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Il primo di questi, Blow Up, si rivelerà un altro successo internazionale dando al pubblico di massa americano uno sguardo
alternativo a quello di Hollywood. Il film non a caso si interroga proprio sui problemi dell'immagine e della rappresentazione, la
costruzione narrativa del film è completamente disomogenea, i personaggi girano a vuoto di continuo alla ricerca di un senso nel
mondo e della verità.
La battaglia di Algeri
NOME Gillo Pontecorvo
REGISTA 1966
ANNO Il film tratta degli avvenimenti in Algeria tra il 1954 e il 1957, che porteranno ad una rivolta nazionale e alla dichiarazione di
SINOSSI indipendenza nel 1962
Uno dei primi film "politici" e di impegno italiani, il film vede la collaborazione tra Algeria e Italia, con attori e professionisti
RILEVANZA provenienti da entrambi i paesi, con l'obiettivo di creare una riflessione sul colonialismo e l'anti-colonialismo.
8/20
Il film e il regista vennero accolti con una standing ovation al New York Film Festival, e la critica americana reagì molto
positivamente al film, sia per l'impegno politico, che per il virtuosismo fotografico ripreso direttamente dal neorealismo italiano. Il
regista, Pontecorvo, si distingueva per film storici, nel 1960 vinse l'oscar per il miglior film straniero con Kopa, il quale fu il primo
film italiano a trattare il tema della shoah.
Bosley Crowlers del New York Times trasse una correlazione tra ciò chie viene raccontato nel film e quello che accade nei ghetti di
alcune città americane, mentre insieme a Brendan Grill sul New Yorker ne plaudirono l'autenticità cinematografica, quest'ultimo
traendo un ulteriore parallelismo con il conflitto in Vietman. I paragoni continuano con il Los Angeles Times che paragonano il film
alla lotta dei neri per i diritti civili, mentre Marjory Adams sul Boston Globe prende una posizione più moderata, notando come il
film non prenda posizione ne a favore dei rivoluzionari algerini, ne a favore dei parà francesi.
Con il finale, dove viene rappresentato la rivolta che portò all'indipendenza algerina, il film diventò un'ispirazione per molteplici
moviementi (quali i Black Panthers) mentre l'acuratezza storica e bellica venne utilizzata dal pentagono per istruire gli ufficiali in
Medio Oriente nella repressioni di movimenti terroristici.
Lo stile del film in sè è in bilico tra classicismo (carattere fortemente narrativo, utilizzo della colonna sonora sintetico, estrema cura
nella lavorazione fotografica, attenzione nella costruzione dei personaggi, ritmo teso conferito dal montaggio) e modernità
(mescolamento di realtà e finzione, tra sguardo documentaristico e messa in scena).
Per un pugno di dollari
NOME Sergio Leone
REGISTA 1966
ANNO Un solitario pistolero americano tenterà di arrichirsi aprofittando della faida tra due famiglie rivali che fanno affari tramite il
SINOSSI contrabbando.
A metà degli anni 60, mentre il genere peplum è in discesa, si diffondeva al suo posto gli "spaghetti-western", termine inizialmente
RILEVANZA dispregiativo con il quale verrano definiti i western all'italiana, fatti in collaborazione con altri paesi europei quali Spagna e
Germania.
Sergio Leone, figlio del celebre regista Roberto Roberti, girerà nel 1964 – sotto lo pseudonimo di Bob Robertson – Per un pugno di
dollari, primo film della trilogia del dollaro, con protagonista Clint Eastwood e collona sonora di Ennio Morricone.
9/20
Il film inizialmente esce in Italia senza alcuna pubblicità, e tramite il passaparola, finirà con l'accumulare ben 2 miliardi di lire. Nel
1966 la stampa americana noterà il successo del film (insieme al sequel, Per qualche dollaro in più) e degli spaghetti western in
generale. Dopo un intervistà diretta al regista realizzata da una giornalista americana (mentre questi girava Il buono, il brutto, e il
cattivo), la United Artist decide di comprare e distribuire l'intera trilogia negli Stati Uniti.
Nel 1967 il primo capitolo uscirà negli stati uniti (dopo una causa giudiziara da parte del regista Akira Kurosawa, che accusò Leone
di aver plagiato un suo film, La sfida del samurai). Distribuito in 75 sale in versione doppiata – e con 10 minuti del film tagliati per
via di alcune scene ritenute troppo violente – incassera nelle sale americane ben 14,5 milioni di dollari fino al 1969.
Nonostante il successo di pubblico, la critica americana si schiera compattamente contro il primo capitolo: Bosley Crowther ne critica
il ricriclo dei clichè dei western e l'ambiguità morale del protagonista (<<mezzo cowboy e mezzo gangster>>) mentre William s.
Hart si dice <<preoccupato che questo genere, cosi resistente e duraturo, sia sottoposto a una sorta di modernizzazione che possa
trasformalo in qualcosa di crudele e malvagio>>, il Los Angeles Times si chiede come un film del genere possa aver avuto successo,
e il New York Times si riferisce al film come <<uno dei film più cattivi, brutali, e vomitevoli che siano mai stati realizzati>>. Anthon
Crowther critica a sua volta il film e accusa il regista di <<produrre film decadenti e pericolosi come l'LSD>>.
La ricezione critica così povera non sorprende, mentre la trilogia ha molteplici rimandi al western classico, il tutto è visto sotto una
lenteironica e dissacrante, mentre la violenza è mostrata in modo altamente esplicito. Leone inoltre voleva realizzare film più
divertenti e appetibili al pubblico, mentre la critica americana all'epoca era ancorata all'idea del cinema europeo come veicolo
anticlassico. L'ispirazione principale di Leone non era il mito del west, ma il cinema d'azione e d'avventura.
