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SEZIONE 5 LE CAUSE DI ESCLUSIONE DELLA COLPEVOLEZZA
Le cause di esclusione della colpevolezza in generale.
Le cause di esclusione della colpevolezza o scusanti rendono non colpevole un fatto tipico: in determinate
situazioni anomale, la persona è esposta ad una particolare pressione psichica, che influisce sul processo
motivazionale alla base della condotta tipica, impedendo al soggetto di conformare il proprio comportamento
→
alla regola obiettiva di diligenza da osservare nel caso concreto scusanti si fondano sulla inesigibilità di un
determinato comportamento in presenza di talune situazioni. Esse:
• si inseriscono nell'ambito della concezione normativa della colpevolezza;
• precludono il giudizio di rimproverabilità per la condotta illecita tenuta.
Le scusanti si collocano all'interno della struttura dell'illecito penale: incidono sull'elemento soggettivo,
presupponendo la realizzazione di un fatto tipico.
Alle cause di esclusione della colpevolezza sono ricondotte diverse situazioni caratterizzate dall'idoneità ad
influire sul processo di formazione della volontà del soggetto: il caso fortuito, la forza maggiore, il
costringimento fisico, l'errore.
Caso fortuito e forza maggiore.
Art. 45 c.p.: “non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore.”
→
Caso fortuito quid imponderabile ed imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto,
soverchiando ogni possibilità di resistenza e di contrasto.
Secondo la teoria oggettiva il caso fortuito è una causa oggettiva di esclusione del reato, che
interromperebbe il nesso di causalità a condotta ed evento. Due diverse posizioni:
1. il caso fortuito integrerebbe una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento ex
art. 41 C.2 c.p.;
2. il caso fortuito avrebbe un significato autonomo, includendo anche fattori causali precedenti o
concomitanti rispetto alla condotta, comportanti l'interruzione del nesso causale alla luce della teoria
della c.d. causalità adeguata, trattandosi di eventi straordinari o atipici.
La teoria oggettiva è stata oggetto di numerose critiche, in quanto l'art 45 c.p.:
• sotto il profilo sistematico, è separato dalle norme sulla causalità ed è inserito nell'ambito della
disciplina dell'elemento psicologico del reato;
• dal punto di vista letterale, utilizza il verbo "commettere", presupponendo necessariamente il nesso
causale tra condotta ed evento;
• concerne qualsiasi fattispecie criminosa, non i soli reati d'evento.
Secondo la teoria soggettiva (orientamento prevalente) il caso fortuito va collocato nell'ambito della
→
colpevolezza costituisce un fattore per sua natura imprevedibile od inevitabile che impedisce di
formulare a carico del soggetto agente un addebito a titolo di colpa. L'art. 45 c.p. viene quindi accostato al
principio teorico della non esigibilità della condotta diversa da quella antidoverosa.
93
Secondo la teoria mista, invece, il caso fortuito assume rilevanza diversa a seconda del momento in cui si
inserisce nello svolgimento del fatto di reato. In particolare, si distingue tra:
• →
fortuito antecedente o concomitante alla condotta rileva sotto il profilo soggettivo escludendo la
colpevolezza, incidendo sulla fase formativa della volontà;
• →
fortuito posteriore rileva sul piano oggettivo, escludendo la stessa condotta del soggetto, incidendo
sul nesso causale tra condotta ed evento.
La forza maggiore si concreta in un evento (derivante dalla natura o dall'uomo) che non può essere impedito
→ opera come violenza sulla persona, ponendosi come vis cui resisti non potest. Va esclusa in presenza di
una mera difficoltà di tenere la condotta richiesta dalla norma penale, nonché quando il soggetto avrebbe
potuto evitare o prevedere la vis maior in base a criteri di diligenza, perizia, prudenza.
→
Distinzione tra forza maggiore e caso fortuito criterio tradizionalmente accolto: caratteristica precipua
del fortuito è la imprevedibilità, mentre quella della forza maggiore è l'irresistibilità. Seguendo tale criterio,
si sarà in presenza:
• del caso fortuito, allorché l'evento penalmente rilevante apparirà connesso "imprevedibilmente" alla
condotta del soggetto agente;
• della forza maggiore, qualora l'evento penalmente rilevante apparirà connesso alla condotta
"irresistibilmente".
Nell'ipotesi di caso fortuito sussiste una condotta cosciente e volontaria, nel caso della forza maggiore manca
del tutto un comportamento umano attribuibile all'autore.
Il costringimento fisico.
“non
Art 46 c.p.: è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri costretto, mediante violenza
→
fisica alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi” colui che "commette il fatto" solo
apparentemente ne è l'autore, ma in realtà è un mero strumento dell'agire altrui (coartato non agit sed agitur).
≠
Il potere di agire è cancellato dalla violenza fisica esercitata da altro soggetto, che risponderà del reato figura
с.р.
del costringimento psichico di cui all'art. 54 C.3
• →
costringimento fisico esclusa la possibilità di agire per cui è esclusa la responsabilità della
persona coartata, riconoscendo quella dell'autore della violenza.
