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Andreuccio le credette e, contento di restare ancora con lei, si
fermò anche dopo cena. I due avevano ancora molto da
raccontarsi e fino all’una restarono a parlare. Poi essa lo lasciò
solo nella stanza, con un piccolo servo pronto ad aiutarlo nel
caso avesse avuto bisogno di qualcosa, e lei se ne andò nelle
sue stanze con le sue serve. Faceva molto caldo e Andreuccio,
appena rimase solo, si levò gli abiti e mise i pantaloni ai piedi
del letto. Poi, sentendo di aver mangiato troppo, volle uscire
ad alleggerirsi della ricca cena, e domandò al servo dove lo
potesse fare. Il ragazzo gli mostrò una porta nella stanza e gli
disse:
– Andate là dentro.
Andreuccio entrò sicuro ma il suo piede finì sopra un pezzo di
legno mal messo, di modo che si ruppe e tutti e due, pezzo di
legno e Andreuccio, finirono col cadere sotto. Ma Dio lo
amava tanto che il giovane non si fece niente, anche se cadde
da molto in alto. Però cadde giù nello sporco e ne fu in un
momento dentro fino al naso. Quel luogo si trovava, come
spesso si vede, in una piccola via molto brutta, situato sopra
due pezzi di legno fra una casa e l’altra. Uno dei pezzi fu
proprio quello che cadde.
Trovandosi dunque là giù Andreuccio, dispiaciuto del suo
stato, cominciò a chiamare il servo; ma il ragazzo, quando lo
ebbe sentito cadere, corse a dirlo alla donna. Essa, andata alla
camera di Andreuccio, cercò senza perdere tempo se ci
fossero i suoi abiti e con essi i denari che il giovane portava
sempre con sé. Trovato quello che cercava, ella andò dunque a
chiudere la piccola porta per la quale Andreuccio era uscito e
poi caduto.
Andreuccio, vedendo che il servo non gli rispondeva,
cominciò a chiamare più forte, ma anche questa volta nessuno
si fece sentire. Allora cominciò a pensare che quella gente
voleva forse prendergli il denaro e, salito sopra il piccolo
muro che chiudeva quel luogo dalla strada, scese sotto nella
via e andò alla porta della casa che ormai conosceva così bene
e qui chiamò inutilmente e a lungo batté alla porta perché gli
aprissero. Allora il giovane, quando vide chiara la sua sfortuna
cominciò a piangere e a dire:
– Oh, come ho fatto presto a perdere cinquecento fiorini e una
sorella!
E dopo lungo piangere prese di nuovo a battere sulla porta e
gridò così a lungo e tanto forte che molti dei vicini si levarono
dal letto svegliati da quel rumore e una delle serve della donna
si avvicinò alla finestra e chiese:
– Chi batte laggiù?
– Oh, – disse Andreuccio, – non mi riconosci? Sono
Andreuccio, fratello di Madonna Fiordaliso.
E la donna gli rispose:
– Buon uomo, se hai bevuto troppo, vai a dormire e torna
domani mattina. Io non conosco nessun Andreuccio e non so
di quale storia tu parli. Torna dunque a casa e lasciaci dormire.
– Come? Non sai quello che ti dico? Certo che lo devi sapere.
Ma se si è soliti fare così in Sicilia, che si dimentica da un
momento all’altro quello che si dice, dammi indietro almeno i
miei abiti, che ho lasciato nella stanza, e io me ne andrò in
pace.
E a lui, essa, quasi ridendo, disse ancora:
– Buon uomo, mi pare che tu sogni.
Detto questo tornò dentro e chiuse la finestra.
Andreuccio, ormai sicuro della sua sfortuna, sentì tutto il suo
dolore cambiarsi in una forza grandissima e si preparò a
riavere con gli atti quello che non aveva potuto con le parole.
Prese quindi una grande pietra e cominciò di nuovo a battere
con essa alla porta.
Molta della gente che abitava lì vicino, ormai svegliata da
tutto quel rumore, tornò un’altra volta alla finestra e, credendo
che il giovane fosse un malfattore e volesse soltanto fare del
male a quella donna, tutti insieme gridarono contro di lui,
proprio come fanno i cani quando vedono qualcuno che non
conoscono:
– Questo davvero non si deve fare, di venire a quest’ora a casa
delle donne per bene a raccontare queste storie. Va’ dunque
con Dio e lasciaci dormire in pace. E se hai veramente
qualcosa a che fare con lei, tornerai domani. Ma adesso, a
quest’ora, lasciaci in pace –.
Allora Andreuccio decise di ritornare all’albergo, molto triste
in cuor suo per il denaro perduto. Però non voleva ritornare
all’albergo così sporco e pieno di cattivo odore e quindi prese
una via a sinistra, chiamata la Ruga Catalana, per scendere
verso il mare e lavarsi un poco.
Mentre camminava per quella strada, vide arrivare due uomini
che tenevano in mano una lanterna. Andreuccio, credendo che
i due facessero parte della famiglia dalla quale era appena
fuggito o fossero due malfattori, si nascose dentro una vecchia
casa aspettando che quelli fossero lontani. Ma i due uomini
non andarono avanti: si fermarono proprio nella casa dove si
era nascosto Andreuccio e, appena entrati, uno dei due mise
per terra degli strani pezzi di ferro che aveva con sé. Poi
cominciarono a guardare in ogni punto della stanza.
E mentre parlavano, disse uno:
– Cosa vuol dire questo? Sento un odore così cattivo che mi
sembra di non averne mai sentito di peggiori.
