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MAXXI(Italia) del 2010

Il MAXXI(Italia) del 2010 con le sue linee e curve suscita un senso di movimento e scorrimento unico nel suo genere; caratterizzato dal dialogo con la griglia urbana circostante, il polo museale fa grande uso del calcestruzzo con una commistura tra elementi cromatici bianchi e neri oltre che nell'impiego di molti elementi d'acciaio tubolari articolati in svariate posizioni. Particolari sono le scale e i ponti in acciaio nero interni dove l'arricchimento degli effetti prodotti dalla luce genera un senso di dinamismo e turbolenza. Nonostante le scelte progettuali siano particolarmente ardite da un punto di vista tecnico (con grandi aggetti, coperture articolate e travi complesse), lo spazio interno ed esterno modellato lascia trasparire grande continuità e fluidità agevolata anche dall'illuminazione diffusa e compenetrante. Tutt'oggi costituisce uno dei migliori esempi di polo museale contemporaneo per l'iconicità delle sue forme anche in

Una città impregnata di storia come la capitale italiana con la quale si relaziona pienamente in armonia. Particolare è poi il diGuangzhou Opera House Canton (Cina) realizzato tra il 2003 e il 2010 e caratterizzato dal forte richiamo alle forme naturali del terreno tanto da essere paragonato dalla stessa Hadid a "due ciottoli di pietra"; il complesso si compone infatti di due aree incastrate tra loro che dialogano con il terreno circostante e al tempo stesso riescono a modificare il paesaggio urbano quasi come se i due blocchi attraessero con un moto vorticoso il terreno. Essenziale è in questo caso il rivestimento esterno costituito da oltre 75.000 pannelli in granito e vetro: sebbene, dunque, sia così materico, in realtà il complesso esprime un'idea di grande leggerezza una volta entrati generata dalle coperture concave e sinuose (in contrasto con gli spigoli esterni) che vengono a loro volta impreziosite da migliaia di fori in copertura dai

quali penetra una luce diffusa quasi come fosse un cielo notturno. Tra gli ultimi grandi progetti di Zaha Hadid figura poi ila Baku (Azerbaigian), inaugurato Heydar Aliyev Centernel 2012, che ospita biblioteche, auditorium di diverse dimensioni e musei; anche qui si osserva il forte collegamento con la topografia del sito mostrandosi ondulato e sinuoso nonostante gli 8 piani e le dimensioni notevoli del complesso. Esso costituisce tutt’oggi il trionfo della linea curva essendo caratterizzato da un’unica ampia superficie ondulata tale da rendere impossibile individuare delle linee rette nel complesso. Il forte accento di fluidità conferisce un’impronta armonica al tutto tanto da rendere il progetto molto più vicino alla corrente Neo -Futurista che al movimento decostruttivista. Il sapiente uso della luce e delle vetrate garantisce infine un totale dialogo tra gli ambienti interni e la grande area pubblica esterna che circonda e avvolge il complesso relazionandosi.ad esso in un perfetto controbilanciamento. Svariate sono comunque le opere realizzate da Zaha Hadid nel corso della sua carriera: si evidenzia una naturale evoluzione e maturazione dello stile dell'architetto che passa da esercizi progettuali, anche solo formali, ad una abilità di decostruire gli involucri e plasmare le forme progressivamente sempre più complessa e consapevole: dall'uso di volumi prismatici con spigoli vivi e slittamenti lineari arriva a cavallo del terzo millennio ad una maestria nell'uso di curve e superfici ondulate che, sì, riflettono la volontà di sperimentare e decostruire le volumetrie tipologiche tradizionali, ma, al tempo stesso, segnano un'attenzione marcata al contesto urbano circostante, ai giochi di luci ed ombre sulle facciate, all'espressività stessa di queste opere che cessano di essere edifici e volumi nitidi e diventano invece vere e proprie sculture modellate caratterizzate da una

La fluidità degli spazi che solo l'abilità nel controllo delle curve, dimostrata da Hadid, può garantire. Da segnalare quantomeno, progetti come l'ampliamento del Museo Ordrupgaard a Copenaghen (Danimarca) dove predominano le superfici curve e gli assi diagonali amalgamati tra loro dal sapiente uso del calcestruzzo a faccia vista o il Ponte Sheikh Zayed ad Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti) dalla sua inconfondibile configurazione ad onda della lunghezza di oltre 230 metri; ancora il London Aquatics Centre realizzato per le Olimpiadi Londra nel 2012 con pareti curve e inclinate che generano una forma estremamente fluida ispirata direttamente al movimento dell'acqua o, sempre in tema marittimo, il Terminal Portuale di Salerno (Italia) caratteristico, tra le varie opere di Hadid, per la sua marcata orizzontalità (quasi secondo il modello delle Prairie Houses di Wright). Si aggiungono poi grattacieli, poli espositivi e didattici, stazioni ferroviarie e...

Complessi residenziali tra cui il CityLife di Milano del quale si approfondirà successivamente. Ecco allora che l'elenco di opere ascrivibili alla decostruzione (non soltanto a fini formali e puerili) va allungandosi progressivamente, ed inesorabilmente, anche dopo la sua morte, avvenuta nel marzo del 2016, grazie al suo studio e ai suoi progetti (realizzati e non) che costituiscono uno straordinario repertorio di soluzioni e stimoli progettuali apprezzati sempre più dalla critica per la grande espressività e per quella inconfondibile semplicità in forme così complesse e plasmate.

