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CARATTERISTICHE GENERALI DEL MARXISMO

1. Carattere globale dell’analisi marxista : Marx opera un’analisi globale della società e della storia, il suo

pensiero è dunque irriducibile alla dimensione puramente filosofica, sociologica o economica

2. L’impegno pratico

CRITICA AL MISTICISMO LOGICO DI HEGEL

Il rapporto tra Marx e Hegel risulta assai complesso ed è oggetto di divergenti interpretazioni critiche, tuttavia è

innegabile che l’hegelismo abbia esercitato su Marx, per affinità o per opposizione, un notevole influsso.

Nella critica alla filosofia del diritto di Hegel Marx sostiene che l’artificio di Hegel consiste nel trasformare le

realtà empiriche in manifestazioni necessarie dello Spirito. Esempio: in un dato momento storico in uno Stato

c'è una monarchia, Hegel traduce che uno Stato (lo Stato incarna lo Spirito) presuppone per forza una sovranità,

la quale si incarna necessariamente nel monarca.

Questo procedimento viene chiamato da Marx misticismo logico perché invece di analizzare i dati per quello che

sono, li nasconde dietro una realtà spirituale necessaria ↓

L’idealismo di Hegel fa del concreto (della realtà) la manifestazione dell’astratto.

Marx oppone al metodo “mistico” di Hegel il proprio METODO “TRASFORMATIVO”, che consiste nel

ricapovolgere ciò che l'idealismo ha capovolto, ossia nel riconoscere di nuovo ciò che è soggetto e ciò che è

oggetto. Secondo Marx le circostanze (concreto) determinano lo Spirito (ideale)

=

STRUTTURA ECONOMICA CONCRETA → APPARATO IDEALE

Le forze motrici della storia non sono di natura ideale, bensì socio-economica

Oltre a essere fallace sul piano logico, il procedimento di Hegel è anche conservatore sul piano politico, in quanto

porta a santificare la realtà esistente come l'unica razionale.

LA CONCEZIONE MATERIALISTICA DELLA STORIA

La storia, secondo Marx, non è, primariamente, evento spirituale, ma un processo materiale fondato sulla

dialettica bisogno-soddisfacimento. Alla base della storia vi è dunque il LAVORO, che Marx intende come

creatore di civiltà e di cultura e come ciò attraverso cui l'uomo si rende tale, emergendo dall'animalità primitiva e

distinguendosi dagli altri esseri viventi.

● Struttura e sovrastruttura

Nell’ambito della storia, bisogna distinguere due elementi di fondo: LE FORZE PRODUTTIVE E I RAPPORTI

DI PRODUZIONE

Per forze produttive Marx intende tutti gli elementi necessari al processo di produzione, ossia, fondamentalmente:

- gli uomini che producono (la forza-lavoro);

- i mezzi utilizzati per produrre (i mezzi di produzione: terra, macchinari ecc.);

- le conoscenze tecniche e scientifiche di cui ci si serve per organizzare e migliorare la produzione.

Per rapporti di produzione Marx intende i rapporti che si instaurano tra gli uomini nel corso della produzione e

che regolano il possesso e l'impiego dei mezzi di lavoro.

Il modo di produzione, dato dal rapporto tra forze produttive e rapporti di produzione, costituisce la

STRUTTURA, ovvero lo scheletro economico della società.

forze produttive + rapporti di produzione = STRUTTURA

A seconda della struttura si determina una SOVRASTRUTTURA, la quale stabilisce e condiziona i rapporti

giuridici, le forme dello Stato, le dottrine etiche, religiose, filosofiche e artistiche. Di conseguenza, secondo il

punto di vista di Marx (materialismo storico), non sono le leggi, lo Stato, le forze politiche, le religioni, le

filosofie ecc. a determinare la struttura economica della società (come ritiene l'idealismo storico), bensì è la

struttura economica della società a determinare le leggi, lo Stato, le religioni, le filosofie, ecc…

Le forze motrici della storia non sono di natura ideale, bensì socio-economica.

L’unico elemento veramente determinante della storia è la struttura economica, mentre la sovrastruttura ne è

unicamente un riflesso.

● LA DIALETTICA DELLA STORIA

Marx ritiene che la dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione costituisca il motore dinamico della

società, nonché la stessa legge della storia.

Ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive tendono a corrispondere determinati rapporti di

produzione, tuttavia i rapporti di produzione si mantengono soltanto fino a quando favoriscono le forze produttive

corrispondenti.

Poiché le forze produttive, in connessione con il progresso tecnico, si sviluppano più rapidamente dei rapporti di

produzione, i quali esprimono relazioni di proprietà e dunque tendono a rimanere statici, ne segue

periodicamente una situazione di contraddizione tra i due elementi, che genera un’epoca di rivoluzione sociale.

Le nuove forze produttive sono incarnate sempre da una classe in ascesa, mentre le vecchie forze produttive sono

incarnate dalla classe dominante al tramonto. Di conseguenza risulta inevitabile lo scontro, che si gioca non solo a

livello sociale, ma anche culturale e politico. Alla fine trionfa quasi sempre la classe espressione delle nuove forze

produttive, la quale riesce a imporre la propria maniera di produrre e di distribuire la ricchezza, nonché la propria

visione del mondo.

IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA

Il Manifesto del partito comunista, nel quale espone gli scopi e i metodi dell’azione rivoluzionaria, rappresenta

un’efficace sintesi della concezione marxista del mondo.

