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DEMOCRAZIA, PAROLA E INSEGNAMENTO
Della mutata atmosfera socio-politica ateniese e documento eloquente la famosa
“orazione funebre” che, secondo la testimonianza dello storico ateniese Tucidide,
viene pronunciata da Pericle a un anno dall'inizio della guerra del Peloponneso,
in onore dei concittadini caduti in battaglia.
La democrazia rappresenta il presupposto genetico e lo spazio operativo entro
cui storicamente si muove la corrente dei sofisti, i quali offrono agli ateniesi uno
strumento per esercitare al meglio i loro diritti di cittadini: l'arte della parola.
Come osservato il filosofo Ludovico Geymonat “ vivere attivamente in democrazia
significa partecipare ad assemblee, prendervi la parola, far valere con efficace
discorso la propria opinione framezzo alle altre opinioni; e perciò saper pesare le
varie accezioni e sfumature dei vocaboli, avere nell'orecchio le più felici
espressioni dei poeti, riuscire a disporre i periodi in ordine che incateni
l'attenzione, accenda le fantasie e susciti i consensi. Significa, insomma,
possedere quel complesso di cognizioni grammaticali, lessicali, sintattiche,
stilistiche, letterarie che costituisce l’arte dell’eloquenza”.
A queste nuove esigenze rispondono dunque i sofisti, i quali si ritenevano sapienti
nel senso antico del termine, cioè nel senso di abili nell'attività tipicamente
umana del vivere insieme, capaci di avere la meglio nelle competizioni civili. I
sofisti si propongono di insegnare, dietro pagamento, al futuro ceto dirigente
ateniese: le loro lezioni si concentrano dunque su discipline formali come la
grammatica o la retorica.
I CARATTERI DELLA SOFISTICA
La sofistica è stata definita come una sorta di Illuminismo greco. Illuminismo è un
grande movimento culturale che ebbe come principio ispiratore l'uso libero e
spregiudicato della ragione in ogni ambito. Lo strumento dell'Illuminismo
settecentesco fu infatti la critica: una critica radicale e chi aveva la pretesa di
svincolare l'umanità da ogni pregiudizio.
La sofistica presentava un carattere analogo, poiché i suoi esponenti criticarono
esplicitamente i miti e le credenze tradizionali, per sostituirli con nozioni
razionali. In questo senso la funzione della sofistica fu simile a quella di
movimenti analoghi presenti in tutte le maggiori civiltà e cosiddette nella
liberazione critica del passato e il nome della ragione.
I sofisti riconoscono inoltre il valore formativo del sapere e per primi ampliano il
“Paideia”
concetto di identificandolo con la nozione occidentale di cultura.
Quest'ultima viene intesa non come un insieme di conoscenze specialistiche, ma come
la formazione globale dell'individuo nell'ambito del popolo e del contesto
sociale a cui appartiene. Con i sofisti il problema educativo viene dunque portato in
primo piano sulla base della convinzione che la virtù non sia una qualità che si
acquisisce per facilità ma derivi dal sapere, il quale si può conquistare attraverso lo
studio.
In virtù della loro stessa professione, i sofisti si fanno inoltre portatori di istanze
panelleniche cosmopolitiche, che contribuiscono a un allargamento della mente
greca e antica in genere, perlopiù particolaristica e nazionalistica.
Parallelamente, essi hanno chiara conoscenza della molteplicità dei costumi umani e
sanno rinunciare alla dogmatica assolutizzazione dei modi di vita vigenti nelle loro
città.
I sofisti non costituirono una scuola compatta di pensatori, poiché sostennero
dottrine distinte e talora opposte. Per orientarsi è bene distinguere tre celebri
maestri della prima generazione. I più importanti furono Protagora e Gorgia.
PROTAGORA
Nato ad Abdera intorno al 490 a.C., Protagora si formò sotto l'influenza del
pensiero di Eraclito. Insegnò in numerose città e soggiornò più volte ad Atene dove
per le sue idee spregiudicate per quanto riguarda la religione gli crearono
opposizioni e che gli costarono una pubblica accusa di empietà. Tra le sue opere
Ragionamenti demolitori Antilogie
ricordiamo i e le .
LA DOTTRINA DELL’UOMO-MISURA
La tesi fondamentale di Protagora è: “l'uomo è misura di tutte le cose, delle
cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono”.
Questa affermazione significa che l'essere umano è il metro, cioè il soggetto e il
criterio di giudizio, della realtà o irrealtà delle cose, del loro modo di essere e del
loro significato.
Una prima interpretazione intende per “uomo” l'individuo singolo e per “cose”
di oggetti percepiti attraverso i sensi. In questo caso la tesi di Protagora alluderebbe
al fatto che le cose appaiono diversamente a seconda di chi le percepisce,
nonché del suo stato fisico e psichico. Si potrebbe dire: tante teste e tante
situazioni, tante misure. Quindi ciò che appare a me può essere diverso da ciò che
appare ad un altro individuo, per esempio io mi focalizzo su un aspetto di un
paesaggio ma un’altra persona si focalizza su un altro.
