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Il ruolo della politica e della musica nell'arte
In questo senso, la forma più alta di arte può e deve essere considerata la politica e, anche se parzialmente, anche la musica ha un ruolo privilegiato, visto che viene indicata come quell'arte che ha il potere di educare ed indirizzare nella maniera corretta i guerrieri della città ideale pensata da Platone nella Repubblica.
Per questa ragione, nella sua città ideale, non c'è posto per i poeti, il cui compito dovrebbe essere quello di ricercare la verità e la conoscenza, compito non portato a termine a favore invece della ricerca della pura e semplice bellezza. I poeti, infatti, infiacchiscono l'anima dei guerrieri rappresentando le divinità come in preda a passioni ed emozioni umane, peraltro negative. Questo potrebbe portare al perseguimento, da parte dei guerrieri, dei propri fini e, quindi, alla definitiva rottura degli equilibri creatisi nella città. La poesia è quindi sottoposta ad un'attenta
attività di censura che potrebbe effettivamente portare alladefinitiva esclusione degli artisti più abili dalla città, a favore però della stabilità edel buon governo.
Illustrare la soluzione proposta da Hume al problema teorico della conciliazionetra la soggettività del bello e l’esigenza di formulare una regola del gusto.
David Hume è uno dei più importanti pensatori settecenteschi, il cui contributoalla pratica estetica è decisamente notevole, visto e considerato che, per la primavolta, ci si avvicina alla concezione della pratica estetica come libero gioco dellefacoltà mentali (definizione che poi sarà propria di Kant, la cui opera si puòeffettivamente considerare come la perfetta sintesi tra il pensiero tedesco equello inglese dell’epoca). Nella sua trattazione, Hume comprende che, sebbenesulle questioni universali ci sia concordanza nelle opinioni tra persone diverse,nei casi particolari,
invece, questa concordanza viene meno ed è per questo che egli evidenzia la necessità di una regola del gusto che possa in qualche modo ovviare a questo problema. Egli evidenzia inoltre una netta distinzione tra giudizio e sentimento, arrivando a sostenere che il primo può essere considerato falso ma il secondo no, anzi: il sentimento infatti è qualcosa di eminentemente soggettivo, quindi non connesso ai concetti di vero e falso, perché riguardante qualcosa di interiore, un sentire appunto interiore. Ancora una volta si evidenzia quindi la necessità di una regola del gusto. Per questa ragione, Hume cerca di redimere una sorta di "decalogo" che indichi le caratteristiche perfette della persona effettivamente in grado di formulare un giudizio di gusto adeguato: innanzitutto è necessario che i sensi della persona in questione siano funzionanti, poi è necessario che questa possegga delicatezza, di modo che non perde nessunparticolare; deve essere libera da pregiudizi,ovviamente, e, in ultima istanza, deve essere in grado di formulare questi giudizitenendo in considerazione lo specifico momento in cui un’opera, o qualsiasi cosasi stia cercando di esaminare, è stata realizzata. Per questo, Hume evidenziacome sia particolarmente difficile trovare qualcuno, un critico d’arte appunto,che abbia tutti questi requisiti. Grazie a questa specifica descrizione del critico,inoltre, ha preso avvio la pratica della critica d’arte per come la conosciamo noioggi quindi, sebbene le sue teorie saranno successivamente stravolte e inqualche modo riformulate da Baumgarten, Burke, Batteux e, soprattutto, da Kant(che evidenzierà, ad esempio, una problematicità riguardante il regressoall’infinito dell’applicazione della regola), il suo contributo è stato davvero diprimaria importanza.
3. Esaminate brevemente lo sviluppo storico dello sforzo illusivo proprio
Del pensiero di Oliver Grau. Come è noto, siamo nell'epoca propria del computer generated, in cui tutto, dall'immagine al video, dall'oggetto al gioco, è realizzato con l'ausilio delle strumentazioni elettroniche e digitali. Oliver Grau ha quindi sottolineato come, in questo panorama, sia cambiato completamente il concetto di immersività che, già proprio delle opere pittoriche dell'antichità, è diventato ben più che centrale in un contesto come quello della realtà virtuale (VR). Ad oggi si può infatti parlare di un'immersività a 360°, ben diversa dall'immersività tipica, ad esempio, di un dipinto rinascimentale o di un affresco romano. Non è cambiato solo il nostro modo di relazionarci all'opera d'arte ma, ovviamente, sono cambiate anche le tecniche e le strumentazioni a nostra disposizione: è infatti importante notare come, un
Ambiente virtuale come quello realizzato a computer non sarebbe mai potuto essere realizzato anche solo 100 anni fa, per semplice mancanza di strumentazioni tecniche adeguate ma, ovviamente, anche per una totale assenza del concetto di immersività intesa appunto come partecipazione (e presenza), non solo emotiva ma anche fisica, al e nell'opera d'arte.
Gli antichi, tuttavia, sebbene con strumentazioni piuttosto limitate e arretrate, hanno sempre cercato di raggiungere il massimo livello di illusione possibile: si noti ad esempio gli affreschi pompeiani, la Sala delle Prospettive di Villa Farnesina di Baldassarre Peruzzi o, ancora, la chiesa di Sant'Ignazio di Loyola a Roma di Andrea Pozzo. Già negli affreschi romani della Villa dei Papiri, rinvenuti nel XVIII secolo perché sotterrati sotto cumuli di detriti a causa dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., si può notare una volontà da parte del pittore di far immergere l'osservatore:
una donna, raffigurata su uno sfondo rosso, sembra voler fuoriuscire dalla parete ed entrare in quella successiva, come a voler interagire con gli altri personaggi rappresentati, come a voler interrompere una loro azione. L'osservatore, grazie a questa rappresentazione a 360°, rimane completamente ammaliato dall'affresco e provava quella sensazione quasi magica di totale e completa immersione. Anche Andrea Pozzo riuscì ad ottenere un effetto simile grazie alla realizzazione di un cielo dipinto in cui schiere angeliche e alte cariche ecclesiastiche si protendono verso la figura di Sant'Ignazio, fondatore dell'ordine dei gesuiti. La sua abilità è stata quella di unire l'architettura reale a quella dipinta, la terra con il cielo, il terreno con il trascendente, grazie alla sua abilità prospettica e all'effetto tromp l'oeil. La prospettiva artificialis, in effetti, introdotta nel XV secolo da Filippo Brunelleschi (daintendersi come teoria matematica del disegno, in opposizione allaperspectiva naturalis, intesa come semplice teoria matematica della vista), è stata un primo grande avanzamento tecnico che ha consentito di passare da opere bidimensionali e con un limitato senso illusorio (come appunto gli affreschi pompeiani o le opere di Cimabue e Giotto) ad opere ben più complesse e realistiche, oltre che immersive (dalle opere dello stesso Brunelleschi, alle opere di Leonardo da Vinci e Michelangelo).