Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 13
Risposte tipo-esame Società ed economia/Sociologia economica  Pag. 1 Risposte tipo-esame Società ed economia/Sociologia economica  Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 13.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Risposte tipo-esame Società ed economia/Sociologia economica  Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 13.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Risposte tipo-esame Società ed economia/Sociologia economica  Pag. 11
1 su 13
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

WEBER E FATTORI OCCIDENTALI DEL CAPITALISMO

Nel tentativo di sviluppare un’indagine storica sul capitalismo, dunque

delineando una “sociologia della storia dell’Occidente moderno”, Max Weber

(1864-1920) individua alcuni fattori specificatamente occidentali che, insieme a

fattori complementari di minore importanza, concorrono allo sviluppo del

Questi fattori sono considerati fenomeni

capitalismo.

ECONOMICAMENTE RILEVANTI . Weber li divide in f. culturali (l’influenza

dell’etica economica di matrice religiosa sulla formazione dell’imprenditorialità)

e f. istituzionali (città occidentale, scienza e stato/diritto razionale).

W. innanzitutto sottolinea l’importanza delle grandi religioni etiche nel processo

di demagizzazione del tessuto sociale occidentale: il tessuto tradizionale,

legittimato dalle credenze magiche o spiritiche, viene progressivamente

soppiantato da un contesto razionale.

Tra le grandi religioni dell’Occidente, il protestantesimo (in particolare, il

calvinismo) contribuisce in maniera particolare a questo processo, con il

superamento del c.d. “dualismo etico” (misure di comportamento diverse,

soprattutto in ambito di profitto economico, verso membri della propria

comunità religiosa e verso membri esterni). I seguaci della Riforma sviluppano

una mentalità economica razionale, dedita al risparmio e al reinvestimento del

capitale, ascetica e strettamente connessa con l’idea che l’impegno attivo

nell’attività economica sia un modo per realizzare i precetti religiosi e affermare

definita bene

la propria condizione di salvezza (la c.d. ascesi intramondana,

dagli scritti del predicatore Richard Baxter). Ne consegue un’inevitabile

condanna della povertà e una colpevolizzazione di chi resta ai margini.

Tra le cause istituzionali Weber evidenzia innanzitutto la città tipicamente

occidentale, una comunità politica unitaria dove si afferma il diritto di

cittadinanza. Essa si afferma quando la borghesia entra in conflitto con

l’organizzazione economica di stampo feudale: la vita economica viene

commercializzata, il mercato si espande e l’unità urbana assume un’identità

politica, militare e religiosa (la religione, in particolare, cementifica il legame

tra i cittadini).

Altro importante presupposto è lo sviluppo della scienza razionale, al quale

consegue un’evoluzione della tecnica razionale (es. tecnologia meccanica di

calcolo). Le istituzioni responsabili dello sviluppo tecnico-scientifico, come le

università, trovano il sostegno della politica e sono così stimolate sul piano

produttivo.

Terzo presupposto è il diritto razionale, che fonda lo stato moderno e garantisce

prevedibilità nei rapporti tra i soggetti economici e tra questi e la pubblica

amministrazione.

Lo stato razionale si fonda su un ordinamento giuridico scritto e condiviso e si

avvale di un corpo specializzato di funzionari, anch’essi sottoposti alla legge.

DURKHEIM E CONSEGUENZE SOCIALI DELLA DDL

Emile Durkheim (1858-1917), sociologo francese fortemente influenzato dallo

spirito positivista del suo tempo, è il responsabile, insieme a Veblen, dello

sviluppo di un’analisi scientifica sulle conseguenze sociali dello sviluppo

capitalistico.

In quanto fermo sostenitore di uno studio delle istituzioni dell’economia, egli

critica l'utilitarismo partendo dall’assunto che anche nelle società più

sviluppate, caratterizzate quindi da un’elevata specializzazione del lavoro, siano

necessarie istituzioni regolatrici di natura non contrattuale. D. sottolinea come

l’aspetto principale della sua dissertazione, la divisione del lavoro, si realizzi

soltanto quando la società si evolve e si superano le separazioni sociali tipiche

dei gruppi umani primitivi. La trasformazione della società si riflette

nell’evoluzione del meccanismo di solidarietà: da un tipo di società semplice,

basata sulla “solidarietà meccanica” (l’appartenenza a un gruppo sociale è un

meccanismo meccanico, consequenziale, e la giustizia si basa su sanzioni

repressive), si passa a una società più complessa nella quale vige una forma di

solidarietà “organica” (i vari gruppi sociali si integrano organicamente, come un

grande organismo composto da diverse funzioni e aumentano densità materiale

e morale tra gli individui - vicinanza fisica e intellettuale). Solo in quest’ultimo

tipo di aggregato umano possono emergere il singolo e lo spirito

individualistico, dunque l’individualismo è un prodotto istituzionale. Nonostante

Durkheim si mostri ottimista circa la capacità della società di realizzare quella

condizione di solidarietà organica tipica della società capitalistica, egli si rende

conto che la specializzazione del lavoro può NON accompagnarsi alla crescita

degli aspetti solidali.

