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Struttura e temi fondamentali: L’opera consiste in oltre 200 brevi pensieri
(aforismi politici e morali) organizzati senza suddivisioni in capitoli o sezioni. Le
massime si succedono senza un ordine prefissato e contengono osservazioni
acute tratte dall’esperienza personale e storica. I temi fondamentali ricorrenti
Ricordi
nei sono: l’autonomia della politica dal retto religioso e morale, la
natura umana inclinata al male, l’importanza della prudenza, della flessibilità e
della “discrezione” nell’azione politica. Guicciardini ribadisce più volte che gli
uomini che fanno la storia sono quelli dotati di «intelligenza, forza, astuzia,
abilità, autorità», mentre il popolo rimane un elemento passivo. Egli sottolinea
inoltre il peso della fortuna (il caso) nella storia e l’impossibilità di estrarre leggi
Ricordi
universali dai fatti storici. In questo spirito il afferma che in politica la
sintesi ideale è meno utile dell’analisi caso per caso: «i fatti vanno compresi
nelle loro circostanze particolari, caso per caso».
Ricordi
Lettura critica (esempi dal testo): I sono noti per il loro linguaggio
diretto e schietto. Ad esempio Guicciardini avverte: «Quelli cittadini che
appetiscono onore e gloria… perniziosi sono quelli che appetiscono… la
grandezza, perché chi la piglia per idolo, non ha freno alcuno né di giustizia, né
di onestà». Con questa massima egli condanna l’ambizione sfrenata e la
mancanza di scrupoli di chi persegue la propria gloria con ogni mezzo. Allo
stesso modo egli stigmatizza chi sceglie il male anziché il bene: «se di alcuno si
intende o legge che sanza alcuno suo commodo o interesse ami più el male
che el bene, si debbe chiamare bestia e non uomo». Questi brani mostrano il
tono tagliente dell’autore, che non risparmia giudizi netti. In altri passi
Guicciardini riflette sulla natura instabile dei governi popolari, sull’importanza
di mantenere un buon «giudizio» e sulla necessità, in politica, di accettare
compromessi temporanei piuttosto che inseguire utopie irrealizzabili. Nel
Ricordi
complesso, i offrono un ritratto realistico e disincantato della politica
rinascimentale, dove ciascun aforisma va considerato autonomamente, nel
«particolare» della circostanza. Ricordi
Pensiero politico e storiografico: Nei Guicciardini sviluppa una
visione politica pragmatica e pessimistica. Egli insiste sulla necessità della
prudenza (“particolare” e “discrezione” sono le sue parole chiave) e sul rifiuto
di costruire sistemi ideali astratti: «è inutile costruire ideali castelli che la realtà
inevitabilmente distruggerà». Il politico deve adattarsi ai fatti concreti; egli non
crede in un disegno provvidenziale degli eventi storici e considera la storia
come un susseguirsi ciclico di vicende imprevedibili. In tal senso Guicciardini
rifiuta la fiducia nelle lezioni del passato come guida certa al presente,
mettendo al centro i calcoli di interesse individuale. Lo storico di professione
Ricordi:
egli lo era già con questi vede la politica come intreccio di interessi
personali («particolare») piuttosto che come realizzazione di valori ideali.
Ricordi politici e civili
Fortuna critica e ricezione: I furono pubblicati per la
prima volta solo alcuni anni dopo la morte di Guicciardini (intorno al 1540).
Successivamente, la loro fortuna critica fu controversa: studiosi come L. Ranke
e F. De Sanctis giudicarono negativamente Guicciardini, vedendovi un
Ricordi
esponente dell’individualismo cinico (isolando artificiosamente i dal
resto della sua opera). Solo a partire dal Novecento, grazie a ricerche
filologiche più attente, si è proceduto a una rivalutazione del pensiero
Ricordi
guicciardiniano nel suo insieme. Oggi i sono riconosciuti come un
classico dell’aforisma politico-morale, precursore del genere, che offre un
quadro realistico del pensiero politico rinascimentale.
Storie fiorentine (dal 1378 al 1509)
Storie fiorentine
Contesto storico-biografico: Le sono l’opera storica
giovanile di Guicciardini. Egli ne iniziò la stesura nel 1508, appena
venticinquenne, compilando un resoconto degli eventi fiorentini dal 1378 fino al
1509. In essa si riflettono le sue prime esperienze politiche: era infatti nipote di
una famiglia di magnati fiorentini e, dopo gli studi di diritto a Ferrara e Padova,
Storie fiorentine
aveva avviato la carriera pubblica cittadina. Le furono redatte
a Firenze e pubblicate (probabilmente nel 1509) in tempi vicini, ma rimasero a
lungo note soprattutto come manoscritto di riferimento. L’opera copre il
periodo della mediazione politica dei Medici, l’avvento di Girolamo Savonarola
e il breve ritorno della repubblica cittadina fino all’instaurazione del dominio
mediceo del 1512.
Struttura e temi fondamentali: L’opera è organizzata cronologicamente e
narrativamente in più libri, con capitoli dedicati ad anni o eventi significativi (ad
esempio: entrata di Carlo VIII a Firenze, governo di Lorenzo il Magnifico,
vicende di Savonarola, ecc.). Guicciardini si ispira alle cronache e agli storici
precedenti (come Leonardo Bruni) ma introduce anche giudizi personali e
Storie fiorentine
riflessioni politiche. Secondo una fonte critica moderna, nelle
già si riscontra «una concezione etica che doveva possedere un uomo politico»
(interesse per la prosperità dello Stato, efficienza amministrativa e sicurezza
dei cittadini). In questo lavoro giovanile traspaiono l’attenzione agli aspetti
istituzionali di Firenze, l’analisi del contrasto tra i grandi magnati (ottimati) e le
fazioni popolari, nonché una tendenza oligarchica nelle interpretazioni.
