Il lavoro stabile (dipendente e indeterminato) raggiunge il suo massimo, 63%,
durante il Miracolo economico per poi diminuire al 53% nel periodo della
Deregolamentazione strisciante fino alla sua caduta negli anni ‘80.
I rapporti di lavoro senza contratto sono in riduzione con l’aumento del
lavoro instabile che sembra aver contribuito a ridurre il lavoro nero tra i
giovani
I lavori manuali nell’ultimo periodo sono molto diminuiti e cresce anche la
percentuale di occupazioni più qualificate
Alta Mobilità di lavoro vs Bassa Mobilità di carriera
L’Indagine combinata eseguita nella Provincia autonoma di Trento mostra come
un’elevata frammentazione e flessibilità dei rapporti di lavoro già presente nella
prima coorte è considerevolmente cresciuta nella seconda coorte Trappola del
→
precariato
Aumenta la mobilità complessiva e cresce l’Occupazione mista (mobilità tra
comparti di occupazione come segnale di frammentazione e instabilità)
MA ad un’alta mobilità di lavoro non si accompagna alcuna variazione della mobilità
di carriera: simile nelle due coorti, estremamente ridotta e progressivamente
contratta fino ad annullarsi negli ultimi mesi della finestra di osservazione.
Le carriere tendono ad appiattirsi negli ultimi mesi, pare che i giovani delle due
coorti raggiungano la maturità occupazionale nell’arco di soli otto anni.
Età di ingresso
Nel Primo Periodo ovvero negli “Anni della Ricostruzione” entravano nel
mondo del lavoro tutti prima dei 20 anni e nessuno oltre i 29.
Nell’ultimo periodo ovvero negli “Anni del Precariato” meno di un quarto entra
prima dei 20 anni e quasi il 12% dai 30 ai 34 anni.
Età media cresciuta da 17 fino a 23 anni.
Livello di Istruzione
Parallelamente all’innalzamento dell’età di ingresso cresce anche il livello di
istruzione.
Anni della Ricostruzione: 2% di laureati
Anni del Precariato: 25% di laureati
“
Si considera Overeducation la condizione per la quale il titolo di
studio non è stato necessario per acquisire il posto di lavoro”
L’eccesso dei giovani istruiti rispetto ai posti di lavoro qualificati cambia da 1,7 nel primo
periodo a 2,4 nell’ultimo.
Nel secondo periodo chi iniziava il percorso educativo con una laurea aveva una
probabilità di 90 punti di entrare nel mondo del lavoro in più per chi aveva titoli più
bassi.
Nell’ultimo periodo non si raggiunge i 70 punti.
Il vantaggio dell’istruzione sembra essersi affievolito.
Da “Atribune”: Articolo sui “posti di lavoro nel settore
culturale: l’annoso problema dell’over education”
Si vive in un sistema che spinge sempre di più alla formazione universitaria e un mercato del lavoro
molto più lento che necessita di lavori che non richiedono tutte queste competenze.
Si denota una bassa capacità del sistema economico di assorbire i lavoratori con qualifiche elevati.
Non è un bene per gli iper formati, che non sono stimolati; per i non-iper-formati, che competono
anche per un lavoro non di concetto, per il nostro sistema sociale, che svilisce gli anni di
preparazione.
Sarebbe più giusto stabilire dei limiti; un disoccupato laureato costa molto di più alla collettività non
solo per le potenzialità ma anche perché negli anni di studio ha eroso risparmi.
Quale domanda porsi?
-Quanto sono cresciute le competenze richieste per svolgere una professione
che rimane la stessa? Maggiore complessità della mansione
-Quanto sono diminuite le competenze fornite da un sistema formativo
sempre meno selettivo? Inflazione educativa
Digressione: “Sociologia dell’educazione” Max Weber
“Lo sviluppo dell'istruzione che si è avuto nella società moderna non è dovuto tanto
all'aumento della domanda di qualificazione tecnica proveniente dall'economia, quanto
piuttosto alle azioni condotte dai cari ceti sociali per mantenere e migliorare la propria
posizione nel sistema di stratificazione”
Credenzialismo: uso inflazionato dei titoli di studio come mezzi per controllare l'accesso alle
posizioni chiave nella divisione del lavoro. I ceti cercano di massimizzare le ricompense
restringendo gli accessi alle risorse ad un numero limitato di persone.
Nella società occidentale, la crescente dipendenza da titoli e certificazioni per accedere al
mercato del lavoro avrebbe infatti provocato una situazione di "inflazione delle credenziali"
ossia una sovrabbondanza di qualifiche e, di conseguenza, la svalutazione di diplomi e lauree in
favore di titoli di studio superiori (o più titoli).
Diplomati e laureati più penalizzati sul fronte della stabilità
Dall’Indagine Integrativa svolta a Trento emerge che i diplomati e laureati della coorte 1
permangono nel primo lavoro più dei giovani con scolarità bassa.
Nella coorte 2 invece si ha uno scivolamento più marcato proprio per diplomati e
laureati. I più istruiti permangono meno a lungo nel primo lavoro e i rischi di perdita del
primo lavoro crescono all’aumentare del titolo di studio.
Cause dal lato dell’offerta: maggiori aspettative dei più istruiti su retribuzione e qualità
Cause dal lato della domanda: modesta crescita della richiesta di forza lavoro istruita
nel tessuto economico