Mentre la trilogia di Leone avrà uno straordinario successo in america (per un totale di 35 milioni di dollari), lo stesso non si può dire
ai seguenti spaghetti western che verranno prodotti, qual'ora si tratti di registi quali Segio Sollima, Corbucci, o la vena più parodistica
di Bud Spencer e Terence Hill.
Inizialmente gli spaghetti western non entrarono nel canone italiano, ma in anni più recenti grazie ai film di nuovi autori americani
quali Quentin Tarantino – che nei suoi film ne farà molteplici citazioni e tributi – (Ad esempio Django Unchained prende il titolo
dallo spaghetti western Django del 1966, mentre C'era una volta ad hollywood prende da altri due film di Leone, uno dei quali
sempre uno spaghetti western) contribuiranno al riconoscimento dei meriti del Leone nel cinema americano.
10/20
Il giardino dei Finzi-Contini
NOME Vittorio De Sica
REGISTA 1970
ANNO Un uomo di origine ebraica (che conosciamo con il nomignolo "io-protagonista") ricorda la famiglia dei Finzi-contini, e ricorda il
SINOSSI tragico destino chè colpi questa famiglia sotto la Repubblica di Salò.
Film appartenente all'estetica camp: visione estetica dell'arte basata sull'artifico e l'esagerazione. Le minoranze omosessuali (le drag
RILEVANZA queens come esempio di ciò) ed ebree si riveleranno nell'arte ad avere una certa predisposizione per l'estetica camp.
Distribuito in italia nel 1970 e negli stati uniti nel 1971, il premio vincera l'Orso d'oro al Festival di Berlino nel giugno 1971 e l'Oscar
per miglior film straniero nel 1972 (il quarto di De Sica). Con un incasso di 6 milioni di dollari, il film verrà stroncato sia dalla critica
italiana che americana:
Rogert Elbert ne critica la mancanza della cifra neorealista, mentre Pauline Kael in contrapposizione commenta <<un ritorno non al
neorealismo, ma allo stile limpido dei suoi giorni neorealisti>> , Vincent Caby sul NewYork Times, seppur non apprezza
personalmente il film, ammette che si tratta del miglio film di De Sica.
La maggiornanza delle critiche si concentrano sull'estetica del film, ritenuta da molti eccessiva. Gene Siskel sul Chicago Tribune e
Kael nella recensione già citata commenta la scelta di Dominique Sanda per il ruolo di Micol Finzi-Contini, paragonandola a Greta
Garbo, e notandone in modo critico la potenza sensuale che porta sul film.
Fred Hechinget mette a confronto il film con Aracnia Meccanica di Kubrick, comparandone l'estetica dei due film (Arancia
Meccanica riprendeva lo stile pop-art, ed era ascrivibile al camp), con questo paragone – seppur il film in sè non riprende queste
tematiche – mette in gioco seppur metaforicamente le teorie di Reich sul rapporto tra sessualizzazione, violenza e dominio.
Il conformista
NOME Bernardo Bertolucci
REGISTA 1970
ANNO Marcello Clerici, docente di filosofia e spia fascista, si reca a parigi per eliminare un suo vecchio professore ora dissidente. In tutto
SINOSSI questo finirà in un triangolo amoroso tra la moglie del bersaglio, Anna, la propria Giulia, e la prima finirà in realtà con l'essere
invaghita con la seconda. 11/20
Il primo film di Bertolucci distribuito ufficialmente in america – seppur il pubblico grazie al New York Film Festival era già a
RILEVANZA conoscenza del regista – nel 1971 al Carniege Hall di New York, il film ottenne un discreto succeso di pubblica e critica, tant'è che
Bertolucci venne considerato all'epoca il miglio regista Italiano dalla National Society of Film Critics.
Tuttavia se con Il conformista la critica nota la peculiaretà dello stile visivo del regista, sarà soltanto due anni dopo che anche il
pubblico americano generalista si accorgerà di lui grazie ad Ultimo Tango a Parigi.
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto
NOME Elio Petri
REGISTA 1972
ANNO Il capo della omicidi cerca di coprire un omicidio commeso dal medesimo, utilizzando la propria posizione privilegiata.
SINOSSI Altro caso di film politico, la pellicola venne acclamato sia in Italia, che negli Stati Uniti, nonostante i pregiudizi verso il regista,
RILEVANZA accusato di avere simpatie con il comunismo. Ne venne laudato da Vincent Caby la capacità di far diventare un film politico in un
<<melodramma di suspense con le preoccupazione morali di una satira rabbiosa>> e ne nota come il film vuole mostrare le modalità
della corruzione del potere, mentre un articolo de il Boston Globe ne mette in relazione il discorso sull'articolaazione delle varie
forme dell'autorità, citando il discorso di Gianmaria Volontè (attore protagonista del film) sulla repressione come forma di
civilizzazione, e mettendolo a confronto con le politiche repressive di Richard Nixon.
Il Chicago Tribune ne lauda la recitazione, l'esplicità sessuale, e la chiara presa di posizione politica, mentre Pauline Kael sul New
Yorker li da una recensione negativa criticando l'uso politico dei racconti di Kafka e denunciandone perversione e paranoia politica.
Il film vinse l'oscar come miglior film straniero nel 1971, dove Petri commenterà sulla situazione politica degli stati uniti
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