• →
costringimento psichico soggetto minacciato agisce volontariamente, ma in base ad un processo
motivazionale alterato dalla vis compulsiva; art 54, C.3, c.p.: la vis compulsiva deve assumere i
connotati dello stato di necessità.
Per quanto riguarda la responsabilità dell'autore della violenza deve ritenersi che si tratti di una ipotesi
→
speciale di concorso nel reato la responsabilità a carico dell'autore della violenza concorre con quella di
cui all'art. 611 c.p., che punisce il mero uso della violenza (o minaccia) per costringere o determinare altri
a commettere un reato. 94
L’errore.
L'errore va inteso come inesatta rappresentazione della realtà naturalistica o normativa. Il soggetto,
agendo sulla base dell'erroneo presupposto di una situazione (di fatto o di diritto) inesistente e dunque non
corrispondente a quella reale, non acquisisce la "consapevolezza" del disvalore penale del fatto e dunque la
volontà colpevole: in altri termini, l'errore esclude il dolo (art. 47 c.p.). →
L'errore assume rilievo penale se abbia ad oggetto uno degli elementi "costitutivi" del reato la mancata
o scorretta rappresentazione di uno o più elementi costitutivi del fatto tipico: la condotta, gli elementi ad
essa preesistenti o concomitanti (la qualifica del soggetto passivo, i presupposti, l'oggetto materiale, gli
strumenti, il luogo e il tempo della condotta) e l'evento. È dubbia la rilevanza dell'errore sul nesso causale tra
la condotta e l'evento nei reati a condotta libera o causalmente orientati (c.d. aberratio causae).
→
≠
Errore-motivo errore-inabilità E.I. investe il momento esecutivo del reato (come negli artt. 82 e 83
c.p.). E.M incide sulla fase della ideazione del progetto criminoso, determinando una volontà "viziata".
Errore sul precetto ed errore sul fatto.
L'errore sul fatto (art 47 C.1, c.p.) ricorre in caso di divergenza tra il fatto rappresentato e voluto dall'agente
e le circostanze effettivamente esistenti.
Nell'ambito di tale fenomeno sono riconducibili le ipotesi di:
• →
errore "senso-percettivo" mancata o imperfetta percezione di un dato materiale storicamente
esistente;
• →
errore "intellettivo" agente sussume lo stesso in una categoria logico-concettuale diversa da quella
di appartenenza.
Tale errore preclude al soggetto di percepire esattamente l'esistenza degli elementi costituitivi del reato
commesso, con la conseguenza che il medesimo risulterà integrato in assenza di dolo.
Il C.1 dell'art. 47 c.p. sancisce l'esclusione della punibilità discendente dal difetto di dolo, lasciando
impregiudicata una responsabilità colposa laddove l'errore in cui è incorso l'agente sia stato determinato da
colpa ed il fatto commesso sia espressamente previsto anche nella forma colposa.
L'errore sul fatto costituente reato non esclude la punibilità per un reato diverso, secondo quanto sancito
dall'art. 47 C.2, c.p. (il quale contemplerebbe un'ipotesi di colpa impropria, al pari degli artt. 55 e 59 C.4, c.p.).
→
Errore sul precetto il soggetto si rappresenta e vuole un fatto perfettamente identico a quello previsto dalla
norma penale che, per errore su questa, reputa non penalmente illecito.
• si arresta alla sola antigiuridicità;
• investe il divieto-comando del fatto, non anche il fatto oggetto di esso.
L'errore sul precetto non assume alcuna rilevanza nel diritto penale stante il disposto dell'art 5 c.p., secondo
→
“nessuno (ignorantia
cui può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale” legis non excusat)
Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 1988, n. 364, ha dichiarato l'illegittimità dell'art 5 c.p. nella parte
→
in cui non esclude dall'inescusabilità dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile nuovo testo
95
“L'ignoranza
dell'art 5 c.p. risulta così formulato: della legge penale non scusa tranne che si tratti d'ignoranza
inevitabile”.
In giurisprudenza si è affermato che l'ignoranza inevitabile non può essere invocata dal professionista che non
si informi delle norme che disciplinano il proprio settore. Per il cittadino privo di specifiche competenze,
invece, la scusante è invocabile qualora l'ignoranza permanga nonostante il diligente adempimento del dovere
di conoscenza.
L’errore sulla legge extrapenale. “legge
L'ultimo capoverso dell'art 47 c.p., disciplina l'errore su diversa dalla legge penale”, il quale esclude
la punibilità dell'agente ove determini un errore sul fatto di reato.
Il quesito di fondo consiste nello stabilire a quale tipo di fenomeno psicologico la disposizione intenda fare
→
riferimento, al fine di differenziare l'ipotesi trattata dall'art. 47 C.3 c.p. da quella considerata dall'art. 5 c.p.
differenti soluzioni: →
a. La tesi dottrinale prevalente degli "effetti psicologici ultimi” valorizzando il dato concernente
la sostanziale equiparazione in via legislativa tra l'errore di fatto di cui al C.1 e l'errore sulla legge
&ra