Un'altra interpretazione attribuisce alla parola “uomo” il significato universale di
“umanità”, o “natura umana”, e alla parola “cose” il significato di “realtà in
generale”. Da questo punto di vista, la tesi di Protagora vorrebbe dire che l'individui
giudicano la realtà tramite parametri comuni, tipici della specie razionale alla quale
appartengono. Quindi questa interpretazione contraddice la prima perché dice che
l’uomo appartiene a un gruppo sociale di appartenenza quindi ha dei parametri
comuni.
Secondo una terza interpretazione l'uomo del frammento Protagoreo sarebbe
invece la comunità o la civiltà a cui l'individuo appartiene, e le cose sarebbero
soprattutto i valori o gli ideali che ne stanno alla base. In altre parole, Protagora
intenderebbe dire che ognuno valuta le cose secondo la mentalità del gruppo
sociale al quale appartiene.
Questi tipi fondamentali di lettura sono insufficienti se presi singolarmente e risultano
veri soltanto se combinati insieme. Infatti l'uomo Protagoreo è misura delle
cose a vari “livelli” della propria umanità: in primo luogo come singolo, poi come
comunità o civiltà, infine come specie. Egli giudica le cose a seconda della propria
specifica conformazione psicofisica, a seconda dei parametri della società in cui
vive e a seconda della specie alla quale appartiene.
Le cose di cui parla Protagora non sono soltanto gli oggetti fisici, ma anche i valori, i
progetti di vita e, al limite, la realtà tutta: da questo punto di vista, l'essere
umano è misura non soltanto delle cose che si percepiscono, ma di tutto ciò con
cui entra in rapporto.
La posizione di Protagora è dunque una forma di:
• Umanismo, in quanto ciò che si afferma o si nega intorno alla realtà
presuppone sempre l'essere umano come soggetto del discorso o baricentro
del giudizio, cioè come criterio, regola o metro di valutazione;
• Fenomenismo, in quanto noi non abbiamo mai a che fare con la realtà in sé
stessa, ma soltanto con fenomeni, ossia con la realtà quale appare a noi;
• Relativismo conoscitivo e morale, in quanto non esiste una verità
assoluta, non esistono principi etici assoluti, ma ogni verità o ideale o modello
di comportamento è relativo a chi giudica e alla situazione in cui si trova.
Quindi non esiste il modello morale uguale per tutti, ma che noi facciamo un
giudizio in base al momento contingente che stiamo vivendo e in base a ciò che
viviamo che molte volte lo condividiamo con chi ci sta vicino che in quel momento
quel tipo di comportamento non ci piace. Quindi il tipo di comportamento fa
riferimento al relativismo, cioè il momento contingente che noi stiamo vivendo e
sopratutto la capacità nostra decisionale.
IL RELATIVISMO MORALE E CULTURALE
Il relativismo dei sofisti distrugge sia l'idea di una verità unica, sia quella di un
unico sistema di valori validi per tutti e per sempre. Questo aspetto emerge anche
in uno scritto anonimo intitolato Ragionamenti doppi.
In tale opera ci si propone di dimostrare che di una qualunque cosa si può dire che è
buona o cattiva, bella o brutta, giusta o ingiusta. Lo scritto viene presentato dal
suo autore come una summa dell'insegnamento sofistico: "Ragionamenti doppi
intorno al bene e al male. Alcuni dicono che altro è il bene, altro è il male; altri
invece che sono la stessa cosa; la quale per alcuni sarebbe bene, per altri male; e
per lo stesso individuo sarebbe ora bene, ora male. Per esempio la malattia per i
malati è un male, ma per i medici è un bene. Ancora la morte per chi muore è un
male, ma per l'impresario di pompe funebri e per i becchini è un bene. Infine se
l’agricoltura da abbondante raccolto, è un bene per l'agricoltori, ma per i
commercianti è un male.
Protagora spiega nelle Antologie le tesi e antitesi, ugualmente difendibili, su una serie
di argomenti.
La seconda parte dei Ragionamenti doppi contiene l'esposizione di quello che
oggi si chiama relativismo culturale, cioè il riconoscimento del fatto che le diverse
civiltà umane esprimono culture diverse: non soltanto conoscenze, ma anche usi,
costumi e valori differenti.
Quindi realismo significa che relativamente ha quel tipo di cultura, tutto è lecito.
Quindi il modo di pensare, la cultura predominante fa in modo che determinati
tipi di comportamento possono essere validi o non validi secondo i parametri a
cui noi facciamo riferimento. In questo caso la società culturale di riferimento.
Per esempio per alcune ragazze è chiaro che avere rapporti sessuali prima del
matrimonio è normale. Per i traci le fanciulle possono tatuarsi un comportamento di
bellezza, per gli altri popoli questo tatuaggio è una pena che si deve imporre. Quindi
questo ci spiega come, a seconda della società in cui si vive, il modo di comportarsi
cambia. I Massaggeti pensano che i genitori devono essere seppelliti nel corpo
dei loro figli. Quindi squarciano il corpo dei propri genitori e poi li mangiano.
I greci invece vedono questo atto come un’infamia.
L'UTILE COME CRITERIO DI SCELTA
Il relativismo conoscitivo e morale dei sofisti poteva condurre alla tesi dell'ideale
eloquenza di tutte le opinioni, cioè da alla dottrina secondo cui tutto è vero.
Questo significa forse che lo sbocco naturale della meditazione Protagora fosse una
forma di soggettivismo anarchico? Niente affatto perché Protago