RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI PUBBLICI
a) Quando si parla di responsabilità, si fa riferimento alle conseguenze che l’ordinamento
prevede in caso di violazione della legge o di diritti altrui. In sostanza, si tratta di una
sanzione che viene erogata.
b) La responsabilità si distingue in:
CIVILE, per violazioni di norme civilistiche, che comportano il risarcimento dei danni;
PENALE, per la commissione di un reato e la violazione di una norma penale, con
l’applicazione di una pena.
c) L’articolo 28 della Costituzione stabilisce che “i dipendenti e i funzionari dello Stato e degli
enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi civili, penali e amministrative,
degli atti compiuti in violazione di diritti.” In tali casi, la responsabilità civile si estende allo
Stato e agli enti pubblici.
L’art. 27 della Costituzione, invece, ci ricorda che la responsabilità penale è personale,
dunque può essere attribuita solo alle persone fisiche, non agli enti.
d) In passato, la responsabilità degli enti pubblici non era prevista, poiché si riteneva che
operassero nell’interesse collettivo. Con il tempo, però, si è affermato il principio della
responsabilità indiretta, cioè derivante dagli atti compiuti dai dipendenti o funzionari nello
svolgimento delle loro funzioni pubbliche.
Questo è stato possibile con l’affermazione dello Stato di diritto, che ha permesso di
riconoscere la responsabilità civile diretta degli enti pubblici, come indicato proprio nell’art.
28 della Costituzione.
e) Alla responsabilità degli enti pubblici si aggiunge anche quella dei dipendenti e funzionari,
secondo quanto previsto dallo Statuto degli impiegati civili dello Stato (1957). Questo
stabilisce che i dipendenti siano personalmente responsabili in caso di dolo o colpa grave.
La responsabilità può essere:
CONTRATTUALE – per inadempimento degli obblighi previsti da un contratto (art. 1218 c.c.,
che richiama il principio del "pacta sunt servanda");
EXTRACONTRATTUALE – secondo il principio del "neminem laedere", ovvero: chi viola un
diritto altrui e provoca un danno ingiusto è tenuto al risarcimento.
In questo caso, è necessario dimostrare:
una condotta (attiva o omissiva),
la violazione di una norma,
un elemento soggettivo (dolo o colpa),
un danno,
un nesso di causalità tra la condotta e il danno.
PRECONTRATTUALE – per comportamenti scorretti o in mala fede durante le trattative
contrattuali.
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RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE
a) Gli enti del Terzo Settore possono essere distinti in base al loro riconoscimento giuridico
da parte dello Stato:
ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE: possiedono personalità giuridica e godono di autonomia
patrimoniale perfetta. Questo significa che vi è una netta separazione tra il patrimonio
dell’ente e quello dei singoli partecipanti.
ASSOCIAZIONI NON RICONOSCIUTE: non possiedono personalità giuridica e hanno
autonomia patrimoniale imperfetta. In questo caso, la responsabilità ricade sia sull’ente che
solidalmente sulle persone che agiscono in nome e per conto dell’ente.
b) Per affrontare il problema della responsabilità civile degli enti del Terzo Settore, è stato
previsto l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per i danni causati a:
chi lavora per l’associazione,
terzi coinvolti dalle attività svolte dall’ente.
c) Si tratta di una forma di responsabilità simile a quella prevista per gli enti commerciali,
poiché gli enti del Terzo Settore, pur avendo finalità non lucrative, possono svolgere attività
economiche o commerciali a supporto delle loro finalità istituzionali.
La responsabilità descritta finora è detta esterna, ovvero riguarda i danni causati a terzi.
Esiste però anche una responsabilità interna, che può emergere nel rapporto tra l’ente e i
suoi dipendenti o funzionari: ad esempio, l’ente può esercitare il diritto di rivalsa nei confronti
del proprio dipendente per i danni causati da quest’ultimo nello svolgimento delle sue
funzioni.
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RESPONSABILITÀ NELL’AMBITO SOCIO-SANITARIO
Chi svolge un’attività sanitaria deve essere iscritto in un Albo professionale.
L’iscrizione è subordinata al possesso di requisiti specifici.
L’Albo è un registro pubblico tenuto da ordini o collegi professionali a livello regionale.
Iscriversi comporta l’obbligo di rispettare norme deontologiche, ovvero regole di
comportamento professionale che non hanno valore giuridico ma etico e morale.
La violazione di queste norme può portare a responsabilità disciplinare, con sanzioni come:
1. La censura
2. La sospensione dall’esercizio della professione
3. La radiazione dall’albo, cioè il divieto di esercitare la professione
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TIPI DI RESPONSABILITÀ
Nell’ambito socio-sanitario, la responsabilità può essere:
1. CIVILE
Può essere di due tipi:
a) Contrattuale (art. 1218 c.c.):
Avviene quando c’è un contratto tra il paziente e il professionista.
Se il professionista non agisce con diligenza (art. 1176 c.c., “buon padre di famiglia”), è
responsabile per inadempimento.
b) Extracontrattuale (art. 2043 c.c.):
Si verifica quando non esiste un contratto, ma il comportamento del professionista causa un
danno ingiusto a un’altra persona.