La prima parte del Manifesto è dedicata all’analisi della funzione storica della borghesia affrontando meriti e

limiti di questa classe.

Marx ritiene che la borghesia, a differenza delle classi sociali dominanti del passato, non può esistere senza

rivoluzionare continuamente i modi di produzione.

BORGHESIA = CLASSE DINAMICA

In risposta ad una continua evoluzione, le moderne forze produttive, sempre più sociali, si rivoltano contro i

vecchi rapporti di proprietà. Il proletariato, classe oppressa della società borghese, non può fare a meno di

mettere in opera una dura lotta di classe.

Marx insiste sull'internazionalismo della lotta proletaria e termina il Manifesto con la nota esortazione

rivoluzionaria “Proletari di tutti i Paesi, unitevi!” !!!!!!

Nel Manifesto individua come soggetto autentico della storia la lotta tra le classi.

IL CAPITALE

Nel saggio intitolato Il Capitale Marx si propone di mettere in luce i meccanismi economici della società

borghese.

Marx ritiene che non esistono leggi universali dell’economia e che ogni formazione sociale è dotata di caratteri

propri e leggi storiche specifiche (es. le leggi che valgono per il feudalesimo non valgono per il capitalismo)

● Merce, lavoro e plusvalore

I concetti di merce e valore sono analizzati nella prima parte del Capitale.

1. Innanzitutto, una merce deve possedere un «valore d'uso», in quanto deve poter servire a qualcosa, ossia

essere utile, poiché nessuno acquista qualcosa che non soddisfi determinati suoi bisogni.

2. In secondo luogo deve possedere un “valore di scambio”, il quale dipende dalla quantità di lavoro

socialmente necessaria per produrre la merce (più lavoro è necessario per produrla, più essa vale).

Marx chiama «feticismo delle merci» il carattere rovesciato del rapporto che instauriamo con le merci: crediamo

che le merci contengano in sé il proprio valore e non riconosciamo il fatto che il valore è prodotto dal lavoro, e

quindi dallo sfruttamento

Il valore di una merce non si identifica del tutto con il suo prezzo, ma quest’ultimo ha il valore alla propria base.

Sul prezzo, infatti, influiscono altri fattori, come l’abbondanza o la scarsità della merce stessa.

● Ciclo economico capitalistico

Secondo Marx, la caratteristica peculiare del CAPITALISMO è costituita dal fatto che in esso la produzione non è

finalizzata al consumo, bensì all'accumulazione di denaro.

Di conseguenza, il ciclo capitalistico non è quello "semplice", preponderante nelle società pre borghesi e

descrivibile con la formula schematica M.D.M. (merce-denaro-merce). Tale formula, infatti, allude al doppio

processo per cui una certa quantità di merce viene trasformata in denaro e una certa quantità di denaro viene

ritrasformata in merce;

MA il ciclo economico peculiare del capitalismo è piuttosto descrivibile con la formula D.M.D’:

(denaro-merce-più denaro), in quanto nella società borghese abbiamo un soggetto (il capitalista) che investe

denaro in una merce per ottenere, alla fine, più denaro di quanto non abbia investito.

● Il plusvalore

Il plusvalore (D’) è prodotto dalla forza-lavoro, nonché dalla classe operaia, che è a sua volta una merce. Il

capitalista compra la sua forza lavoro pagandola come qualsiasi altra merce attraverso il salario, il cui valore

corrisponde alla quantità di lavoro socialmente necessario a produrla.

Il plusvalore discende dal pluslavoro dell’operaio e si identifica con l’insieme del valore da lui gratuitamente

offerto al capitalista. Infatti l’operaio ha la capacità di produrre con il suo lavoro un valore ben maggiore di quello

che gli è corrisposto con il salario.

Marx identifica lo sfruttamento capitalistico con la possibilità, da parte dell'imprenditore, di utilizzare la forza

lavoro altrui a proprio vantaggio.

Ciò avviene in quanto il capitalista dispone dei mezzi di produzione, mentre il lavoratore dispone unicamente

della propria energia lavorativa ed è costretto, per vivere, a "vendersi" sul mercato in cambio del salario.

● Capitale costante e variabile

Dal plusvalore deriva il profitto. PLUSVALORE → PROFITTO ma ≠

Plusvalore e profitto, per Marx, non sono tuttavia la medesima cosa, in quanto il profitto, pur presupponendo il

plusvalore, non coincide totalmente con esso. Per comprendere la ragione di questa tesi è indispensabile tener

presente la distinzione marxista tra capitale variabile e capitale costante:

- Il capitale variabile è quello che viene investito nei salari

- Il capitale costante è quello investito nei macchinari e in tutto ciò di cui la fabbrica ha bisogno per

funzionare efficientemente

Poiché il plusvalore nasce solo in relazione ai salari, ossia al capitale variabile (in quanto più aumenta il

pluslavoro, più cresce il plusvalore), il saggio (o il tasso) del plusvalore ri

siede nel rapporto, espresso in percentuale, tra il plusvalore e il capitale variabile:

saggio del plusvalore = plusvalore / capitale variabile

Ma il capitalista, per poter dirigere la fabbrica, è costretto a investire non solo in salari (capitale variabile), ma

anche in impianti (capitale costante). Pertanto il

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher evadesantis di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Mari Libero Mario.
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