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POLITICHE DI INDIRIZZO
All’incontro tra domanda (imprese) e offerta (lavoratori) insistono innanzitutto pubbliche amministrazioni, sia statali
che territoriali.
Negli ultimi anni c’è stato, soprattutto a seguito dei provvedimenti ricollegabili al Jobs Act del 2015, un ritorno verso
un accentramento statale delle politiche di indirizzo:
- Al vertice del sistema c’è il Ministero del lavoro, che agisce tramite l’ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche
Attive del Lavoro), che dà indirizzi e fissa le linee guida di organizzazione del sistema;
- A livello territoriale operano i centri per l’impiego che sono gli uffici territoriali delle regioni e delle province
autonome di Trento e Bolzano;
AGENZIE PER IL LAVORO
Nel mercato del lavoro possono operare anche soggetti privati: per esempio le agenzie per il lavoro, che devono
essere autorizzate dal Ministero. Le agenzie per il lavoro operano nel nostro mercato già dal 1997, e distinguiamo:
- Agenzie di somministrazione: fornitura professionale della manodopera;
- Agenzie di intermediazione: attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro;
- Agenzie di ricerca e selezione del personale: attività di consulenza finalizzata alla risoluzione di una specifica
esigenza del committente attraverso l’individuazione di candidature idonee a ricoprire una o più posizioni
lavorative;
- Agenzie di supporto alla ricollocazione professionale: attività effettuata su esclusivo incarico del committente
finalizzata alla riallocazione nel mercato del lavoro di lavoratori.
È chiaro che il vantaggio economico è sempre dato dal fatto che l’agenzia per il lavoro opera su una provvigione.
Nel mercato del lavoro esistono altri soggetti:
- Da un lato abbiamo l’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale), istituto che per quasi tutti i lavoratori
subordinati si occupa di gestire i trattamenti previdenziali (indennità, cassa integrazione, pensioni etc);
- Vi è l’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro), che si occupa degli infortuni sul lavoro;
- Agenzia per le ispezioni sul lavoro, che è l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che dipende dal Ministero del
Lavoro; ormai unifica su di sé tutta una serie di servizi ispettivi.
Sono inoltre autorizzati a svolgere attività di intermediazione anche università, istituti di scuola secondaria di secondo
grado, comuni e camere di commercio etc.
DIRITTO DEL LAVORO SUBORDINATO
Il diritto del lavoro come disciplina protettiva non si applica a tutti coloro che svolgono un’attività lavorativa, bensì al
lavoratore sotto-protetto, ossia il lavoratore subordinato, in quanto contraente debole del contratto di lavoro.
Diciamo dunque che il diritto del lavoro è diritto del lavoro subordinato. Nel sistema giuridico esiste una grande
dicotomia tra lavoro autonomo e lavoro subordinato.
ARTICOLO 2094 DEL CODICE CIVILE
Detto anche “disposizione fondamentale del codice civile”, contiene una definizione di lavoro subordinato:
È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il
proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore
L’articolo 2094 definisce dunque il contratto di lavoro come un contratto a prestazioni corrispettive (corrispettive in
quanto la prestazione del datore di pagare la retribuzione giustifica la prestazione del lavoratore di svolgere il lavoro
e viceversa), un contratto di scambio. Esistono forme di lavoro volontario, ma non si tratta di lavoro subordinato.
Il codice civile ci dice dunque che è un lavoratore subordinato colui che lavora alle dipendenze e sotto la direzione
dell’imprenditore, espressione tecnica che interpretata indica che il rapporto di lavoro è eterodeterminato, ossia il
lavoratore subordinato è colui il quale non si auto-determina nella sua attività, ma è assoggettato ai poteri del datore
di lavoro (potere direttivo, potere di controllo e potere disciplinare). Per converso, è lavoratore autonomo colui il
quale si auto-determina.
Le tutele, come detto, sono dedicate al lavoratore subordinato; il presupposto base per il lavoratore autonomo è che
questo sia capace di auto-determinarsi e quindi di difendersi da sé, in quanto ha un’autonomia contrattuale e quindi
può negoziare liberamente le migliori condizioni.
Il modello del lavoratore autonomo, costruito alle origini e che ha causato la differenziazione tra lavoro autonomo e
lavoro subordinato, era un po’ il modello del grande professionista intellettuale (grande medico, il grande avvocato,
etc). L’esperienza ha dimostrato che nel mercato produttivo del lavoro sono apparse figure di lavoratori autonomi
genuini che sono però in particolari condizioni di debolezza e quindi hanno bisogno di alcune tutele.
QUALIFICAZIONE
Nel caso dell’accertamento della natura subordinata di un rapporto di lavoro, bisogna effettuare un’operazione di
qualificazione: dobbiamo cioè esaminare come si svolge il rapporto nella realtà concreta e vedere se questo, che
prende il nome di fattispecie concreta, ricade nell’ambito della fattispecie astratta del lavoro subordinato oppure
nell’ambito della fattispecie astratta del lavoro autonomo. Se, a seguito dell’operazione di qualificazione, operazione
concettuale e qualitativa, la fattispecie concreta ricade nell’ambito del lavoro subordinato, quel lavoratore sarà
subordinato e godrà delle tutele relative.
