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SONETTO

Il termine "sonetto" è la trasposizione italiana del provenzale sonet e in origine designa una melodia, e quindi un testo atto a essere cantato o semplicemente di minor impegno rispetto alla canzone. Esso nasce nella prima metà del '200 nella Scuola siciliana, probabilmente grazie a Giacomo da Lentini, ed è frequentissimo in tutta la storia della poesia italiana, persistendo anche nel '900. I suoi maggiori esponenti sono Giacomo da Lentini, Guittone d'Arezzo e Cavalcanti nel '200; Dante e Petrarca nel '300; Giovanni della Casa nel '500; Foscolo nel '700; Carducci e Pascoli nell' '800; Caproni, Zanzotto e Raboni nel '900. Nelle sue origini siciliane e per la gran parte del '200 il sonetto è considerato un componimento monostrofico, su ispirazione del modello provenzale delle poesie acoblas esparsas, cioè con strofe isolate, che i poeti trovatori si scambiavano a vicenda come botta e

risposta.I poeti siciliani recuperano questa tradizione della coblasesparsas e costruiscono una strofa di canzone "speciale", data appunto dal sonetto.Successivamente, il sonetto verrà ripreso dallatradizione poetica toscana e alla fine del '200 sarà inter-Dantepretato non più come un blocco monostrofico ma come una sequenza di 14 versi, tutti endecasillabi, suddivisi dapprima in due parti, rispettivamente di 8 e 6 versi, chiamate dai moderni rispettivamente "fronte, ottava o ottetto" e "sirma, sestina o sestetto", e poi in due quartine e due terzine.Nella fronte le rime sono incrociate, ABBA ABBA, mentre nella sirma sono variabili.I trattatisti Antonio da Tempo e Francesco da Barberino ne distinguono le varianti:- per struttura:1. simplex: sonetto canonico (visto in precedenza)2. dimidiatus: con fronte a rima alternata ABABABAB3. continuus: le rime della fronte si ripetono nella sirma (raro)4. doppio, di derivazione

guittoniana: si aggiunge un settenario che rima col verso precedente dopo ogni verso dispari della fronte e dopo il secondo verso delle due terzine.

rinterzato, cioè rafforzato: si aggiunge un settenario che rima col verso precedente dopo ogni verso dispari della fronte e dopo il primo e/o il secondo verso delle due terzine.

Guittone d'Arezzo.

ritornellato, inventato nel '200, di derivazione guittoniana: si aggiunge al sonetto un ritornello fatto da un endecasillabo che rima con l'ultimo verso o un distico di endecasillabi a rima baciata nuova.

Cavalcanti.

caudatus, inventato nel '300: si aggiunge al sonetto una coda formata da un settenario che rima con l'ultimo verso seguito da un distico di due endecasillabi a rima baciata nuova; lo schema può essere ampliato con l'aggiunta di altre code in cui il settenario rima con il distico precedente; in tal caso si parla di "sonnettessa" (Pucci nel '300, poesia comica del Berni nel).

‘500 e Carducci nell’ ‘800)

Pucci- per misura dei versi:

  1. duodenarus: versi sdruccioli
  2. mixtus: versi sdruccioli e piani
  3. mutus: versi tronchi
  4. septenarius: settenari
  5. communis: endecasillabi e settenari
  6. minore, diffuso nel ‘700: versi minori dell’endecasillabo (Pascoli)

Pucci- per rime:

  1. incatenatus: tutti i versi hanno una rima interna
  2. repetitus: ogni verso ripete la parola finale del verso precedente
  3. retrogradus: i versi si possono leggere nei due sensi senza perdere lo schema delle rime
  4. semiliteratus: alternanza di versi italiani e latini
  5. metricus: alternanza di versi italiani e latini, questi ultimi presi da un autore
  6. bilinguis: alternanza di versi di due lingue

BALLATA ANTICA O “ITALIANA”

Ignorata dai Siciliani, la ballata viene introdotta in Toscana nella seconda metà del ‘200 e completa conla canzone e il sonetto il canone delle principali forme liriche del secolo. Essa ha avuto un grandesuccesso sul finire del

‘200 come genere pluristrofico presso Guittone D’Arezzo e Jacopone da Todi sul versante religioso e presso Cavalcanti e Lapo Gianni sul versante profano-amoroso, e nel ‘300 come genere monostrofico, o al massimo di due strofe, in poeti come Petrarca. La ballata, come il madrigale antico, ha una destinazione musicale, cioè i suoi testi vengono scritti per la musica e per la danza e destinati all’intrattenimento cortigiano. Ballata e madrigale antico hanno un enorme successo nell’ambito delle nuove corti signorili in concomitanza con la nascita dell’ars nova, genere musicale polifonico che si avvale dei loro testi metrici. La prova materiale di questo successo si ha nella mole di manoscritti musicali che ci sono arrivati con la funzione di trasmissione di spartiti su cui quei testi venivano intonati. È per tale motivo che in questi manoscritti i testi musicali sono attribuiti ai loro autori, mentre quelli poetici rimangono anonimi (eccetto in

quei casi in cui si riesce a risalire all'oro poeta tramite i manoscritti letterari); si tratta comunque di testi per la maggior parte senza un grande valore letterario ed essenzialmente funzionali all'intonazione musicale. Non a caso nel DVE la ballata è considerata da Dante come inferiore rispetto alla canzone e corrispondente allo stile medio poiché destinata alla danza e quindi non autosufficiente da un pdv poetico; lo stile elevato, invece, tende a una caratterizzazione letteraria, non musicale. La ballata si esaurisce quindi nel '400 e '500, quando viene soppiantata dal madrigale cinquecentesco, per poi ritornare in auge tra '800 e '900 con Tommaseo, Carducci, Pascoli, D'Annunzio e Montale. La ballata è un testo in strofe di endecasillabi e settenari, la cui struttura ricorda molto quella della canzone. La sua caratteristica essenziale è la presenza di una ripresa (responsorium), cioè di un ritornello composto da un numero variabile di

versi denominati con le ultime lettere Cavalcanti dell'alfabeto (w, x, y, z).

