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Estratto del documento

L’effetto delle circostanze è diverso da quello dei fattori commisurativi, cioè è un effetto più

consistente. Difatti mentre il criterio commisurativo serve per applicare la pena tra il minimo

e il massimo, e cioè tra i sei mesi e i tre anni; il fattore circostanziale quando ricorre, invece,

può spostare la pena anche fuori dai limiti edittali entro certi limiti massimi. Per esempio il

nostro giudice, se ricorre la circostanza attenuante dei motivi di particolare valore morale e

sociale, cioè se quel ragazzo ha rubato le medicine per darle i suoi bambini non avendo

soldi per comprarle, gli potrà dare anche quattro mesi di reclusione abbattendo il minimo

della pena fino ad 1/3. Quindi potrebbe ridurre da sei per arrivare a quattro mesi, è questa la

descrizione delle circostanze.

Queste circostanze possono essere di natura soggettiva, come quelle che vi ho appena

detto, e cioè quando i motivi a delinquere sono a carattere soggettivo e riguardano la psiche

del soggetto. Ma ci sono anche molte circostanze nel codice di natura oggettiva, basta

andare a guardare gli articoli 60 e 61, che contengono una serie di circostanze attenuanti o

aggravanti O che si applicano a tutti quanti i reati e non per singole fattispecie criminose. Per

esempio guardando l’articolo 62 il numero 4:

4) l'avere nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio,

cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità,

ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l'avere agito per conseguire o l'avere

comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l'evento dannoso o

pericoloso sia di speciale tenuità;

La speciale tenuità del fatto, causato dal fatto di reato (come per esempio il furto), è

sicuramente una circostanza oggettiva, essendo una conseguenza della condotta; infatti

se un soggetto sottrae una cosa di nessun valore, seppure per ricavarne un profitto, avrà

una circostanza attenuante. Se invece il soggetto sottraesse una cosa di grande valore (art.

61 n. 7 c.p.):

7) l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei

delitti determinati da motivi di lucro [481 comma 2], cagionato alla persona offesa dal reato

un danno patrimoniale di rilevante gravità.

La speciale tenuità dell'articolo 62 è un'attenuante, mentre la rilevante gravità dell'articolo 61

è un'aggravante. Quindi il legislatore sceglie di ricostruire queste fattispecie circostanziali

inserendo norme sia soggettive che oggettive, in modo tale da cercare di individuare la pena

ma contemporaneamente spingendo in astratto a dire che un furto che ha causato un danno

di particolare gravità è un furto più grave di un furto che ha cagionato un danno di normale

gravità. Perciò già in astratto il legislatore prende posizione e consegna al giudice uno

strumento che poi dovrà applicare; ma non è uno strumento l'elemento essenziale del reato.

Il problema è che questa galassia delle circostanze non la troviamo solo elencata

nell'articolo 62 e 61, ma la troviamo disseminata in tutto il codice e in tutta la legislazione

complementare, perché per gruppi di reati o per reati singoli il legislatore si diverte a

prevedere queste fattispecie circostanziali. Per esempio, sempre riguardo il furto, possiamo

vedere l'articolo 625 c.p., che prevede le circostanze aggravanti ma del solo furto:

· se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento;

· se il colpevole porta in dosso armi o narcotici, senza farne uso. Se ne fa uso la condotta

configura il delitto di rapina;

· se il fatto è commesso con destrezza;

· …

Questa circostanza con cui si realizza la sottrazione della cosa mobile altrui è aggravante.

Quindi ci sono disseminate nel codice, nella maggior parte dei reati, queste fattispecie che

vanno a combinarsi con le fattispecie criminose (di incriminazione), e la sommatoria delle

due genera una fattispecie combinata circostanziale. L’art. 624 + l’art. 625 del c.p.

generano la fattispecie circostanziale del furto con destrezza, quindi per esempio se un

soggetto va al supermercato e, facendo finta di nulla, occulta una cosa presso di sé pronto

per uscire fuori dal supermercato, ecco qui che il furto è avvenuto con destrezza.

Il problema più grande è che le circostanze sono moltissime e disseminate nella gran parte

del codice, oltre ad essere di diversissima natura; non abbiamo infatti solo la distinzione tra

attenuanti e aggravanti, così come non vi è solo la distinzione tra soggettive e oggettive. E

nemmeno vi è solo l'effetto la misura dell'effetto, perché c'è una regola generale che, date le

circostanze, porta la pena verso l'alto fino ad 1/3 e verso il basso parli riduzione fino ad 1/3;

quindi la regola generale è che l'effetto potenzialmente extra edittale è 1/3 (c.d.

