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LE STRUTTURE SOCIALI
Augusto si propose di
1. Ra orzare la popolarità sua e della sua famiglia presso la plebe
urbana
2. Riassettare i ceti superiori
3. Razionalizzare la composizione del Senato
4. Proteggere i privilegi di rango e la sopravvivenza delle famiglie
nobiliari.
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Egli cercava di recuperare la tradizione dei sani costumi impostandola
sulla difesa della famiglia con la lex iulia de mutandis ordinibus del 18
a.c. integrata poi da una legge papia poppaea che prevedevano norme
atte a incoraggiare i matrimoni e la procreazione con privilegi legali sia
in campo pubblico che privato a coniugi con gli, privazioni e ostacoli
invece per i non coniugati e i coniugi senza gli. Tale politica mirava
anche a preservare la continuità degli ordines. Egli inoltre tentò di
limitare il folto numero delle manomissioni con le leggi Fu a caninia e
Aelia Sentia
GLI ORDINES
La procedura di destinatio segnava la fase di transizione dalla società
centuriata alla società per ordines, che erano i nuovi referenti
dell’organizzazione pubblica; si andava verso una società più
burocratizzata.
Si formarono carriere diverse per i due ordini:
Ordo senatorio —> da Augusto non comprendeva solo i senatori ma
anche le mogli e i gli in linea maschile per tre generazioni. Augusto
puntando alla stabilità dell’ordo permise ai giovani gli di senatori l’uso
del laticlavio per permettere l’avvio della carriera senatoria con una
carica del vigintivirato. Augusto inoltre con le sue lectiones del senato,
aveva espulso quelli considerati indegni e aveva riportato l’assemblea
al numero di 600. La carica senatoria cominciava con una carica del
vigintivirato, poi il tribunato laticlavio, la questura (tappa per l’accesso al
Senato) e le altre cariche del cursus. Inoltre il consueto cursus era
adesso inframmezzato da curatele che contraddistinguevano i nova
o cia a dati dal princeps, in una gerarchi di funzioni. I simboli di stato
che segnalavano l’appartenenza all’ordo erano quelli già di età
repubblicana, si aggiungevano nei processi penali la possibilità per i
senatori di essere giudicati in Senato dai propri pari e dal II sec il titolo
di clarissimus. Il censo minimo passava da 400mila sesterzi a un
milione
Ordo equestre —> assume una sionomia diversa da quella dell’età
repubblicana. Da ceto a arista diveniva la riserva degli amministratori al
servizio del principe. Soppiantava i liberti nella gestione di importanti
ruoli amministrativi e si venne strutturando in una carriera che passava
per il servizio militare per proseguire con un percorso impiegatizio nelle
funzioni procuratorie e prefettizie. L’avvio e il proseguimento della
carriera equestre erano dettati dal principe. Tuttavia molti cavalieri
avevano solo il rango a titolo onori co e non svolgevano carriera
amministrativa. Il censo minimo doveva essere di 400mila sesterzi e
accompagnato da nascita libera da almeno 2 generazioni e moralità.
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Una riserva di reclutamento dell’ordine equestre era “l’ordine” dei
decurioni= membri di senati locali come ex magistrati dei municipi, per i
quali non vi erano chiusure di nascita e potevano anche essere gli di
liberti purchè possidenti (100mila sesterzi). Nell’ordine equestre si
poteva entrare anche attraverso il servizio militare col grado di
centurione.
Il maggior canale di mobilità della società era l’esercito, in cui
l’elemento provinciale attraverso il servizio militare raggiungeva la
cittadinanza romana.
Un altro fenomeno di mobilità era la manomissione degli schiavi e
quindi l’elemento libertino che riguardava processi molto più veloci (che
Augusto appunto cercò di frenare).
Honestiores e humiliores
Dall’età di Adriano, si a erma una distinzione sociale, imbarazzante per
la tradizionale teoria dei diritti a Roma, fra honestiores (ceti
superiori=ordini senatorio-equestre-decurionale + veterani) e humiliores
la massa della restante popolazione. Agli humiliores toccavano le pene
che tradizionalmente toccavano solo agli schiavi: tortura,
agellazione,combattimenti gladiatori.
I CLIENTES
Abbiamo un cambiamento della struttura clientelare, non più impostata
per un sostegno che venga col voto dal basso ma per quello che venga
con la semplice raccomandazione dall’alto: cioè non è più il patrono
che cerca sostegno dai clienti per farsi votare, quanto un patrono che si
rivolge ai propri pari che votano in Senato per permettere al cliente che
si elevi lui socialmente e in carriera.
Si passa da un apparato clientelare conservativo a uno innovativo e
mobile. È in crisi invece il rapporto clientelare e indipendente svolto sui
consueti canali repubblicani.
La oritura della struttura patronale nel mondo romano era favorita dal
fenomeno del patronato di comunità legato anche ai tanti collegia che
cooptavano propri patroni, per protezione e sostegno economico,
contraccambiati da onori resi loro in termini di prestigio e rango. In
mancanza di apparati burocratici il patronato fungeva da mediazione tra
società e principe, che si trovava in qualità di pater al vertice di questo
invasivo e gerarchizzato apparato patronale.