Detto questo alzò la lanterna e vide Andreuccio.
I due, che avevano creduto di entrare in una casa dove non
c’era nessuno, gli chiesero chi fosse ma egli, pieno di paura,
non rispose. Allora gli andarono più vicino e glielo
domandarono un’altra volta e Andreuccio raccontò quanto era
accaduto. Questi, credendo di sapere dove ciò poteva essere
accaduto, dissero fra sé:
– Certo tutto questo è successo in casa di Scarabone
Buttafuoco.
E ad Andreuccio dissero:
– Buon uomo, devi dire grazie a Dio del modo con cui hai
perduto i tuoi denari perché hai avuto la fortuna di cadere in
un posto dal quale non hai potuto rientrare in quella casa. Se
tu non fossi finito là dentro, saresti certo stato ucciso non
appena a letto. E allora non avresti solo perduto i tuoi denari,
ma anche la vita. Ma ora, a che serve piangere? E a che serve
gridare? Se tu andrai a raccontare a tutti quello che è successo,
verrai certo ucciso da quell’uomo.
Dopo aver quindi parlato un poco fra loro, continuarono:
– Come vedi, a noi dispiace quanto ti è successo, e ti diamo
ora il modo di riprenderti almeno in parte quanto hai perduto.
Andreuccio rispose subito che era pronto a fare come i due
dicevano.
Quel giorno era morto un arcivescovo di Napoli chiamato
Filippo Minutolo ed era stato messo nella tomba con molti ori
e un rosso rubino al dito che costava più di cinquecento
fiorini. E i due volevano andare proprio a prendere queste
cose al morto. Andreuccio, pensando di aver trovato un facile
modo per prendersi di nuovo i denari che aveva perduto, andò
subito con loro.
Mentre camminavano verso la chiesa maggiore i due
malfattori dissero fra sé che Andreuccio mandava un odore
troppo forte e quindi uno di essi disse:
– Non potremmo trovare il modo di farlo lavare un poco così
che l’odore vada via? Al che l’altro rispose:
– Certo, ora siamo vicino ad un pozzo che ha di solito una
carrucola e il secchio. Potremmo andarci e mandare giù
Andreuccio perché si lavi un po’.
Giunti a questo pozzo trovarono che la fune c’era ma il grosso
secchio era stato portato via. Allora decisero di farlo scendere
giù loro stessi con la fune. Non appena Andreuccio nel pozzo
si fosse lavato, avrebbe dovuto tirare la fune ed essi lo
avrebbero fatto salire di nuovo.
Appena però i due ebbero fatto scendere Andreuccio nel
pozzo, cominciarono ad arrivare i soldati del signore della
città i quali, sia perché faceva molto caldo, sia perché avevano
dovuto correre dietro a qualcuno, venivano al pozzo per bere.
Appena i due videro arrivare tutti i soldati, fuggirono via
subito mentre Andreuccio, giù nel pozzo, tirava la fune perché
aveva finito proprio allora di lavarsi. I soldati misero per terra
le armi e cominciarono a tirare la fune credendo che alla fine
di essa ci fosse il secchio pieno d’acqua. Andreuccio, appena
arrivò su, lasciò la fune e con le mani si afferrò al muro del
pozzo e i soldati, nel vedere ciò, furono sul punto di morire di
paura e fuggirono via.
Il povero Andreuccio sarebbe certo caduto di nuovo giù se
non fosse subito salito sul muro del pozzo. Naturalmente non
capiva perché quella gente fuggisse via e ancora più si
domandò cosa volessero dire tutte quelle armi che i suoi
compagni certo non avevano portato. Senza toccare niente, ma
piangendodi quella che egli credeva una sfortuna, Andreuccio
tornò sulla strada senza sapere dove andava.
Così camminando finì con l’incontrare i due amici che
venivano al pozzo per tirarlo su. Come lo videro, subito gli
domandarono chi lo avesse aiutato ad uscire dal pozzo, ma
Andreuccio rispose che proprio non lo sapeva. Furono allora i
due a spiegargli
come erano andate le cose e ridendo gli dissero perché erano
fuggiti via così e come erano stati proprio dei soldati ad
aiutarlo a salire in modo che tutti e tre ora potevano andare
alla tomba dell’arcivescovo.
Quindi, senza più far parole, essendo già mezzanotte, presero
la via della chiesa maggiore e vi entrarono molto facilmente,
poi raggiunsero la tomba, che era molto grande e di pietra e,
con i loro ferri, alzarono il coperchio in modo che un uomo vi
potesse entrare.
Fatto questo, cominciarono a chiedersi chi dovesse entrare.
L’uno disse: – Non certo io, – e l’altro:
– Neppure io, – e si voltarono verso Andreuccio. Ma egli
disse:
– Questo io non lo farò di certo.
Ma i due, andandogli più vicino, gli dissero:
– Come non entrerai? Se provi a dirlo un’altra volta ti daremo
tanti di questi pezzi di ferro sulla testa da farti cader morto.
Andreuccio, pieno di paura, non trovò altro da dire e vi entrò
ma mentre faceva questo pensava: «Essi mi fanno entrare per
prendersi tutto, perché, quando io avrò dato loro ogni cosa,
mentre cercherò di uscire dalla tomba, se ne andranno con
tutti gli ori e a me non resterà nulla».
E perciò decise di prendersi subito una parte dell’oro e,
ricordandosi dell’anello di cui i due avevano parlato, scese più
giù nella tomba e subito lo levò dal dito dell’arcivescovo e se
lo mise, e poi diede tutto il resto ai due che stavano fuori.
I due gli dissero che