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G G
riale V ; siano, inoltre, e due famiglie di generatori di, rispet-
K 1 2 107
G ∪ G
tivamente, W e W . Allora è una famiglia di generatori di
1 2 1 2
W + W .
1 2
Dimostrazione. (Nel caso di famiglie finite non vuote.) Poniamo
G G
= v , v , . . . , v , = u , u , . . . , u .
1 1 2 r 2 1 2 s
Per ipotesi e definizione di sottospazio generato
{x · · · | ∈
W = v + x v + + x v x , x , . . . , x K},
1 1 1 2 2 r r 1 2 r
{y · · · | ∈
W = u + y u + + y u y , y , . . . , y K}.
2 1 1 2 2 s s 1 2 s
Ne segue {w | ∈ ∈ }
W + W = + w w W , w W =
1 2 1 2 1 1 2 2
{x · · · · · · | ∈
= v + + x v + y u + + y u x , . . . , y K} =
1 1 r r 1 1 s s 1 s
hG ∪ G i.
= 1 2
Proposizione 13.3. Se W e W sono sottospazi di dimensione finita
1 2
in uno spazio vettoriale V , allora anche dim(W + W ) è finita e
K 1 2
≤
dim(W + W ) dim W + dim W .
1 2 1 2
Dimostrazione. Poniamo r = dim W , s = dim W . Quindi W e W
1 2 1 2
G G
hanno due basi, chiamiamole e , con, rispettivamente, r ed s
1 2
hG ∪ G i G ∪
elementi. Per la prop. 13.2, vale = W + W , quindi
1 2 1 2 1
G B ≤
contiene una base di W + W , la quale ha allora n r + s
2 1 2
elementi. La tesi segue osservando n = dim(W + W ), r = dim W ,
1 2 1
s = dim W .
2
Una risposta precisa al problema 13.1 è data dalla seguente for-
mula di Grassmann valida per due sottospazi qualsiasi W e W di
1 2
108
dimensioni finite di uno spazio vettoriale V , che enunciamo senza
K
dimostrazione: ∩
dim(W + W ) + dim(W W ) = dim W + dim W . (13.1)
1 2 1 2 1 2
Corollario 13.4. Dati due sottospazi W e W in uno spazio vettoriale
1 2
V , di dimensione finita, risulta dim(W + W ) = dim W + dim W
K 1 2 1 2
se, e solo se, la somma W + W è diretta.
1 2
Dimostrazione.
dim(W + W ) = dim W + dim W
1 2 1 2
⇔ ∩
dim(W W ) = 0 Segue dalla (13.1)
1 2
⇔ ∩ {0}
W W = h∅i {0}
perché =
1 2 ∩ {0}
Teor. 9.10: W W =
1 2
⇔ W + W è diretta
1 2 ⇔ W + W è diretta.
1 2 V
13.2 Una base per lo spazio vettoriale
dei vettori geometrici.
Consideriamo un sistema di riferimento (un’origine O, tre assi orto-
−−→ −−→
gonali, un’unità di misura). Definiamo i vettori i = OP , j = OP ,
1 2
−−→
k = OP (cfr. fig. 13.1).
3
Proposizione 13.5. (i) Un punto P dello spazio ha coordinate x, y,
z se, e solo se, −→
OP = xi + yj + zk. −→
∈ V
(ii) Per ogni v esiste un unico punto P tale che OP = v.
Notazioni 13.6. Scrivendo P (x, y, z) si intenderà che x, y, z sono le
coordinate del punto P , rispetto a un sistema di riferimento sottinteso.
109
Figura 13.1: I vettori i, j, k.
∈ V
Da (i) e (ii) segue che ogni v si esprime in modo unico come
B B V
combinazione lineare di = i, j, k; ne segue che è una base di (cfr.
V
prop. 11.9). In particolare, dim = 3.
V
Esistono basi di in cui i vettori non sono perpendicolari e non
hanno lunghezze uguali.
Osservazione 13.7. Un sistema di riferimento può essere definito,
in alternativa, assegnando un punto O (detto origine) e tre vettori
i, j, k di lunghezza 1, a due a due perpendicolari. Useremo questo
approccio in futuro e denoteremo tale riferimento con RC(Oijk) (“RC”
= riferimento cartesiano).
