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CONDANNA

I soggetti persone fisiche sono soggetti al vertice di Google, l'accusa dovrebbe essere mossa alla persona giuridica. Essi offendevano la reputazione dell'associazione ViviDown e di un ragazzo consentendo che venisse trasmesso senza alcun controllo preventivo un filmato in cui persone minorenni in concorso pronunciano frasi offensive nei confronti del soggetto e dell'associazione. Sulla base di quale norma ci dovrebbe essere un obbligo di controllo? Sulla base del riempimento dell'art. 40 comma 2 sulla stregua della normativa sul trattamento dei dati personali (consenso informato). Il giudice dedica ampio spazio alla responsabilità personale di queste persone perché l'apparato organizzativo è molto complesso e operativamente vicino alle scelte aziendali. Rispetto alla normativa in materia dei dati personali, il giudice verifica preliminarmente se esiste un illecito trattamento dei dati personali ed emette una sentenza di condanna.mentre non ritiene esistente il primo capo di imputazione. Riprendere una persona down e caricare il video su una piattaforma è un trattamento di dati personali, per di più sensibili (condizioni di salute, razza, appartenenza a partiti / sindacati, religione). Il trattamento di dati personali riguarda solo la persona che lo ha caricato o anche il service provider? Il giudice ritiene che l'host provider è destinatario dell'informativa. Google avrebbe dovuto avvertire che il caricamento dei filmati ritraenti taluno sarebbe avvenuto solo tramite il consenso della persona ripresa. Il dolo specifico richiesto dalla fattispecie (profitto) è sussistente, mentre non è sufficiente la condotta della normativa privacy, in questo caso nascondere l'informativa privacy all'interno delle condizioni generali di contratto discretamente intellegibili. In riferimento all'obbligo di prevenire la diffamazione, esiste solo un obbligo dicorrettainformazione all'utente e non un controllo preventivo dell'innumerevole mole di dati che passano ogni secondo nelle mani del gestore. L'obbligo giuridico non esiste e non può essere tratto dalla normativa del trattamento dei dati personali perché l'utente probabilmente avrebbe comunque caricato il video, inoltre anche ipotizzando un obbligo giuridico in tal senso, sarebbe inesigibile. Il giudice richiama l'art. 57 sulla responsabilità del direttore di reati commessi per mezzo stampa. Mentre nell'ambito giornalistico si ha una tendenza estensiva nell'applicazione di tale articolo, in contesti analoghi si è molto più cauti (blogger e internet service provider). In appello, la sentenza viene appellata sia dal PM che dall'imputato. PM -> Il Tribunale non ha compreso appieno il ruolo di Google, esso deve essere concepito come hosting attivo, il provider non agisce come mero intermediario, ma è ilsoggetto che decide quali informazioni trasmettere e in quali modalità. La Corte di Appello va a ribadire che la posizione di garanzia non può essere desunta da una norma che attualmente non esiste, nemmeno facendo riferimento all'art. 57 perché sarebbe un'analogia in malam partem. La possibilità effettiva e concreta del controllo non è esigibile data l'enorme mole di dati da processare. Per quanto riguarda il capo B, la Corte fa un ragionamento interessante per alcune tematiche connesse, ovvero la responsabilità del direttore di giornale, la tutela d'autore, l'illecito trattamento dei dati personali. L'omessa informativa non è penalmente sanzionata ma solo in via amministrativa. La normativa di trattamento dei dati personali si indirizza a colui che realizza il video, Google non deve dunque rispettare quelle previsioni. Nel caso specifico c'è un trattamento di dati personali sensibili, ma non ogni

video lo prevede; nelladimensione del provider esso non può sapere se un determinato video lo preveda o meno pereffettuare un controllo preventivo. Il dolo specifico non viene rinvenuto perché il fine diarricchimento riguarda l'azienda e non la singola condotta. Google viene assolta anche per il capoB.In Cassazione, il PM ripercorre le tematiche trattate senza successo. La Corte ribadisce che lanormativa vigente non stabilisce obbligo di controllo e filtraggio dei dati che passano per lapiattaforma. Nemmeno la normativa in tema di trattamento dei dati personali può trovareapplicazione perché i soggetti (dirigenti Google) non sono i destinatari di tale normativa, ma sologli utenti che hanno caricato i video.Giurisprudenza Civile.Se in alcuni casi si afferma la non responsabilità del service provider, in altri casi stabilisce cheesiste una responsabilità civile in capo a tali soggetti se essi non agiscono prontamente per larimozione dei

contenuti illeciti. L'aspetto che è interessante da mettere in luce, c'è l'assenza di un obbligo preventivo di filtraggio, dall'altro è necessaria l'attivazione del fornitore di servizi quando è comunicato del materiale illecito. Sentenza n. 7708 della Corte di Cassazione. Una società titolare di alcuni diritti d'autore conviene in giudizio Yahoo perché su quel portale ci sono alcuni programmi televisivi coperti da diritto d'autore. Preliminarmente va specificato che si tratta di un procedimento cautelare, ovvero funzionale all'ottenimento di un'azione inibitoria con il quale il provider è obbligato alla rimozione del materiale, pena il pagamento di una determinata quantità di denaro per ogni giorno di mantenimento del materiale. In prima istanza la richiesta viene respinta, in appello invece la Corte accoglie il gravame. La Cassazione afferma il principio tale per cui la normativa in

