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Passo di Africano Giuliano (vedi forse lezione 22/11), allievo di Giustiniano -> in
Quaestiones, l’allievo prende soluzioni tipiche del maestro prospettandone la possibile
applicazione in via analogica per la soluzione di casi futuri. Ovviamente, soluzione
giustificata ove il caso futuri presenti i medesimi elementi giuridicamente qualificanti dei
casi coperti dalle precedenti soluzioni.
D.19.2.33 Primo step in cui Africano riporta soluzioni giulianee in tema di locatio rei,
locatio operis, emptio venditio. Soluzioni simili tra di loro, in quanto in tutti e tre i casi - il
mancato frui nelle ipotesi di locatio e il mancato habere dicere nella emptio (si tratta di
contratti a prestazioni corrispettive sinallagmatici tutelati da giudizi di buona fede) –
dipendono da cause che non sono soggettivamente imputabili al locatore. Nonostante
ciò, il locatore può essere convenuto ex conducto nelle prime due ipotesi e ex empto
nell’ipotesi dell’emtpio venditio, prorpio in virtù di questa analogia della impossibilità
sopravvenuta di una prestazione che è inimputabile al soggetto dante causa.
Per quanto riguarda l’ipotesi dell’emptio venditio, Africano racconta che Giuliano aveva
ritenuto che in sede di quantificazione della condemnatio, le azioni ex conducto e ex
empto dovessero esseare esperite in funzione meramente restitutoria (quindi
limitatamente alla restituzione del prezzo nel caso dell’emtpio venditio, limitatamente
alla restituzione della mercede/dei canoni già pagati in riferimento al periodo del mancato
godimento).
Africano ritiene che tale soluzione sia applicabile anche alle due ipotesi di locatio
condutio (impiego specifico del ragionamento analogico). Sia che si tratti di una locatio
operis (caso di frana nel terreno che aveva impedito all’appaltatore la costruzione
dell’edificio), sia nel caso della locatio rei (la res conducta era risultata non fruibile, non
godibile a causa della publicatio) è vero che il soggetto potrà agire ex empto piuttosto
che ex locato, però che tipo di azione gli sarà data? Gli sarà data una azione la cui
quantificazione in termini di quantum della condanna dovrà essere ragguagliata
esclusivamente alla restitutio. -> Che significa restituzione del prezzo/ dei canoni non
percepiti? Significa che in queste ipotesi l’azione ha una funzione meramente risolutoria,
in quanto è come se niente fosse risultato fatto: res è infruibile per l’intervento di un quid
non ricollegabile a un comportamento soggettivo, volontaristico del locatore piuttosto che
del venditore (venditore “ignorans”, secondo le fonti = di buona fede) -> tale quid ha
comportato uno squilibrio nella posizione delle parti e a questo squilibrio occorre porre
rimedio sul piano processuale, graduando il quantum della condemnatio.
Se invece, il mancato godimento/la mancata disponibilità materiale della res empta sarà
ricollegabile a un comportamento direttamente imputabile al venditore/locatore, allora
l’azione dovrà ristorarlo, cioè avrà una funzione non più rapportata al quantum della
restitutio, ma sarà rapportata al ? (credo risarcimento).
Schema riassuntivo del passo
3 fattispecie simili, con fatti giuridicamente qualificanti analoghi. In tutti e 3 i casi, il
giurista distingue a seconda che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione sia o
meno imputabile al dante causa.
1. Imputabilità. Abbiamo un dante causa sciens (in mala fede). Questi risponderà
dell’interesse positivo , ovvero in via risarcitoria.
2. Inimputabile -> l’azione sarà data con finalità squisitamente restitutoria. E questa
finalità (L. Vacca) assegna all’azione una funzione di risoluzione del rapporto.
Questo dinstinguo, nel passo successivo (35 principium) si fa risalire a Servio Rufo.
Servio, nell’ipotesi dell’immobile dato in locazione e poi suscettibile di opere di
ristrutturazione, aveva distinto –a proposito dell’esercizio dell’azione nei confronti del
locatore- a seconda della necessità o meno delle stesse opere di ristrutturazione. Se devo
intervenire sull’immobile che cade a pezzi, l’impedimento del godimento (frui) dei
conduttore sarà non ricollegabile all’imputabilità soggettiva del locatore e quindi l’azione
sarà data nei limiti del mancato godimento, limitatamente alla restituzione del
pagamento dei canoni per il periodo del mancato godimento. Nell’ipotesi contraria, in cui
il mancato godimento dell’immobile sia ricollegabile all’intervento di ausiliari del locatore,
che quest’ultimo avrebbe potuto invitare a desistere dall’agire, l’azione avrà finalità
risarcitoria.