L'ultimo verso della ripresa rima con il verso finale di ogni stanza (o dell'unica stanza). Nell'esecuzione musicale essa viene cantata dal coro all'inizio, fra una stanza e l'altra (se le stanze sono più di una) e alla fine.

Le stanze sono recitate dal solista e sono divise in due o tre mutazioni di 2, 3 o 4 versi (simili ai piedi della canzone) e una volta, che ha la stessa formula sillabica della ripresa e il cui primo verso rima con l'ultimo della mutazione e l'ultimo con l'ultimo della ripresa.

La ballata può essere conclusa da una strofa con lo stesso schema della ripresa, detta "replicazione" (simile al congedo della canzone).

Tuttavia è frequente che la ballata consista solo nella ripresa e in una stanza (la forma più ridotta è la zagialesca, spesso usata per le laudi duecentesche).

Antonio da Tempo divide le ballate per dimensioni:

  1. ...

grande: la ripresa ha 4 versi, tre endecasillabi e un settenario

mezzana o media: la ripresa ha 3 versi, due endecasillabi e un settenario

minore: la ripresa ha 2 versi

piccola: la ripresa ha 1 verso endecasillabo

minima: la ripresa ha 1 verso minore dell'endecasillabo

stravagante: la ripresa ha più di 4 versi

Ballata grande, Dante

Ballata mezzana, Landini

Ballata minore, Bartolino da Padova

Ballata piccola, Landini

Ballata minima, Niccolò da Perugia

BARZELLETTA

La barzelletta è una ballata grande di ottonari, pluristrofica, diffusa nel '300 e soprattutto nel '400. Essa è la versione popolare della ballata antica, dalla quale si differenzia per l'uso dell'ottonario appunto, che mira a recuperare la tradizione popolare fiorentina.

Il testo più famoso è la Canzona di Bacco, una canzone a ballo dei cosiddetti canti carnascialeschi, che Lorenzo de' Medici compone per il carnevale di Firenze e che accompagnavano

Le sfilate allegoriche dei vari personaggi mitologici.

Lorenzo de' Medici

SESTINA LIRICA

La sestina lirica viene inventata da Dante sulla base di un esperimento del provenzale Arnaut Danièl, che nel XXVI canto del Purgatorio viene definito per bocca di Guinizzelli "il maggior fabbro del parlare materno", cioè il più importante poeta in volgare. Danièl diviene il suo punto di riferimento stilistico e metrico soprattutto nel momento della realizzazione delle Rime petrose, in cui compare l'unica sestina di Dante Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra, che è una forma sperimentale di canzone a coblas estrampas o dissolutas, cioè a stanze isolate, fatta su sua imitazione.

La sestina è una forma di canzone in 6 stanze indivisibili in cui i 6 endecasillabi che le compongono trovano corrispondenza rimica non nella stessa stanza ma in quelle successive con la cosiddetta "retrogradatio crociata", secondo il principio

delle coblas capcaudádas:si tratta di un meccanismo di rotazione per cui le rime scendono esalgono nella posizione intrecciandosi fra di loro, e alla fine della sestastanza tutte hanno occupato le sei posizioni possibili. Più precisamente,le 6 parolerima della prima stanza ricompaiono nella seconda secondolo schema ultima-prima, penultima-seconda, terzultima-terza, ecc.Inoltre, ciò che si ripete non è la semplice rima, ma le 6 parolerima (sipuò parlare, infatti, di “rima identica”).In aggiunta, la sestina prevede che queste parolerima siano solo bisilla-Dantebiche, dando come conseguenza l’impressione di un martellamento di carattere sia fonico chesemantico: in tal modo sembra che Dante ritorni ossessivamente su alcuni termini e concetti checontinuano a ruotare di stanza in stanza; ciò corrisponde al significato complessivo delle Rime petrose,ossia all’ossessione amorosa nei confronti di una donna-pietra che dimostra di

essere inscalfibile e cherende impossibile la realizzazione del desiderio.

La sesta stanza è seguita da un congedo di 3 versi in cui si trovano tutte e 6 le parole, ma, 3 al mezzo e 3 alla fine del verso.

Mentre quello di Dante è un esperimento che rimane isolato, Petrarca recepisce la potenzialità dellasestina e la istituzionalizza, trasformandola in un genere autonomo rispetto a quello della canzone.

Petrarca scrive 9 sestine e le dissemina nel suo Canzoniere insieme agli altri generi lirici secondo una logica di tipo narrativo (es. le canzoni tendono a essere presenti soprattutto nei momenti di maggior concentrazione concettuale vista la loro lunghezza). In esse egli condivide il pensiero amoroso di Dante senza sbocchi e con ritorno ossessivo circolare (non a caso, spesso ci si è riferiti a lui con l’espressione “Petrarca petroso”). In una sola occasione Petrarca va oltre e scrive una sestina doppia di 12 stanze.

Scrivono de

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Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Tonnina di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Stilistica e metrica italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Soldani Arnaldo.
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