La qualificazione si svolge attraverso un’operazione, sempre concettuale, che si basa sulla ricerca, nella fattispecie
concreta (quindi si osservano le modalità di svolgimento effettivo del rapporto), degli elementi tipici della
subordinazione, ossia l’assoggettamento ai poteri del datore di lavoro. Tuttavia la qualificazione presenta un
problema, in quanto spesso i datori di lavoro, per sfuggire all’applicazione della disciplina del diritto del lavoro,
simulano l’esistenza di rapporto di lavoro autonomo.
Non è dunque sufficiente la volontà cartolare (ossia scritta nel contratto) delle parti per escludere la subordinazione?
Ovviamente no, in quanto non esisterebbe sicuramente alcun contratto di lavoro subordinato, e di conseguenza alcuna
tutela. Non basta dunque la volontà delle parti, in quanto non è libera (ovviamente intendendo la volontà del
lavoratore soggetta al bisogno di lavorare).
Il problema qualificatorio si pone di fronte alle forme di lavoro che si svolgono fuori dal luogo di lavoro in cui vi sono
lavoratori che hanno un margine di libertà nell’organizzazione del lavoro, però tale margine dipende proprio dalla
tipologia di lavoro (non si tratta dunque di un margine ontologico o dipendente dalla volontà del lavoratore). Pertanto,
il problema qualificatorio si può porre in casi in cui vi è una sorta di subordinazione attenuata, in cui i poteri del datore
di lavoro non sono così forti come nell’ipotesi classica (esempio: propagandista di medicinali).
La subordinazione, in questi casi, si verifica attraverso la ricerca di un potere direttivo, di controllo e disciplinare
compatibile, graduato e coordinato con la natura di quella specifica attività lavorativa. La subordinazione non è
dunque definita allo stesso modo per tutti, ma può assumere vari livelli di intensità e gradualità in relazione al tipo
di attività.
La giurisprudenza fa anche uso di indici, o elementi sintomatici, per verificare la subordinazione di un rapporto di
lavoro: per esempio si basa sul fatto che il lavoratore subordinato ha un rapporto continuo o che ha una retribuzione
a tempo e calcolata in base all’orario, o ancora se il lavoratore è assoggettato ad un determinato orario di lavoro, o il
suo assoggettamento ad un unico datore di lavoro. Tali indici non sono tassativi: è per esempio configurabile un
rapporto di lavoro subordinato con orario di lavoro elastico.
LEZIONE 21
Vi è una tendenza alla “fuga dal lavoro subordinato”, ossia vi è una propensione da parte di alcuni datori di lavoro,
per esigenze di risparmio sui costi, di nascondere rapporti di lavoro subordinato rivestendoli con il costume del lavoro
autonomo. Ovviamente si tratta di un’operazione fraudolenta.
La qualificazione non è particolarmente complicata quando il rapporto concreto è il più vicino possibile al rapporto
classico tenuto presente dalla definizione legale, che è stata costruita con il codice del ‘42 sul modello dell’operaio
della grande industria manifatturiera o dell’impiegato dell’azienda commerciale.
Quando l’etero-determinazione risulta particolarmente attenuata, si fa uso di indici sintomatici per verificare la
subordinazione o meno dal lavoratore.
Il giudizio di qualificazione effettuato dalla giurisprudenza, nella realtà dei fatti, si svolge attraverso un’operazione di
approssimazione, in quanto è difficile trovare, a parte i casi classici, un rapporto di lavoro subordinato che abbia tutte
le caratteristiche della fattispecie legale.
ESEMPIO RANDOM: PONY EXPRESS
Nonostante il fatto che gli indici risultino attenuati, da un’analisi approfondita può emergere un’effettiva etero-
determinazione. All’inizio degli anni 80 la giurisprudenza si interrogò sul problema della qualificazione di alcune nuove
figure lavorative: alcune imprese avevano sviluppato una nuova attività, ossia la consegna di plichi a domicilio; nasceva
dunque il problema di identificare la nuova figura del “fattorino pony express”.
Tali rapporti di lavoro erano costruiti sulla base di “contrattini” in cui si stabilivano le condizioni generali del rapporto
(i pony erano praticamente pagati a consegna). I casi giudiziari, nei casi dei pony express, esplodono, per esempio, nei
momenti in cui il lavoratore ha un incidente; il lavoratore chiede allora la tutela contro gli infortuni, tutela che non gli
spetta in quanto inquadrato come lavoratore autonomo.
Qui la giurisprudenza è stata oscillante, in quanto si riteneva che non sussistessero gli elementi tipici della
subordinazione e quindi il lavoratore fosse effettivamente autonomo. Inoltre, si riteneva che il lavoratore non fosse
obbligato a stare a disposizione del datore di lavoro. Questa parte della giurisprudenza assunse dunque un
atteggiamento molto formale, perché il problema era che la giurisprudenza riteneva che un soggetto libero di non
rispondere alle chiamate durante il servizio non poteva essere di certo soggetto ad un rapporto subordinato. La realtà
è che questa è in realtà una libertà apparente, perché esiste l’obbligo implicito di rispondere alle chiamate: su questo
fatto ha fatto leva la giurisprudenza che ha riteneva che tali rapporti fossero effettivamente d