"Un architetto che per primo ha immaginato, poi dimostrato, che lo spazio poteva funzionare in modi radicalmente nuovi... Durante la sua carriera, è stata un'insegnante attenta ed entusiasta per l'energia dei giovani. Non era desiderosa di essere caratterizzata come architetto donna o architetto arabo. Era semplicemente un Architetto" - Deyan Sudjic

1 aprile 2016, The Guardian

Daniel Libeskind è un architetto polacco con cittadinanza americana nato nel maggio 1946 da una coppia di ebrei sopravvissuti all'olocausto qualche mese prima. Trascorre alcuni anni della sua infanzia in Israele prima di trasferirsi a New York nel 1959, dove studia dapprima in un liceo nel Bronx e dopo le nozze si laurea in architettura nel 1972 dopo aver lavorato come apprendista per Richard Meier e Peter Eisenman. Insegna negli Stati Uniti e poi a Milano dove avvia il suo studio.

Fortemente avversato dalla critica nei primi anni della sua carriera e accusato di progettare edifici "non costruibili o assertivi", partecipa ai primi concorsi a Berlino nel 1987 e alle mostre della corrente decostruttivista di Philip Johnson del 1988. La sua fama emerge però con il Museo Ebraico di Berlino e con la supervisione di importanti progetti quali il nuovo World Trade Center di New York in seguito agli attacchi terroristici del

Settembre 2001. Così come avvenuto per Hadid, anche Libeskind sperimenta le tendenze decostruttiviste in svariati progetti destinati ad una molteplicità di funzioni diverse; a differenza però di quest'ultima, egli non predilige forme armoniche e sinuose ma esalta fino alle estreme conseguenze (e a volte in modo eccessivamente iterativo) l'uso di spigoli, angoli acuti e bordi frastagliati.

Diverso è poi il rapporto con il contesto urbano e naturalistico circostante i lotti di progetto: in questo ambito Daniel Libeskind sembra non cercare un'armonia e integrazione con il paesaggio ma prediligere realizzare autonomamente le sue opere (anche se in diverse opere la presenza di alcuni allineamenti contingenti vengono rimarcati e accentuati grazie anche all'uso delle linee spezzate).

Anche le volumetrie sono alquanto regolari (se paragonate a quelle di Zaha Hadid) sebbene decostruite minuziosamente e arricchite di dinamismo grazie a slittamenti.

della luce è fondamentale per creare un'atmosfera suggestiva e emozionante all'interno del museo. Libeskind utilizza tagli e aperture nelle pareti per far penetrare la luce naturale, creando giochi di ombre e riflessi che contribuiscono a creare un'esperienza unica per i visitatori. Inoltre, l'architetto utilizza anche materiali traslucidi e trasparenti per consentire alla luce di filtrare all'interno degli spazi espositivi, creando un effetto di leggerezza e di connessione con l'esterno. Questo approccio alla luce e alla sua penetrazione interna è una caratteristica distintiva delle opere di Libeskind. Un altro aspetto importante delle sue opere è l'utilizzo di volumi complessi e irregolari, che conferiscono un senso di dinamicità e movimento agli edifici. Le forme geometriche spezzate e le linee inclinate creano un senso di disorientamento e di tumulto, che è cercato e accentuato dall'architetto stesso. Infine, Libeskind presta particolare attenzione al quinto prospetto degli edifici, ossia la copertura. Spesso realizzata con pannelli metallici, la copertura presenta tagli e spigoli vivi che caratterizzano le facciate e contribuiscono a definire l'identità architettonica dell'edificio. In conclusione, l'uso della luce, dei volumi complessi e delle forme spezzate sono elementi chiave nelle opere di Daniel Libeskind. Questi elementi contribuiscono a creare un'architettura emozionante e suggestiva, che invita i visitatori a esplorare e a scoprire nuovi spazi e prospettive.caratterizzante è sicuramente l'edificio decostruttivista ribattezzato "Blitz" dalla inconfondibile forma segmentata: tale sviluppo si è reso necessario anche per massimizzare lo sviluppo lineare che sarebbe stato insufficiente se fosse stata adottata una soluzione tradizionale in virtù delle dimensioni non generose del lotto di progetto. Interessante è l'accesso al polo museale garantito esclusivamente dal vecchio edificio preesistente (in modo da stimolare subito nei visitatori un certo senso di sfida e infondere difficoltà e soggezione) che porta alla necessità di scegliere tra tre diversi percorsi guidati denominati Assi in riferimento ai tre percorsi della vita ebraica vissuti in Germania: convivenza storica, olocausto o emigrazione; ciascuno di essi è fortemente caratterizzato e conduce a varie aree attentamente studiate e dall'incommensurabile valore simbolico. Le facciate così frammentate e rivestite.dai pannelli di zinco in modo da dare sempre un'idea di freddezza e distaccamento sono arricchite dai numerosi tagli casuali che lasciano trasparire internamente la luce in modo però irregolare amplificando quel senso di disorientamento generato dai continui cambi nei percorsi e dall'impossibilità di traguardare verso l'esterno dalle aperture. La stessa copertura costituisce poi un vero e proprio prospetto e come tale viene trattata: lucernai e sole seguono i percorsi, non curanti della planimetria di base, ricollegando il tutto come se, una volta costruito omogeneamente, fosse poi stato tutto scomposto e assemblato nuovamente. Molto curato poi nel progetto, differentemente da altre opere dell'architetto, il rapporto con il contesto esterno e conseguentemente il suo disegno: qui l'area esterna diventa infatti una naturale estensione dello spazio museale e contribuisce essa stessa al percorso personale di ogni asse: si ha infatti la torre vuota eo.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
34 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/14 Composizione architettonica e urbana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher saggio.97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Composizione architettonica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Lenci Ruggero.