È necessaria la colpa o il dolo (cioè un’azione intenzionale).
2. PENALE
Può esserci responsabilità penale quando, nello svolgimento dell’attività sanitaria, il
professionista causa danni gravi o la morte del paziente.
Si parla di responsabilità per colpa o colpa grave.
La Legge Gelli-Bianco del 2017 ha regolato la responsabilità penale dei professionisti
sanitari, stabilendo che rispondono penalmente solo in caso di colpa grave, soprattutto se
hanno seguito le linee guida cliniche ufficiali.
3. DEONTOLOGICA
È la responsabilità per la violazione delle norme etiche e comportamentali della professione.
Porta a sanzioni disciplinari da parte dell’Ordine professionale.
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SICUREZZA DELLE CURE
La legge “Gelli-Bianco” prevede che a tutti gli utenti sia assicurata la sicurezza delle cure,
vale a dire la possibilità per tutti gli utenti di usufruire delle migliori pratiche e tecnologie
sanitarie disponibili.
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PER GARANTIRE LA SICUREZZA DELLE CURE
Sono state istituite nuove figure che hanno il compito di monitorare e vigilare che la
sicurezza delle cure sia rispettata.
Tra queste figure ricordiamo:
1. Difensore civico:
È una figura creata in ogni Regione.
Ha il compito di controllare l’attività della Pubblica Amministrazione.
Può essere attivato anche da un privato cittadino, senza bisogno di un avvocato, perché il
suo intervento è gratuito.
2. Osservatorio Nazionale sulle buone pratiche e sulla sicurezza delle cure.
3. Centro di gestione dei rischi sanitari e della sicurezza sanitaria.
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ASSICURAZIONE PER LA RESPONSABILITÀ CIVILE
C’è l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per la responsabilità civile per:
a) Le strutture sanitarie, pubbliche e private.
b) Gli operatori sanitari che lavorano all’interno delle strutture sanitarie, per coprire il rischio
di azioni di rivalsa (cioè quando la struttura chiede loro un risarcimento).
c) Gli operatori sanitari che lavorano all’esterno delle strutture sanitarie.
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CONSENSO INFORMATO
L'art. 32, comma 2 della Costituzione stabilisce che nessuno può essere sottoposto a un
trattamento sanitario senza il suo consenso, a meno che ciò non sia stabilito dalla legge.
La legge 219/2017 disciplina il consenso informato e le DAT (Disposizioni Anticipate di
Trattamento), stabilendo che nessuna persona può essere sottoposta a trattamento senza il
proprio consenso.
Se un operatore sanitario esegue un intervento senza il consenso del paziente, incorre in
responsabilità civile, penale e deontologica (anche se il paziente è consapevole della
situazione).
PENALE
Il reato di violenza privata o lesioni personali può essere configurato in caso di trattamento
senza il consenso del paziente.
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SEGRETO PROFESSIONALE
Gli operatori sanitari hanno l’obbligo di non rivelare le informazioni dei pazienti,
anche in caso di testimonianza in tribunale.
In caso di violazione del segreto professionale, si incorre in:
Responsabilità penale: si rischia fino a 3 anni di detenzione.
Responsabilità deontologica: con sanzioni che possono essere:
Ammonimento,Censura,Sospensione
Radiazione dall’albo
Fanno eccezione solo i casi in cui c’è una giusta causa o autorizzazione.
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ACCESSO AI SERVIZI E PRESA IN CARICO
La legge 328/2000, in materia di accesso ai servizi e presa in carico, ha attribuito agli enti
locali (Comuni), in quanto titolari delle funzioni amministrative, la regolamentazione di
accesso ai servizi sociali, i quali possono disciplinare con un apposito regolamento l’accesso
alla rete integrata dei servizi sociali, definendo le modalità e i criteri per la valutazione della
condizione di bisogno e per la definizione del progetto personalizzato.
A differenza di altri ambiti dove il bisogno è autoreferenziale, nei servizi sociali è necessaria
una valutazione professionale per accertare il bisogno e determinare l’intervento da attuare.
L’accesso ai servizi, quindi, non è automatico, ma è legato alla valutazione del bisogno, che
può portare all’erogazione della prestazione o a un suo rifiuto motivato.
Comporta la valutazione viene elaborato un progetto assistenziale, che viene condiviso con
l’interessato e con i suoi familiari, che devono darne il consenso informato, e che prevede
delle attività, interventi e un monitoraggio costante del disagio.
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Gli interventi previsti in questo ambito hanno differente durata e intensità.
Accesso ai servizi e presa in carico – Legge 328/2000
La Legge 328/2000 affida ai Comuni, come titolari delle funzioni amministrative, il compito di
regolare l’accesso ai servizi sociali. Ogni Comune può adottare un proprio regolamento per
definire:
come si accede alla rete dei servizi
i criteri per valutare la situazione di bisogno
come costruire un progetto personalizzato per l’utente
Nei servizi sociali, a differenza di altri ambiti,
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Appunti di Diritto Amministrativo
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Diritto amministrativo - i beni degli Enti pubblici
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Diritto amministrativo - l'organizzazione degli Enti pubblici
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