Dati due punti P (x , y , z ) e P (x , y , z ), si ha:
1 1 1 1 2 2 2 2
−−→ −−→ −−→ −−→
OP = OP + P P , OP = x i + y j + z k, i = 1, 2, (13.2)
2 1 1 2 i i i i
110
Figura 13.2: Equazione (13.2).
da cui deduciamo
−−→ −−→ −−→
− − − −
P P = OP OP = (x x )i + (y y )j + (z z )k,
1 2 2 1 2 1 2 1 2 1
vale a dire che fissato il riferimento cartesiano RC(Oijk), le coordinate
−−→
del vettore P P rispetto alla base i, j, k si ottengono per differenza
1 2
dalle coordinate dei due punti in quel riferimento.
B
Esercizio 13.8. Se = i, j, k è una base definita come sopra, stabilire
F V.
se = i, i + j, i + k è una base di F:
Svolgimento. Studio la dipendenza lineare di risolvo l’equazione
⇔
xi + y(i + j) + z(i + k) = 0 (x + y + z)i + yj + zk = 0.
B
Siccome è linearmente indipendente, l’ultima equazione equivale a
x + y + z = 0
⇔
y = 0 x = y = z = 0,
z = 0
F V F
quindi è linearmente indipendente. Siccome dim = 3 e è una
V F
famiglia di tre vettori in linearmente indipendente, è necessaria-
mente una base (prop. 12.6 (ii)). 111
13.3 Funzioni lineari
Definizione 13.9. Siano V e W spazi vettoriali costruiti sul mede-
K K →
simo campo K. Una funzione L : V W si dice funzione lineare (o
applicazione lineare, o omomorfismo di V in W ) se
0 0 0
∀h ∈ ∀v, ∈
K : v V : (i) L(hv) = hL(v); (ii) L(v+v ) = L(v)+L(v ).
(13.3)
Le (13.3) (i) e (ii) si chiamano proprietà di linearità di L.
2 3
→ 7→ −
Esercizio 13.10. Verificare che f : : (x, y) (2x, y, x y)
R R
è una funzione lineare. 0 0 0 0
2
∈ ∈
Svolgimento. Considero h v, v , v = (x, y), v = (x , y ).
R, R
Verifico le (13.3): −
f (hv) = f ((hx, hy)) = (2hx, hy, hx hy);
− −
hf (v) = h(2x, y, x y) = (2hx, hy, h(x y)) = f (hv).
0 0 0
f (v + v ) = f ((x + x , y + y )) =
0 0 0 0
− −
= (2(x + x ), y + y , x + x y y );
0 0 0 0 0
− −
f (v) + f (v ) = (2x, y, x y) + (2x , y , x y ) =
0 0 0 0 0
− −
= (2x + 2x , y + y , x y + x y ) = f (v + v ).
La f soddisfa le due proprietà di linearità, quindi è lineare.
→
Definizioni 13.11. Sia L : V W una funzione lineare.
• Se V = W , allora L si dice endomorfismo dello spazio vettoriale
V .
K
• Se L è biiettiva, allora L si dice isomorfismo tra gli spazi vettoriali
V e W , che si dicono allora isomorfi.
K K 112
• Se V = W e L è biiettiva, allora L si dice automorfismo dello
spazio vettoriale V .
K
Esempio 13.12. La funzione
a b
4
M(2 × → 7→
L : 2, : (a, b, c, d)
R) R c d
è un isomorfismo. In primo luogo, L è chiaramente biiettiva; verifi-
chiamo poi le proprietà di linearità. Consideriamo
0 0
a b a b
0
∈ .
h A = , A =
R, 0 0
c d c d
Vale:
ha hb = (ha, hb, hc, hd);
L(hA) = L hc hd
hL(A) = h(a, b, c, d) = L(hA).
0 0
a + a b + b 0 0 0 0
0 = (a + a , b + b , c + c , d + d );
L(A + A ) = L 0 0
c + c d + d
0 0 0 0 0 0
L(A) + L(A ) = (a, b, c, d) + (a , b , c , d ) = L(A + A ).