Circostanza ad effetto comune). Potenzialmente perché non è per niente detto che la

circostanza porti sempre la pena sotto i limiti edittali. Per esempio nel caso in cui io

sottraggo una cosa altrui per dei motivi di particolare valore morale e sociale, ma ho sottratto

una cosa non di enorme valore, ma di un certo valore,;Se si guarda al valore dell’oggetto, il

giudice , nel commisurarmi la pena, non potrà darmi il minimo, e quindi tende a dare non 6

mesi ma 9 mesi. E allora sulla pena base, il giudice poi applica la diminuzione proporzionale

fino ad 1/3 e quindi potrebbe portare la pena a 6 mesi; quindi qui è stata riconosciuta una

circostanza attenuante dal giudice ma non si vede l’effetto extraedittale perché la

pena di base, individuata dal giudice ai sensi dell’art.133c.p., non è quella minima. Lo

stesso discorso lo potremmo fare nei casi di aggravante qualora la pena commisurata dal

giudice non sia quella massima, ecco perché si parla di effetto potenzialmente

extraedittale; quest’ultimo si vede quando la pena in concreto è calibrata dal giudice

sul minimo edittale. Nel 99,5% dei casi si applicano i minimi, mentre è difficilissimo che nei

casi concreti si applicano dei massimi edittali, perché le pene del codice Rocco sono

particolarmente alte e quindi i giudici quasi mai danno il massimo, e quasi sempre invece

danno il minimo o una misura vicino al minimo. Abbiamo quindi un effetto comune delle

circostanze, cioè quello di aumentare o diminuire la pena proporzionalmente; poi l'effetto

comune è quello di aumentarla o diminuirla in misura non eccedente 1/3.

Il problema è che ci sono delle circostanze in cui il legislatore non stabilisce un aumento o

una diminuzione proporzionale di 1/3, ma ridetermina la pena edittale riscrivendola.

L’abbiamo infatti appena visto con l’art. 625 c.p. ma questo vale solo per le circostanze che

si dislocano nella parte speciale; quelle che riguardano tutti i reati non potranno che essere,

invece, proporzionali. Quelle che si trovano nella parte speciale che riguardano singole

figure di reato, sono in buona parte tali per cui il legislatore ridisegna i limiti edittali.

Guardando sempre l’art. 624, la pena del furto base (non circostanziato) è la reclusione dai

6 mesi a 3 anni; mentre l’art. 625 c.p. ci dice che la pena per il fatto previsto dal 624, è la

reclusione da 2 ai 6 anni se il colpevole usa violenza. Quindi questa è una circostanza

aggravante che prevede una pena indipendente da quella ordinaria per il reato; e cioè una

pena nuova e non c’è un aumento proporzionale che si opera sulla pena base

individuata dal giudice. C’è in questo caso una sostituzione edittale, se sono aggravanti ci

sarà sicuramente una pena più grave e quindi il legislatore sostituisce la pena. Questo

fenomeno che possiamo chiamare con l’espressione utilizzata da Vincenzo Manzini, un

grande penalista italiano che ha scritto un trattato durante il codice Zanardelli e un altro

durante il codice rocco, e in particolare queste figure che il codice chiama indipendenti le

chiamava “sottotitoli di reato” un’espressione efficace perché ci fa capire che non siamo

di fronte ad un altro reato ma ad un reato circostanziato con pena fissata in via

autonoma. Per esempio prendendo la rapina e confrontandola con il furto 628, la rapina è

un titolo autonomo di reato; e cioè un conto è rispondere di furto, un conto è rispondere di

rapina, anche se in realtà è molto vicina al furto, distinguendosi solo perché la rapina è

avvenuta con violenza o minaccia alla persona. Quindi con “chiunque sottragga una cosa

altrui con violenza o minaccia” non abbiamo una circostanza del furto ma si va ad un titolo

autonomo di reato che si chiama rapina. Se invece la violenza esercitata dal soggetto è sulle

cose, non abbiamo un altro reato ma è un caso di furto aggravato dalla violenza sulle cose

(art. 625 n.2.c.p.). quindi questo, secondo Manzini, non è un titolo autonomo di reato ma

un sottotitolo di reato, ed è sempre una circostanza aggravante ma sottotitolo perché

il legislatore si comporta come se fosse un titolo autonomo perché riscrive la pena;

infatti nella rapina la pena è stata riscritta, essendo molto più alta rispetto al furto. Per

rilevare l’interesse pratico della questione, bisogna sapere che nel testo originario dell’art.

625 c.p. vi era un numero 1, che poi è stato soppresso; c’era scritto che il furto è aggravato

(con pena della detenzione un po’ più bassa ma comunque quella prevista dal 625 comma

1) se il fatto era messo in pratica mediante introduzione in un edificio o un altro luogo

destinato in tutto o in parte a dimora, o nelle pertinenze di essi. Quindi era il furto

nell’abitazione, ed era un caso di circostanza aggravante conseguente a un sottotitolo

di reato.

Ma cosa fa il legislatore del 2001? Nota che c’erano troppi furti in abitazione, perciò il

legislatore riscontra la necessità di fare un giro di visite e compie un upgrade riguardo al

furto in abitazione→ facendolo diventare un titolo autonomo di reato. Infatti, l’art.624-bis

del c.p.: “Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al

fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo

destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la

reclusione da quattro a sette anni”. E’ diventato il “gemello” della rapina, tramite il fenomeno

della promozione di grado. Ad esempio la corruzione giudiziaria è l’aggravante della

corruzione.

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
13 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fede.lini9 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Mezzetti Enrico.