Quando dunque la divisione del lavoro non si accompagna a un’adeguata

istituzionalizzazione, si verificano situazioni anomale e di conseguenza tensioni

e conflitti sociali. Il primo caso è la c.d “anomia”, una situazione in cui c’è

carenza di norme: la divisione del lavoro cresce più rapidamente rispetto alle

regole istituzionali che dovrebbero regolare le attività economiche. L’anomia si

manifesta principalmente tramite le crisi economiche (la sovrapproduzione o il

sottoconsumo), con pesanti costi sociali, e tramite una non adeguata tutela nei

confronti dei lavoratori, che diventano “appendici dei macchinari industriali”.

Effetti sono ad es. il lavoro minorile e la disoccupazione.

Il secondo caso di anomalia è la c.d. “coercizione”, quando le regole stesse

(spesso frutto di una fase precedente della società) “sono causa del male”. Il

primo risultato di questo fenomeno è l’assegnazione IMPOSTA dei singoli a ruoli

specializzati, cosa che avviene quando ci sono variabili socio-istituzionali che

danneggiano l’uguaglianza delle condizioni esterne (es. diritto ereditario). Il

secondo risultato, invece, si determina quando le remunerazioni dei fattori

produttivi non corrispondono all’effettiva utilità dei servizi prestati. Dunque,

quando due individui si interfacciano in un rapporto contrattuale e le condizioni

di partenza dei due non sono egualitarie, si verifica uno squilibrio, che D.

definisce "violenza".

VEBLEN E CONSEGUENZE SOCIALI DEL CAPITALISMO

Thorstein Veblen (1857-1929), economista norvegese di religione luterana

trapiantato nel Minnesota, si pone l’obiettivo di rifondare su base istituzionale

l’analisi economica.

Egli afferma che l’economia deve riuscire a rendere conto dei grandi

cambiamenti della storia. dell’homo oeconomicus,

Veblen rigetta il paradigma dal momento che vede

l’analisi istituzionale imprescindibile (al massimo, l’individuo può essere

homo faber,

considerato dotato di ingegno e capacità inventive). E’ necessario

studiare le istituzioni (definite “abitudini mentali”) in prospettiva

evoluzionistica, tenendo conto della selezione naturale delle strutture

istituzionali.

Proprio il rapporto tra le istituzioni e il processo di sviluppo economico fornisce

un indicatore del livello di sviluppo di una società. Lo sviluppo infatti, si basa

sulla capacità di innestare nuove tecnologie.

E’ il ritardo strutturale nell’adeguamento istituzionale (istituzioni tradizionali

che convivono con un livello tecnologico avanzato) a determinare dei costi

sociali per la collettività.

In una fase avanzata dello sviluppo capitalistico, il mercato tende a chiudersi,

favorendo la formazione di monopoli (cartelli e trusts). Conseguenze dirette di

questo fenomeno sono la tendenza a un’esclusiva ricerca del profitto e una

“coscienziosa soppressione dell’efficienza” (gli attori economici guardano solo al

guadagno immediato, senza operare innovazioni).

Ne conseguono uno spreco di risorse produttive e una progressiva perdita di

benessere collettivo.

In particolare, lo sviluppo capitalistico sortisce effetti sul lato del consumo,

analizzato da Veblen nell’opera “Teoria della classe agiata”.

Il consumo di beni diviene un’attività che prescinde dall’utilità effettiva dei beni

stessi. Il consumo diviene un’ostentazione (“spreco vistoso”). Esso, tuttavia, non

è una prerogativa delle classi più abbienti, dal momento che le classi meno

agiate subiscono un’integrazione consumistica e il consumo diventa così

emulazione sociale.

Nelle società moderne, sono definiti “beni di Veblen” tutti quegli oggetti di

consumo che godono di un’ampia domanda, perché esprimono un preciso status

sociale, indipendentemente dal loro rapporto qualità/prezzo.

POLANYI E CONSEGUENZE SOCIALI DELLA MERCE FITTIZIA

“LAVORO”

Nel tentativo di analizzare le conseguenze sociali del capitalismo liberale, Karl

Polanyi (1886-1964) analizza la storia del sistema capitalistico in Inghilterra,

luogo che aveva assistito a un precoce sviluppo delle attività economiche e dei

mercati.

Dopo aver analizzato la formazione del sistema di mercato, avvenuta

formalmente con l’estensione del principio di mercato alla sfera della produzione

(terra commercializzata → enclosures, lavoro commercializzato → abolizione del

sistema dei sussidi e abolizione delle corporazioni), l’autore mette in evidenza le

conseguenze sociali dell’intero sistema.

E’ la mercificazione di terra, lavoro e moneta il problema principale, come

La grande trasformazione

Polanyi mette in evidenza ne (1944). Questi tre fattori

produttivi sono definiti “merci fittizie” perché non sono beni acquistabili e

vendibili come tutti gli altri, dal momento che la terra è parte della natura, non

prodotta dall’uomo, il lavoro è un’attività umana legata alla vita (non prodotta

per essere venduta) e la moneta è solo simbolo del potere d’acquisto. Le

conseguenze di questo “equivoco” sono pesantissime sulle condizioni di vita

delle masse.

In particolare, la formazione del mercato del lavoro distrugge le forme di

protezione tradizionale (rapporti familiari e di vicinato): gli individui sono

costretti a slegarsi dai propri contesti per cercare opportunità lavorative.

Inoltre, la forte instabilità dell’economia e la dipendenza dei soggetti dagli “alti

e bassi” del sistema creano fenomeni di disoccupazione e di povertà diffusa.

Proprio per difendere sé stessa da queste gravi conseguenze, la società attiva

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
13 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lucaoggionni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Società ed economia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Sartori Laura.