Quindi L è un isomorfismo.
Osservazione 13.13. Due spazi vettoriali isomorfi sono “essenzial-
mente uguali”. Ciò significa che se si identificano gli elementi di V con
gli elementi di W posti in corrispondenza da L, le due operazioni di
somma (nei rispettivi spazi vettoriali) e le due operazioni di prodotto
esterno coincidono.
Notazione 13.14. D’ora in avanti identificheremo ogni n-pla ordinata
di elementi di K con la matrice colonna avente quegli stessi elementi.
n M(n ×
Quindi K = 1, K). Ad esempio
7
8
(7, 8, 9) = .
9
113
Il fine della notazione appena introdotta è quello di poter molti-
n
plicare a destra di una matrice un elemento di K , come avverrà in
seguito. n
Un vettore di K è una matrice colonna, non una matrice riga.
Definizione 13.15. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione finita
K 1
B ∈
n > 0 e = v , v , . . . , v una sua base . Dato v V ,
1 2 n · · ·
v = x v + x v + + x v , (13.4)
1 1 2 2 n n
B
la colonna delle coordinate di v rispetto a è
x
1
x
2 n
∈
X = K .
...
v
x
n
Osservazioni 13.16. 1) La colonna delle coordinate di v è la colonna
i cui elementi sono le coordinate di v.
1 Più precisamente, una base ordinata. 114
2) Nella definizione precedente la notazione sottintende la base. Vo-
lendolo evitare, si potrebbe usare una simbologia del tipo [v] al posto
B
di X .
v
Definizione 13.17. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione finita
K
B
n > 0 e = v , v , . . . , v una sua base. Definiamo la funzione χ :
B
1 2 n
n
→ ∈
V K ponendo χ (v) = X per ogni v V .
B v
Proposizione 13.18. La funzione χ è un isomorfismo.
B ∈
Dimostrazione. 1) χ è biiettiva; infatti, per ogni w = (x , x , . . . , x )
B 1 2 n
n ∈
K esiste un unico v V tale che χ (v) = w e precisamente il vettore
B
v definito dalla (13.4). ∈ ∈
2) χ soddisfa la (13.3) (i). Infatti, consideriamo h K e v V ,
B · · ·
v = x v + x v + + x v . Vale:
1 1 2 2 n n · · ·
χ (hv) = χ (hx v + hx v + + hx v ) = (hx , hx , . . . , hx );
B B 1 1 2 2 n n 1 2 n
hχ (v) = h(x , x , . . . , x ) = χ (hv).
B B
1 2 n
3) χ soddisfa la (13.3) (ii). Infatti, consideriamo v come sopra e
B
0 0 0 0
· · ·
v = x v + x v + + x v . Vale
1 2 n
1 2 n
0 0 0 0
· · ·
χ (v + v ) = χ ((x + x )v + (x + x )v + (x + x )v )
B B 1 1 2 2 n n
1 2 n
0 0 0
= (x + x , x + x , . . . , x + x );
1 2 n
1 2 n
0 0 0 0 0
χ (v) + χ (v ) = (x , x , . . . , x ) + (x , x , . . . , x ) = χ (v + v ).
B B B
1 2 n 1 2 n
Risposta alla domanda iniziale. Applicando la proposizione sopra a
V B V,
V = e a una base = i, j, k di otteniamo che la risposta è: si
tratta di spazi vettoriali isomorfi (cioè essenzialmente uguali). Più in
n
generale, K è essenzialmente l’unico spazio vettoriale di dimensione
115
n costruito sul campo K, nel senso che tutti gli altri sono isomorfi, e
perciò essenzialmente uguali, a quello.
Compito 13.19. Siano a, b, c, d, g, h numeri reali. La funzione
2 3
→ 7→
f : : (x, y) (ax + by, cx + dy, gx + hy)
R R
è lineare? 116
Lezione 14
Il teorema delle dimensioni
3 3
→
Trovare, se esiste, una funzione lineare che sia iniettiva ma
R R
non suriettiva.
Osservazione 14.1. Se si omette