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CIRCOSTANZE AGGRAVANTI COMUNI
L’art. 61 c.p. contiene il catalogo delle circostanze aggravanti comuni, le quali sono:
1. “L’avere agito per motivi obietti o futili”
Il motivo è l’impulso-istinto che spinge psicologicamente l’agente ad agire, e la giurisprudenza lo
considera abietto quando è turpe e ignobile, e rivela nell’agente un tale grado di perversità da
destare un profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità; viene invece
considerato futile quando sussiste un’enorme sproporzione tra il movente e l’illecito. Questa
aggravante non viene ritenuta compatibile con l’attenuante della provocazione, e si considera inoltre
che essa abbia natura soggettiva.
2. “L’avere commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a
sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l’impunità di un altro reato” Questa aggravante
viene giustificata in base alla maggiore pericolosità di chi è disposto a commettere un reato-mezzo
pur di attuare il suo intento criminoso.
Ci si chiede però se questa aggravante debba sopravvivere anche a seguito della riforma novellistica
del 1974 riguardante il reato continuato. Il reato continuato si configura infatti anche in presenza
della violazione di leggi che configurano reati diversi, purché vi sia un medesimo disegno criminoso:
questo tipo di reato sembra coincidere con l’aggravante in esame, e sembrerebbe dunque
contraddittorio ritenere che la commissione di più reati uniti da un unico vincolo possa
contemporaneamente dare luogo ad un trattamento aggravato (sulla base dell’aggravante teleologica)
e ad un trattamento di favore (sulla base del reato continuato). Nonostante sembri la soluzione più
logica, la giurisprudenza prevalente respinge la tesi dell’abrogazione tacita dell’art. 61 comma 2 c.p.
3. “L’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento”
Questa ipotesi è quella della colpa cosciente o con previsione, che è opportuno trattare nell’ambito
del delitto colposo.
4. “L’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone”
Le sevizie, secondo la giurisprudenza, sono l’inflizione di sofferenze fisiche non necessarie alla
realizzazione del reato, mentre la crudeltà è l’inflizione di sofferenze morali che oltrepassano i
limiti della normale umanità e comunque non necessaria alla realizzazione del reato. È controverso
se questa aggravante abbia natura oggettiva, e attenga dunque alle modalità dell’azione, o natura
soggettiva, e denoti quindi una maggiore criminosità dell’agente. Si ritiene comunque che essa sia
compatibile con l’attenuante della provocazione.
5. “L’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età
avanzata, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa”
Questa aggravante è la “minorata difesa”, ed è da considerarsi di natura oggettiva poiché attiene alle
modalità dell’azione.
6. “L’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo in cui si è sottratto volontariamente alla
esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un
precedente reato”.
Questa aggravante si riferisce alla situazione di latitanza, ma gli effetti giuridici conseguono non alla
qualificazione formale di latitanza ex art. 296 c.p.p., ma alla situazione di fatto sottesa alla qualifica
giuridica. Dunque, se ne deve dedurre, nonostante l’ultimo comma dell’art. 296 c.p.p. paragoni l’evito
al latitante, che la circostanze aggravante in esame non si possa applicare ai reati commessi dall’evaso.
Questa circostanza ha natura soggettiva, perché si riferisce alle condizioni e qualità personali del
colpevole.
7. “L’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio [dunque anche
quelli che, pur non essendo definiti “delitti contro il patrimonio”, hanno conseguenze pregiudizievoli
nei confronti del patrimonio altrui], ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla
persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevane gravità”. La giurisprudenza prevalente
ritiene che la rilevanza del danno vada valutata sul piano oggettivo, prescindendo dalla capacità
economica del danneggiato, mentre bisogna riferirsi alla sua capacità economica solo come elemento
sussidiario di valutazione cui ricorrere se la valutazione intrinseca del danno non consente da sola di
stabilire con certezza se esso sia di rilevante gravità. Si ritiene inoltre che il danno vada accertato
tenendo conto del momento in cui il reato viene commesso. Inoltre, ai fini della configurabilità
dell’aggravante, è un elemento di danno valutabile anche il lucro cessante. Questa aggravante ha
natura oggettiva.
8. “L’avere aggravato tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso”
Questa ipotesi viene raramente applicata, ed è inoltre controversa la sua natiura, che appare
soggettiva se di pone l’accento sul profilo relativo alla persistente del proposito criminoso, e
oggettiva se si pone l’accento sul profilo della gravità del danno o del pericolo.
