito filoromano prende il sopravvento nella Lega e una sua

delegazione si reca nell’accampamento dei vincitori per chiedere

misure repressive contro i sospettati filomacedoni e antiromani. Così 1000

cittadini greci subiscono la deportazione a Roma; tra questi vi è anche Polibio.

Nell’Urbe evita di essere relegato; l’incontro con Scipione Emiliano si rileva

decisivo della sua carriera: è infatti incaricato nella formazione del giovane

Romano. Compie poi numerosi viaggi, in cui raccoglie testimonianze autoptiche

che userà nella sua opera storica. Dopo il rientro in patria dei 300 achei

superstiti, Polibio tenta di ottenere il ripristino delle cariche istituzionali che ha

occupato da libero cittadino, ma l’opposizione di Catone è inflessibile. Mantiene

l’amicizia con Scipione e assiste alla distruzione di Cartagine e alla presa di

Corinto (sconfitta Lega achea). Fa da mediatore tra le varie città achee,

risolvendo controversie territoriali sorte a causa degli ordinamenti costituzionali

imposti dai vincitori. Ottiene grandi onori dai suoi connazionali. Nel 134 a.C.,

insieme a Scipione Emiliano partecipa alla campagna contro Numanzia.

Le storie

Le storie di Polibio si articolano in 40 libri, solo i primi cinque sono integri e

buona parte del VI. Si riallaccia all’opera di Timeo di Tauromenio, e fa iniziare la

narrazione nel 264 a.C., fino al 146 a.C.

Nella struttura si riconoscono due blocchi: il prologo, che contiene le vicende

degli anni 264-221 a.C. (primi due libri); i restanti libri narrano gli avvenimenti

dal 220 al 146 a.C., ossia dalla guerra annibalica alla presa di Corinto e alla

distruzione di Cartagine.

Hanno un impianto strutturale di tipo annalistico, che procede scandendo la

storia in base alla sequenza delle Olimpiadi, e aggiungendo la successione dei

consoli romani o dei magistrati delle Leghe. Per costruire una storia universale

con un impianto annalistico, fa procedere parallelamente le narrazioni di

vicende diverse che si svolgono per molti anni e che sono interrotte in un libro e

riprese in quello successivo.

Inoltre inserisce interventi digressivi di questioni di storia costituzionale,

tematiche di teoria della storiografia e approfondimenti geografici.

L’opera si incentra su due dati fondamentali: il 168, battaglia di Pidna; 146 a.C.,

presa di Corinto; sanciscono l’annessione del mondo greco al dominio romano.

La vera protagonista delle Storie è l’ascesa di Roma.

Soltanto un progetto storiografico universale consente di accedere alla verità

storica e a un’indagine sulle cause degli avvenimenti. L’espansione romana è il

collante in grado di tenere insieme le vicende di tutti i luoghi e di tutti i popoli

della terra. Egli vuole essere uno storico dell’οικουμένη, ma dal momento che

essa si trova sotto il dominio di Roma, ecco che Polibio diviene storico

dell’imperialismo romano; dunque la storia universale si realizza nella

descrizione dei processi che hanno condotto Roma a dominare il mondo.

La sua è una storia pragmatica, incentrata sull’esposizione dei fatti, evitando di

soffermarsi sui racconti mitici o sulle parentele dinastiche.

La storia deve portare un beneficio diretto alla comunità e preservarlo per i

posteri. Inoltre è una storiografia dettagliata, particolareggiata, che rimanda

all’idea che l’indagine storiografica debba essere sottoposta a un vaglio critico

delle fonti, a uno studio preciso dei dati geografici e a un’esperienza diretta della

vita politica e diplomatica.

L’approccio storiografico di Polibio ricorda il metodo di Tucidide, sia per

l’approccio metodologico, sia per l’impianto strutturale, e sia per la concezione

universale della storia.

Un singolo grande evento è percepito come caratterizzante di un’intera epoca.

L’idea di storia come patrimonio utile alla vita sociale, ha una differenza

sostanziale. Mentre per Tucidide la storia è l’esposizione ragionata dei fatti, per

Polibio ha un intento precettistico, che fa slittare la razionale obiettività tucididea

verso un poco scientifico moralismo.

La ricerca eziologica di Polibio si muove sul piano dei rapporti etici, politici e

diplomatici; manca la valutazione dei rapporti di forza, delle condizioni

economiche e delle peculiarità culturali. Tra le cause dello scoppio della

seconda guerra punica ne colloca una di tipo relazionale, una di tipo diplomatico

e una strategica. È evidente la mancanza di una introspezione storica che

sappia cogliere le ragioni profonde del crescente imperialismo romano.

Il ruolo della sorte nella storia è concepita sia come potenza divina sia come

caso, cioè come irrazionalità e imprevedibilità, senza una connotazione di tipo

positivo negativo.

La storia e il tempo sono intesi nella forma ciclica rinnovata di inizio, acme e

decadenza.

Il libro VI, che percorre una riflessione sulle istituzioni politiche e sul concetto di

storia e tempo, spiega le affermazioni e i fallimenti politici degli Stati sulla base

della loro costituzione e dell’approccio moralista.

Innesta la teoria del ritorno ciclico del tempo, definita ανα&kappa

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
6 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/02 Lingua e letteratura greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Jennifercela di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Pompili Maurizio.