La materia di commercio elettronico è pensata con l'ottica di effettuare un bilanciamento tra l'interesse di svolgere un'attività economica e l'interesse di chi è leso da quella attività economica (sia diritti patrimoniali, sia di riservatezza) e che vengono ritenuti soccombenti. Quella è una normativa di bilanciamento (libertà di impresa) ma presuppone che il comportamento del provider sia un atteggiamento totalmente passivo. Nella motivazione però la figura dell'hosting provider è distinguibile in attivo e passivo, se esso è passivo e beneficia del regime più favorevole dell'esenzione da responsabilità della legge 70 del 2003, se l'attivo effettua un'attività sui contenuti che vengono caricati è sottratto al regime speciale di responsabilità. La Cassazione stabilisce che il motivo di gravame non è valido perché non è disciplinato.

Dallanormativa e dunque soggiace alle regole normali del diritto civile e del diritto penale. Il concetto di posizione di garanzia è rinvenibile nell'obbligo di agire nel caso che il provider riceva una missiva. Le regole a cui soggiace il provider sono quelle del concorso di persone, nello specifico della facilitazione alla condotta altrui.

Dal punto di vista soggettivo, sul piano della tipicità se il server provider indicizza e compie attività su quel video, il soggetto compie una condotta attiva. La prova dell'elemento soggettivo del dolo è una probatio diabolica. Esso è invece ricavabile dall'assenza di presidi di un'attività che potrebbe essere illecita.

La responsabilità da omessa rimozione non è configurabile, salvo per reati permanenti dove c'è la consapevolezza dell'altrui condotta. Questa sentenza stabilisce un altro principio. Il decreto n. 70 del 2003 dice che il SP risponde

civilisticamente se non rimuove le informazioni quando un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa dispone tale rimozione o disabilitazione. Nella sentenza viene stabilito che la richiesta di rimozione può avvenire anche da privato senza eccessive formalità, essa deve essere valutata secondo le regole de buon senso. Il privato non è però un'autorità giuridica, dunque non può fare un vaglio di liceità (?).

Al di là dell'obbligo di collaborazione, sono previsti degli obblighi di filtraggio. Nell'ambito della repressione della pedopornografia, c'è una norma che obbliga i fornitori di servizi a segnalare isoggetti che diffondono, distribuiscono materiale pedopornografico. Essi sono obbligati a utilizzare degli strumenti di filtraggio per impedire l'accesso a determinati siti pedopornografici specificati dall'autorità centrale.

Riassunto. Allo stato attuale i tentativi di

affermare che il service provider è il titolare di una posizione di garanzia di impedire un altrui reato sono stati smentiti dalla giurisprudenza. Oggi egli risponde solo se pone in essere una condotta attiva di collaborazione materiale e consapevole rispetto all'altro fatto illecito. La responsabilità omissiva non è ad oggi contemplata. La responsabilità del reato omissivo improprio è solo nell'ambito del contrasto alla pedopornografia. Il futuribile è legato alla possibilità dello sviluppo tra service attivo e passivo, dove quello attivo ha la possibilità di essere soggetto ad una responsabilità omissiva. Ingrassia – Responsabilità penale degli ISP. Il perimetro della responsabilità penale del provider. Il soggetto persona fisica riconducibile al service provider è colui che decide chi può accedere o no alla rete e quali contenuti ospiti quel determinato spazio, quali dati indicizzare.etc.
Secondo autorevole giurisprudenza, il ruolo dell'ISP sembra essere quello del tutore dell'ordine, tenuto ad obblighi di segnalazione e di rimozione a seguito di intervento dell'autorità, dove l'inadempienza implica una violazione principalmente amministrativa. Recente giurisprudenza dilegittimità pare però stravolgere questo paradigma: essa stabilisce che un gestore di un sito internet ha responsabilità penale concorsuale per non aver rimosso un contenuto diffamatorio, di cui era venuto a conoscenza prima dell'intervento dell'autorità, ma solo dopo la sua pubblicazione. Possibile rivoluzione rispetto al caso Google vs Vividown? La sentenza n. 54946 del 2016 pare far emergere una responsabilità penale per omesso impedimento non già di un reato, ma dei suoi effetti. La Corte afferma che al gestore del sito è imputabile la responsabilità penale di concorso in diffamazione per avero, che si consuma nel momento in cui viene reso pubblico il contenuto diffamatorio. Pertanto, se un soggetto è a conoscenza dell'esistenza di un articolo diffamatorio sul proprio sito web e non lo rimuove, può essere ritenuto responsabile per la diffamazione stessa. Inoltre, è importante sottolineare che la diffamazione è un reato perseguibile d'ufficio, il che significa che non è necessaria una denuncia formale da parte della persona diffamata per avviare un procedimento penale. Le autorità competenti possono agire d'ufficio e procedere con l'indagine e l'eventuale processo. In conclusione, è fondamentale rimuovere tempestivamente qualsiasi contenuto diffamatorio dal proprio sito web una volta venuti a conoscenza della sua esistenza, al fine di evitare responsabilità penali e civili.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
49 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FedeUNITN di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale dell'informatica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli o del prof Grotto Marco.