Applicazione delle disposizioni di tipo autoritativo
Svolta Adrianea -> la dottrina ha individuato una sorta di inizio ante litteram della
teorizzazione ? in tema di analogia legis in alcuni sintetici frammenti di Salvio
Giuliano, sistemati dai compilatori in D.1.3, rubricato “ alle leggi e ai senato
consulti dalla longa consuetudine ?” -> primo indizio del fatto che si tratti di
frammenti – e su questo la dottrina è concorde- che trovano ad opera dei
compilatori un buono sforzo di generalizzazione e di decontestualizzazione,
probabilmente erano nella versione originale connessi a problematiche specifiche.
D.1.3.12 (v pag. 168 libro bianco). Questo frammento ha causato molte
discussioni in dottrina
Non possono essere comprese nelle leggi o nei senatoconsulti tutte le circostanze
in modo particolareggiato; ma, quando il senso delle leggi o dei senatoconsulti è
chiaro in riferimento a un dato caso, colui che è preposto alla giurisdizione deve
procedere applicando la relativa disciplina ai casi simili e deve'dire il diritto' (cioè
deve esercitare la giurisdizione) (ius dicere) in tal senso.
E’ communis opinio che tramite una simile riflessione Giuliano abbia fatto
→ riferimento all’impiego del ius dicere ad similia, intendendolo in termini
codicistici/civilistici. Abbiamo detto fin dall’inizio che in un ordinamento fatto
di norme generali e astratte il criterio analogico è funzionale a integrare, è
un criterio attraverso il quale l’ordinamento si auto integra, perché in ogni
caso una norma si trova sempre (sia la norma che direttamente disciplina il
caso, sia la norma ex art 12 che va a disciplinare casi simili o materie
analoghe).
Quindi, una parte della dottrina ha detto che nel momento in cui Giuliano
dice che, trattandosi dell’insorgere di casi nuovi, il pretore (titolare
iurisdictio) deve ius dicere ad similia (procedere applicando la relativa
decisione a casi simili), il riferimento è chiaramente relativo all’analogia
legis.
L. Vacca ritiene invece che il riferimento giulianeo al ius dicere ad similia
→ intende alludere al ragionamento analogico inteso come procedimento
logico argomentativo tipico di un sistema casistico – prudenziale. La
riflessione giulianea ha questa premessa: norme di tipo autoritativo sono le
norme di leggi, senatoconsulti, clausole edittali -> siamo in un periodo in cui
Salvo Giuliano ha la fotografia di un editto perpetuo, irrigidito e consolidato,
svuotatosi di contenuto processuale e contenente invece un complesso di
norme generali e astratte. La generalità della norma non garantisce il suo
carattere esaustivo, in quanto non tutti i casi sono disciplinati dalle norme di
legge. Questa è la premessa sia al frammento 12 che al 10. Dunque è
fisiologico che si presentino casi nuovi, non espressamente regolati.
In un sistema di tipo repubblicano, dove il pretore è creativo, dove la sua
iurisdictio è discrezionale, in presenza di un caso nuovo il pretore lo poteva
addirittura tutelare ad hoc (azioni edittali, azioni pretali ?) -> il caso nuovo
permetteva al pretore una iurisdictio discrezionale, permetteva al pretore di
creare ex novo il mezzo di tutela, di dare una risposta contingente.
Al contrario, in un sistema di editto perpetuo, la iurisdictio pretoria, sul piano
della creatività è imbrigliata: il pretore deve ius dicere ad similia = deve
individuare all’interno delle norme autoritative la norma da applicare al caso
nuovo. Se quindi la presenza di un tessuto codificato di norme generali e
astratte insterilisce la iurisdictio pretoria, essa non impoverisce altrettanto
(secondo la ricostruzione di L. Vacca) l’interpretatio giurisprudenziale. Anzi,
addirittura c’è una esaltazione della creatività dell’interpretatio in quanto è il
giurista che individua “il senso delle leggi e dei senatoconsulti è chiaro in
riferimento a un dato caso” -> solo il giurista può precisare in riferimento a
una data norma il suo significato giuridico, la sua ratio e solo lui potrà
individuare della norma il relativo capo di applicazione, ovvero potrà:
individuare i casi ai quali la norma si applica direttamente; individuare i casi
simili, ai quali quella norma si potrà applicare in via analogica; individuare i
casi non simili, ai quali quella norma non potrà essere applicata.