9. “L’avere commesso il fatto con abuso di poteri, o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica
funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto”
Questa aggravante non si può applicare nei casi in cui l’abuso costituisce elemento integrante del
reato- base, inoltre essa si può applicare non soltanto se si è in presenza di una delle qualità elencate,
ma se il loro possesso ha in qualche modo agevolato l’esecuzione del reato.L’aggravante non può
però essere applicata se l’abuso non è doloso, e si applica dunque solo se effettivamente conosciuta e
voluta.
Dominante è l’opinione che ritiene questa aggravante di natura soggettiva perché riguarda qualità
personali del reo.
10. “L’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico
servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato,
ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell’atto o a causa
dell’adempimento delle funzioni o del servizio”
Questa aggravante è dunque posta a tutela di persone che svolgono determinate funzioni, in ragione
dello speciale ruolo da essi rivestito.
In giurisprudenza è stato recentemente affermato che capo e funzionari di uno Stato estero non sono
assimilabili agli agenti diplomatici e consolari accreditati presso il governo italiano, e si ritiene dunque
che l’aggravante non sia ad essi applicabile.
Questa circostanza aggravante ha natura oggettiva perché riguarda la persona dell’offeso.
11. “L’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di
relazione di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione o di ospitalità”
La ratio di questa circostanza aggravante è l’abuso di fiducia di chi compie un reato a danno di
persone legate da particolari relazioni con il soggetto attivo, ma la relazione fiduciaria non va di volta
in volta provata, in quanto può ritenersi presunta.
Si ha: Abuso di autorità: quando si approfitta di una condizione di supremazia nei confronti del
• soggetto passivo
Abuso di relazioni domestiche: quando i coinvolti appartengono allo stesso nucleo familiare
• Abuso di relazione di ufficio: quando si abusa di una relazione che può essere anche di mero
• fatto, indipendentemente dalla sua qualificazione giuridic
Abuso di prestazione d’opera: qualsiasi rapporto in virtù del quale l’agente presti a qualunque
• titolo la propria opera in favore di altr
Abuso di coabitazione: non rientra, secondo la giurisprudenza, solo la convivenza, ma anche
• la permanenza momentanea di più persone nello stesso luogo idoneo alla vita domestica
Abuso di ospitalità: si ritiene sufficiente che il soggetto attivo venga accolto consensualmente
• dall’ospitante, anche occasionalmente.
Questa circostanza aggravante ha natura soggettiva perché riguarda i rapporti tra colpevole e
offeso.
11 bis. “L’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trovava illegalmente sul territorio nazionale”
Questa circostanza è stata dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 249 del 5 luglio 2010.
11 ter. “L’aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all’interno o
nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione”
Questa aggravante cerca di rispondere all’esigenza di fronteggiare il fenomeno del bullismo, ma
questo inasprimento del regime sanzionatori non pare lo strumento più congruo ed efficace per
contrastare un fenomeno che ha profonde e complesse radici socio-psicologiche, e che dovrebbe
per questo essere fronteggiato piuttosto con interventi di politica sociale e culturale. La circostanza
ha natura oggettiva.
11 quater. “L’avere il colpevole commesso un delitto non colposo durante il periodo in cui era
ammesso ad una misura alternativa alla detenzione”
Questa circostanza aggravante ha l’obiettivo di rafforzare l’efficacia e l’effettività delle misure
alternative alla detenzione, sanzionando in maniera più grave chi ha commesso un reato doloso
durante il tempo in cui godeva di una misura alternativa
11 quinquies. “L’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la
libertà personale nonché nel delitto di cui all’art. 572 [maltrattamenti contro familiari o conviventi],
commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in
stato di gravidanza”
Questa aggravante ha l’obiettivo di proteggere le persone considerate più vulnerabili.
CIRCOSTANZE ATTENUANTI COMUNI
L’art. 62 contiene invece il catalogo delle circostanze attenuanti “comuni”, le quali sono:
1. “L’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale”
Orientamento giurisprudenziale dominante sostiene che sia necessario che il movente sia
apprezzabile alla stregua degli atteggiamenti etico-sociali prevalenti. Nella maggior parte dei casi,
però, i giudici incorrono in aporie logiche che portano alla ritenuta inapplicabilità di questa
attenuante, poiché commettono l’errore di subordinare il giudizio sulla meritev