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Dopo la guerra sociale, come fu organizzato il
territorio?
La guerra sociale condusse a un mutamento signi cativo nella
compagine politico-istituzionale, ma richiese anche una revisione
amministrativa del territorio dell’Italia romana.
Le colonie latine e le città foederatae italiche erano ormai costituite da
cives romani, dunque esigevano una riquali cazione istituzionale. Roma
sceglierà la formula che sin dall’inizio aveva adoperato per incorporare
le comunità esterne: i municipia
Il processo di municipalizzazione fu facilitato dall’esistenza di modelli
condivisi e uni cati, risultato di secoli di collaborazione politica e
militare. Importantissimo in questa fase fu sicuramente il fundus eri.
Prima della guerra sociale esso era il dispositivo giuridico che
consentiva a una comunità non romana di adottare misure legislative
romane. Dopo la guerra sociale Roma richiese alle comunità in procinto
di ricevere la cittadinanza di farsi fundus relativamente all’intero sistema
giuridico-istituzionale romano. l’acquisizione in toto del sistema romano
divenne un’imprescindibile condizione di accesso allo statuto
municipale. Il principio base rispondeva all’ideologia tipica romana che
voleva l’adesione alla civitas scaturire da una scelta di libertà.
Per il resto Roma cercò di strutturare le comunità municipali in un
assetto uniforme. Lo schema rispondeva verosimilmente a un
canovaccio di legge quadro, su cui si formavano le singole leggi
statuarie datae dai magistrati alle comunità (come per le altre realtà
istitutive romane). È probabile che Roma intervenisse in un prima fase
nella quale giocavano un ruolo i rapporti personali precedenti della
comunità con Roma come il patronato.
I magistrati locali —> Le colonie latine e le città foederatae acquisirono
statuto di municipia e furono amministrate da quattuorviri, 2 iure
dicundo e 2 aedilicia potestate. Gli ex magistrati formavano l’assemblea
dei decurioni, il Senato locale a cui si a ancava l’assemblea di tutto il
popolo.
L’organizzazione delle aree rurali: Rispetto all’organizzazione delle zone
urbanizzate, l’organizzazione delle aree rurali fu più faticosa e lenta.
L’ager romanus prima della guerra sociale era strutturato in prefetture.
La realtà insediativa rurale poteva presentarsi strutturata in fora,
conciliabula, agri, villae. Quando l’insediamento rurale presentava un
nucleo rispondente a speci ci requisiti poteva essere organizzato
anch’esso in municipio. Il villaggio più importante poteva acquisire uno
statuto autonomo e divenire sede di un magistrato giurisdicente, negli
altri casi permaneva la struttura della prefettura tradizionale. In seguito
subentra l’organizzazione in municipi attorno a una delle comunità
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esistenti, in altri rimase la prefettura. Nell’ager romanus abbiamo in ne
la presenza nel territorio delle civitates di pagi, utili all’adempimento di
speci che funzioni amministrative e scali, strutture che verranno
estese a tutta la campagna italica. Nelle aree rurali delle città alleate gli
agglomerati secondari individuati genericamente come vici solo in
alcuni casi furono organizzati in municipia.
All’interno del quadro territoriale si viene de nendo una duplice sfera di
appartenenza del civis Romanus, la doppia patria: ogni civis romanus
era civis della piccola patria, la città di nascita, e della grande patria,
Roma. Nel processo di progressiva estensione della cittadinanza, la
piccola patria conserverà più gelosamente il senso dell’identità e
dell’appartenenza.
Tiberio (14-37)
Augusto aveva preparato di fatto la successione puntando su due
elementi: quello istituzionale, con il conferimento di poteri e quello
familiare, secondo il principio dell’ereditarietà di rango e clientele,
concetto nobiliare.
Alla morte di Augusto, Tiberio era dunque titolare di imperium
proconsulare e tribunicia potestas, inoltre era stato adottato per
indicare l’ereditarietà. Egli non era però già imperatore.
In Senato vi fu un lungo e sottile dibattito su una mozione che pare
desse pieni poteri e che Tiberio perciò non volesse accettare,
guadagnandosi la fama di dissimulatore.
La storiogra a su Tiberio è contrastante:
• Tradizione ostile —> Tacito, Svetonio, Cassio Dione: tiranno
sanguinario e corrotto
• Tradizione a favore —> il contemporaneo Velleio Patercolo, Valerio
Massimo: bene co e magnanimo salvatore della patria
• Visione imparziale —> i suoi atti e suoi discorsi: principe introverso
ma equilibrato e rispettoso delle leggi.
Con Tiberio abbiamo la ripresa della censura augustea: bruciati i libri
dello storico Cremuzio Cordo che aveva glori cato Bruto e Cassio, il
quale si suicidò prima del verdetto senatorio.
Germanico muore in Oriente nel 19 per una malattia ma viene accusato
Pisone di avvelenamento; PIsone si suicida prima del processo.
Morto Germanico, glio adottivo, restava il glio naturale di Tiberio,
Druso II che però morì. Allora Tiberio presentò in Senato i primi due gli
di Germanico e Agrippina, Nerone e Druso III , ma emerge la gura di
Seiano che aveva la piena ducia di Tiberio come prefetto della guar