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Con il passare del tempo, si è addirittura arrivati a percepire la sfera pubblica
come qualcosa di ancora notevolmente diverso: Appadurai parla infatti di sfere
pubbliche diasporiche. Prende come esempio un turco a Berlino: un turco può
infatti ascoltare i canali radio del suo paese nella comodità della sua casa
tedesca, a dimostrazione del fatto che ormai non esiste più uno spazio fisico in
cui discutere, comunicare, scambiare opinioni e svolgere tutte quelle operazioni
che prima caratterizzavano la sfera pubblica. In questo contesto, si colloca quindi
la definizione di sfere pubbliche connesse proposta da Giovanni Boccia Artieri, il
quale sostiene che, pur non essendoci più uno spazio fisico in cui svolgere queste
attività, esiste uno spazio virtuale in cui farlo: Internet. La sfera pubblica è quindi
diventata digitale, virtuale, mantenendo però tutte le sue caratteristiche proprie
della sfera pubblica "tradizionale" e, anzi, caratterizzandosi per una sempre
maggiore possibilità di partecipazione per il singolo cittadino a queste specifiche
dinamiche (Henry Jenkins arriverà addirittura a parlare di culture partecipative).
3. La digitalizzazione della PA dal 200 al 2007
A partire dagli anni Novanta, si è assistito ad un importante processo di
rinnovamento e digitalizzazione della PA italiana, un cambiamento che è partito
dalla considerazione delle esigenze e dei bisogni del singolo individuo e non
dell’amministrazione. In questo contesto, è nata l’Agenzia Italiana della
Comunicazione Pubblica e Istituzionale, che ha evidenziato l’importanza della
comunicazione istituzionale come leva in quest’operazione di cambiamento
basata su sette principi: trasparenza (Legge 142 dell’8 giugno 1990; Legge 241 del 7
agosto 1990), ascolto (Legge del 1993), semplificazione (Leggi Bassanini del 1997),
partecipazione (cui è connesso il principio di sussidiarietà orizzontale/sociale e
verticale, introdotto già con le Leggi Bassanini ma entrato ufficialmente in
Costituzione con la modifica del Titolo V del 2001), valutazione, efficienza ed
efficacia. Nello specifico, le operazioni di rinnovamento sono iniziate con la
Legge 150 del 7 giugno 2000 che, insieme al relativo decreto attuativo del 4
dicembre 2001 e alla direttiva Frattini del 14 febbraio 2002, definisce la
comunicazione come obbligo istituzionale ed effettua la definitiva distinzione tra
attività di informazione e attività di comunicazione, distinzione effettuata sulla
base di tre aree distinte: informazione verso il sistema dei media (affidata agli
Uffici Stampa), comunicazione verso i cittadini (affidata agli URP) e
comunicazione politica (affidata al portavoce).
Letizia Materassi ha poi evidenziato quattro aree di intervento del legislatore:
Area del contesto amministrativo;
→ Area dei processi;
→ Area delle competenze e delle professioni;
→ Area dell’innovazione tecnologica, che si muove lungo due direzioni
→ distinte ma correlate: e-government e e-democracy. Se, quando facciamo
riferimento al concetto di e-democracy, ci riferiamo all’uso delle nuove
tecnologie per aumentare il grado di partecipazione del singolo nella
politica pubblica, quando facciamo riferimento al concetto di
e-government, ci riferiamo all’utilizzo delle nuove tecnologie per le
pratiche di governo.
Nel caso specifico italiano, il primo piano per l’e-government nazionale risale al
2001 e, benché molto datato, è particolarmente utile per indicare alcune direttive
essenziali. Gli obiettivi di questo piano erano infatti: consentire l’accesso
telematico alle informazioni, la digitalizzazione delle informazioni e il
miglioramento dell’efficienza dell’amministrazione. Il piano ha inoltre portato alla
distinzione di quattro specifiche tipologie di tecnologie: tecnologie di
identificazione del cittadino, tecnologie di front-office, tecnologie di back-office
e tecnologie infrastrutturali per il trasporto in sicurezza dei dati.
Nel 2004, inoltre, è stata approvata la cosiddetta Legge Stanca, il cui obiettivo è
quello di facilitare l’accesso ai siti istituzionali e, in generale, ai servizi offerti
dalle istituzioni anche per le persone diversamente abili.
Nel 2005, invece, è stato approvato il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD),
poi modificato e rinnovato nel 2010, i cui principali obiettivi erano:
Garantire l’interoperabilità, connettendo le banche dati dei vari uffici e
→ consentendo l’accesso alle informazioni e ai servizi da un unico punto
(riducendo i tempi di attesa e, in generale, il lunghissimo iter burocratico,
per il singolo cittadino);
Andare incontro ad una progressiva opera di dematerializzazione,
→ giungendo a quella che viene definita paperless administration:
quest’operazione deve essere svolta attraverso la digitalizzazione dei