Lettura critica (esempi dal testo): Pur risentendo della prospettiva
Storie fiorentine
aristocratica dell’autore, le offrono quadri vividi di personaggi
e vicende. Guicciardini descrive ad esempio la figura di Savonarola con tono
partecipe, riconoscendo in lui la passione politica ma criticando i suoi eccessi
teocratici (in fonti collegate viene descritto come “profeta disarmato”). I fatti
sono narrati con senso critico e intento analitico: l’autore non cade in visioni
idealizzate, ma intreccia i resoconti con giudizi ponderati e colpisce i vizi e le
virtù dei protagonisti. Come nota Treccani, nelle sue storie Guicciardini emerge
«osservatore attento» e «interprete e giudice dei fatti politici» che sa
raccontare con obiettività e partecipazione umana.
Storie fiorentine
Pensiero politico e storiografico: Nelle si coglie il primo
tentativo di Guicciardini di applicare ai fatti d’Italia un metodo storiografico
personale: egli raccoglie documenti e testimonianze con rigore, ma interpreta
gli eventi alla luce della propria esperienza politica. Già qui affiora la sua fede
nella necessità dell’analisi concreta: egli cerca le cause delle decisioni dei
governanti fiorentini negli interessi delle «famiglie illustri» e nel funzionamento
delle istituzioni cittadine. L’impostazione è complessivamente realistica e
orientata alla classe dominante: lo stesso autore, appartenendo al ceto dei
magnati, tende a valorizzare il ruolo dei grandi nella storia fiorentina. Tuttavia,
a differenza di molti cronisti, Guicciardini evita il romanticismo e tende a
spiegare i fatti con presupposti pragmatici (equilibri di potere, spinte
economiche, diffidenza verso i popoli).
Storie fiorentine
Fortuna critica e ricezione: Le rimasero pressoché
sconosciute fino al XX secolo. Treccani segnala che, dopo la morte dell’autore,
tale testo – come quasi tutti gli scritti minori guicciardiniani – venne pubblicato
solo nel XIX-XX secolo (prima edizione critica nel 1931 curata da R.
Palmarocchi). Solo di recente la critica ha riconosciuto il valore dell’opera come
fonte storica: se in passato era considerata un’opera di scarso spessore
politico, oggi si apprezza la sua onestà descrittiva e il talento narrativo del
giovane storico.
Dialogo del reggimento di Firenze
Dialogo del reggimento di Firenze
Contesto storico-biografico: Il fu
composto tra il 1521 e il 1525, nel pieno delle turbolenze politiche seguite alla
battaglia di Pavia (1525) e sotto il governo mediceo rifondato. In quegli anni
Guicciardini – già governatore di Modena e Reggio e vicario in Romagna per il
papa – rifletteva sull’instabilità del sistema politico italiano. Il dialogo fu scritto
mentre egli aveva raggiunto dimestichezza con papa Clemente VII (1526) e
riceveva incarichi di comando militare; tuttavia, i disastri della Lega di Cognac
(1526-27) e il Sacco di Roma (1527) segnarono il suo ritiro temporaneo in
campagna, in cui completò questo trattato teorico-politico. L’opera non venne
pubblicata subito, ma rimase manoscritta fino al 1932 (edizione Palmarocchi).
Struttura e temi fondamentali: Si tratta di un dialogo in prosa suddiviso in
due libri, con interlocutori immaginari (tra cui il padre di Guicciardini, Piero, in
veste di moderatore) che discutono sulle forme di governo adatte a uno Stato
fiorentino. Il dialogo è ambientato simbolicamente nel 1494 (anno dell’arrivo di
Carlo VIII e dell’allontanamento dei Medici), in modo da esaminare i vari regimi
repubblicani, signorili e oligarchici sulla base delle esperienze storiche di
Firenze. Nel primo libro si stabiliscono presupposti teorici sull’analisi storica,
mentre nel secondo si articola la proposta concreta di un nuovo ordinamento
misto repubblicano. In particolare, Guicciardini passa in rassegna le forme di
governo (monarchia, aristocrazia, democrazia, e forme miste) valutandone
pregi e difetti in relazione ai fatti fiorentini. L’opera termina sostenendo la
necessità di un governo “misto” di tipo aristocratico-veneziano.
Dialogo
Lettura critica (esempi dal testo): Nel Guicciardini adotta il tono
dialogico per argomentare le proprie idee contro gli ottimati e i popolari. Ad
esempio, attraverso il personaggio di Pier Capponi (che difende la posizione
degli ottimati) e Paolo Antonio Soderini (popolare seguace di Savonarola),
mette a confronto visioni opposte sulla democrazia e l’oligarchia. In questi
scambi emerge chiaramente la sua insoddisfazione per i governi puramente
popolari (che appaiono instabili e facilmente manipolabili) e per le signorie dei
tiranni. Il riferimento a Venezia ritorna più volte come modello positivo: viene
sottolineato che la Repubblica oligarchica veneziana, nonostante i suoi limiti,
garantisce equilibrio e stabilità. Da un punto di vista stilistico, il dialettico
dialogo permette a Guicciardini di illustrare le sue tesi in mod